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Il contesto socio-economico e produttivo Aspetti socio-demografic

4. Emergenza abitativa e interventi rivolti al superamento dello stato di disagio abitativo in Toscana

4.1 Il contesto socio-economico e produttivo Aspetti socio-demografic

Sulla base dei dati riportati all’interno della pubblicazione regionale, Profilo Sociale Regione Toscana111, al 31/12/2016 sono residenti sul territorio regionale 3.742.437 individui (rappresentano il 6,2% della popolazione italiana) con un’età media pari a 46 anni. Più della metà di essi è rappresentato dal sesso femminile e le province a maggiore densità demografica sono: Firenze, seguita da Pisa, Lucca, Arezzo e Livorno. Le previsioni statistiche sostengono che i cittadini toscani

109Relazione sul disagio abitativo che la Giunta trasmette al Consiglio Regionale. Predisposta dall’Osservatorio Sociale

Regionale in collaborazione con i competenti Settori, in applicazione della legge regionale 12 dicembre 2012, n. 75.

110 http://www.regione.toscana.it/-/abitare-in-toscana-anno-2017-sesto-rapporto-sulla-condizione-abitativa (consultato

in data 01/09/2018)

supereranno i 4 milioni nel 2030 e tale incremento sarà prevalentemente garantito dalla presenza degli stranieri. Infatti è solo grazie a quest’ultimi che è possibile contrastare, con i nuovi arrivi e i nuovi nati, l’ultraventennale negatività del saldo nati-morti.

Se andiamo ad effettuare una breve analisi sull’evoluzione demografica regionale nel corso del tempo, emerge che la popolazione toscana è cresciuta costantemente dal 1951 al 1991 (+ 12%), mentre, negli ultimi anni, vi è stata una significativa diminuzione con una perdita di oltre 8.000 residenti nel 2015 e 2.000 nel 2016. Solo nell’ultimo anno è stata registrata una leggera ripresa (+ 5%) della crescita della popolazione.

A fronte di una serie di motivi, tra i quali la bassa natalità ed allungamento della vita media, la Toscana è sottoposta ad un progressivo invecchiamento della popolazione e si presenta come una delle Regione più longeve a livello europeo con un’età media femminile di 85,6 anni contro gli 81,2 anni dei maschi. In linea con il processo di invecchiamento della popolazione regionale, vi è in corso un notevole affievolimento del ricambio generazionale. Infatti rimane abbastanza costante il numero di individui appartenenti alla coorte d’età 0-14 anni, mentre vi è una sostanziale erosione della classe in età attiva a vantaggio di un incremento della popolazione anziana. Tale tendenza demografica ha come conseguenza il progressivo aumento dell’indice di dipendenza strutturale e cioè del carico sociale ed economico delle classi cosiddette improduttive sulla popolazione attiva. A riguardo tale indice ci dice che, ad oggi, si registrano 2 anziani ogni soggetto in età attiva presente sul territorio regionale. Ad ulteriore conferma di quanto detto finora vi è il mutamento vissuto negli ultimi anni in merito alla composizione interna della classe dei non attivi. Infatti si è assistito ad una riduzione della classe di età 0-14 anni (dal 20% nel 1971 all’attuale 13%) contro un incremento della popolazione over 65 (che è passata negli stessi anni dal 14% al 25%). Gli esperti ci dicono che tale dinamica in atto potrebbe essere ulteriormente inasprita qualora continuasse il calo migratorio registrato negli ultimi anni.

In merito agli stranieri presenti sul territorio regionale, nel 2016, ne vengono registrati 400.370 individui (pari al 11% dell’intera popolazione regionale) ed essi sono in prevalenza residenti nella provincia di Prato, seguita da Firenze, Siena ed Arezzo. Tra le 173 nazionalità straniere presenti in Toscana, quelle maggiormente rappresentate, sono quella rumena (21%), albanese (16%), cinese (12%) ed marocchina (7%). A testimonianza di quanto la popolazione straniera incida su il ringiovanimento della popolazione autoctona c’è da dire che l’età media dei primi si attesta a 33 anni contro quella dei secondi è pari a 47 anni.

La Toscana, in linea con ciò che avviene a livello nazionale, è pervasa dal processo di semplificazione strutturale delle famiglie, che ne vede aumentare il numero ed allo stesso tempo diminuire la media dei componenti. Nello specifico, al 2016, vengono quantificate 1 milione e 650

famiglie composte in media da 2,26 individui. Se effettuiamo un breve excursus sull’andamento del numero di famiglie in Toscana, emerge che dal 1971 al 2011 il numero di famiglie è aumentato di oltre 500.000 unità (+48%), mentre il numero medio di componenti è sceso da 3,3 a 2,3 (- 28%). Oltre all’incremento del numero di famiglie è possibile individuare nuove tipologie delle stesse, che fino ad una decina di anni fa erano residuali. Infatti, se rimane costante il numero di coppie senza figlie, aumentano le famiglie unipersonali fino ad oltre mezzo milione e diventano pari ad un terzo del totale (erano il 20% nel 1991 e il 26% nel 2001), aumentano le famiglie monogenitoriali che riguardano 1 famiglia su 10 (nel 82% dei casi si tratta di madri con figli) e diminuiscono le coppie con figli che si attestano al 31% del totale delle famiglie (erano il 37% nel 2001).

Ed ancora, tra le trasformazioni che hanno colpito la famiglia toscana, emerge l’aumento delle coppie non coniugate e delle famiglie ricostituite contro una drastica riduzione delle famiglie estese (al censimento del 2011 le famiglie con 5 o più persone erano circa il 4%, mentre riguardavano il 6% negli anni precedenti).

Aspetti economico-lavorativi

L’analisi dei dati reddituali pone la regione Toscana in una posizione positiva rispetto al contesto nazionale, in quanto il redditto medio annuo112 dei cittadini toscani si attesta ad un valore pari ad euro 19.751, contro il dato nazionale che è invece pari ad euro 19.380. Di conseguenza anche il reddito disponibile mensile procapite è più alto al valore medio del Paese (euro 1600 procapite). Una divergenza positiva viene registrata anche per le pensioni mensili erogate dall’INPS, che risultano avere un valore maggiore rispetto alla media nazionale (euro 890 a livello regionale contro euro 847 a livello nazionale).

A fronte di una generale favorevole condizione economica della Toscana rispetto all’andamento nazionale, si registra che l’incidenza delle famiglie con potenziale disagio economico è quasi la metà se confrontate con il dato medio nazionale. Stessa questione per ciò che riguarda l’incidenza della povertà relativa, anche essa, che misura il numero di famiglie che hanno una spesa media per consumi al di sotto della soglia di povertà relativa113, è tradizionalmente inferiore a quella media italiana: nello specifico nel 2015 riguardava circa 82.000 famiglie (il 5% della popolazione regionale). In merito a questo aspetto si può osservare che la Toscana, insieme a Trentino Alto 112Indicatore che considera il reddito da lavoro e da capitale al netto dei trasferimenti monetari quali tasse ecc.

113 La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media procapite nel Paese: nel

2015 questa spesa è risultata pari a 1.050,95 € mensili. Per determinare la soglia di povertà, quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due viene utilizzata una scala di equivalenza, ossia un insieme di coefficienti di correzione (ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti, ovvero 1.713,05 € e la soglia per una famiglia di sei persone lo è di 2,16 volte, cioè 2.270,05 €).

Adige, alla Lombardia, all’Emilia Romagna e al Veneto, è la regione con il valore più basso in Italia.

L’andamento della povertà assoluta è invece inverso, se è vero che ha un valore più basso rispetto alla percentuale media nazionale, dal periodo post crisi economica ad oggi si è registrato un leggero aumento. Le famiglie toscane che non sono in grado di provvedere all’acquisto dei beni primari per uno standard di vita minimo sono passate dal 2 al 3,2 % ovvero circa 53.000 nuclei familiari, che corrispondono a 120.000 individui. Anche l’indice di deprivazione, che quantifica il numero di famiglie che dichiarano almeno tre deprivazioni rispetto alle nove114 previste dall’indicatore, risulta essere in aumento negli ultimi due anni e ad oggi riguarda circa il 9% delle famiglie toscane (335.000 persone).

Un altro indicatore che evidenzia stati di disagio economico e povertà è la dichiarazione Isee (Indicatore Situazione Economica Equivalente), che nel 2014 è stata presentata in Toscana da oltre 320.000 famiglie ed ha evidenziato che circa 48.000 (15% del totale) di essi hanno un valore Isee al di sotto di euro 3.000. Mentre sono circa 38.000 (12% del totale) i nuclei che hanno presentato un’attestazione Isee con valori tra i 3.000 e 6.000 euro.

L’analisi del disagio economico non può prescindere dalla conoscenza del mercato del lavoro, che come è immaginabile, ha una forte rilevanza sulla condizione economica di un individuo.

In merito a questo aspetto, la Rilevazione continua sulla forze di lavoro (RCFL) dell’Istat, restituisce alcuni dati significativi in un’ottica di raffronto tra il periodo pre e post crisi economica. Nello specifico emerge che nel 2016 in Toscana sono presenti 1,73 milioni di forze lavoro115, a fronte di poco meno di 1,57 milioni di occupati e di 164.000 persone in cerca di occupazione (di cui il 52% è di genere femminile).

Il tasso di attività o meglio l’offerta di lavoro116 è cresciuta notevolmente negli ultimi anni fino al 72,3% (il dato italiano ha registrato un incremento pari al 65%). Tale incremento è determinato dall’aumento della componente femminile che si è resa disponibile a lavorare (le forze lavoro femminili sono cresciute di 114.000 unità rispetto al 2004). Nonostante tale dato c’è da sottolineare che l’Italia, insieme ad altri Paesi europei tra cui Malta che ha il primato peggiore, presenta ancora un significativo divario del tasso di occupazione tra sesso femminile e maschile (circa solo il 60%117 114 Una settimana di vacanza all’anno, la possibilità di avere una dieta variegata, uno non adeguato spazio abitativo rispetto alla composizione del nucleo e ben riscaldato, beni durevoli (come la lavatrice, la televisione a colori, il telefono e la macchina), non abbiamo inoltre la capacità di pagare il mutuo o l’affitto oppure qualsiasi spese necessaria per il mantenimento quotidiano.

115 Con questo termine si intende la sommatoria tra il numero di soggetti occupati ed il numero di soggetto in cerca di

occupazione che hanno un’età compra tra i 15 e 64 anni (arco temporale in cui per legge è possibile prestare attività lavorativa).

116L’offerta di lavoro, in economica politica, misura il numero di persone disposte a offrire i propri servizi lavorativi ai

datori di lavoro.

delle donne in età lavorativa è occupato). Questo dato è determinato dal fatto che, il più delle volte, sono le donne a farsi carico degli impegni assistenziali dei componenti della propria famiglia e dalla consistente discriminazione ancora presente nel mercato del lavoro. E’ inoltre da aggiungere che, anche quando le donne lavorano, scelgono più frequentemente degli uomini di effettuare un orario

part-time al fine di sottoporsi agli impegni familiari.

All’estremo opposto, in termini di inattività, un fenomeno preoccupante che sta prendendo forza è quello che riguarda la cosiddetta “area grigia” ovvero coloro che, si trovano in età lavorativa, ma sono talmente scoraggiati dalle esperienze che hanno avuto nel mercato del lavoro che decidono di non cercare attivamente un lavoro. Tale fenomeno sta colpendo sia la fascia di popolazione adulta che giovanile. In merito a questo ultimo caso, quando si fa riferimento a tale fenomeno, si parla dei cosiddetti giovani NEET (Not in Education, Employement or Training) ovvero di coloro che hanno un’età compresa tra i 15 e i 29 anni e non sono impegnati in un percorso di formazione, di lavoro o di tirocinio. In Toscana sono circa 89.000 i ragazzi che vivono tale situazione e corrispondono a circa il 15% del totale. Il fenomeno si mostra meno intenso rispetto al dato nazionale, ma mostra una forbice di genere che evidenzia che sono in maggioranza le ragazze (21%) a sperimentare tale disagio piuttosto che i ragazzi (15%).

Per ciò che concerne il tasso di occupazione dei soggetti in età lavorativa è possibile riscontrare una crescita del 65,3% (in Italia 57,2%) dal 2008 ad oggi. Nello specifico nell’ultimo anno gli occupati sono aumentati di 8.600 unità e, nonostante la crescente disponibilità delle donne a lavorare, sono cresciuti gli occupati maschi e diminuite le occupate femmine. Tale incremento di occupazione sembra essere determinato quasi esclusivamente dalla componente autonoma del lavoro e dalle assunzioni con contratto a tempo determinato118.

Nonostante i trend positivi che caratterizzano il contesto regionale, le più recenti indagini di Irpet (Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana) ci dicono che per tornare ai livelli di occupazione pre-crisi sarebbero necessari ancora 31 mila posti di lavoro.

In merito alla ripartizione di settore di impiego, emerge che nel 2016 il 70% degli occupati è impiegato nel settore terziario (1/3 dei quali nel comparto del commercio e ricettività), seguito dall’industria con il 27% (¼ nelle costruzioni). Tra i settori più penalizzati nel periodo post crisi vi è quello dell’industria appunto, che nel 2009, ha registrato un calo di oltre il 14%. In questo modo si evidenzia il forte rischio di una deindustrializzazione dell’economia Toscana e della conseguente difficoltà dei lavoratori licenziati, che prima erano impiegati in questo settore, a trovare un nuovo posto di lavoro. In merito al processo deindustrializzazione in atto, secondo i dati Irpet, le provincie

participation-women_it.pdf (consultato in data 10/09/18).

maggiormente colpite sono Livorno e Prato.

Se analizziamo il tasso di disoccupazione in generale emerge che dal 2008 ad oggi è quasi raddoppiato: passando da 5 a 10 disoccupati per 100 forze lavoro. Una situazione lievemente migliore rispetto al dato medio nazionale (11,7%), ma che comunque evidenzia importanti strati di disagio.

Se andiamo ad effettuare una breve analisi sull’evoluzione del tasso di disoccupazione emerge che, nel 2015, per la prima volta dopo sette anni dallo scoppio della crisi economica, tale indicatore è diminuito dal 10,01 al 9,2 %. Tale decrescita però si è arrestata già nell’anno successivo, dove il tasso ha vissuto un leggero incremento arrivando fino al valore di 9,5%. Nel 2016 il numero di disoccupati presenti sul territorio regionale mostrano un aumento di 6.500 unità in confronto al 2015 e di oltre 80.000 unità rispetto al 2008. I dati, inoltre, evidenziano che l’esperienza di disoccupazione colpisce maggiormente gli uomini (79.000 nel 2016, con dati più che raddoppiati rispetto al 2004 dove i disoccupati maschi erano 32.000) e gli stranieri (circa 42.700 nel 2016). I dati rilevati finora non tengono conto però dei cosiddetti “confini mobili dell’area disoccupazione” ovvero delle situazioni in cui gli individui sono costretti ad approdare al part-time, sono in una condizione di lavoratori in Cassa Integrazione oppure appartengono all’area grigia di cui si faceva cenno poco sopra. Irpet ha provato a quantificare tali soggetti e dalla rilevazione effettuata emerge che, per l’anno 2015, il numero di disoccupati passerebbe da 157.000 (dato ufficiale) a 325.000. Altri dati significativi da sottolineare sono un rallentamento della disoccupazione di lunga durata119 grazie ai vantaggi fiscali conseguenti all’introduzione Jobs Act (dal 5,7% nel 2014 al 4,8% nel 2015), una tradizionale forbice di genere, in linea con il contesto nazionale, che vede le donne in una condizione di svantaggio rispetto a tutti gli indicatori del mercato del lavoro e la presenza crescente di soggetti (125 mila unità dall’inizio della crisi) che sono ai margini del mercato del lavoro e lavorano senza nessun tipo di tutela.

Se andiamo ad analizzare i dati provenienti dal sistema informativo dei Centri dell’impiego regionali si evidenzia un aumento degli iscritti nel periodo 2008 – 2016 (in otto anni il valore è passato da 285 mila ad oltre 492 mila). Oltre la metà dei nuovi iscritti hanno un’età superiore ai 39 anni, poco meno di ¼ del totale da 31-39 anni, il 13% d 25-30 anni ed il 10% sono under 25 anni. Ed infine, in merito alle tipologie contrattuali stipulate nel 2016 si registra: un calo delle assunzioni a tempo indeterminato (- 29,7%), una diminuzione delle trasformazioni in continuità da rapporto a tempo determinato a lavoro stabile (-31,5%), mentre è cresciuto il numero dei contratti di apprendistato (+ 22,3%).