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Il principio di autonomia e la potestas judicandi degli arbitri

4. L’oggetto della clausola compromissoria

5.2 Il principio di autonomia e la potestas judicandi degli arbitri

5.2 Il principio di autonomia e la potestas judicandi degli arbitri.

Sulla base delle considerazioni svolte nel paragrafo precedente, può agevolmente rilevarsi che la diversa accezione nella quale, di volta in volta, si intende il principio di autonomia, assume importanza decisiva nel definire la dimensione dei poteri degli arbitri in caso di controversie attinenti alla stessa sopravvivenza nel mondo giuridico del contratto di base.

In particolare, se si ritiene che l’invalidità del contratto principale trascina con sé la validità della clausola compromissoria, allora sorge, in via immediatamente consequenziale, il difetto della potestas judicandi degli arbitri a conoscere la questione loro demandata.

Nel caso in cui, invece, si ritiene che la clausola compromissoria, in applicazione del principio di autonomia sopravviva all’invalidità del contratto principale, allora quest’ultima sarà idonea a fondare comunque l’eccezione di compromesso davanti al giudice ordinario163.

Senonché, tale soluzione sembra porre un problema - immediatamente sollevato dai sostenitori della tesi della accessorietà - apparentemente paradossale e insolubile: stante l’autonomia della clausola compromissoria dal contratto principale, si verificherebbe infatti l’incongruenza per cui lo stesso arbitro si trova a poter giudicare della validità della clausola arbitrale e, quindi in ultima analisi, intorno al fondamento stesso della propria autorità in deroga alla giurisdizione ordinaria164.

La dottrina165, al fine di trovare una soluzione al problema, ha recuperato la distinzione tra aspetto sostanziale e aspetto processuale della vicenda arbitrale: la questione della validità sostanziale della clausola rimane una questione da risolversi, caso per caso, sulla base della interpretazione della volontà delle parti. Invece, al fine di individuare il soggetto che debba essere chiamato a pronunciarsi sulla validità della clausola, può operarsi un parallelo con il sistema processuale ordinario nel cui ambito è

                                                                                                               

163 Per un’analisi delle questioni relative alla natura e al regime dell’eccezione de qua si rinvia a IZZO,

Appunti sull’eccezione di compromesso e sulla sentenza che la decide, in Aa. Vv., Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, pp. 451 ss.;   TOTA, Ancora sulla natura dell’eccezione di

compromesso (e sull’ammissibilità del regolamento di competenza avverso la sentenza del giudice ordinario che pronunci su di essa), in www.judicium.it.

164 FERRO, La clausola compromissoria, cit., p. 627.

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stato recepito il principio secondo cui ogni giudice è competente a giudicare, innanzitutto, della propria competenza.

Al riguardo, è stato affermato166 che, allo stesso modo per cui è perfettamente normale che il giudice dinanzi al quale si eccepita la nullità di una clausola di deroga alla giurisdizione, si pronunci su di essa, così l’arbitro potrà decidere di fronte ad un’eccezione di nullità della convenzione arbitrale; sarà onere della parte soccombente, eventualmente, adire l’autorità giudiziaria ordinaria in sede di impugnazione del giudizio arbitrale, e far dichiarare quindi l’incompetenza del collegio arbitrale che si fosse ritenuto erroneamente investito del potere di giudicare.

In altre parole, non ci sono ostacoli a ritenere che il principio dell’autonomia della clausola processuale consenta comunque gli arbitri di conoscere qualsiasi questione afferente il contratto oggetto di compromesso (anche in ordine alla supposta annullabilità, nullità, inesistenza di esso): eventualmente, dove anche l’accordo arbitrale partecipasse del vizio denunciato, ed in particolare di un vizio relativo all’integrità del volere delle parti contraenti, sarà lo stesso collegio arbitrale (come qualsiasi altro giudice) a dover dichiarare la propria incompetenza.

A sostegno di tale interpretazione si rileva che, anche prima dell’affermarsi del principio di autonomia della clausola compromissoria, in giurisprudenza167 era già chiaro che il principio della kompetenz-kompetenz riguardava un profilo diverso rispetto alla possibile invalidità del patto compromissorio, e non risultava, in alcun modo, scalfito dalla inoperatività sostanziale della clausola arbitrale168.

Il principio di autonomia della clausola compromissoria, infatti, ha alcuni punti di contatto con quello riassunto nella formula kompetenz-kompetenz ma non deve essere con esso confuso, in quanto ha un significato e un origine differente.

                                                                                                               

166 FERRO, La clausola compromissoria, cit. p. 627.

167 Era ormai assodata l’applicazione all’arbitrato della regola per cui l’organo giudicante può decidere sulla propria competenza, con la conseguenza che, anche nell’ipotesi in cui una delle parti dell’arbitrato avesse sollevato un’eccezione di nullità del contratto - e quindi della clausola compromissoria in esso contenuta -, ben potevano gli arbitri valutare preliminarmente se l’eccezione fosse fondata e, solo nel caso affermativo, declinare la propria competenza.

168 App. Perugia, 20 luglio 1903, in Riv. Dir. comm., 1903, II, pp. 433 ss.; FERRO, op.loc.ult.cit.; FESTI,

La clausola compromissoria, cit., p. 878, evidenzia che alla giurisprudenza si era posta la questione di chi

avesse il potere di giudicare della competenza degli arbitri, sia nel caso in cui fosse necessario interpretare la convenzione arbitrale per accertarne l’ambito oggettivo, sia nel caso in cui occorresse verificare se la clausola compromissoria fosse nulla a causa della invalidità del contratto oppure per causa propria.

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In applicazione di tale ultima regola, gli arbitri, una volta accertato incidentalmente che il contratto sostanziale è nullo, e preso atto, quindi, che - in tesi - risulterebbe nulla anche la clausola, potrebbero solo declinare la propria competenza, spettando poi al giudice ordinario accertare la nullità del contratto ed emettere le eventuali conseguenti pronunce, restitutorie e risarcitorie; in virtù del principio di autonomia, invece, gli arbitri sono abilitati a giudicare direttamente della nullità del contratto e di ciò che ne deriva.

Né si potrebbe sostenere che il principio della kompetenz-kompetenz debba necessariamente presupporre l’autonomia della clausola, assumendo che, a differenza dei patti di cui all’art. 29 c.p.c. con il quale viene scelto un giudice preesistente, nel caso di nullità della clausola compromissoria (provocata, in tesi, dell’invalidità del contratto) verrebbe a mancare la fonte del potere degli arbitri e quindi si verificherebbe l’impossibilità di questi di pronunciarsi anche solo sulla propria competenza. E’ la legge stessa, infatti, dove ne prevede l’impugnabilità, a riconoscere la giuridica esistenza di un lodo emesso dagli arbitri nonostante la nullità della convenzione arbitrale169.

Oggi, a seguito della riforma del 2006, appare possibile precisare ulteriormente che se l’invalidità della clausola compromissoria sottrae agli arbitri la potestas judicandi sulla controversia loro devoluta, viceversa il principio della kompetenz-kompetenz consente loro di esaminare e pronunciarsi sulla suddetta questione, salvo il controllo giudiziario nei limiti del sistema di impugnazione del lodo ed il nuovo art. 819-ter170.

Per completezza, va poi aggiunto che il potere degli arbitri di decidere sulla propria competenza è riconosciuto oggi dall’art. 817, comma 1171, interpretato dalla dottrina172 quale potere assoluto, che non può essere escluso neanche ricorrendo al giudice ordinario e contestando la presenza di potestas decidendi degli arbitri. Ciò significa che se anche una delle parti ritenesse che gli arbitri non possono giudicare per invalidità                                                                                                                

169 FESTI, La clausola compromissoria, cit., p. 883.

170 ZUCCONI GALLI FONSECA, Commento all’art. 808, cit., p. 147.

171 Art. 817 c.p.c., «Eccezione d'incompetenza. I. Se la validità, il contenuto o l’ampiezza della convenzione d’arbitrato o la regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell’arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza. II. Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile. III. La parte, che non eccepisce nel corso dell’arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo».

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della convenzione arbitrale o perché la materia del contendere non è inclusa nel compromesso o non è compromettibile, essa non potrebbe ricorrere al giudice ordinario per chiedere che sia dichiarata l’inesistenza della potestas decidendi degli arbitri ed impedire l’arbitrato.

Tale soluzione si evince in modo chiaro, secondo la dottrina, sia dal disposto dell’art. 817, comma 2, c.p.c., secondo il quale la possibilità degli arbitri di decidere dei loro poteri sussiste sempre, anche se questi «sono contestati in qualsiasi sede», sia dal disposto dell’ultimo comma dell’articolo 819-ter173, che vieta in costanza di arbitrato di proporre domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o l’inefficacia della relativa convenzione.

In sostanza, nessuno vieta che dopo l’inizio del procedimento arbitrale la parte che contesti il potere degli arbitri possa adire il giudice ordinario chiedendo che la causa venga decisa da costui. Ciò deriva dalla mancanza di ogni rapporto di litispendenza tra arbitro e giudice togato, in applicazione di quanto previsto dall’art. 819-ter. Ma quand’anche quest’ultimo ritenesse di potere giudicare, stante, a suo avviso, la nullità della convenzione di arbitrato o l’esistenza di qualche elemento preclusivo al giudizio degli arbitri, ciò non priverebbe questi ultimi della facoltà di giudicare autonomamente dei loro poteri e di decidere a loro volta il merito, qualora li ritengano sussistenti. Il problema diventerà allora quello del conflitto tra le due pronunzie, cui cerca di dare una soluzione l’art. 819-ter.

Non essendo questa la sede per approfondire ulteriormente l’analisi del tema in questione174, appare sufficiente rilevare che l’articolo 819-ter, ultimo comma, viene

                                                                                                               

173 Art. 819-ter c.p.c. «Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria. I. La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice. La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio. II. Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295. III. In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato».

174 Occorre però richiamare, per la parziale coincidenza con il tema oggetto di indagine, l’analisi svolta da MARZOCCO, Nullità sopravvenuta della clausola compromissoria e diritto intertemporale, in AA.VV.

Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, pp. 491 ss. che conduce all’individuazione,

di fronte alla sopravvenienza di una norma imperativa retroattiva o irretroattiva che determini la nullità sopravvenuta in senso ha tecnico o atecnico della clausola compromissoria già stipulata, di un principio base di diritto intertemporale, vale a dire la salvezza dei lodi emessi, e di un principio correttivo (e

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interpretato dalla dottrina175 esclusivamente come norma di chiusura dei rapporti tra giudice ed arbitro176, la quale dovrebbe sancire ancora una volta l’impossibilità per il giudice di sindacare i poteri degli arbitri in qualsiasi momento, ribadendo quella reciproca autonomia, proclamata non solo dallo stesso art. 819-ter, comma 1, che inibisce ogni rapporto di litispendenza tra i due procedimenti, ma anche dai commi uno e due dell’art. 817, il primo dei quali, come evidenziato, stabilisce che l’arbitro è l’unico giudice della «propria competenza» ed il secondo che impedisce la contestazione dei poteri degli arbitri «in qualsiasi sede».

5.3 Il principio di autonomia della clausola compromissoria nell’arbitrato