2. Regimi di Welfare ed evoluzione delle politiche abitative
2.2 Il Social Housing ed alcuni modelli nel dettaglio: Danimarca, Regno Unito e Germania.
Nel 2007 Cecodhas, il Comitato Europeo per la promozione al diritto alla casa, ha definito l'Housing sociale come quell'insieme di “attività utili a fornire alloggi adeguati a coloro che hanno difficoltà a soddisfare, alle condizioni di mercato, il proprio bisogno abitativo perché incapaci di ottenere credito o perché colpiti da problematiche particolari73”.
La genericità della definizione rispecchia la eterogeneità delle situazioni e degli impianti politici che caratterizzano i vari paesi europei, ulteriormente aggravata dal fatto che gli stessi non hanno
72 Bianchi, F., Alla ricerca della socialità perduta? Prove generali di cohousing in Toscana, Firenze University Press,
2013, consultato alla pagina web http://fupress.net/index.php/cambio/article/viewFile/19261/17887 (in data 15/08/17)
ancora formulato una definizione ufficiale e comune di housing sociale74. Ad esempio in Francia si parla di «abitazione ad affitto moderato», in Danimarca di «residenza condivisa» o «housing senza scopo di lucro», in Germania di «promozione residenziale», in Austria di «hounsing a profitto limitato» o «housing popolare», in Spagna di «residenza protetta» ed infine in Svezia di «alloggio pubblico».
Nonostante i problemi definitori, che comunque sottintendono la difficoltà ad individuare una politica comune ed una percezione condivisa di questo tipo di problematica, in letteratura sono, in modo estremamente semplicistico, individuati i due approcci maggiormente diffusi di housing sociale: universale o mirato75.
Il modello universale, che caratterizza i Paesi del Nord Europa, considera l’abitazione, di qualità dignitosa e a prezzi accessibili, come una questione di responsabilità pubblica nei confronti dell’intera popolazione. All’interno di tale modello gli enti fornitori di abitazioni sono le società municipali o le organizzazioni senza scopo di lucro. L’assegnazione degli immobili avviene attraverso liste d’attesa in cui possono essere presenti criteri di priorità, mentre gli enti locali riservano un certo numero di alloggi vacanti a quei nuclei familiari che presentano un urgente bisogno abitativo. In base a tale approccio gli affitti sono determinati sui reali costi sostenuti per la costruzione dell’immobile e per le famiglie più disagiate esistono garanzie d’affitto e indennità abitative.
Questo modello vede il settore degli affitti sociali (riguarda il 35% del mercato delle locazioni in generale) particolarmente sviluppato ed è caratteristico dei Paesi Bassi, della Danimarca, della Svezia e della Finlandia.
Il modello mirato o targeted invece si basa sull’assunzione di base che gli obiettivi delle politiche abitative siano realizzati in misura prevalente all’interno del mercato privato e riconosce come beneficiarie del social housing solo quelle famiglie che, all’interno del mercato stesso, non trovino risposta al bisogno di usufruire di un’abitazione dignitosa a prezzi accessibili.
In Europa, l'approccio maggiormente utilizzato è il secondo, che a sua volta si presenta in due forme76: in quella di un intervento generalista, che garantisce a tutti coloro che si trovano al di sotto di una determinata soglia di reddito, e in quella di un intervento di tipo residuale, ovvero rivolto a particolari categorie di persone. L’intervento generalista è tipico dei Paesi dell’Europa Continentale e riguarda i progetti di abitazioni sociali rivolti ai lavoratori e percettori di redditi medi, nei quali i beneficiari usufruiscono di indennità abitative al fine di coprire quota parte dell’affitto sociale.
74 Pittini, A.. Edilizia sociale nell’Unione Europea, in: «Techne», (2012) 4, 21-34.
75 Galdini, R., L'abitare difficile: la casa in Italia tra desideri e risorse, Napoli, Liguori, 2013.
76 Ghekière, L., Delebarre, M., Le développement du logement social dans l'Union européenne: quand l'intérêt
L’intervento residuale invece è destinato a categorie ristrette quali quelle di disabili, disoccupati e genitori soli. Generalmente a tale approccio corrisponde l’assegnazione diretta di una sistemazione abitativa da parte delle autorità locali in base al bisogno espresso e gli affitti sociali sono solitamente determinati sulla base dei costi di realizzazione o dei redditi dei beneficiari.
All’interno del modello mirato il social housing viene concepito come uno strumento utile a favorire tanto l'affitto quanto la proprietà. In merito a tale questione è possibile individuare una sottile distinzione tra gli interventi di natura generalista e quelli di tipo residuale. Il primo caso è caratterizzato da un settore degli affitti privati e sociali limitato ed un notevole sviluppo della proprietà, mentre nel secondo caso il settore degli affitti privati è più sviluppato e resta marginale quello dedicato agli affitti sociali.
Sono un esempio della prima casistica i Paesi quali l’Italia, il Belgio, dove la proprietà immobiliare assume un forte valore nella società. Anche la Grecia e Paesi dell’Est-Europa appartengono a questo gruppo in quanto, come già ricordato più volte in precedenza, a partire dagli anni Novanta hanno avviato un processo di privatizzazione degli alloggi sociali.
La seconda casistica è rappresentativa dei Paesi quali l’Irlanda, l’Estonia e Malta, nei quali è possibile osservare un consolidato mercato degli affitti privati a discapito del settore sociale.
Il Regno Unito e la Francia, nonostante siano in letteratura Paesi annoverati nel modello mirato con intervento residuale, mostrano un settore degli affitti sociali particolarmente sviluppato.
Tabella 2.2.1 Modelli di Social Housing in Europa
Fonte: Baldini, M., Federici, M. Il social housing in Europa, 2008, consultato alla pagina web http://www.consorzioechos.it/wp-content/uploads/2011/03/Il_social_housing_in_Europa_CAPP.pdf (in data 15/12/2017)
I servizi erogati dai sistemi di housing sociale
I sistemi di housing sociale prevedono tipologie di servizi suddivisi in due categorie: interventi forniti in favore degli abitanti e misure volte ad implementare lo stock immobiliare. Nella prima categoria vengono fatti rientrare i servizi socio-sanitari prestati agli affittuari, la promozione di relazioni di aiuto e vicinato, l'assistenza a particolari categorie ed a percorsi di inserimento lavorativo (quest'ultima esperienza è meno diffusa rispetto alle altre). I servizi rivolti allo stock abitativo invece riguardano percorsi di riqualificazione degli alloggi e degli spazi circostanti.
I criteri di accesso ai programmi di housing sociale
In merito ai criteri di ammissione ed ai gruppi interessati alla possibilità di beneficiare del social
housing, è da sottolineare come le politiche abitative siano fortemente influenzate dal modello di
appartenenza. Ad esempio i Paesi del Nord Europa, che condividono un modello di tipo universalista, prevedono interventi che si rivolgono all’intera popolazione e presentano sistemi innovativi di assegnazione degli alloggi, come ad esempio il protocollo introdotto nella città di Delf, nei Paesi Bassi. Tale sistema si basa sulle preferenze degli utenti, oltre che su criteri di bisogno.
Nello specifico le Housing Association pubblicano su giornali o siti internet specializzati una lista dei propri alloggi vacanti e i candidati possono presentare domanda per l’alloggio che più s'addice alle loro esigenze. L’effettiva assegnazione avviene poi sulla base di criteri di priorità, di età, di tempo passato in lista di attesa o la durata dell’occupazione del precedente alloggio per chi vuole trasferirsi.
Nei Paesi caratterizzati dal modello mirato generalista, invece, i criteri di accesso sono generalmente individuati a livello di normativa nazionale (Francia) o regionale (Germania), mentre alle amministrazioni locali rimane il compito di individuare chi risponde meglio a tali criteri al fine di procedere con l’assegnazione degli alloggi. All’interno del suddetto modello sono definiti i livelli di reddito massimo ai quali possono appartenere coloro che intendono beneficiare di una misura di
social housing; solo nell'esempio francese il limite formale si presenta abbastanza alto, tale da
comprendere buona parte della popolazione.
Ed infine nel modello mirato residuale, una volta definiti i criteri di accesso e applicate le scale di equivalenza previste per la comparazione di nuclei differenti, l’assegnazione avviene sulla base di liste d’attesa e criteri di priorità sono determinati dalla condizione socio-economica del nucleo familiare nonché dal tempo di permanenza nella lista d'attesa.
Il sistema di finanziamento dei programmi di housing sociale
Al fine di sviluppare i sistemi di social housing, i paesi europei hanno deciso di attuare politiche di incentivazione rivolte sia agli imprenditori o fornitori di alloggi (offerta di abitazioni) sia alle famiglie (domanda di abitazioni). Generalmente i policy maker europei prediligono un sistema di incentivi a favore dell'offerta, che influenza i modelli di finanziamento dei sistemi di housing sociale.
Per ciò che concerne il finanziamento dei progetti di housing sociale, per far fronte ai costi di sviluppo e costruzione di nuovi alloggi, i fornitori degli stessi possono contare solo marginalmente su risorse proprie, pertanto si prospetta per loro la necessità di stipulare prestiti e mutui.
Solitamente finanziare i progetti di edilizia abitativa significa combinare diverse fonti di credito: prestiti bancari standard, sovvenzioni pubbliche/prestiti, fondi di organizzazioni per l'edilizia e, talvolta, anche i contributi degli inquilini. Nella maggior parte dei Paesi, l’assistenza finanziaria pubblica per sostenere i costi di investimento in nuovi alloggi popolari avviene attraverso: sovvenzioni, prestiti pubblici di speciali istituti di credito di diritto pubblico, tassi di interesse delle sovvenzioni (in caso di prestiti privati), garanzie statali (nel caso di prestiti privati). Inoltre, i Comuni possono fornire finanziamenti aggiuntivi e terreni a prezzo ridotto per la costruzione di alloggi sociali. Tale assistenza può avvenire a diversi livelli istituzionali, spesso combinati tra loro,
rappresentati generalmente dallo Stato centrale, dalle Regioni (o province federali) e dai Comuni. L'altra fonte principale di finanziamento di progetti di social housing consiste nell’esclusivo indebitamento nel mercato privato da parte degli imprenditori privati, senza alcun sostegno finanziario pubblico. I Paesi Bassi ne forniscono l’esempio, essendo caratterizzati da un settore di
social housing reso finanziariamente indipendente dal governo centrale. Infatti, se fino agli anni
Ottanta, nei Paesi Bassi come negli altri Paesi dell’Europa occidentale, il finanziamento di nuove costruzioni sociali, ma anche l’acquisto di proprietà già esistenti, avveniva attraverso prestiti statali; a partire dal 1995, con l’approvazione del cosiddetto Accordo Brutering, le organizzazioni che si occupavano di social housing sono divenute soggetti finanziariamente indipendenti dai governi centrali.
Tale modello di finanziamento è stato possibile in quanto il settore degli alloggi sociali dati in affitto si è particolarmente sviluppato e le housing associations hanno acquisito una solida struttura, che ha loro consentito di ottenere prestiti a tassi agevolati.
E’ comunque da sottolineare che, a fronte della crisi finanziaria in corso, ottenere prestiti bancari diventa sempre più difficile in termini di ristretti vincoli per accedervi, alti tassi di interesse e disponibilità decrescente di risorse monetarie. Pertanto i fornitori di alloggi sociali, in particolare nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, sono alla ricerca di altre opportunità attraverso i mercati finanziari. In alcuni casi, per ottenere buone condizioni questi si avvalgono della valutazione di società internazionali di rating per mostrare la solidità delle loro attività economiche, della
governance e dell'affidabilità di gestione. Inoltre stanno attuando forme innovative di condivisione
del rischio.
Nonostante le problematiche finanziarie in corso, in Paesi come Danimarca e Francia, i fornitori di alloggi ricorrono all'utilizzo di proprie risorse ed eccedenze, sfruttando i loro bilanci per investire in nuovi interventi di costruzioni. I fondi (revolving funds) sono raccolti per sostenere le organizzazioni più deboli o per promuovere l'innovazione e la concorrenza.
Alcuni sistemi di finanziamento di progetti di social housing prevedono invece di imporre una percentuale minima di alloggi sociali nei nuovi interventi di sviluppo, come condizione indispensabile per ottenere nuovi permessi di costruzione per gli sviluppatori privati. Per esempio in Inghilterra l’Accordo Sezione 106 è un contratto giuridico che vincola gli sviluppatori dall’Autorità locale ad inserire abitazioni a canone moderato nei grandi progetti di costruzione immobiliare.
I soggetti coinvolti nei programmi di housing sociale
Come si evince dopo aver trattato i sistemi di finanziamento dell’edilizia sociale in Europa, gli operatori che caratterizzano il settore possono avere una differente natura. Nella maggioranza dei
casi sono direttamente appartenenti all'apparato statale, in alcuni casi invece l'ente locale crea aziende a cui delega la funzione di sviluppo e gestione di progetti di abitare solidale. E’ inoltre da segnalare che, contestualmente alla presenza degli attori pubblici, è sempre più diffusa in tutta Europa la partecipazione anche di soggetti appartenenti al Terzo Settore ed alle cooperative sociali. Se andiamo ad analizzare nel dettaglio la situazione dei vari Paesi emerge che, ad esempio, in Inghilterra le cooperative edilizie sono le principali fornitrici di alloggi sociali con il 54% del totale rispetto alle autorità locali che ne gestiscono ancora il 46%. In Austria il 60% degli alloggi sociali è di proprietà dei Comuni e delle società pubbliche, anche se i Comuni, negli ultimi dieci anni si sono ritirati dal settore delle nuove costruzioni. Diverso è il caso dei paesi europei centrali e orientali dove, con l'eccezione della Polonia e della Repubblica Ceca, con la privatizzazione massiccia degli alloggi sociali, avvenuta dopo il 1990, ai Comuni sono stati lasciati patrimoni di edilizia residenziale pubblica molto ridotti e sono stati creati nuovi regimi giuridici che consentono la creazione di un settore non profit di housing.
Dopo aver elencato alcune caratteristiche di base dei vari modelli, secondo l'approccio che i Paesi europei hanno rispetto al social housing, ci soffermiamo sull’analisi di quattro Paesi77 esemplificativi di quattro tipi differenti di politiche abitative in senso stretto, che più in generale rappresentano il regime di Welfare State di appartenenza78.
La ripartizione, che prende spunto dalla classificazione di Esping- Andersen e Ferrera, non vuole considerare le politiche abitative in senso stretto, bensì esaminare come esse interagiscono con i meccanismi del mercato, della società e della famiglia. Al fine di analizzare tali processi, lo studioso olandese individua tre concetti fondamentali:
- il grado di demercificazione, con il quale si intende la capacità delle politiche pubbliche di ridurre la dipendenza dal mercato del lavoro;
- il grado di destraficazione, con il quale si misura l’attitudine dell’intervento del welfare a ridurre l’impatto delle differenze di classe sociale:
- il grado di defamilizzazione, con il quale si analizza la propensione da parte dei servizi di sostituirsi agli interventi di cura erogati direttamente dalle famiglie.
Ogni regime è caratterizzato, in maggiore o minore parte, delle tre tendenze sopra descritte.
77 Cecodhas House Europe, Alloggiosocialeeuropeo. Gli ingranaggidelsettore, 2012, consultabile alla pagina web
www.housingeurope.eu/file/262/download (consultato in data 08/12/17)
78 Kurz, K., Blossfeld, H. P., Introduction: Social stratification, welfare regimes, and access to home ownership.
Home ownership and social inequality in comparative perspective, California, Standford University Press, 2004, pp. 1-20.
Paesi del Nord Europa – Regime di Welfare Social-democratico
In Danimarca l’edilizia residenziale, o più specificamente il not for profit housing, è un settore costituito da alloggi in affitto forniti a prezzo di costo da associazioni edilizie non profit.
Una caratteristica specifica di questo modello riguarda il fondamento su cui si basa, e cioè il principio di democrazia in base al quale si riconosce il ruolo centrale che svolgono i cittadini nell'interno processo di progettazione ed attuazione delle politiche pubbliche.
Tale sistema intende assicurare un grado di demercificazione e destratificazione elevato, basandosi su programmi di tipo universalistico rivolti ai cittadini in quanto tali e, considerati non in quanto appartenenti a determinate categorie occupazionali, o perché relegati a particolari stati di vulnerabilità.
L’obiettivo è quello di garantire l’accesso alla casa a tutti attraverso l'offerta di abitazioni in locazione con un canone sociale che sia accessibile ad ampie fasce della popolazione. Perché ciò avvenga viene effettuato un controllo sull'intero sistema abitativo, controllando le politiche dei suoli e la creazione di demani, fornendo incentivi ai produttori no-profit, garantendo il monitoraggio degli affitti nel mercato privato e sorvegliando le politiche del credito nel settore edilizio.
Come si può supporre, in questo modello l’edilizia sociale pubblica svolge un ruolo predominante nell’offerta di abitazioni. In Danimarca, ad esempio, essa costituisce il 20% del patrimonio immobiliare totale presente nel Paese e riguarda circa 8000 edifici posseduti da circa 700 cooperative.
Per quanto riguarda gli operatori che costituiscono i sistemi di housing sociale, sempre la Danimarca, possiede una tradizione storica che vede le cooperative non-profit operare nel settore fin dall’inizio del xx secolo.
Per ciò che concerne invece il finanziamento dei progetti di social housing, è presente una ripartizione dei costi tra soggetti pubblici e privati. Nello specifico, nei Paesi del Nord-Europa, solitamente il progetto viene finanziato per il 91% del capitale totale attraverso prestiti erogati dalle banche alle associazioni coinvolte nella gestione ed erogazione di alloggi sociali. Il 7% del costo totale dell’intervento è invece di competenza dei Comuni, che lo stanziano attraverso forme di prestito ad interesse zero e svolgono inoltre la funzione di garanti verso le banche in merito al mutuo totale. Infine la restante parte è coperto dagli inquilini. Il modello di finanziamento prevede anche l’utilizzo di un fondo rotativo.
Secondo la normativa vigente l’immobile deve essere concesso ad un canone di locazione che è determinato sulla base dei costi storici; pertanto gli affitti sociali non si riducono nemmeno quando i prestiti ipotecari sono restituiti e le eccedenze convogliano nel Fondo Nazionale per l’Edilizia. Tale fondo, istituito nel 1966, ha il fine di sostenere la manutenzione e la implementazione degli alloggi
sociali presenti.
Ad intervento ultimato, i Comuni svolgono anche un’altra importante funzione, rendendo disponibili degli assegni per i canoni di quegli inquilini che non riescono a far fronte a tali spese. In questo regime vengono utilizzati tutti quegli strumenti di parziale collettivazione dei costi quali la regolamentazione del mercato degli affitti, i sussidi ed i sostegni per l'accesso alla proprietà.
Infine, se si entra nel merito di chi ha diritto a ricevere tale tipologia di risposte, si può rilevare che le liste di attesa sono aperte a tutti a partire da un’età minima di quindici anni, senza che siano previste delle soglie di reddito di appartenenza. Gli alloggi vengono assegnati invece sulla base della permanenza nelle liste di attesa, della dimensione del nucleo familiare e dei criteri di priorità quali ad esempio la presenza di minori o disabili; ma anche l’essere divorziati o studenti oppure la necessità di avvicinarsi al luogo di lavoro possono avere un peso nella valutazione complessiva. In tema di assegnazione, ai Comuni è riservata la possibilità di destinare direttamente il 25% degli alloggi di proprietà delle associazioni a quei soggetti che ne necessitino, ma non siano inseriti nelle liste di attesa.
Come si denota da quanto sopra descritto, all’interno di questo regime lo Stato persegue attivamente il compito di ridurre la dipendenza degli individui dal mercato del lavoro, andando a coprire la totalità dei rischi sociali attraverso l’erogazione di prestazioni generose e su base universalistica. Altro aspetto che caratterizza questo modello è il riconoscimento del ruolo centrale svolto dalla famiglia ed in particolare dalla donna, vista come destinatario legittimato a ricevere politiche rivolte alla conciliazione del tempo di cura con il tempo di lavoro. Probabilmente, tale tipologia di programmazione è mossa dalla consapevolezza79 che il lavoro delle madri, e quindi il passaggio dal modello male breadwinner al modello dual earner, riduce la possibilità di vivere un'esperienza di deprivazione economica da parte dei figli, salvaguardando i bambini da ripercussioni negative sui processi di autodeterminazione nella vita adulta. I minori rappresentano il futuro delle società ed una loro condizione di deprivazione attuale si rifletterà su un indebolimento del capitale umano potenziale. Esperienze di povertà educativa, difficoltà di accesso ad adeguati percorsi di istruzione, scarsa possibilità di beneficiare delle cure sanitarie sono tutte condizione che aggravano lo stato di benessere di un individuo in ogni fase della sua esistenza, a maggior ragione nei bambini, che non hanno gli strumenti per attivare percorsi alternativi e sono completamente dipendenti dalle scelte genitoriali. La povertà minorile va alimentare il fenomeno che recentemente è stato definito dei giovani Neet80 (Not in Education, Employement or Training) ovvero di coloro che hanno un’età
79 Esping-Andersen, G., Le nuove sfide per le politiche sociali del XXI secolo...cit.
80 Bynner, J., Parsons, S., Social Exclusion and the Transition from School to Work: The Case of Young People Not in
Education, Employment, or Training (NEET), in «Journal of Vocational Behavior», Volume 60, (2002), pp. 289- 309.
compresa tra i 15 e i 29 anni e non sono impegnati in un percorso di formazione, di lavoro o di tirocinio. In Europa circa il 14,2% di giovani si trova a vivere questa esperienza.