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L’interpretazione della clausola compromissoria

In conclusione di questa prima parte dell’indagine sulla circolazione della clausola compromissoria, occorre trattare della questione relativa all’interpretazione della clausola arbitrale.

Al riguardo, deve evidenziarsi che sull’interpretazione della clausola compromissoria si è riflesso, in misura maggiore di quanto è avvenuto in relazione al                                                                                                                

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compromesso, quell’atteggiamento di sfavor verso l’arbitrato, più volte evidenziato nella trattazione.

Spesso, infatti, è dato rinvenire in dottrina222 e giurisprudenza223 un vero e proprio canone interpretativo, che si suppone specifico dell’accordo compromissorio, secondo il quale l’accertamento della volontà negoziale, nell’ambito del patto arbitrale, dovrebbe essere orientato secondo un criterio «restrittivo»: cioè, come si ripete usualmente, dovrebbe venire in considerazione il generale principio di eccezionalità della deroga alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

«Poiché il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione del giudice naturale dello Stato, in caso di dubbio in ordine all’interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un’interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione statuale»224.

Si sottolinea, in particolare, che l’interpretazione della clausola compromissoria deve essere compiuta in senso restrittivo, avendo riguardo alla comune intenzione delle parti, che può desumersi anche aliunde e non va limitata al significato letterale delle parole, non avente valore decisivo e determinante225.

In questa prospettiva, la clausola compromissoria subisce spesso l’imposizione di limiti in ordine alla sua portata, oggettiva e soggettiva, e circa la competenza degli arbitri, in verità del tutto estranei a quanto risulta da una corretta e regolare interpretazione della volontà delle parti.

Sotto un diverso punto di vista, poi, l’interpretazione cosiddetta «restrittiva» della clausola arbitrale gioca un ruolo determinante nel caso in cui dovesse dubitarsi se la volontà delle parti sia volta alla stipulazione di un arbitrato rituale o di un arbitrato libero: in questo caso, si osserva, l’incertezza dovrebbe essere risolta nel senso della irritualità in base, sempre, al criterio di maggior favore con cui dovrebbe essere                                                                                                                

222 SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 116; VECCHIONE, L’arbitrato, cit., p. 213; REDENTI, Diritto

processuale civile, cit., p. 461.

223 Cass., 26 maggio 1989, n. 2538, in Mass. Foro it., 1989, p. 370; Cass., 24 ottobre 1979, n. 5562, ID., 1979, p. 1119; Cass., 13 ottobre 1975, n. 3275, ID., 1975, p. 780; Cass., 3 dicembre 1974, n. 3943, ID., 1974, p. 885.

224 Cass. n. 13830/2004, nella specie, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che contenesse la previsione di un arbitrato rituale una clausola contrattuale che limitava il potere cognitivo dell’arbitro alle sole vertenze relative all’interpretazione del contratto, con facoltà dell’arbitro di richiedere pareri non vincolanti ad esperti di sua scelta tenendo conto di una lettera in cui l’arbitro designato aveva escluso che l’incarico potesse riguardare la definizione di insorgente controversia. 225 Cass., 26 maggio 1989, n. 2538, cit.

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riguardata la cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, istituzionalmente preposta alla definizione delle private controversie e vulnerata in misura maggiore dalla scelta dell’arbitrato rituale piuttosto che da quella dell’arbitrato irrituale226.

Con riferimento all’interpretazione del patto arbitrale, autorevole dottrina aveva ritenuto che, sulla base di principi generali, era possibile delineare un criterio ermeneutico, per quanto riguarda il contratto compromissorio in generale, di segno nettamente opposto rispetto a quello adottato da dottrina e giurisprudenza maggioritaria sulla base delle suddette – erronee – premesse concettuali: «l’applicazione dei criteri di interpretazione del contratto, come la necessità di non limitarsi al senso letterale (art. 1362, comma 1, c.c.), e alle indicazioni esemplificative (art. 1365 c.c.), il principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.) e l’applicazione delle pratiche generali interpretative, suggeriscono al contrario un criterio estensivo nella interpretazione della volontà compromissoria e nella individuazione dei limiti interni all’oggetto dell’arbitrato»227.

Tale indicazione sembra essere stata, oggi, recepita dall’art. 808-quater che, nel disciplinare l’interpretazione della convenzione di arbitrato, prevede che «nel dubbio, la convenzione di arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce».

Tale disposizione, in quanto diretta a fissare i criteri che l’interprete deve seguire nell’interpretazione della convenzione d’arbitrato, è applicabile anche con riferimento alla clausola compromissoria, quale species della convenzione arbitrale.

La norma, in particolare, fissa uno specifico criterio esegetico che si va ad aggiungere a quelli, sempre applicabili, relativi alla interpretazione dei contratti in generale di cui agli artt. 1362 ss. c.c.

Ci si può chiedere, quindi, se essa valga ad escluderne o ad assorbire qualcuno228. L’utilizzo della locuzione «nel dubbio» nell’incipit della norma, fa pensare che l’interpretazione della convenzione arbitrale vada condotta, primariamente, secondo i criteri di ermeneutica cosiddetta soggettiva in particolare, l’art. 1362 c.c., ai sensi del                                                                                                                

226 Cass., 24 luglio 1997, n. 6928; Cass., 14 luglio 1997, n. 6356; Cass., 22 dicembre 1993, n. 12703; Cass., 18 novembre 1992, n. 12346; Cass., 27 febbraio 1991, n. 2132.

227 CECCHELLA, L’arbitrato, cit., p. 37.

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quale il contratto va interpretato secondo la comune intenzione delle parti e il comportamento anche successivo alla conclusione del contratto229.

In tal senso, secondo un orientamento, si deve tener conto del comportamento processuale delle parti durante il giudizio arbitrale230.

Resta poi sempre, come canone ermeneutico fondamentale, la buona fede di cui all’art. 1366 c.c., da utilizzare anche in presenza della novità normativa, poiché rappresenta un generale criterio ispiratore anche nella interpretazione soggettiva.

Al fine di definire l’ambito applicativo della disposizione di cui all’art. 808-quater , parte della dottrina231 ha preso in considerazione innanzitutto il problema interpretativo connesso alla stessa scelta arbitrale.

In altri termini, ci si è chiesti se la norma in esame possa essere invocata per risolvere quei casi in cui si pone il problema di capire se le parti abbiano voluto scegliere l’arbitrato o abbiano invece preferito la via statuale per la soluzione dei loro conflitti. Accade, ad esempio, che in un contratto, accanto alla volontà compromissoria vi siano clausole contraddittorie, come la deroga al foro competente, che possono inficiare la scelta arbitrale compiuta dalle parti.

La dottrina232, a questo proposito ha criticato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, incline a ritenere sempre e comunque prevalente la volontà di adire l’autorità giudiziaria, senza indagare se sia possibile far convivere entrambe le scelte o valutare la clausola regolante il processo statuale come «clausola di chiusura» in caso di estinzione del patto compromissorio.

Laddove non si ritenesse applicabile l’articolo 808-quater all’ipotesi appena descritta, il richiamo dei canoni di interpretazione soggettiva di cui si è detto, unitamente al principio di conservazione espresso dall’art. 1367 c.c., che per taluno rientrerebbe addirittura nei criteri ermeneutici di natura soggettiva233, consentirebbero tutt’al più la coesistenza tra i due strumenti, giudiziale ed arbitrale, attraverso eventualmente, il frazionamento delle liti.

                                                                                                               

229 Cass., 21 settembre 2004, n. 18197, in Riv. Arb., 2006, pp. 82 ss., con nota di MOTTO, In tema di clausola compromissoria: forma, oggetto, rilevanza del comportamento delle parti.

230 Lodo Trieste, 16 luglio 1999, in Riv. Arb., 2002, pp. 123 ss.

231 ZUCCONI GALLI FONSECA, Commento all’art. 808 quater, in La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., p. 103.

232 LUISO, Clausola compromissoria e clausola di deroga della competenza territoriale, in Riv. Arb., 2003, pp. 75 ss.

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L’applicazione dell’art 808-quater, invece, comporterebbe la prevalenza della scelta arbitrale rispetto ad eventuali clausole contrastanti, a meno che non risulti l’inequivoca volontà di riservare al giudice statuale una parte delle liti.

Ad onor del vero, il tenore letterale dell’art. 808-quater non sembra, però, rivolgersi all’ipotesi considerata, in cui viene messa in dubbio la stessa scelta arbitrale compiuta dalle parti, riguardando piuttosto il diverso caso in cui in discussione sia l’ambito oggettivo delle liti devolute – pacificamente – agli arbitri234.

Tuttavia, si rileva che non si tratta dell’unica via interpretativa possibile, perché leggendo al di là dello stretto dato testuale, potrebbe avanzarsi l’idea che il legislatore voglia far prevalere la scelta arbitrale, - a condizione che sia validamente espressa, ovviamente - esprimendo normativamente la regola in dubio pro arbitrato.

Alla luce delle considerazioni sinora svolte, appare possibile affermare che non vi è dubbio che l’indirizzo primario della norma sia quello di risolvere i dubbi relativi all’ambito oggettivo delle liti evolute ad arbitri.

Il problema, quindi, si collega con quello relativo alla determinazione dell’oggetto della clausola compromissoria235 che si manifesta soprattutto in relazione alla possibilità di devolvere ad arbitri liti collegate al rapporto, ma non espressamente menzionate nella clausola stipulata dai contraenti.

Parte della giurisprudenza236 ha adottato un criterio estensivo, in coerenza del resto, con l’art. 1365 c.c.: ai sensi di quest’ultima norma, infatti, quando in una previsione pattizia si riportano casi a scopo esemplificativo, non sono esclusi quelli non menzionati, secondo un criterio di ragionevolezza.

L’art. 806-quater, in un certo senso, estende l’ambito applicativo dell’art. 1365 c.c., attribuendo ragionevolezza ex lege ai casi in cui le parti non abbiano menzionato alcuni aspetti del rapporto giuridico complesso, e non emergano dal contesto dell’atto elementi certi a favore della volontà di escludere detti casi dall’ambito compromissorio.

L’art. 808-quater va, però, oltre rispetto all’art. 1365 c.c., in quanto non richiede l’enunciazione delle liti a scopo esemplificativo («un caso al fine di spiegare un patto»), ma si applica anche quando le parti si siano limitate ad elencare una serie di future

                                                                                                               

234 ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit. 235 che è stato affrontato nel paragrafo 4.

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controversie, non menzionandone alcune, pur sempre attinenti al rapporto cui si riferisce il patto compromissorio.

Tale operazione estensiva, però, trova un limite nel «contratto» o nel «rapporto» cui la convenzione arbitrale si riferisce, con la conseguenza che tale limite deve essere inteso, con riferimento alla clausola compromissoria contrattuale, nel senso che l’estensione opera con riguardo a tutti rapporti giuridici (diritti, poteri e obblighi) scaturenti dal contratto, presenti e futuri – anche a prescindere dalla stretta riconducibilità alla causa petendi diretta del contratto-.

Così, nel ribadire quanto precedentemente affermato, si deve ritenere che la clausola compromissoria sia in grado di coprire le liti riguardanti la validità, l’efficacia, l’esecuzione, l’interpretazione, la risoluzione, la rescissione del contratto, anche in mancanza di espressa specificazione, con un unico limite: che, dal tenore della clausola medesima, o dall’applicazione dei criteri ermeneutici soggettivi, non emerga l’inequivoca volontà di escludere detti diritti dall’ambito della scelta arbitrale237.

Tale disposizione, inoltre, viene invocata anche per superare alcuni dei problemi interpretativi che si pongono in relazione alla determinazione dei limiti oggettivi della convenzione arbitrale nelle ipotesi di collegamento negoziale238.

Per quanto concerne, infine, il diverso aspetto prima evidenziato, circa l’interpretazione della clausola compromissoria al fine di stabilire la volontà delle parti fosse volta la stipulazione di un arbitrato rituale o di un arbitrato libero, deve ritenersi che le soluzioni adottate da dottrina a giurisprudenza239, siano ormai superate dalla previsione di cui all’art. 808-ter c.p.c. che richiede che la scelta dell’arbitrato libero o irrituale sia manifestata con «disposizione espressa per iscritto».

                                                                                                               

237 DE NOVA, Disciplina legale dell’arbitrato e autonomia privata, in Riv. Arb., 2006, p. 429. 238 V. par. 4.2, nota n. 121.

239 La giurisprudenza ha elaborato “spie” o indici sintomatici della ritualità o meno, prevedendo che «non è elemento decisivo della distinzione il conferimento agli arbitri del potere di decidere come amichevoli

compositori, potendo le parti autorizzare anche gli arbitri rituali a decidere secondo equità» (Cass., 27

giugno 1988, n. 4336), e che «non è decisiva la qualifica di inappellabile data alla decisione degli arbitri, dal momento che anche nell’arbitrato rituale è prevista la non impugnabilità del lodo (ex art. 829, ultimo comma, c.p.c.)» (Cass., 4 ottobre 1994, n. 8705).

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CAPITOLO II

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A SUCCESSIONE NEL RAPPORTO COMPROMISSORIO

SOMMARIO:1. Il concetto di successione nelle situazioni giuridiche; 1.1 La successione nelle posizioni giuridiche correlate; 1.2 Il fondamento consensuale del rapporto compromissorio; 2. Le ipotesi di successione nel rapporto compromissorio; 2.1 La successione mortis causa nel rapporto compromissorio; 2.2 Fusione, trasformazione e scissione di società; 2.3 Pagamento con surrogazione e azione surrogatoria; 2.4 La successione a titolo particolare.