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2 – Reti diplomatiche e commerciali veneziane in Levante: punti di concentrazione economica e burocratica

Impero ottomano e Venezia

II. 2 – Reti diplomatiche e commerciali veneziane in Levante: punti di concentrazione economica e burocratica

Potrebbe sembrare fuori luogo una lunga parentesi sui consolati veneti in Levante inserita in un capitolo che riassume la storia economica. Eppure, questo non risulterebbe

di Roberto Cessi, possiamo farla risalire al 15 febbraio 1755 [m.v.]. Cfr, Roberto Cessi, Il consolato

veneto ed il porto di Salonicco alla metà del sec. 18, Athenaeum, Roma, 1915, p. 5.

387 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 20 dicembre 1770. Il solo fatto di calare l'ancora

implicava il pagamento. İnalcık, "International Trade: General Condition", in İnalcık, An Economic and

Social History..., op. cit., p. 201.

388 İnalcık, "Glossary", in İnalcık, An Economic and Social History..., op. cit., p. 986.

389 İslamoğlu e Keyder, "Agenda for Ottoman History", in İslamoğlu-İnan, The Ottoman Empire and the

World-Economy, op. cit, p. 56.

390 "Mukataa, cizye ve avarız gelireri üç önemli gelir kaynağını teşkil ediyordu". Ahmet Tabakoğlu,

Gerileme dönemine girerken Osmanlı Maliyesi, Dergâh, Istanbul, 1985, p. 118. Questo autore ricorda che

di solito queste tasse aumentavano in guerra e si abbassavano in pace. Lo vediamo anche nelle lettere consolari: ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 6 settembre 1769; busta 648, 18 dicembre 1767; busta 650, 27 dicembre 1785.

affatto bizzarro agli uomini del Settecento: il consolato era un punto di concentrazione dell'economia veneziana in Levante, non solo per le entrate prelevate dai consoli.

Analizzare brevemente i consolati permette per tanto di capire appieno il loro doppio ruolo come sede di rappresentanza e di economia veneziana in territorio straniero, insomma, di nazione391.

Compito del console era principalmente l’attività informativa, estesa al commercio, alla diplomazia e ai sudditi veneti in Levane, come prescritto dagli incarichi loro affidati dai Cinque Savi al momento della loro elezione:

“Porterai prove a cognizione di questo Magistrato de’ Cinque Savi, quali siano le case venete che ora negoziano in Cipro, non che quelle che coltivano il Commercio con le sopra dette due scale del tuo consolato dippendenti, quali generi negoziati soliti a capitarvi, quali li più adatti et opportuni ai concambi principalmente da dirigersi verso questa Dominante, additando pure i modi con i quali si potesse facilitare per diffondere il commercio veneto in coteste parti et nelle sudette scale, tanto in ciò che riguardasse l’impianto costà di nuove case venete quanto procurare l’addrizzo di nuovi generi a questa parte”.

E:

“Doverai di quattro in quattro mesi […] rassegnar a questo Magistrato et accompagnar in copia a capi protempore del Consorzio sudetto in via di relazione le notizie che interessar possono la navigazione, il commercio, o li sudditi tanto stabiliti che passeggieri, affine di haver à questa parte chiaro lume e sincera cognizione di quello alla giornata va’ accadendo nelle sopradette rispettive scale”392.

Accanto a queste attività c’era il relazionare i mercanti con il governo centrale e con le autorità ottomane, registrando ogni movimento riguardante la cancelleria nel Libro Bollato del Consolato. I Cinque Savi affidavano al console appena nominato delle Commissioni393, dalle quali è possibile riassumere le principali attività svolte da consolato: la tutela dei mercanti veneti; la tutela dei diritti della Repubblica sia contro le truffe operate dai propri sudditi sia contro eventuali soprusi ottomani (in genere si

391 In questo breve sunto le fonti relative alla scala di Cipro hanno un ruolo preponderante, poiché, come

già detto nell'introduzione, il materiale relativo all'isola è uno tra i più ricchi di cui disponiamo per le zone da noi indagate.

392 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 648, 15 aprile 1769. 393 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 648, 15 aprile 1769.

trattava di questioni di dazi); l’attività di informatori per il governo394. È subito chiara la compenetrazione di attività economica e burocratica che il consolato rivestiva.

La tutela dei mercanti veneziani in Levante era legata alle prevaricazioni in ambito commerciale perpetuate tanto dal governo ottomano locale quanto da altri consoli (inglese e francese soprattutto). Quanto ai soprusi fatti da rivali commerciali europei, si trattava fondamentalmente di azioni volte a danneggiare il commercio veneziano. Ne abbiamo un esempio già nei primissimi anni del consolato di Cipro. Il 30 giugno 1721, il console Calogerà informò i Savi delle “astuzie” inglesi, finalizzate a limitare i vantaggi consolari veneti. In questione c’era un carico di lana succida (cioè lana di tosa, ancora da lavare) e altri “colli sottili”, caricati sulla nave del capitano Zanfortis per conto dei mercanti Treadway, Coke e Pretty395. Seguirono accuse reciproche: il console inglese Harvey Pretty informò i Cinque Savi che Calogerà pretendeva diritti consolari dall’8% al 12%, Calogerà, non ottenendo il pagamento, trattenne il capitano Zanfortis396. Pretty fece sapere che il suo omologo sequestrò 8 sacchi di cotone, dopo aver aggiornato i diritti consolari: l’8% per il cotone, il 12% per la lana, il 2% per tutto il resto397. Allo scopo di allentare la tensione, il bailo ordinò a Calogerà di abbassare i dazi al 2%, cosa che i Savi confermarono su richiesta dei Capi di Piazza, i quali fecero notare come “col pretesto della disuguaglianza de pesi, dell’alterazione delle valute e del ragguaglio dell’une e dell’altre possono sempre originarsi moleste pretese”398. Le utilità consolari furono infine legalmente stabilite al 2% dal Senato il 21 maggio 1722399. Qualche anno dopo, ripercorrendo le tappe di questa vicenda, i Savi accusarono un generale malinteso dovuto al fatto che nel 1721 i dazi consolari erano stati affidati al

394 Si sono conservate solo alcune Commissioni relative al consolato di Larnaca e di Aleppo, per cui

faremo riferimento a quelle. Confrontando le Commissioni a nostra disposizione, abbiamo potuto verificare che, nonostante la distanza temporale in cui furono compilate (le prime furono del 1769, le seconde del 1779 e le ultime del 1793), sono tra loro uniformi. Ivi, busta 648, 15 aprile 1769; busta 650, 20 aprile 1779; busta 653, 27 settembre 1793.

395 Ivi, busta 647, 30 giugno 1721. 396 Ivi, 13 luglio 1721.

397 Ivi, II serie, busta 27, V fascicolo, 3 aprile 1721 e 29 luglio 1721. Due anni dopo, questi 8 sacchi

furono descritti come 8 balle.

398 Ivi, busta 647, 1 novembre 1721 e 23 dicembre 1721. 399 Ivi, 21 maggio 1722.

console veneziano, che li raccoglieva direttamente in Levante: qualche mercante straniero forse pensò che si fosse trattato di un nuovo dazio ed erroneamente li sommò per un totale che arrivava fino al 10-14%400.

Il console era incaricato di difendere i diritti della Repubblica di Venezia contro eventuali truffe commerciali perpetuate anche dai sudditi veneziani, che sovente non registravano le merci trasportate sulle navi, imprecisioni che ledevano i diritti consolari401.

Un esempio è fornito dal furto e vendita, ad opera dell’equipaggio della nave Sant’Anna del capitano Agostino Gillifusi, di cinque pezze di panni parangoni e 112 ocche di banda raspada402. Un altro celeberrimo caso, che mobilitò tutto il sistema delle dogane di Venezia, fu quello che riguardò il vino di Commandaria (Cipro) negli anni 1774- 75403.

Ancora, si facevano viaggiare le merci su navi straniere, pratica assai diffusa negli anni Cinquanta:

"La Renitenza nelli Mercanti Veneti Stabiliti in Cipro di pagar quel Vice Console li Dritti di Consolato sopra le Mercanzie che frequentemente caricano e ricevono con Bandiere Estere e l’abuso introdottosi in quelli qui stabiliti di spedir le loro mercanzie destinate per l’Europpa in Cipro e colà girando le Polizze di Carico fagli proseguir il loro Viaggio con Bandiere Estere senza pagarmi il dovuto Consolato sono il motivo di dover supplicar l’EE.VV. acciò con la loro autorevole decisione possi aver adito d’obbligar detti sudditi al pagamento del dovutomi a tenor di quanto la Munificenza Pubblica m’assegna nella Patente di prender il 2 per cento sopra tutte le Mercanzie de Veneti non che sopra quelle portate da Legni di Veneta Insegna.

È già usitato da tutte le Nazioni qui che un Nazionale Caricando sopra un Legno forestiero paghi alla sua nazione li Dritti del Consolato, e pare molto ragionevole, mentre sarebbe ingiusto che il console proteggente non dovesse ricever alcun Beneficio del suo Nazionale, ò protetto per il suo Comercio d’Europa"404.

400 Ivi, II serie, busta 27, VI fascicolo, 25 agosto 1728. 401 Ivi, I serie, busta 648, 15 aprile 1769.

402 Ivi, busta 647, 15 marzo 1751 e 22 maggio 1751. Con oca si indicava un’unità di misura pari a

1,268100 Kg. Angelo Martini, Manuale di metrologia, Loesher, Torino, 1883, p. 412.

403 Cfr. capitolo III.4.

La difesa dei diritti della Repubblica si estendeva al contrasto delle richieste inique delle autorità ottomane locali, che spesso chiedevano il pagamento di tributi spettanti ai sudditi ottomani non musulmani: il “carazzo”, ossia l’haraç, altrimenti detto cizye405, che le autorità ottomane tentavano di imporre a sudditi veneti, qualora sposati con donne re¼āya406. Il console accusava la perdita di denaro e di credibilità del consolato per queste vicende.

Vi erano anche prestiti obbligati, che la Porta o le autorità locali pretendevano, fornendo, però, poche garanzie di restituzione. Queste richieste venivano fatte a tutta la Piazza, non solo ai mercanti stranieri, che, però, potevano contribuirvi maggiormente. Ne abbiamo un esempio nel 1772: nel cuore della guerra russo-turca, Ali pascià di Aleppo ricevette un hatt-i şerif407 con cui si chiedeva ai mercanti di prestare soldi alla Porta. I dragomanni delle nazioni presenti nella città di Aleppo (inglese, veneziana, francese e olandese) fecero sapere che non era possibile da parte dei loro mercanti adempiere a tale richiesta, perché mancavano le autorizzazioni degli ambasciatori. Inoltre, le condizioni economiche di quasi tutti i mercanti erano molto precarie: non c'erano soldi in eccedenza da prestare. Contro i dragomanni intervenne Mohamed Çelebi Efendi Nahib (naib, giudice sostituto408), capo degli şerif e uomo ricchissimo, che fu precedentemente allontanato per cinque anni da Aleppo a causa dei suoi soprusi e della sua condotta. Poco tempo dopo, passarono da Aleppo il kapıcı başı (il capo di alcuni ufficiali e impiegati della Porta409), e Osman pascià di Damasco, diretto al governo di Diyarbakır, e con loro venne un nuovo hatt-i şerif: i mercanti aleppini dovevano versare 500 borse di denaro. A casa del muhassıl, dove sarebbe stato letto i documento imperiale, si radunarono gli ağa, i quattro dragomanni e il naib. Questo,

405 Termine per indicare imposte personali; in particolare, nell’impero ottomano era un’imposta fondiaria

e ad personam, individuale, pagata da tutti i soggetti non musulmani dello Stato. Cfr. “Kharadj”, in EI2,

vol. IV, p. 1062. Con il tempo vi è stato uno scambio nominale tra i due termini. Gibb e Bowen, Islamic

Society …, op. cit., vol. 1, parte II, p. 16.

406 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 648, 20 dicembre 1765. Con racya si intende un

suddito civile soggetto alle imposte, cioè un produttore, sia esso contadino o artigiano. "Glossario", in Mantran, Storia, op. cit., p. 815. Cfr. “Re‘âya” in EI2, vol. XX, p. 30 e "اياعر", in Redhouse. D'ora in poi

optiamo per una grafia semplificata del termine: reaya.

407 Un "sacro rescritto", un ordine dal sultano al gran visir, affinché lo faccia eseguire. Cfr. طخ””, in Redhouse. 408 Cfr. بئان””, in Redhouse.

nonostante i documenti rilasciati dalla Porta sotto forma di capitolazioni, sostenne con fervore che pure i dragomanni avrebbero dovuto pagare una parte del denaro richiesto, perché reaya e negozianti, e che il loro berāt410, in questo caso, non aveva alcun valore. Si chiese, allora, l'intervento degli ambasciatori, sia per regolare la questione delle borse di denaro sia per tutelare i dragomanni411.

Le richieste di denaro potevano, ovviamente, avere committenti locali. Così, raccontò Rizzini da Aleppo,

"4 scorsi giorni questo musellim, o sia vice governatore d'Abdi Bascia fecce chiamare li Dragomanni di servizio dei 4 Consoli e a nome delli Grandi del Paese domandò dai 4 Consoli un'Imprestanza di Piastre dieci milla, per far il pagamento d'un assegno, o per meglio dire, Avania, che il Suddetto Abdi Bascià Comandante, gl'aveva fatto sopra di loro"412.

Il console francese subito acconsentì, decisione che spinse i rappresentanti inglese e olandese a fare altrettanto. Salesio Rizzini, invece, fece convocare un assemblea dei mercanti veneti presenti ad Aleppo. Questi temettero che, acconsentendo, avrebbero creato un precedente per future richieste maggiori. Rizzini comunicò ai colleghi inglese e olandese la decisione veneta, rimproverando loro un po' di superficialità. Questi due cominciarono a sospettare un imbroglio francese e subito ritirarono le loro promesse di pagamento. Si poteva temere una ritorsione dei Grandi, ma la presenza di Abdi pascià, "amico de Europei, che li fa tremare tutti come foglie", tranquillizzava i Veneti e soprattutto Rizzini413.

I consolati veneziani nel Mediterraneo orientale differivano sostanzialmente per un importante punto414 dai colleghi francesi e inglesi: la formula di ingaggio e con essa lo 410 E’ un termine di origine araba che indica, in turco ottomano, un comando del sultano e, in modo

specifico, un atto di investitura, un ordine di nomina a una carica. Il berāt riconosceva ufficialmente i consoli e regolava gli scambi tra Veneti e Ottomani. Cfr. “Berāt”, EI2, vol. I, p. 1205. Faroqhi, “The

Venetian presence...”, op. cit., p. 319.

411 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 4 agosto 1772. Per un dettagliato riassunto sulla

concessione delle capitolazioni, cfr, Özkaya, XVIII. yüzyılda Osmanlı kurumları..., op. cit., pp. 120-132 e pp. 140-141.

412 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 10 luglio 1780. 413 Ibidem.

414 Vi sono altre piccole differenze: di solito la carica consolare veneziana, come prescritto nelle

stipendio. I Francesi erano gli esponenti del loro governo in una piccola repubblica, dove rappresentavano il re, ne erano i legittimi ufficiali e svolgevano funzioni di guida della loro comunità in Levante, che amministravano e giudicavano secondo le leggi dello Stato e della Camera di Commercio415. I colleghi inglesi erano i rappresentanti della maggiore compagnia privilegiata (la Levant Company416), per tanto rientravano all’interno dei quadri di questa e beneficiavano di uno stipendio fisso ("il console è pagato generosamente dalla Compagnia"417). In tal modo, faceva presente il console veneto, la posizione dei consoli "forastieri" era certa, non risentiva delle fluttuazioni del mercato e della scarsità dei diritti consolari prelevati, a cui "non badavano […] per avere il loro sicuro annuo appuntamento dai loro sovrani"418.

I Veneziani, in quanto esponenti della classe mercantile stabilitasi in una scala, non godevano di uno stipendio mensile419. Questa situazione non solo era il risultato di una mancata compagnia privilegiata, ma soprattutto era il retaggio di un'antica consuetudine lagunare. "In teoria era la carica che cercava l'uomo, e chi era eletto a un posto aveva l'obbligo di accettare, […] in linea di principio un uomo non sceglieva le cariche a cui

carica per 8-10 anni, trascorsi i quali e passata la trentina, si aspettava di essere richiamato in patria. Davis, Aleppo and Devonshire..., op. cit., pp. 80-81.

415 Paul Masson ricorda che durante il XVIII secolo, all'aumento dei numero di consoli francesi aumentò

anche la cifra complessiva destinata a stipendiare tutto il personale consolare, sebbene cancellieri e dragomanni avessero uno stipendio piuttosto magro, motivo per cui mangiavano alla tavola consolare. Masson, Histoire ... au XVIIIe siècle, op. cit., p. 45, p. 66, p. 140, pp. 147-148, pp. 180-182. Paul Masson,

Histoire du commerce française au Levant du XVIIe siècle, Librarie Hachette, et C.ie, Parigi, 1896, p. 445.

I consoli erano stipendiati direttamente dalle casse della Camera di Commercio di Marsiglia. Charles- Roux, Les échelles de Syrie et Palestine..., op. cit., p. 14.

416 Una "Compagnia commerciale privilegiata" era una "primitiva società per azioni", che riceveva dallo

Stato "un monopolio garantito" per il commercio nelle Indie. Era "determinata dalle forze politiche non meno che da quelle economiche" e costituiva una parte del debito pubblico. La Compagnia investiva nelle infrastrutture e nei "capisaldi", cioè nei porti orientali, dove il rappresentante della Compagnia aveva quasi le funzioni di un comandante di un enclave: poteva stipulare contratti, fortificare, dichiarare guerra, esercitare la giustizia. (Reinhard, Storia dell'espansione europea, op. cit., pp. 239-240). La Compagnia del Levante aveva forza contrattuale diplomatica: era l'agente diplomatico e commerciale della Corona e l'ambasciatore, scelto dalla Corona ma stipendiato dalla Company e a nome della Compagnia sottoscriveva le Capitolazioni. I consoli, invece, erano scelti e pagati dalla Compagnia, ma dovevano comunque sottostare anche all'ambasciatore. (Davis, Aleppo and Devonshire..., op. cit., pp. 43-46). Lo scopo delle compagnie privilegiate erano il risultato delle teorie mercantilistiche, secondo cui il commercio con l'estero era la fonte di ricchezza delle nazioni. Mantoux, La rivoluzione industriale, Editori Riuniti, Roma, 1971, p. 135.

417 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 17 giugno 1771. 418 Ivi, 2 marzo 1771.

presentarsi candidato: doveva accettare i posti per i quali veniva scelto. L'obbligo di accettare l'incarico affidatogli era l'espressione della devozione incondizionata rivendicata dal Comune"420. Questo concetto era valido anche nei consolati, dove non venivano più scelti i nobili veneziani, ma uomini esperti di quelle realtà, uomini che, magari per ragioni personali, dovevano dimostrare a se stessi e alla Repubblica quella "devozione" di cui parla Lane. Tale onorificenza esponeva, però, il console a congiunture economiche sfavorevoli e spiacevoli imbarazzi, come il dover chiedere una "partita di Danari a cambio", a causa della "tenuità delle utillità avute", mentre "le suddette due nazioni francese et inglese, spendendo la prima per conto della Camera di Commercio e la seconda per la Compagnia del Levante, così esse pocco pensano avanzarsi [fare avanzi, risparmiare] in simili congionture molto più del consueto"421. Il fatto che i consoli veneti fossero scelti dalle autorità statali, non vuol dire che non ci fosse quel sistema di ereditarietà della carica che possiamo facilmente riscontrare per i colleghi inglesi e francesi. Tipico di tutte le rappresentanze consolari del Settecento era proprio questo rincorrersi di cognomi legati tra loro da vincoli di parentela naturale o acquisita. Se i Francesi e gli Inglesi erano addirittura incentivati dal regolamento della Consiglio della Marina422 o dalla carta della Compagnia del Levante423, i Veneziani avevano trasformato la parentela in un ottimo strumento di apprendistato. È facile seguire questa rete di legami parentali: i Caprara, i Coch, i Cortazzi e, in modo secondario, i Rosalem424.

Bernardo Caprara fu investito della carica consolare a Larnaca nel 1762 e vi rimase fino alla morte, avvenuta nel 1778425. Durante i circa quindici anni del suo impiego, i figli si sposarono con personalità più o meno legate agli incarichi consolari o a esponenti del

420 Lane, Storia di Venezia, op. cit., p. 129.

421 ASV, Cinque Savi alla Mercanzia, I serie, busta 603, 25 gennaio 1756, m.v.

422 Si consigliavano per cancellieri i parenti fino al terzo grado. Masson, Histoire ... au XVIIIe siècle, op.

cit., p. 141.

423 Si indicavano i figli o gli apprendisti dei membri della Compagnia; un periodo in Levante era

necessario ai primogeniti per seguire le orme paterne. Davis, Aleppo and Devonshire..., op. cit., p. 66.

424 Il passaggio dell'incarico da padre a figlio non era scontato e, comunque, titolare della carica nel breve

periodo tra una nomina e l’altra era il cancelliere nella veste di pro-console, come prescritto dal Codice della Veneta Mercantile Marina, nel "titolo duodecimo delli Consoli, articolo 29". ASV, Cinque Savi alla

Mercanzia, I serie, busta 604, 6 agosto 1794.

commercio mediterraneo. In particolare la figlia Marianna sposò Salesio Rizzini nel 1771, che sarebbe stato nominato nel 1784 console di Aleppo426; Maddalena nel 1781 sposò il vice-console napoletano a Larnaca, Girolamo Calimeri427, mentre Giacomo Caprara prese in moglie la cognata di Giuseppe Picherni428, il quale nel periodo 1788 (?) - 1791 ricoprì l'incarico di vice-console ad Alessandretta429; Giacomo, poi, fu nominato pro-console a Larnaca nel 1793 e console nel 1797430. Infine, il minore, Nicolò, sposò Maria Teresa Maggioli nel 1792, figlia del vice-console veneto ad Acri431. Possiamo addirittura vedere uno spostamento della famiglia: Bernardo Caprara, nato a "Ceffalonia sua Patria"432, giunse a Larnaca dall'Egitto, mentre quasi tutti i suoi figli contrassero matrimonio con persone legate alle scale siriane.

A Salonicco, il console Pietro Choch fu sostituito dal figlio Giuseppe433, mentre a Smirne Luca Cortazzi, ormai ottantenne, si vide sostituito da Luca Francesco434. Uno schema molto simile è rintracciabile nella famiglia Rosalem: Nicolò fu console a Smirne fino al 1752, seguirono molti anni senza traccia di questo cognome nei quattro consolati qui presentati, per arrivare ad Angelo, figlio di Nicolò, che fu console a Patrasso, e poi a Larnaca nel periodo 1793-1796435.

I consolati veneziani ın Levante differivano da quelli francesi e inglesi per un secondo aspetto: i dazi che lo stato chiedeva ai propri cittadini che commerciavano con l'estero. Per quanto riguarda Venezia, all'inizio del XVIII secolo i diritti consolari da prelevarsi furono affidati al console e stabiliti al 2% sul valore delle merci, mentre si riscuoteva

426 Ivi, busta 649, 24 settembre 1771 e busta 604, 10 settembre 1783.