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La Politica statale sull'agricoltura biologica (KSPOF)

4.3 Il Karnataka

4.3.2 La Politica statale sull'agricoltura biologica (KSPOF)

Nel 2004 il governo del Karnataka ha inaugurato una politica per la promozione dell'agricoltura biologica, lo “State Policy on Organic Farming” (Karnataka State Policy on Organic Farming, KSPOF).

La politica si poneva, tra gli altri, i seguenti obiettivi67:

 La riduzione del debito gravante sugli agricoltori e parallelamente un'azione integrata orientata a garantire la sostenibilità delle aziende agricole e restituire fiducia ai produttori 68

 L'aumento della fertilità e della produttività del suolo

 La riduzione della dipendenza degli agricoltori da molti inputs esterni come sementi, fertilizzanti e sostanze protettive per le piante attraverso il ricorso a risorse naturali presenti in situ., abbattendo in parte i costi di coltivazione  La diffusione di un uso giudizioso delle risorse idriche

 L'aumento della sicurezza alimentare attraverso il supporto a coltivazioni e diete tradizionali

 L'aumento delle opportunità di impiego rurale  La prevenzione delle migrazioni verso aree urbane  Il supporto ai “farmer Self Help Groups”

Il KSPOF, la cui fase operativa è durata circa tre anni, a partire dal 200669,

prevedeva inizialmente la conversione all'agricoltura biologica di un villaggio all' interno di ciascun distretto dello stato, all'epoca ventotto70, ed in seguito di un villaggio

per taluk (unità amministrative all'interno dei distretti) fino ad arrivare a

67 Per approfondimenti visitare il sito governativo: www. raitamitra.kar.nic.in

68 Letteralmente “to achieve sustenance (Swabhimana) and self respect (Swavalambana)”

69 Il programma è stato in seguito sostituito da nuovi interventi di diffusione dell'agricoltura biologica,

ma meno capillari e strutturati

centosettantasei villaggi in totale.

Nella sua implementazione per villaggio il programma di conversione si appoggiava ad una ONG locale, selezionata dal dipartimento dell'agricoltura in base al suo curriculum nell'ambito dell agricoltura biologica. La ONG, dopo avere identificato il villaggio, attraverso uno studio preliminare, avviava attività di promozione e informazione sul metodo biologico attraverso incontri con gli agricoltori e dimostrazioni sul campo.

Tra i criteri per la selezione dei villaggi rientravano:  Un limitato uso di fertilizzanti e pesticidi inorganici

 Il potenziale di risorse naturali per la preparazione di input biologici  Il livello di pratiche biologiche già adottate dai produttori

 La presenza di associazioni di agricoltori, “farmer Self Help Groups” e ONG  La vocazione all' esportazione delle produzioni dell'area

 La volontà degli agricoltori di formare una “società dei produttori” a fini commerciali

 La presenza di infrastrutture

Le condizioni di base previste erano già quelle favorevoli per una diffusione di una pratica agricola alternativa, lasciando intuire con tali premesse che il governo puntava ad un'operazione di successo. La KSPOF è stata formulata in prossimità delle elezioni del 2004 dal partito governativo del “National Congress” (NC), il quale stava perdendo consensi nelle aree rurali dello stato. Le elezioni di quell'anno hanno dato vita ad un governo di coalizione tra il NC ed un altro partito, una coalizione venuta meno nel 2006, quando il “Bharatiya Janata Party” (BJP)71 è entrato nella maggioranza

governativa. La presenza del BJP ha determinato alcuni cambiamenti all' interno della

politica sull'agricoltura biologica, e nel 2008 è stata avviata una “Organic Farming Mission” con modalità operative differenti e meno ambiziose rispetto al programma dei “villaggi biologici”.

Lo studio di Purushothaman et al., (2013) analizza l'impatto dell' implementazione della KSPOF su cinque distretti in quattordici villaggi. In particolare gli autori si concentrano su due aspetti: la consapevolezza acquisita rispetto all'agricoltura biologica e la probabilità di continuare con questo metodo. I risultati della ricerca sul campo rilevano che un discreto livello di consapevolezza è stato raggiunto da parte degli agricoltori, i destinatari diretti del programma, ma che il livello di consapevolezza rispetto all'agricoltura biologica tra i produttori non partecipanti al programma e gli altri abitanti dei villaggi non pare soddisfacente.

I risultati sulla probabilità di continuare invece sono poco incoraggianti, infatti solo in quattro dei quattordici villaggi campione gli agricoltori affermano di volere continuare con il metodo biologico, mentre in sette esprimono incertezza rispetto a questa eventualità ed in tre villaggi dichiarano di volere tornare alle pratiche convenzionali.

Le motivazioni, oltre ad una complessiva sfiducia nella convenienza di lungo periodo nell'adozione di queste pratiche, sono, secondo gli autori dello studio, da attribuire anche alla parziale implementazione del programma e ad un'azione discontinua ed inefficiente da parte dei funzionari statali che avrebbero dovuto cogestire l'esecuzione del programma assieme alla ONG selezionata.

La dettagliata e puntuale descrizione del programma per come condotto all' interno di un villaggio, Moodhanalli, offerta da Shannikodi (2013) in seguito ad una lunga ricerca sul campo, offre vari spunti di riflessione in merito alle contraddizioni ma anche ai benefici contenuti all'interno dello schema dei “villaggi biologici”. Ad esempio la mancanza di un'attenzione specifica per le fasce deboli dei produttori, coltivatori marginali o di piccola taglia, i quali nel periodo di transizione72, che va dai

due ai tre anni, operano cambiamenti rischiosi che impattano su una delle loro (già scarse) fonti di sussistenza, l'attività agricola. All'interno del programma non sono state previste misure ad hoc per i produttori piccoli e marginali, numericamente rilevanti nei distretti interessati dal programma.

Un altro punto debole del programma segnalato dall'autrice è che all' interno di una visione integrata dell'agricoltura biologica, non si è pensato di sostenere l'allevamento dei bovini per mezzo di incentivi economici e logistici. Alcuni piccoli produttori hanno ritenuto insostenibile il mantenimento dei bovini nel lungo periodo, e li hanno venduti preferendo un guadagno immediato ad un beneficio incerto.

Inoltre in generale si contesta il ridotto budget devoluto per il programma a fronte di spese più ingenti sostenute dallo stato per le sovvenzioni all'agricoltura di tipo convenzionale (sussidi per gli input etc), indice di un approccio poco convinto rispetto alla possibilità della diffusione dell'agricoltura biologica su larga scala. Il limitato supporto economico statale ha avuto come conseguenza quello di riuscire ad eseguire solo alcuni punti del programma, rischiando la perdita di credibilità dell'intera iniziativa da parte dei destinatari.

Tra i risultati apprezzabili del programma sono da menzionare l' impatto positivo esercitato dalla costituzione di associazioni di produttori, laddove queste hanno funzionato correttamente, le quali hanno avuto la funzione di facilitare il processo di conversione, di agevolare l'identificazione e la creazione di canali di vendita e in alcuni casi, di avviare una procedura di certificazione collettiva.

La “Missione sull'agricoltura biologica dello stato del Karnataka” (“Organic

Farming Mission”) avviata nel 2008 dal nuovo governo in carica a schiacciante

maggioranza BJP si discosta dallo schema precedente rispetto sia alle finalità, più orientate al commercio ed all'esportazione, che alle modalità operative. Nel piano di implementazione del nuovo schema non sono presenti le ONG in quanto soggetti di raccordo tra le istituzioni e i destinatari del programma. La Missione prevede la formazione di grosse associazioni di produttori (trecento per distretto) ed è

principalmente focalizzata sulla riduzione dell'uso di fertilizzanti e pesticidi chimici, sulle procedure di certificazione e sull'incentivare produzioni commerciali condotte con metodo biologico. Nel complesso l' approccio risulta di respiro meno ampio e più orientato a sostenere coltivazioni di tipo ortofrutticolo, e l'azione è finanziata attraverso i fondi del governo centrale destinati alla “National Horticulture Mission.”73

Nel 2013 è stata avviata un'inchiesta per le presunte irregolarità commesse all'interno della missione, contestata da alcuni per le interferenze di natura partitica nella gestione, che prevedeva la formazione di fondi fiduciari (trust) in ciascuna area di implementazione all' interno dei centosettantasei taluk. (The Hindu, 2013b) I trust erano amministrati a livello locale e incaricati degli aspetti finanziari del programma, le accuse mosse al governo consistevano nel fatto che i membri dei trust fossero quasi esclusivamente affiliati del BJP e di organizzazioni gravitanti nell'ambito della sua sfera politica come il “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (RSS).74 (Khan,, 2011)

Le presunte irregolarità riguardavano inoltre anche il numero dei beneficiari effettivamente raggiunti dal programma, notevolmente inferiore a quello previsto. A seguito delle lamentele sulla gestione del programma, la missione è stata trasferita dal Dipartimento dell'agricoltura a quello dell'orticoltura e ha assunto il nome di “Amruthabhoomi”, un nuovo schema la cui fase operativa è stato lanciata per il 2012- 2013 ma che a quasi due anni dalla sua introduzione appare ancora inconsistente, anche a giudicare dalla difficoltà di reperire documentazione e informazioni su di esso.

A fine 2013, il Dipartimento di orticoltura ha dichiarato che è stato raggiunto il traguardo positivo della conversione completa all'agricoltura biologica di un centesimo dei terreni destinati alle produzioni ortofrutticole dello stato.

73 Di cui si è discusso nel capitolo 3