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Capitolo secondo: La parola ai personaggi.

2.3.1. Il lessico comico e metaforico della Pizia.

Se nel linguaggio della nutrice è presente qualche aspetto del linguaggio comico, in quello della sacerdotessa di Apollo le caratteristiche del linguaggio comico sono ancor più evidenti. Sommerstein255, infatti, afferma che la maggior concentrazione del

lessico comico dell'Orestea si trova nelle battute della Pizia.

Dopo la preghiera alle divinità la profetessa entra nel tempio per apprestarsi a consultare l'oracolo. Questo non avviene. La Pizia esce immediatamente dal santuario trascinandosi sulle ginocchia e sui gomiti, a causa di un'orrenda visione. La descrizione di ciò che ha visto occupa un consistente numero di versi in cui c'è il tentativo disperato della sacerdotessa di esprimersi al meglio, nonostante il suo spavento.

Questo tentativo risulta essere vano. Alla fine della descrizione il risultato non è quello sperato dalla Pizia. Nei 5 versi in cui prova a fornire una descrizione di Oreste la profetessa dà l'impressione di avere di fronte a se una figura non umana. La profetessa definisce Oreste un supplice poiché ha in mano un ramo d'ulivo altissimo e incoronato con una fascia di lana. Quest'espressione risulta essere quasi priva di significato o almeno di difficile comprensione poiché formata da termini non di uso comune, quali ὑψιγέννητος e λήνος. Dal primo termine si riesce a ricavare l'idea, espressa dall'aggettivo, che questo ramo cresca verso l'alto. Il secondo vocabolo è, invece, un hapax del quale Eschilo stesso fornisce una spiegazione nei versi successivi.

La scelta di questo linguaggio è espressione dello lo stato d'animo della profetessa che appare confusa, agitata e, come chi è ancora sotto shock, non riesce a trovare le parole giuste per descrivere il trauma che ha subito.

Anche per quanto riguarda le Erinni, la Pizia non riesce a dare una descrizione specifica. Le paragona, infatti, a due figure mitologiche distinte: le Gorgoni e le Arpie.

Proprio nel tentativo di descrivere il gruppo di donne dormiente di fronte a se, la Pizia ricorre al lessico quotidiano che sfocia nel linguaggio comico poiché nel lessico tragico non è previsto l'uso di determinati termini.

Il primo termine comico che si incontra nel linguaggio della profetessa è βδελύκτροποι256. L'espressione è utilizzata dalla profetessa per evidenziare quanto quel

gruppo di donne, che stenta a riconoscere, sia ripugnante a vedersi. A questa espressione segue un intero verso che descrive situazioni particolari che possono essere definite comiche. Al verso 53 <<ῥέγκουσι δ᾽ οὐ πλατοῖσι φυσιάμασιν>> tramite l'uso del verbo

ῥέγκω257, la sacerdotessa cerca di descrivere il rumore che le Erinni producono mentre

dormono: esse russano esalando repellenti sospiri.

Anche se è tipico degli autori comici descrivere in modo dettagliato odori, rumori e situazioni simili, Sofocle nel Filottete fornisce una descrizione accurata della ferita dell'eroe. In più punti della tragedia258 è possibile rendersi conto di quanto Filottete

soffra per la ferita al piede, in quanto Sofocle fornisce un'immagine precisa della ferita e riporta le lamentele dell'eroe. Infatti è ripetutamente chiarito che la ferita è aperta e rilascia un liquido nocivo. L'odore ripugnante della ferita, ragione per la quale Filottete è stato abbandonato sull'isola di Lemno, è riportato due volte nella tragedia, entrambe le volte dall'eroe stesso ed in momenti strategici. La prima menzione259 della ferita precede

l'improvvisa rinuncia di Neottolemo alla sua missione ingannevole al v. 895; la seconda menzione avviene quando Filottete inveisce contro Odisseo260 ricordandogli le

motivazioni che lo hanno costretto a vivere da solo sull'isola.

Queste due espressioni del Filottete sono state ritenute dalla critica molto più tenui rispetto a quelle usate dalla Pizia per descrivere le Erinni. Il motivo è che questi termini colloquiali della sacerdotessa che sfociano nel comico spiccano maggiormente nel suo discorso in cui comapare anche un registro linguistico formale e sacrale.

Oltre ad utilizzare un linguaggio comico, la Pizia utilizza anche delle metafore tipiche del linguaggio marinaresco all'interno del prologo, come si è visto anche per la figura della nutrice. La profetessa fa uso del lessico marinaresco paragonando Delfo ad un timoniere che guida il popolo261 utilizzando in un contesto piuttosto solenne, quale la

256 La radice del termine βδελύκ- compare 4 volte nelle Vespe di Aristofane. Cfr. V. 134, 136, 137, 372.

Nei Mirmidoni di Eschilo fr. 137 è attesto ἀβδέλυκτ'-.

257 Il termine compare in Arist. Acar. 24; Eq. 104, 115; Nub. 5, 11 ed in Eur. Reso v. 785 all'imperfetto. 258 Ai versi 7, 39, 696, 783-4, 1378.

259 Soph. Phil. vv. 891-2: μὴ βαρυνθῶσιν κακῇ /ὀσμῇ πρὸ τοῦ δέοντος.

260 Soph. Phil. vv. 1031-2: πῶς, ὦ θεοῖς ἔχθιστε, νῦν οὐκ εἰμί σοι / χωλός, δυσώδης; 261 Aesch. Eum. v. 16.

preghiera alle divinità delfiche, un modo di dire popolare.

La metafora che caratterizza maggiormente il nostro personaggio è, però, il paragone fra lei stessa ed un bambino che non ha ancora la capacità di reggersi in piedi (v. 38). La sacerdotessa, infatti, esce strisciando sui gomiti e sulle ginocchia dal tempio richiamando l'immagine di un bimbo che gattona che contrasta con la solennità della figura di una profetessa delfica.

La metafora in questione riprende un proverbio popolare, δὶς παῖδες οἱ γέροντες262,

che è evocato anche nella riflessione dei vecchi nell'Agamennone263. L'accostamento fra

vecchiaia e giovinezza che fa la Pizia riaffiora in più punti della trilogia. Nell'Agamennone i vecchi del Coro affermano di essere sempre giovani per poter apprendere qualcosa di nuovo264. Inoltre il confronto fra due generazioni, quella vecchia

delle Erinni e quella giovane di Apollo è uno dei temi principali delle Eumenidi e la Pizia nel prologo anticipa la riconciliazione fra le due generazioni degli dei anche con il ricorso a questa metafora.

Per concludere anche nel caso della sacerdotessa di Apollo il linguaggio è espressione del suo stato d'animo. Nella prima parte del prologo l'atmosfera è serena e la Pizia serenamente rivolge la sua preghiera alle divinità che si sono succedute nel tempio di Delfi utilizzando un linguaggio consono al momento solenne della preghiera. Nella seconda parte invece il linguaggio cambia: si avvicina sempre di più al linguaggio colloquiale e comico proprio perché la profetessa non riesce ad esprimersi al meglio risultando ambigua perché è impaurita.

262 Cfr. Arist. Nuv. v. 1417. 263 Aesch. Ag. vv. 74-82. 264 Aesch. Ag. vv. 584; 1619 ss.

Conclusione

L'analisi qui condotta cerca di dimostrare che in Eschilo è presente l'intento di costruire le figure della guardia dell'Agamennone, della nutrice delle Coefore e della Pizia delle Eumenidi attraverso un'analisi psicologica accurata nonostante siano tre personaggi minori, considerati, secondo parte della critica, semplicemente funzionali allo svolgimento della trama.

Nella prima parte del lavoro si analizza il testo delle tre tragedie dal punto di vista filologico suddividendolo in brevi sezioni e mettendo in evidenza i punti critici sui quali gli studiosi dibattono. In questa prima parte di volta in volta si accenna alla modalità con cui Eschilo costruisce le sue figure e al linguaggio utilizzato dalle stesse fornendo un punto di partenza per lo sviluppo del discorso all'interno delle parti successive della tesi.

Nella seconda parte si inizia il discorso sulla caratterizzazione dei personaggi a partire dai omerici nel quali secondo alcuni, come per esempio Snell, non è presente un processo di analisi psicologica arrivando a concludere che, invece, Omero getta le basi sia per l'approfondimento psicologico nelle altre opere sia per lo sviluppo di un linguaggio psicologico.

Il discorso prosegue prendendo in esame la tragedia e ci si base principalemente sul lavoro di Pelling e Dawe per l'analisi del dibattito degli studiosi in merito alla costruzione dei personaggi tragici. I filoni opposti sono due: il primo comprende per esempio l'idea di Tycho Wilamowitz che non ammette l'interpretazione psicologica delle opere; il secondo comprende, invece, gli studiosi più recenti che ammettono questa interpretazione.

Prima di passare all'analisi delle tre figure si affronta anche il discorso sulle cosiddette incongruenze nella presentazione dei personaggi delle opere eschilee. Secondo parte della critica, infatti, i differenti comportamenti di alcune figure sono dovuti a sviste dell'autore e talvolta certe porzioni di testo sono messe in discussione, come per esempio succede nel caso di Atossa. Ma si è osservato che non si può parlare di incongruenze, bensì di evoluzione psicologica dei personaggi soprattutto per quanto

riguarda i personaggi dell'Orestea.

A questo punto si prendono in analisi in tre capitoli distinti le figure dei personaggi minori della trilogia. Si osserva che nel caso della vedetta, Eschilo mette in evidenza dei tratti caratteristici precisi che forniscono un quadro contraddittorio della sua figura. Il φύλαξ si mostra all'inizio con uno stato d'animo turbato, annoiato e triste poi passa alla gioia smisurata per il ritorno di Agamennone e infine si dimostra ambiguo. La nutrice appare, invece, una figura totalmente devota ad Oreste quasi da poter prendere il posto della vera madre. Risulta essere un personaggio totalmente positivo caratterizzato da una climax ascendente di sentimenti ed emozioni tutte volte a mettere in evidenza l'affetto nei confronti del suo protetto. La Pizia, infine, appare dotata di una psicologia labile. Se nella prima parte del prologo appare controllata e padrona della scena, alla fine abbandona il palcoscenico dimostrando di aver perso la sua autorevolezza.

Anche attraverso lo studio del linguaggio delle tre figure si è fornita una chiave interpretativa della loro rappresentazione. Si è potuta constatare la presenza di diversi registri linguistici che mostrano l'alternanza fra un linguaggio poetico proprio dello stile tragico e l'uso di espressioni di sapore colloquiale, come i proverbi e talvolta locuzioni proprie del linguaggio comico che in Eschilo caratterizzano le figure di rango inferiore.

Dunque si può affermare che Eschilo non si serve di questi tre personaggi semplicemente in funzione dello sviluppo della trama, ma dall'analisi dell'opera si riscontra l'intento di attribuire loro un quadro psicologico costruito attraverso dei tratti ben definiti e in alcuni casi contraddittori.

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