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Il fondamento consensuale del rapporto compromissorio

1. Il concetto di successione nelle situazioni giuridiche

1.2 Il fondamento consensuale del rapporto compromissorio

Nel richiamare quanto accennato in apertura del presente capitolo, deve ribadirsi che la successione nel rapporto compromissorio assume connotazioni peculiari in virtù delle caratteristiche del patto arbitrale che, da un lato, presuppongono un particolare collegamento ad un determinato rapporto sostanziale – evidenziato nel precedente paragrafo – e, dall’altro lato, hanno un imprescindibile fondamento consensuale.

Occorre, quindi, soffermarsi su tale ultima caratteristica del patto compromissorio per individuare le implicazioni che il fondamento consensuale determina con riferimento alle ipotesi di successione nello stesso patto arbitrale.

Al riguardo, giova rilevare che nell’esperienza italiana viene affermato il tradizionale principio per cui la clausola compromissoria non possa vincolare soggetti diversi da quelli che la hanno originariamente stipulata, a meno che essi non manifestino la propria accettazione di sottoporre agli arbitri, e non più al giudice ordinario, le controversie nascenti dal rapporto cui la clausola è riferita e del quale assumono la titolarità.

Sulla base di tale affermazione, si è comunemente ritenuto di dedurre che le vicende soggettive del rapporto principale non si riflettano automaticamente sul rapporto compromissorio, poiché il mutamento dei soggetti vincolati dallo stesso patto compromissorio resterebbe comunque subordinato alla specifica accettazione della clausola da parte di tali soggetti.

                                                                                                               

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In particolare, si è rilevato21 che se non si pongono particolari problemi in merito all’ammissibilità della successione nel rapporto compromissorio - in quanto il verificarsi di una delle vicende che provocano l’uscita di una parte dal rapporto compromissorio non può determinare, per ciò solo, la cessazione del “ciclo vitale” di un compromesso o di una clausola compromissoria22 - alcune criticità emergono, invece, in merito all’individuazione delle modalità con cui la successione nel rapporto compromissorio si può verificare in relazione alle diverse caratteristiche di ciascuna ipotesi di vicenda soggettiva del rapporto principale.

Nel rinviare l’analisi delle singole fattispecie che possono dare luogo al fenomeno della circolazione della clausola compromissoria ai successivi capitoli, occorre evidenziare che l’aspetto comune a tutte le diverse ipotesi è, secondo parte della

                                                                                                               

21 CARLEO, La successione nel rapporto compromissorio, in ALPA (a cura di), L’arbitrato – Profili

sostanziali, II, Torino, 1999, pp. 675 ss., il quale ritiene che il problema della successione interessa molto

di più la clausola compromissoria che il compromesso, poiché è il rapporto nascente da quest’ultimo ha durata limitata, essendo il suo «ciclo vitale», a differenza di quello della clausola, destinato ad esaurirsi con la soluzione della determinata controversia alla quale si riferisce. Al riguardo, l’A. richiama le osservazioni di REDENTI, voce Compromesso, in Noviss. Dig. It., III, Torino, 1959, p. 807, secondo cui, mentre per il compromesso il ciclo vitale inizia nel momento stesso in cui questo si perfeziona, e si esaurisce con la chiusura del giudizio arbitrale che da esso nasce, invece per la clausola compromissoria il momento perfezionativo non determina la nascita di un giudizio, ma solo la potenziale possibilità di giudizi arbitrali futuri su controversie che in quel momento non sono ancora nate: perché un giudizio ne sorga occorrerà l’integrazione di ulteriori atti ad hoc, e cioè, per lo meno la proposizione dei quesiti. Nel giudizio che nasce dalla clausola così integrata si esaurisce non il suo ciclo vitale (come per il compromesso) ma solo il ciclo di quella sua episodica integrazione e la clausola conserva il suo valore potenziale originario. Invece, il ciclo della clausola compromissoria termina solo quando venga meno in assoluto la possibilità che sorgano tra le parti controversie in essa previste, giacché può accadere che siano sottoposte agli effetti della clausola – anche ragione del cosiddetto principio di autonomia della medesima – controversie postume, cioè che sorgano dopo la cessazione del contratto cui la clausola accede, ma in dipendenza di fatti pregressi (si richiama sul punto ZACCHEO, Pluralità di parti e clausola

compromissoria, in Rass. Dir. civ., 1986, II, p. 785). Si ritiene che le osservazioni appena svolte possano

essere condivise solo ove il compromesso contenga anche la proposizione della domanda d’arbitrato e la nomina degli arbitri; viceversa, laddove il compromesso contenga solo la manifestazione di volontà di devolvere ad arbitri la lite, lo stesso potrebbe avere un “ciclo vitale” di durata pari a quello della clausola compromissoria, poiché il momento di pendenza del giudizio arbitrale viene individuato dalla dottrina attuale (v. BORGHESI,La domanda di arbitrato, in AA.VV., Arbitrato, a cura di CARPI,cit., pp. 312-313) nella notifica dell’atto contenente la domanda d’arbitrato, la manifestazione dell’intento di attivare la procedura arbitrale e la nomina dell’arbitro, dovendosi ricollegare al compromesso, alla clausola compromissoria e alla convenzione arbitrale non contrattuale eguali effetti (vale a dire, richiamando quanto esposto nei precedenti paragrafi, l’impossibilità di adire il giudice ordinario per la tutela dei diritti oggetto del patto arbitrale). In ogni caso, può convenirsi sull’affermazione per cui il “ciclo vitale” della clausola è normalmente più lungo di quello del compromesso, poiché la stessa caratteristica del compromesso – quella di avere ad oggetto una lite già sorta – fa sì che l’instaurazione del giudizio arbitrale avvenga in tempi ristretti rispetto alla conclusione dell’accordo compromissorio.

22 E, oggi, della convenzione arbitrale non contrattuale; per cui le ipotesi di morte di una parte, di fusione di società, di cessione del contratto, di cessione o surrogazione del credito, ecc., non determinano di per sé l’estinzione del contratto compromissorio.

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dottrina23, l’assoluta necessità di un consenso al vincolo arbitrale, manifestato da parte dei soggetti che, in quanto titolari del rapporto principale, vi restano assoggettati.

In mancanza del consenso al vincolo arbitrale, la successione nel rapporto compromissorio si porrebbe in contrasto con il fondamento consensuale dell’arbitrato, per cui «deve esservi assoluta identità tra coloro che stipulano la clausola compromissoria e coloro fra i quali insorgeranno le controversie»24.

Laddove non vi fosse il consenso delle parti assoggettate al vincolo compromissorio, verrebbe ad integrarsi una illegittima fattispecie di arbitrato obbligatorio, in violazione dell’art. 25, comma 1, Cost. e del combinato disposto degli artt. 24, comma 1, e 102, comma 1, Cost., in virtù dei quali, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, «il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti; perché solo la scelta dei soggetti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’art. 24, comma 1, Cost.) può derogare al precetto contenuto nell’art. 102, comma 1, Cost.25.

Alla luce delle considerazioni appena svolte, appare chiaro che, attribuendo rilievo al fondamento consensuale del patto arbitrale, la successione nel rapporto compromissorio può aver luogo solo quando il successore subentri nella titolarità del rapporto principale e accetti di succedere in quello compromissorio. Si arriva, quindi, ad affermare26 che la successione nel rapporto principale, da un lato, è presupposto necessario perché si verifichi la successione del rapporto compromissorio, tanto da integrare un fenomeno di «trasmissibilità indipendente», ma dall’altro, è in una relazione di «condizionalità necessaria e non sufficiente» rispetto a questa, la quale, per realizzarsi, necessita altresì di un consenso in tal senso da parte dell’avente causa.

Si discute, però, se tale consenso debba risultare da un’accettazione espressa e specifica, come sostenuto dall’orientamento tradizionale, oppure se, seguendo le più recenti tendenze, la clausola compromissoria possa trasferirsi automaticamente ai successori che accettano di subentrare nel rapporto principale (atteso che una manifestazione di consenso sarebbe comunque riconoscibile).

                                                                                                               

23 ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, VI, Napoli, 1964, p. 775. 24 ANDRIOLI, op. loc. ult. cit.

25 In tal senso, tra le molte, Corte Cost., 14 luglio 1977, n. 127, in Foro it.,1977, I, p. 1849; Cass. S.U., 10 febbraio 1992, n. 1458, in Foro it., 1992, p. 673.

26 CARLEO, La successione nel rapporto compromissorio, cit., p. 678, che segue la costruzione di ALLARA, Vicende del rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici, Torino, 1941, pp. 61 e 117.

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A tale proposito, la dottrina27 distingue le ipotesi in cui la dichiarazione di volontà dell’avente causa si inserisce nella fattispecie di trasferimento quale elemento costitutivo, da quelle in cui opera solo come condizione: nella prima ipotesi (ravvisata, ad esempio, nella successione a titolo particolare per cessione del contratto), l’accettazione del cessionario di subentrare nella clausola compromissoria dovrebbe essere manifestata esplicitamente e in ogni caso nella richiesta forma scritta, in quanto il consenso prestato alla successione nel rapporto sostanziale non potrebbe estendersi anche a quello compromissorio che, in virtù della comune configurazione del cosiddetto principio di autonomia della clausola compromissoria28, è un rapporto distinto; nella seconda (che si avrebbe, ad esempio, in caso di successione a titolo universale e di surrogazione legale), invece, la clausola compromissoria si trasferirebbe automaticamente, senza la necessità dell’esplicito consenso del successore, per le ragioni che saranno indicate nel successivo paragrafo.

Occorre evidenziare, anticipando quanto si dirà nei successivi capitoli, che il richiamo al principio di autonomia della clausola compromissoria per escludere la successione automatica è stato ritenuto erroneo, in quanto in tal modo si finirebbe per confondere regole che debbono rimanere separate.

Si è osservato29, infatti, che il patto compromissorio conserva la sua autonomia rispetto al contratto principale senza che, per ciò solo, si debba negare la successione automatica nella scelta del rimedio di risoluzione del conflitto, per effetto del trasferimento del diritto sostanziale primario.

Al riguardo, si suole affermare che il patto compromissorio presenta due facce: da un lato, l’autonomia e dall’altro, l’accessorietà e sarebbe proprio questa seconda faccia a prevalere in caso di successione30. Si è obiettato31, però, che tale assunto conferma, più che smentire le tesi di coloro che ritengono inoperante la successione automatica, perché autonomia ed accessorietà si contraddicono vicendevolmente.                                                                                                                

27 ANDRIOLI, Commento, cit., p. 786.

28 CARLEO, Le vicende soggettive della clausola compromissoria, cit., pp. 15 ss.; sulle diverse teorie formulate in merito al concetto di autonomia della clausola compromissoria, v. Cap. I, par. 5.

29 ZUCCONI GALLI FONSECA, La convenzione arbitrale rituale rispetto ai terzi, cit., pp. 419-420.

30 RESCIGNO, Arbitrato e autonomia contrattuale, in Riv. arb., 1991, pp. 27 ss.; IRTI, Compromesso e

clausola compromissoria nella nuova legge sull’arbitrato, in Riv. arb., 1994, p. 654; SALVANESCHI,

L’arbitrato con pluralità di parti, Padova, 1999, pp. 86 ss., secondo cui il principio di autonomia è un

principio relativo, affermatosi solo per taluni limitati fini, in particolare per non sottrarre alla competenza degli arbitri le questioni sulla nullità ed esistenza del contratto.

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In realtà, nella successione non bisogna confondere l’atto con l’effetto: la convenzione arbitrale è e resta autonoma dal contratto che ha dato origine al rapporto principale, benché l’atto che da luogo al mutamento soggettivo del medesimo rapporto principale comporti l’effetto di causare il mutamento soggettivo dei poteri arbitrali costituiti con il patto compromissorio32.