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La natura della cessione e il consenso del contraente ceduto

2. La cessione del contratto

2.1 La natura della cessione e il consenso del contraente ceduto

L’espressa previsione dell’istituto della cessione del contratto nel codice civile del 1942 evidenzia la volontà del legislatore di offrire alla prassi uno strumento di portata generale: anche da un punto di vista sistematico, la collocazione delle norme sulla cessione del contratto nella parte generale dei contratti consente di qualificare tale cessione come schema astratto che, finalizzato alla concreta sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarità di un rapporto giuridico, presenta struttura aperta e risulta applicabile in via di principio a tutti contratti12.

La formulazione dell’articolo 1406 c.c., se da un lato evidenzia il ruolo affidato dal legislatore all’autonomia privata (affidando a ciascuna delle parti la possibilità di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni                                                                                                                

11 BIANCA, Diritto civile, III, Milano, 2000, p. 716.

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corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite e sempre che il contraente ceduto vi consenta), dall’altro lato non indica la natura giuridica dell’istituto né chiarisce quale sia la sua struttura.

Si discute se il consenso, cui fa riferimento l’art. 1406 c.c., sia elemento costitutivo della fattispecie o mero requisito di efficacia, esterno alla stessa.

Secondo la tesi atomistica, il consenso del contraente ceduto è elemento esterno al contratto, di portata analoga all’accettazione del credito da parte del debitore ceduto (artt. 1267 e 1248 c.c.) e alla dichiarazione del terzo di voler profittare dell’accollo a suo favore (artt. 1273 e 1411 c.c.), con il logico corollario che il contratto di cessione ha struttura bilaterale.

Secondo tale teoria, quindi, il consenso del ceduto costituirebbe una mera condicio

iuris. Benché unitario, poi, il contratto risulterebbe dalla combinazione di cessione di

credito e accollo di debiti. Pertanto, la mancata adesione del ceduto manterrebbe in vita il rapporto come cessione di crediti, da un lato, e accollo interno di debiti13, dall’altro.

La dottrina dominante14 e la giurisprudenza15, invece, ritengono che la cessione di contratto sia un contratto trilaterale e si concluda, quindi, con l’incontro dei consensi del cedente, del cessionario e del ceduto, il quale può limitarsi ad aderire all’accordo tra le altre due parti16, ma la cui partecipazione al contratto è essenziale.

Si ritiene, infatti, che il contraente ceduto non possa, senza il suo consenso, essere assoggettato ad una modifica della propria sfera giuridica derivante dal subentro del nuovo soggetto del rapporto contrattuale originariamente sorto con il cedente: la necessità del consenso della parte ceduta comporta che, in mancanza, il contratto non possa considerarsi concluso17, configurandosi come negozio in itinere18.

A conseguenze meno radicali giunge quella parte della dottrina19 che sottolinea la non necessaria biunivocità tra consenso della parte e qualità di parte, stante la possibilità di un atto preventivo o postumo (rispettivamente approvazione o ratifica) che autorizzi o approvi la modifica della propria sfera giuridica ad opera di terzi.

                                                                                                               

13 L’applicazione dei principi in tema di accollo implica che la mancata adesione del creditore abbia quale unico effetto la conversione dell’accollo “esterno” in accollo meramente “interno”; in questi termini, Cass., 20 settembre 2002, n. 13746; Cass., 11 aprile 2000, n. 4604; Cass., 26 agosto 1997, n. 8044. 14 Così CLARIZIA, La cessione del contratto, cit., p. 24.

15 Cfr. Cass. n. 3547/2004; Cass. n. 869/2004; Cass. n. 5244/2004. 16 In tal senso anche Cass. n. 6157/2008.

17 CLARIZIA, La cessione del contratto, cit., p. 34.

18 CARRESI, La cessione del contratto, Milano, 1950, p. 64. 19 BIANCA, Diritto civile, cit., p. 718.

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Secondo tale orientamento, se il contraente ceduto si limita ad acconsentire al contratto di cessione stipulato tra cedente e cessionario senza assumere nei confronti del cessionario alcun impegno traslativo, egli rimane terzo rispetto a tale contratto. «Il contratto produce effetti anche nei confronti del ceduto ma ciò in virtù di un atto autorizzativo che è distinto rispetto al negozio autorizzato»20.

Tale ricostruzione, ritenendo il consenso necessario per la produzione dell’effetto nei confronti del ceduto, e non già per la perfezione del negozio di cessione, ravvisa nella mancanza dello stesso un motivo di inefficacia, piuttosto che di invalidità o inesistenza.

Aderendo alla tesi della trilateralità, deve ritenersi che il perfezionamento del contratto coinciderà con la conoscenza da parte del contraente proponente (che può anche essere il cessionario) dell’ultima accettazione. Fino a questo momento, secondo la regola generale, la proposta è revocabile. Secondo una diversa dottrina21, invece, se cedente e cessionario raggiungono un accordo notificandolo poi al ceduto, si sarebbe in presenza di una proposta irrevocabile.

Il consenso del contraente ceduto può anche essere tacito, oltre che espresso, al pari del consenso degli altri due contraenti la cessione, salvo che il contratto ceduto se necessario una forma particolare, nel qual caso la stessa deve essere adottata da tutte le parti (e quindi anche dal ceduto) anche per la cessione del contratto.

In tale ipotesi, il consenso tacito deve essere provato da chi intende avvalersi della cessione: deve, quindi, risultare da atto scritto se il contratto di cessione pretende tale forma, in base alla regola generale secondo cui i negozi modificativi devono rivestire la stessa forma del negozio cui si collegano (la c.d. forma per relationem).

Il consenso può essere, poi, manifestato dal contraente ceduto anche prima della cessione mediante apposita clausola inserita nel contratto. In tal caso, il contratto nasce validamente tra cedente e cessionario22, ma la sostituzione è efficace dal momento in cui essa è notificata al ceduto o dal momento in cui egli l’ha accettata (ex art. 1407 c.c.). Analogamente a quanto previsto dall’art. 1265 c.c., sembra potersi pretendere tale forma quando si tratta di dirimere un conflitto tra più cessionari, conflitto che può verificarsi, ovviamente, solo nel caso di autorizzazione preventiva, attesa la trilateralità.                                                                                                                

20 Testualmente, BIANCA, op. cit., p. 718.

21 CARRESI, La cessione del contratto, cit., p. 123. 22 Cfr. Cass. n. 8098/1990.

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Deve infine evidenziarsi che l’essenzialità del consenso del contraente ceduto e la diversità ontologica e strutturale rispetto alla cessione del solo credito - per la quale, come noto, il consenso non è necessario - è stata sottolineata anche di recente dal giudice delle leggi23, per il quale il diritto di credito costituisce un bene, come tale idoneo a circolare senza coinvolgimento della persona del debitore e dei suoi diritti inviolabili, laddove la cessione del contratto (assunta come tertium comparationis) presuppone l’esistenza, al momento della cessione stessa in capo ad entrambe le parti di un complesso unitario di situazioni giuridiche attive passive e, pertanto, la necessità del consenso del contraente ceduto, in quanto titolare delle situazioni attive corrispondenti agli obblighi gravanti sul cedente.

Dalle considerazioni appena svolte e dalle diverse teorie dottrinali richiamate, emerge la centralità del consenso nel fenomeno della cessione del contratto: occorre precisare che tale consenso ricade sull’accettazione di quel complesso contrattuale e sulla continuazione di esso con un altro soggetto e non già sul voler partecipare all’elaborazione di un nuovo contratto che ricalchi il precedente24.

Tale rilievo che, secondo parte della dottrina è l’essenza della cessione - che, pertanto, appare come una successione di soggetti nella stessa posizione e ruolo - assume particolare importanza ai fini che interessano in questa sede in quanto consente di affermare che il soggetto che subentra si impegna a riconoscere le regole del rapporto, considerato nel suo complesso, così come predisposte dai contraenti originari.

Secondo tale impostazione può ritenersi, quindi, che il consenso del cessionario ricada sul contratto così come interamente voluto dagli originari paciscenti, anche per quanto riguarda lo strumento di tutela delle posizioni giuridiche derivanti da quel contratto.

Appare chiaro, pertanto, che il rilievo riconosciuto al consenso nell’ambito del fenomeno in esame può svolgere un importante ruolo ai fini della soluzione al problema dell’automaticità o meno del trasferimento della clausola compromissoria in caso di cessione del contratto cui essa acceda, sul quale si tornerà nei successivi paragrafi.                                                                                                                

23 Corte Cost., ord. 10 marzo 2006, n. 95, in www.giurcost.it.

24 PESCATORE, Cessione del contratto ed interpretazione, in Riv. trim dir. proc. civ., 1999, pp. 583 ss., secondo cui il cessionario è «terzo rispetto alla fonte contrattuale (l’accordo originario di quelli che, nella cessione, diverranno cedente e ceduto); ma diviene parte del rapporto che da essa deriva» e che «bisognerebbe dire non che con la cessione si trasferisce una posizione giuridica, ma che un soggetto subentra nella posizioni giuridica - proprio in quella – di altri».

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