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4 – Il cotone nel XVIII secolo: nuova moda e nuove industrie

Impero ottomano e Venezia

II. 4 – Il cotone nel XVIII secolo: nuova moda e nuove industrie

Sebbene la sua presenza risalisse già al Medioevo, il cotone rappresentò il vero business del Settecento nell'economia levantina come nelle economie europee sotto molteplici forme: grezzo, filato o tessuto. La produzione cotoniera siriana aveva una fama molto antica già nel Medioevo, perché la fibra era lunga e flessibile, di migliore lavorazione e più costosa633. Attraverso i porti di Acri, Beirut, Tripoli e Latachia634 queste produzioni erano vendute agli Europei, che chiamavano questo cotone bocasine635. La fama – e la fame – di cotone in Europa ebbe origine nel XIII secolo, quando un calo dell'allevamento ovino orientò i consumatori verso la fibra naturale.

Nel Settecento, non diversamente che nelle epoche precedenti, i maggiori porti levantini del cotone erano quelli della costa siriana e di Cipro; la maggiore differenza stava nei costi, che scesero vertiginosamente636.

Il nuovo ruolo del cotone per le economie europee dipese da cambiamenti strutturali nel commercio: l’eccessivo costo delle manifatture italiane, la cui elevata qualità ne aveva garantito il successo nei secoli precedenti637, e il nuovo ruolo dei mercanti nord europei e delle loro merci grosse. Con questi, e soprattutto con gli Inglesi, assunse una nuova importanza l’Atlantico e le sue colonie, popolate dalla numerosa manodopera servile

631 Ivi, busta 743, "Tariffa consolare veneta in Salonicho" (1754), "Piano del Comercio annuale di

Salonico colla Cristianità", 8 aprile 1751; busta 749, 20 maggio 1754, 4 settembre 1769.

632 Ivi, busta 743, 1 giugno 1751.

633 Eliyahu Ashtor, "The Venetian Cotton Trade in Syria in the Late Middle Ages", in … , p. 682. 634 Ivi, p. 692.

635 Ivi, p. 648. Braudel, Civiltà materiale …, op. cit., pp. 295-296.

636 Ashtor, "The Venetian Cotton Trade...", op. cit., p. 694 e Ashtor, "Profits from Trade with the Levant

in the Fifteenth Century", op. cit., p. 266.

637 Il fatto che in Italia queste produzioni si mantennero salde, nonostante la loro non competitività, dipese da

africana, barattata anche con i tessuti indiani di cotone commercializzati dalla Levant Company. Siccome questi tessuti non potevano essere venduti nella madrepatria e costituivano un genere costoso, il sospetto è che parte del baratto africano fosse fatto con i manufatti simil-indiani prodotti nell’Impero ottomano638.

Anche in Europa il cotone visse un’importante trasformazione di mercato per la qualità della sua fibra, economica e resistente al tempo stesso, determinando costi inferiori di produzione e quindi di vendita, permettendo a molte famiglie di acquistarne maggiori quantitativi e di orientare, verso altri beni non più di prima necessità, ma di consumo (diversi da quelli di lusso) i loro guadagni, stimolando in generale la rivoluzione commerciale del Settecento e la diffusione di prodotti che segnarono il secolo successivo (caffè, cioccolata, tè e tabacco)639.

Accanto a questi cambiamenti si verificò un fenomeno strategico: la moda nord-europea e la sua invasione del mercato. Nella seconda metà del XVII secolo facevano furore presso le famiglie ricche del nord-Europa, e in particolare tra quelle inglesi, i tessuti leggeri ed eleganti di origine francese, sia di seta sia di lino. Questa fuoriuscita di capitali verso la rivale storica, con cui si stava combattendo una vera e propria guerra non convenzionale a base di divieti commerciali640, provocò nel 1678 le proteste dei produttori tradizionali di pannilana inglesi, che riuscirono ad ottenere una legge per vietare l'importazione di questi tessuti641. Promulgata la legge, sul mercato inglese rimasero solamente i più economici cotoni di origine indiana e cinese portati dalla East India Company e su questi prodotti si lanciarono tanto i ricchi acquirenti, quanto quella fascia di popolazione che prima non si sarebbe potuta permettere i tessuti francesi. Ciò

638 Reinhard, Storia dell'espansione europea, op. cit., pp. 217-218. Cfr. i manifesti di carico compresi tra

ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 647, 27 luglio 1748 e busta 653, 4 maggio 1796.

639 Finzi, Storia economica ..., op. cit., pp. 29-36. Si ringraziano il prof. Giovanni Levi e il prof. Marcello

Carmagnani per avermi concesso di partecipare alla conferenza organizzata per il dottorato di ricerca “Storia sociale europea dal medioevo all'età contemporanea” in data 13 giugno 2007. Cfr. pure Doretta Davanzo Poli, Arts and Crafts of Fashion in Venice from the 13th to the 18th Century, s.l., s.d., 2005, pp.

52-54.

640 Reinhard, Storia dell'espansione europea, op. cit., p. 224.

641 Ivi, p. 217. Anchela Francia vietò le tele di cotone levantine tinte (1686), di mussoline e di tele di cotone

bianche (1691), ma solo fino al 1703. Katsumi Fukasawa, Toilerie et commerce du Levant, Éditions du CNRS, Parigi, pp. 17-18 e p. 23.

provocò un sensibile calo delle richieste dei pannilana inglesi, a favore dei tessuti di cotone dipinti o stampati a motivi floreali e tutti importati642, "la delizia della clientela femminile"643.

All’inizio del Settecento la moda, il mercato e le richieste delle corporazioni diedero moto alla lunga serie di avvenimenti che avrebbero portato alla nascita delle industrie tessili inglesi. I fabbricatori di pannilana inglesi, scagliandosi contro le nuove tele portate dall'Oriente, sostenendo la tutela del loro settore e delle migliaia di famiglie impiegate in esso, ottennero una serie di leggi sempre più restrittive per impedire le importazioni sia di stoffa sia di filato644. I produttori inglesi di tessuti in cotone furono, quindi, costretti a produrre da sé sia il filato sia la stoffa, poiché era vietata, sì, l'importazione, ma non la produzione645. A partire dal 1700, gli acquirenti inglesi, privati dell'oggetto del desiderio, le tele indiane, o costretti a comprarle per vie clandestine, accettarono i "tentativi ancora maldestri dei tessitori inglesi"646.

Questo drastico cambiamento provocò una modifica nei canali di approvvigionamento in Inghilterra del cotone, che cominciò a giungere grezzo e maggiormente economico direttamente dalle Indie orientali647, dove la produzione in regime di manodopera servile era destinata totalmente alla madrepatria648. Nonostante la mancanza di esperienza649, questi manufatti inglesi piacevano al pubblico e nel 1735 la legge fu costretta ad

642 Ibidem. Mantoux, La rivoluzione industriale, op. cit., p. 241. 643 Braudel, Civiltà materiale …, op. cit., p. 296.

644 La prima legge fu del 1700 e a seguire nel 1720-21, nel 1736, che inasprirono quanto già emanato:

inizialmente non si vietava l'importazione di stoffe e filati grezzi e nemmeno quelli di lusso, come le mussoline, ma le leggi successive provvidero a sanare questa lacuna. Erano vietati tutti i tessuti di cotone indiani, cinesi e persiani, stampati o colorati; la merce di contrabbando sarebbe stata confiscata e venduta all'incanto a chi l'avrebbe destinata alla riesportazione all'estero. Veniva applicata un'ammenda di 5 scellini per il privato cittadino in possesso di merce vietata, multa che saliva a 20 scellini per i mercanti. Reinhard, Storia dell'espansione europea, op. cit., p. 217. Mantoux, La rivoluzione industriale, op. cit., p. 242.

645 Reinhard, Storia dell'espansione europea, op. cit., p. 217. Mantoux, La rivoluzione industriale, op. cit., p. 244. 646 Ivi, p. 243. Seguirono inevitabilmente polemiche più o meno aspre sull'utilità di produrre tessuti di

qualità scadente, quando era molto più economico importarli, liberando una parte della manodopera verso altri settori produttivi, ma il regime protezionista ottenuto dai produttori lanieri era estremamente saldo. Mantoux, La rivoluzione industriale, op. cit., p. 159. Fernand Braudel individua una causa contingente (una privazione dell’oggetto) e una latente (soddisfare le necessità del mercato dal XV secolo). Braudel,

Civiltà materiale..., op. cit., pp. 399-401.

647 Mantoux, La rivoluzione industriale, op. cit., p. 243. Queste zone avevano le condizioni climatiche per

produrre un buon filo (grande umidità e un'escursione termica tra giorno-notte contenuta).

648 Ibidem.

649 Il filato era inizialmente inadeguato ad essere tessuto puro, per cui si ricorse ad una tessitura mista a

accettare queste produzioni650, libere da qualunque imposizione e tradizione produttiva di gilda e terreno sperimentale delle innovazioni tecnologiche inglesi651.

Il riflesso immediato di questi nuovi rifornimenti inglesi fu un ridimensionamento nel commercio mediterraneo di cotone, lasciato principalmente in mano francese e veneziana; Venezia aveva tra i suoi punti d'approvvigionamento Cipro, Aleppo e i porti medio – piccoli della sponda orientale del Mediterraneo, mentre i Francesi si stabilirono saldamente a Saida, Acri e Giaffa. L'obbiettivo principale di tutti questi mercanti era il filato grezzo di cotone, ma non mancavano i prodotti finiti652.

Se i tessuti di cotone stampati erano di fabbricazione inglese, indiana o ottomana, la moda del Settecento fu decisamente parigina, e da lì si diffondeva a scadenza pressoché annuale in tutto il mondo. Venezia, antica città della moda e del buon gusto fu sorpassata dall'esuberanza degli innovatori francesi653. L'Impero ottomano non fu risparmiato da questa rapidissima epidemia settecentesca654.

Il Mediterraneo orientale della seconda metà del Settecento fu il terreno di scontro di ben tre tipologie di prodotti cotonieri: i tessuti indiani, genere di antica importazione carovaniera e di lusso, quelli europei, una new-entry nel settore, e le manifatture locali, facenti parte della tradizione locale. Stando alle ricerche condotte da Katsumi Fukasawa, da Mehmet Genç e da Halil İnalcık, vi fu una svolta estremamente significativa circa nel 1775: fino a questa data il traffico delle tele di cotone di produzione ottomana in uscita da Aleppo, una delle maggiori regioni produttive, era in crescita655; da circa quell'anno l'influenza delle nascenti industrie inglesi cominciò a

650 Ivi, p. 244. Lo stratagemma fu di considerarle un ramo dell'antica produzione di fustagni.

651 Con solo qulche decennio di esperimenti si giunse a produrre un filato così resistente e compatto da poter

essere tessuto puro. Successivamente venne vietata l'esportazione di macchine, utensili, progetti, disegni, necessari a far produrre macchinari per il cotone (leggi del 1771 e 1774). Ivi, p. 245, pp. 249-273, p. 298 e p. 301.

652 İslamoğlu e Keyder, "Agenda for Ottoman History", in Huri İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and

the World-Economy, op. cit., p. 60.

653 Perfino nel lontano Perù, ricorda Fernand Braudel, i ricchissimi spagnoli seguivano le nuove fogge

parigine. Braudel, Civiltà materiale …, op. cit., pp. 287-294.

654 Ivi, p. 284.

farsi sentire pesantemente656, mentre le manifatture presenti nel territorio ottomano non trovavano lo slancio, le capacità tecniche e il know-how necessario per far decollare industrie locali significativamente competitive rispetto a quelle europee657.

L'elevata quantità di prodotto grezzo esportato non indicava la mancanza di industrie locali, anzi, tipiche del Sei – Settecento erano le manifatture ottomane di imitazione indiana (le "indianelle d'Aleppo", chiaro indice sia della tipologia sia del luogo di effettiva manifattura), volte a limitare il deflusso di capitali per le importazioni658. La Porta, a differenza di altre industrie strategiche, incentivò in misura nettamente inferiore l'instaurarsi di manifatture cotoniere659, che queste si allinearono alla tendenza produttiva e allo sviluppo del commercio straniero fino a circa il 1775660. Il settore forse fu visto saldo, forte, il che spiegherebbe perché non fu sottoposto a incentivi produttivi e a protezioni e perché le tasse si mantennero fisse tra il 1734 e il 1791. Si prelevava 1 akçe per ogni occa di cotone grezzo portato fuori dall'impero e 2 akçe per l'occa di filato661. Questa situazione risultò molto conveniente per i mercanti europei, poiché, aumentando il costo del cotone, le tasse si riducevano. Infatti, spiega Mehmet Genç, nel 1734 il cotone grezzo costava 22 akçe all'occa e le tasse erano pari al 5% del costo, mentre negli anni Ottanta con il costo del cotone a 122-140 akçe/occa le tasse erano pari

656 Queste manifatture non sarebbero state competitive, se non si fossero abbassati i prezzi di produzione.

Infatti, i costi per la manodopera in India e nell'Impero ottomano erano decisamente più bassi, quindi, l'unico modo per abbassare i prezzi in Inghilterra era abbassare la produzione stessa, cambiandola radicalmente. Halil İnalcık, "When and how British cotton goods invaded the merchant markets", in The

Ottoman Empire and the World Economy, op. cit., p. 376. Genç, "18. yüzyıla ait osmanlı malî verilerinin

iktisadî faaliyetin göstergesi ...", in Devlet ve Ekonomi, op. cit., p. 359.

657 Genç, "18. yüzyılda Osmanlı Sanayisi", in Devlet ve Ekonomi, op. cit., p. 253. İnalcık, "When and how

British cotton goods ...", in The Ottoman Empire and the World Economy, op. cit., pp. 374-375.

658Cfr. per esempio ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 647, 27 luglio 1748 oppure busta

653, 4 maggio 1796 (rispettivamente la prima e l'ultima registrazione nei manifesti di carico analizzati.)

659 Genç, "18. yüzyılda Osmanlı Sanayisi", in Devlet ve Ekonomi, op. cit., pp. 239-240

660 Genç, "A Study on the Feasibility …", in Huri İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and the World-

Economy, op. cit., p. 359.

661 Ivi, p. 351. Il cotone veniva acquistato in cantari, pari a 237, 776 chilogrammi, composti a loro volta da

100 rotoli, che pesavano ciascuno 7/8 di occa. Un cantaro, quindi, valeva 87,5 occa. L'akçe era una moneta di conto e sotto-unità della piastra: 1 piastra era fatta da 40 para oppure da 120 akçe. Il termine aspro era il nome europeo dell'akçe. Martini, Manuale di metrologia, op. cit., p. 412. L'occa era una misura di peso assai adoperata nell'Impero ottomano; corrispondeva in Siria e Palestina a 1,28 kg, in

Turchia a 1,285 kg, in Egitto a 1,25 kg, in Serbia a 1,281 e in Grecia a 1,280. All'interno dell'Impero, 1

occa era pari a 400 dirham. Cfr. "Occa", in Treccani, vol XXV. p. 113. Angelo Martini, invece, fa corrispondere un occa a 1,268100 kg a Cipro. Cfr. Martini, Manuale di metrologia, op. cit., p. 412. Pamuk,

allo 0,7 0,8 % del costo finale662. Lo studioso ricorda, inoltre, che fino al 1770 le tasse sul cotone, sia grezzo sia filato, erano prelevate solamente nel caso in cui questo venisse esportato via nave663, mentre le produzioni erano in aumento vorticoso664.

Questo vantaggio dei mercanti europei si contrapponeva a quello dei produttori, per i quali, con l'aumento delle tasse sul cotone, aumentava pure il costo della produzione; per far fronte a questo incremento l'unico mezzo che trovarono fu quello di abbassare la quantità e/o la qualità665. Non solo il commercio di cotone con gli stranieri danneggiava i produttori, ma anche l’erario era sottoposto a truffe da parte dei mercanti europei a Smirne, dove le balle erano fatte non dei soliti 2 cantari e mezzo, ma si imballavano 3 cantari. Si informava, quindi, il mukataa competente di questa differenza e si cercava di vietare la pratica. La riscossione su balle di cotone di 2 cantari e mezzo era di 90 para l’una, il danno economico, quindi era di 36 para la balla666.

Quanto al costo del cotone, possiamo seguirne solo parzialmente l'aumento. È importante capire questo incremento, perché incideva sul costo finale del prodotto (fino all’80% del filato)667.

Nel 1734 il prezzo del cotone era di 22 akçe per occa668; nel 1753 a Cipro si registrò un'oscillazione alquanto marcata: da 95 – 100 piastre al cantaro fino a 180 piastre669. Questa forte variazione dipendeva, probabilmente, dall'abitudine isolana di stabilire il prezzo tra luglio e agosto, mentre il raccolto era fatto, effettivamente, nei mesi invernali. Se risultava troppo scarso o eccessivo, i prezzi pattuiti cambiavano sensibilmente670.

662 Genç, "A Study on the Feasibility …", in Huri İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and the World-

Economy, op. cit., p. 359. Un aumento delle entrate mīrī del mukataa del cotone e del filo di cotone si

ebbe nel 1793, quando il cotone subiva un aumento di 1 para il kiyye, il filato 2 para e quello appena raccolto (nella forma più grezza, quindi, 1 akçe. BOA, Cevdet Maliye (d’ora in poi C.ML.), dosya 18, gömlek 843, 8 rebi ül-evvel 1208 (14 ottobre 1793).

663 Ivi, p. 354.

664 Ivi, p. 358. Confrontando i decenni 1730/40 e 1760/70 Mehmet Genç registra un 100% di aumento

delle produzioni industriali.

665 Genç, "18. yüzyılda Osmanlı Ekonomisi ve Savaş", in Devlet ve Ekonomi, op. cit., p. 186. 666 BOA, C.ML., dosya 18, gömlek 843, 8 rebi ül-evvel 1211 (11 settembre 1796).

667 Ivi, p. 252.

668 Genç, "A Study on the Feasibility …", in Huri İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and the World-

Economy, op. cit., p. 352.

669 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 647, 8 marzo 1753.

670 Ivi, busta 648, 14 giugno 1765; busta 649, 12 aprile 1774. Per quanto riguarda la raccolta invernale,

L'anno seguente (1754) a Salonicco l'occa di cotone valeva 20 aspri671, mentre a Smirne un cantaro valeva 10 piastre672.

Nel 1765 il prezzo del cotone a Larnaca variava tra le 151 piastre e le 167 piastre e 27 para per cantaro, anche in ragione di una produzione decisamente scarsa, di sole 1.500 balle, delle quali un terzo era destinato al consumo interno dell’isola (forse alla produzione di dimiti)673.

Il prezzo a Smirne si era mantenuto stabile: nel 1769, esattamente come nel 1754, un cantaro costava 10 piastre674, mentre l'anno successivo a Cipro era di 85 piastre il cantaro con una raccolta “ragionevole”675. Questo prezzo salì a ben 110-115 piastre il cantaro nel 1772 a causa di un raccolto scarso e si mantenne nel 1773676.

Nel 1778 ad Alessandretta il costo di un cantaro di cotone era decisamente più elevato: 250 piastre677. Per il 1779, disponiamo di una transazione commerciale effettuata a Cipro: 2.406 rotoli furono pagati 1.906 patacche678. Sempre dall'isola, nel 1783, il costo di un cantari era di 125-130 piastre679, mentre nello stesso anno a Salonicco era registrato a 150 aspri l'occa, con mezza piastra per occa di dazi doganali680.

Per quanto riguarda gli anni Otttanta del Settecento, Mehmet Genç parla di un costo oscillante tre i 122 e i 140 akçe l'occa681; dal materiale archivistico nel 1788 a Cipro un

671 Ivi, busta 743, "Tariffa consolare veneta in Salonicho" s.d. [1754?]. 672 Ivi, busta 750, 20 maggio 1754.

673 Ivi, busta 648, 14 giugno 1765 e 31 agosto 1765, 8 giugno 1766. 674 Ivi, busta 750, 4 aprile 1769,

675 Ivi, busta 649, 11 luglio 1770,

676 Ivi, busta 649, 14 giugno 1771, 13 maggio 1772, 7 aprile 1773, 23 novembre 1774. I documenti

parlano dei prezzi, ma per le case di commercio delle altre nazioni mercantili.

677 Ivi, busta 603, 4 marzo 1778.

678 Ivi, busta 650, 29 luglio 1779. Solitamente si utilizzava il tallero tedesco d'oro o patacca per le grandi

transazioni commerciali Pamuk, A Monetary History..., op. cit., p. 165.

679 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 651, 9 settembre 1784. Nel 1783, i mercanti Vassalo e

Giaxich, presenti con casa di negozio sull’isola di Cipro, acquistarono del cotone per conto di Abram di David Almeda, di Venezia, che chiese loro di fare l’acquisto per, appunto, 125-130 piastre il cantaro.

680 Ivi, busta 743, "Tariffa consolare veneta in Salonicco" [26 agosto 1784?].

681 Genç, "A Study on the Feasibility …", in Huri İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and the World-

cantaro costava addirittura 237-240 piastre682 e ad Acri era salito fino a 220683. Per gli ultimi anni del secolo, infine, disponiamo solo di un carico per Trieste pagato 110 piastre il cantaro. L’aumento del prezzo era parallelo alla sua importanza.