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8 – I mercanti ottomani: contratti commerciali e realtà sfaccettate.

Impero ottomano e Venezia

II. 8 – I mercanti ottomani: contratti commerciali e realtà sfaccettate.

La storiografia ottomana, seguendo gli studi e le impressioni del Diciannovesimo secolo, ha spesso riportato una distinzione innegabile tra i mercanti ottomani di fede musulmana e quelli di confessioni minoritarie. Come ci ricorda Suraiya Faroqhi, solo negli ultimi decenni queste posizioni sono state rivalutate, riconsegnando ai mercanti ottomani musulmani la loro reale quota di commercio che era stata sottratta loro dai vecchi studi di settore, che pretendevano l'assenza quasi totale di questi mercanti dalle scene internazionali782. È un dato consolidato che i sudditi ottomani non-musulmani, in virtù dei loro legami religiosi, ma anche culturali, ebbero vantaggi nel commercio con gli Europei, per essere, se non fratelli, almeno cugini spirituali.

Come ovvio, vi erano sudditi ottomani soggetti alla legge ottomana che nel pieno dei loro diritti trafficavano con i mercanti stranieri. Se i Levantini sono un argomento sfuggente e i barattari un continuo grattacapo per i consoli, per vedere i mercanti ottomani dobbiamo ricorrere alla paziente lettura dei registri bollati di cancelleria e delle

781 Ivi, busta 743, 21 marzo 1768. Nel linguaggio marittimo veneziano, il patrono di nave era l'armatore-

capitano della nave. Lane, Storia di Venezia, op. cit., p. 65.

lettere consolari. Per vedere i rapporti intessuti tra i mercanti ottomani non dotati di berāt e i mercanti stranieri nelle fonti primarie si deve partire da Daniel Panzac, poiché lo storico francese ha a lungo studiato il carovanaggio e i rapporti che i mercanti ottomani non-barattari intrecciavano con gli Europei.

Le navi del commercio euro – ottomano erano tutte europee per una serie di considerazioni pratiche: innanzitutto erano più sicure e al riparo, almeno ci si augurava così, da attacchi corsari783; il trasporto su queste imbarcazioni era più economico nei dazi di frontiera784; gli equipaggi europei erano maggiormente esperti e professionali785; la bandiera ottomana era vietata nei porti europei786. Infatti, come ricorda Mehmet Genç, gli Europei, giunti per fare commercio verso i loro stati, entrarono nel mercato interno ottomano inizialmente proprio come trasportatori marittimi, un settore con concorrenza scarsa o nulla, persino nel trasporto navale interno tra porto e porto ottomano787.

Il carovanaggio era una pratica di cabotaggio solitamente interno ai domini ottomani, attuata, fin dal Medioevo, da un capitano francese e un noleggiatore ottomano. Il vero successo di questa pratica cominciò alla fine del XVII secolo, tanto che si diffuse a macchia d'olio sia nei territori della Porta sia nelle abitudini degli Europei impegnati nei trasporti marittimi. Il carovanaggio non subì alcun calo nella seconda metà del XVIII secolo, anzi, era sempre più utilizzata anche da Veneziani e Ragusei, che si collocavano al secondo posto, dopo i Francesi, per il volume d'affari. L'accordo di carovanaggio marittima aveva, per lo meno presso la cancelleria francese, un formulario ben preciso: informazioni sull'appartenenza etnica o confessionale dei noleggiatori; la loro residenza; il nome e il cognome del capitano che metteva a disposizione la propria nave; il nome e il tipo dell'imbarcazione; la destinazione e le varie scale intermedie; il numero di giorni

783 Panzac, "International and maritime trade …", op. cit., p. 205. I più temuti erano forse i corsari maltesi. Faroqhi,

The Ottoman Empire and the World…, op. cit., pp. 145-146. Panzac, La caravane maritime, op. cit., p. 24.

784 Panzac, "International and maritime trade …", op. cit., p. 205. 785 Panzac, La caravane maritime, op. cit., p. 24.

786 Ivi, p. 200.

787 Genç, "18. yüzyılda osmanlı sanayisinde ...'', op. cit., p. 262. Questo doppio ruolo sui mercati interno

ed esterno permise pure un altro tipo di crescita altrettanto importante: la crescita dell'evasione fiscale. L’antico divieto per i mercanti ottomani di risiedere all’estero ormai aveva perso la sua importanza dopo il Medioevo, quando le merci potevano viaggiare senza il loro mercante. Özkaya, 18. yüzyılda Osmanlı

Toplumu, op. cit.,p. 125. Lane, Storia di Venezia, op. cit., p. 62. Faroqhi, The Ottoman Empire and the World ..., op. cit., p. 151.

previsto. Talvolta veniva pure definita l'eventuale ripartizione dei dazi che si sarebbero incontrati, ma anche il costo effettivo del noleggio, che veniva sempre pagato in moneta. Il contratto, poi, veniva firmato dai contraenti e registrato in consolato alla presenza del cancelliere, del dragomanno e dei testimoni788. Nell'analizzare i contratti registrati presso i consolati francesi sia del Maghreb sia del Levante, Daniel Panzac pone l'attenzione innanzitutto alle monete; non solo ha potuto valutare quali erano maggiormente utilizzate, ma soprattutto ha potuto vedere una transizione dalla moneta reale (fine del XVII secolo) alla moneta di conto (alla fine del secolo successivo). Per quanto riguarda l'ultimo decennio del XVIII secolo lo storico francese è dovuto ricorrere ai documenti veneziani, poiché i consolati francesi, a causa della guerra con l'Inghilterra del 1793, scomparvero totalmente per un anno, lasciando campo ai capitani veneziani789.

Questa situazione, in apparenza svantaggiosa per gli studiosi, permette di fare un'analisi comparativa tra le due nazioni. Il risultato è che sia i Francesi sia i Veneziani erano poco noleggiati da mercanti europei, mentre abbondavano quelli levantini (Turchi e Greci, in particolare), seguiti dagli Arabi, che erano, comunque particolarmente numerosi, e infine dagli Ebrei790.

Tra le implicazioni del carovanaggio troviamo i rapporti internazionali tra piccoli e medi mercanti, la partecipazione dei mercanti musulmani ottomani nei traffici internazionali, ma pure i guadagni, più o meno significativi e sicuramente "invisibili", che gli armatori francesi (solitamente provenzali) ottenevano nel noleggiare le loro imbarcazioni a sudditi ottomani. Eppure, proprio nel Settecento, i carovanieri francesi

788 Daniel Panzac, "L'économie-monde ottomane en question. Le clauses monétaires dans les contacts

d'affrètement maritime au XVIIIe siècle", in JESHO, 39,3, Brill, Leiden, 1996, pp. 368-369. Panzac, La

caravane maritime, op. cit., pp. 5-11. Lo storico francese sottolinea anche che spesso si trattava di un

gruppo di noleggiatori da due a sei, tendenzialmente della stessa nazione, ad eccezione dei Turchi, che volentieri costituivano società internazionali con Greci ed Ebrei. Panzac, "Affréteurs ottoman et capitaines français à Alexandrie..., op. cit., p. 33.

789 Panzac, "L'économie-monde ottomane..., op. cit., p. 373. Panzac, La caravane maritime, op. cit., p. 12. 790 Lo storco francese ricorda, inoltre, come le percentuali cambiassero molto tra i due padiglioni a

seconda della zona in analisi (Maghreb o Levante). Ivi, pp. 374-375. Si veda anche Panzac, "International and maritime trade …", op. cit., p. 210.

dovettero cominciare a fare i conti con i loro nuovi concorrenti: non le imbarcazioni europee, ma i piccoli armatori greci sudditi ottomani791.

Se questa era la realtà francese, quella veneziana non se ne distaccava molto. Dobbiamo molto ai cancellieri di Larnaca, ma anche al fiscalissimo console Bernardo Caprara, che, esasperato dalle continue pretese di assistenza dei mercanti e capitani veneziani, che facevano accordi senza registrarli in consolato e, quindi, senza informare le autorità competenti, il 26 febbraio 1772 m.v. ordinò la sistematica e perentoria messa su Registro di ogni atto792. Era cattiva abitudine di alcuni capitani intraprendere queste spedizioni che avrebbero potuto facilmente dare vita a divergenze internazionali senza tutelarsi legalmente.

Un abitudinario di questa cattiva pratica era il capitano Marinovich, giunto "alla ventura" in Levante, dove, contraendo debiti, creava fastidi al consolato; scriveva il pro- console Giovanni Bizzaro, che il capitano era

"incapace al negozio e niente meno alla sua proffessione. Trattenendosi intanto nel carovanaggio intrapreso e nel trasporto de Turchi e delle loro mercanzie da un luoco all'altro senza render conto a veruno de profitti della nave, si è staccato in questi giorni per Rodi noleggiato da Ali pascià per piastre cinquecento al mese per servirlo nel carico della sua gente et equipaggio, e raggiungerlo, in Alessandria, da dove, per quanto si dice, deve egli passare al Pascallico del Cairo"793.

E Bizzaro aveva visto bene: una ventina di anni dopo, Marinovich, ingaggiato da un ottomano, rischiò molto, se non fosse entrato nelle simpatie del kapudanpaşa. Nel 1776, fu noleggiato da un certo Hacı Ali Quein, il quale obbligò la nave ad una tappa non prevista a Limassol, per salutare il kapudanpaşa di passaggio, che accolse bene noleggiatore e noleggiato e chiese loro di seguirli fino ad Acri. Però, Caprara impedì questo, poiché, stando al contratto di noleggio, non era prevista questa tappa. Così,

791 Faroqhi, The Ottoman Empire and the World…, op. cit., pp. 145-146.

792 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 649, 27 agosto 1772. Cfr. anche Masters, The Origins

of Western Economic …, op. cit., p. 61: spesso i contratti erano registrati successivamente, nel caso in cui

fossero avvenuti imprevisti. Se non vi era alcun intoppo, sovente il contratto era solo orale.

l'ammiraglio, fatto impiccare Hacı Ali Quein per precedenti misfatti, divenne lui stesso noleggiatore del capitano Marinovich794.

Quando non vi fossero stati problemi derivanti dai capitani, era la tradizione e l'uso di certe tariffe a creare disturbi, per lo meno di natura economica, ai consolati, come faceva intuire il console Cortazzi da Smirne nel 1774, il quale ci ha lasciato un'interessante annotazione sulle regole e le consuetudini veneziane relative al carovanaggio:

"La Caravana in generale è il comercio più avantagioso alla Nazione che lo pratica, poiche procura un doppio utile alle Nazioni che lo coltivano, nutrisce li sudditi fuori di Stato, e li bastimenti nazionali si ripristinano in Patria con fondi foresti. […] Li bastimenti caricano le mercanzie per Venezia sopra il piede d'un antica privata Tarifa stabilita dall'uso fra Negozianti e Capitani. […] Sopra detta Tarifa li Capitani praticano delle convenienze à Caricatori in conformità alle circostanze de tempi, giachè non vi è regola fissa a tal riguardo. […] Li capitani veneti che stivano li loro bastimenti per la Cristianità non pagano ne sensarie, ne alcun altro dreto sol che l'Ancoraggio dal quale si suplisce all'ordinarie spese, cioè cozzetto del Giudice, Teschere Doganiere, Dragomani del consolato, et al Cancellier per il rilascio della spedizione della Fede di Sanità, Manifesti, etc. Le mercanzie che vengono caricate per l'Europa sono procurate per li medesimi Caricatori, Capitani, e dalli Dragomani di consolato à gratis, vero è che essendo raccomandati à qualche Casa di Comercio sono in tal caso sogeti pagare due per cento al raccomandatario. […] Queste tali merci sono in tal caso soggette al Cotimo di due per cento relativamente a una tarifa manuscrita, e sotto scrita dal Ec.mo Z. Alvise Mocenigo Ka.r Bailo alla Po.a Ottomana sotto li 5 maggio 1711, Tarifa che meritarebbe una qualche riforma per la disparità de tempi."795

Vediamo ora il noleggio della nave del capitano Chielich, siglato ad Alessandria d'Egitto e, per presa nota dello stesso, il console Caprara provvide a farlo registrare anche nel Libro Bollato di Larnaca.

L'accordo del capitano Chielich riguardava un trasporto piuttosto generico nel carico da effettuarsi (merci e/o passeggeri796), ma per gli altri punti era piuttosto chiaro. I noleggiatori furono Immurat, anch'egli capitano, Sidi Ahmudi Binmet e Hagi Cassem

794 Ivi, busta 650, 21 settembre 1776.

795 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 749, 17 novembre 1774.

796 Il contratto di noleggio poteva riguardare sia uomini sia merci. Non era raro avere passeggeri a bordo,

anche perché i mercanti ottomani si sentivano più tranquilli ad accompagnare le proprie merci. McGowan, "Trade", in İnalcık, An Economic History... op. cit., vol. II, p. 724.

Elcavi, tre uomini molto probabilmente arabi, di cui conosciamo solo l'origine del primo, che viene esplicitamente definito "tripolino". E Tripoli erano proprio la meta dei tre mercanti, che potevano richiedere anche una tappa aggiuntiva a Gerba. Il contratto era costituito di cinque punti: il trasporto, i tempi di carico e scarico, le spese, il pagamento e le responsabilità. Il primo punto stabiliva che la nave noleggiata doveva essere equipaggiata ed attrezzata e che la capacità massima di trasporto di passeggeri, senza merci, era di 170 persone. All'interno dell'imbarcazione i noleggiatori avrebbero potuto occupare la camera grande. Il secondo punto stabiliva i termini di carico e scarico: venivano dati quindici giorni per caricare, dopodiché venivano concessi altri cinque giorni per ultimare il carico, ma questi erano da pagare (in una sorta di penale) quotidianamente 5 zecchini mahbubi797. Trascorsi anche questi giorni aggiuntivi, il capitano Chielich era obbligato a partire, anche se si fosse trovato con la stiva vuota. Lo sbarco delle merci, al contrario, era immediato e non ammetteva ritardi. Se fossero stati trasportati passeggeri, questi dovevano pagare al capitano o a un suo incaricato il loro biglietto cinque giorni prima della partenza. Nel terzo punto vennero delineate le competenze finanziarie: le spese relative ai passeggeri toccavano ai noleggiatori, mentre quelle della nave spettavano al capitano Chielich, che, però, aveva l'obbligo di partire con qualche pezzo di ricambio, in caso di avaria e di emergenza. Il quarto punto è forse il più interessante, poiché in questo si definivano i termini di pagamento del noleggio: il totale da pagarsi era di 500 zecchini mahbubi e di 10 zecchini di caparra al capitano798. Si ripeteva che nel caso si fossero portati esclusivamente dei passeggeri, il pagamento sarebbe stato effettuato cinque giorni prima della partenza; infine, in caso di carico misto (passeggeri e merci), i noleggiatori dovevano pagare 300 zecchini alla partenza e i restanti 200 e la "cappa" all'arrivo. L'ultimo punto ripeteva quanto già detto a proposito dello sbarco: lo scarico delle merci doveva essere immediato, come a voler sottolineare che la nave del capitano Chielich veniva noleggiata per il trasporto e non per essere utilizzata come un magazzino abusivo in porto. Alla fine della registrazione di questo

797 Era una moneta d'oro di produzione ottomana, coniata a partire dall'inizio del Settecento in Egitto, dal

valore prossimo al ducato veneziano. Pamuk, “Money in the Ottoman Empire …", op. cit., p. 966. L'Egitto possedeva una delle zecche più importanti di tutto l'impero. Özkaya, 18. yüzyılda Osmanlı

Toplumu, op. cit., p. 280.

contratto, il console Caprara fece annotare che il capitano aveva ricevuto solo 170 zecchini alla partenza, il che voleva dire che il saldo all'arrivo sarebbe stato di 330 zecchini più i 10 di "cappa". In caso di trasporto di merci, il capitano non era responsabile della loro alterazione durante la navigazione. Chielich, infine, giunto a Tripoli, avrebbe dovuto consegnare a Soliman Hassuna, definito il capo dei noleggiatori (i tre noleggiatori erano quindi solo degli intermediari?) 100 patacche799 di ipoteca su 180 coffe800 di caffè e 6 balle di telarie801.

Questo contratto, però, fu segnato dalla cattiva sorte: il capitano Chielich, fermatosi di notte presso Antalya per bonaccia, la mattina seguente si trovò circondato da navi russe al comando del conte Teodoro Orlov, che impose lo sbarco delle merci e la cattura dei passeggeri, promettendo un indennizzo (mai versato) al capitano802.

I contratti di noleggio non riguardavano solo i rapporti commerciali tra singoli, ma potevano estendersi anche agli interessi statali, come, per esempio, per provvedere al rifornimento militare di biscotto e altro, beni che venivano prodotti non nella capitale, ma nelle province, dove, evidentemente, vi erano le materie prime necessarie, ma anche la tranquillità di poter produrre. In ragione della guerra con i Russi, l'esercito ottomano aveva bisogno di rifornimenti alimentari provenienti dalle province, dove venne dato l'ordine di produrre biscotto e raccogliere quanto necessario alle truppe. L'ordine di produzione a Cipro giunse nei primi mesi del 1769, come riferì il governatore ottomano, hacı Omer Ağa, al console in carica Bernardo Caprara, che si rallegrò della notizia. Infatti Omer Ağa era piuttosto favorevole e ben disposto verso i Veneziani e cercava di coltivarne l'amicizia; inoltre, la richiesta di ben 12.000 cantari di biscotto, che andò subito in produzione, era anche indice di una probabile riconferma del proprio incarico a Cipro803. Il biscotto ordinato dalla Porta fu pronto per i primi di luglio e il governatore con gli "Agani" (ağa) giunsero a Larnaca per controllarne l'imbarco. Ne fu prodotta una quantità tale che probabilmente sarebbe stata imbarcata per intero un'altra

799 La patacca (“la «pataque»”) era il tallero tedesco d’oro. Panzac, La caravane maritime, op. cit., p. 96. 800 Cesta; cfr. "coffa", in GDUTET, vol. III, pag. 261.

801 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 649, 24 settembre 1771.

802 Ibidem. Cfr. anche il capitolo "I.2 – Per un posto al sole: Caterina II nel Mediterraneo". 803 Ivi, busta 648, 1 marzo 1769.

nave di buona portata804. Potremmo individuare questa imbarcazione nella nave L'Unione del capitano Zuanne Ragusin. La nave veneziana non caricò direttamente il biscotto diretto alla Porta, ma fu noleggiata dai capitani (Mehmet Meliki bey e Mustafa) delle due navi turche incaricate di trasportare il rifornimento militare. Infatti, queste ebbero un problema nel "bogaso", di Damiatta, dove avevano dovuto sbarcare gomene, ancore e altro, insieme a parte degli equipaggi. Giunte a Cipro, noleggiarono per 1.550 piastre L'Unione per recuperare e portare le attrezzature e gli uomini a Istanbul, mentre le due imbarcazioni noleggiatrici avrebbero portato il biscotto. Per il maltempo le due navi ottomane dovettero tornare quasi subito a Larnaca e lì decisero di annullare il contratto. Il capitano Ragusin e il parcenevole805, avevano deciso di rivolgersi al kadı, sapendo bene che era loro diritto portare a termine il contratto, ma alla fine, dissuasi dal console Caprara che temeva ritorsioni future, rinunciarono all'azione legale, restituendo i soldi e strappando il contratto806.

Questo ricorso a navi straniere per il trasporto interno anche in settori strategici non era certo inusuale; due mesi prima di quanto accaduto al capitano Ragusin alcune navi francesi e ragusee stavano caricando "per conto del Gran Signore" grani, risi e caffè807. Né vi era alcun problema di prestigio a dichiarare l'utilizzo di navi straniere nemmeno da parte della Porta; nel 1787 un firmano esplicitamente ordinava ai responsabili dei castelli lungo il Bosforo di non ostacolare la navigazione di un carico di 10.700 kile di grano trasportato a mezzo di nave veneziana e destinato all'esercito in Egitto808.

La Repubblica di Venezia non aveva alcuna remore ad acconsentire che i propri sudditi accettassero ingaggi da parte della Porta, purché le condizioni internazionali non mettessero in pericolo i Veneti. Sul finire della guerra russo-turca del 1768-74, "dalla sovrana providenza è stato tolto il divieto a Veneti Legni Mercantili di intraprendere Noleggi da Porto a Porto ottomano, essendo stata restituita alli Capitani sudditi la

804 Ivi, 24 luglio 1769.

805 Il termine indicava nel linguaggio marittimo il proprietario di una imbarcazione mercantile o della

merce imbarcata su una nave, ma pure il membro di una società di armatori. Cfr. "Parcenevole" e "Partenevole" in GDUTET, vol. XII, p. 577 e p. 664.

806 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 648, 12 dicembre 1769. 807 Ivi, 18 ottobre 1769.

808 BOA, Cevdet Askeriye (d'ora in poi C.AS.), dosya 794, gömlek 33660, 29 cemazi ül-evvel 1201 (19

Libertà di Carovanaggio"; il console Serioli ricordava ugualmente la possibilità di razzie russe, nel caso i capitani fossero stati noleggiati da Turchi809. Similmente, durante la seconda guerra russo – turca, la presenza di corsari russi nelle acque di Larnaca impediva i noleggi e dal Senato venne l'ordine "che durante le attuali circostanze di guerra resta proibita a' sudditi capitani la vendita de' loro legni" e

"l'inibizione di qualsiasi noleggio de veneti bastimenti per trasporti di milizie e munizioni da guerra, lasciando però libero il solito corso nell'innocente commercio de sudditi nella guisa che viene in generale adottato da tutte le nazioni neutrali coll'avvertenza peraltro che sia specificata ne' contratti di nolleggio con li Turchi la nessuna responsabilità della bandiera veneta al loro carico, essendo anco di generi non proibiti ne sospetti"810.

Il carovananggio non veniva vietato in ogni sua forma in tutto il Mediterraneo, ma solo per le zone interessate da una tensione internazionale, come nei Cantoni Barbareschi nel 1776: i noleggi per il cantone di Algeri e per la Spagna non erano permessi, fino alla revoca della disposizione811.

Non appena tornava la pace, però, non vi erano motivi per trattenere i capitani: "essendo la pace fata credo sia Publica Intenzione la libertà a cadauno di fare il di lui interesse"812.

809 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 30 aprile 1772.

810 Ivi, busta 652, 11 agosto 1788. Analogamente, ivi, busta 749, 12 ottobre 1771. 811 Ivi, busta 650, 11 luglio 1776.

Fig. 6: Carta delle coste del Mediterraneo Orientale. Risulta evidente la centralità di Cipro. Da Charles-Roux, Les échelles de Syrie et Palestine au XVIII siècle, op. cit., Pl. XXV.