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La caratterizzazione dei personaggi nella tragedia greca.

Parte seconda: La caratterizzazione dei personaggi.

1.3. La caratterizzazione dei personaggi nella tragedia greca.

Molti studiosi, tra cui Easterling, Gould e Goldhill, nel prendere in analisi il discorso sulla caratterizzazione dei personaggi nella tragedia greca, citano un passo di Brian Vickers118 in cui lo studioso fornisce una definizione precisa di tragedia. Egli

sostiene che la tragedia è un'opera che riguarda le persone, le loro azioni e i loro sentimenti che sono messi in evidenza all'interno delle opere. Nella tragedia greca, afferma Vickers119, i personaggi amano e odiano come lo facciamo noi. Egli, infatti,

considera i personaggi tragici come delle persone che si incontrano nella vita reale. Questa sua considerazione non è condivisa da tutti. Goldhill120, per esempio,

ritiene che tale ipotesi possa funzionare solo tramite l'abbattimento di certe differenze culturali cruciali che portano ad una visione distorta della caratterizzazione dei personaggi. Lo studioso sostiene che è necessario tener conto del contesto in cui i personaggi sono collocati in quanto la localizzazione di un individuo in una comunità e in un determinato contesto è strettamente funzionale alla costruzione della sua individualità. Tuttavia non è sufficiente il riconoscimento del contesto in cui il carattere è collocato, ma è necessario sottolineare di quale tipo di personaggio si sta discutendo per approfondire la sua analisi121.

Tutte queste caratteristiche psicologiche e sociologiche sono da prendere in considerazione anche alla luce della questione sollevata poc'anzi in merito alle parole di Vickers: lo studio delle figure letterarie come se fossero delle persone reali. Infatti la valutazione di un personaggio e l'analisi della sua caratterizzazione richiamano sicuramente le considerazioni che noi facciamo delle persone nella vita reale, ma questo non deve portarci fuori strada. Credo che sia giusto avere ben presente che nello studio

118 Vickers 1973 p. 3. 119 Vickers 1973 p. 3.

120 Goldhill in Pelling op. cit. p. 101 ss.

121 Questo aspetto non è preso in considerazione da Vickers e Goldhill lo evidenzia bene. Infatti nel suo

articolo prende ad esempio l'ode dell'amore cantata dal coro in Soph, Ant. 781-801, non condividendo l'opinione di Vickers che analizza l'azione di Antigone come un gesto d'amore nei confronti del fratello. Egli ritiene che né l'impegno preso da Antigone nei confronti della sua famiglia, né l'editto di Creonte trovino posto per l'eros inteso come il nostro amore, come lo intende Vickers. Infatti l'unico motivo per cui l'eros è invocato in questo contesto indica che Antigone va incontro alla morte con il matrimonio con Ade. Dunque quest'ode dell'eros non può essere separata dall'episodio imminente del matrimonio. Inoltre le nozze segnano anche la morte dello status sociale al quale Antigone appartiene, ossia lo status di vergine. Altro aspetto che Vickers non considera erroneamente secondo Goldhill.

di un testo letterario dobbiamo sempre tener conto che siamo all'interno di una finzione. Non possiamo non prendere in considerazione le leggi del genere e trasferire il nostro modo di pensare, di agire e di percepire determinate sensazioni alle figure presenti sulla scena.

Per quanto si abbia bisogno di un senso di intelligibilità umana o di un modello per capire un'opera, non segue che gli stessi criteri che noi usiamo per valutare o discutere i comportamenti delle persone reali possano essere usati per analizzare i personaggi di un testo letterario, senza porci delle domande.

Per ovviare a questa difficoltà Barthes122 distingue le nozioni di figura letteraria e

persona reale, definendo quest'ultima come un qualcosa che ha un futuro, un inconscio, un'anima ed è in grado di esprimere le sue motivazioni e prendere le sue decisioni. Mentre quando ci riferiamo ad un personaggio di una tragedia non possiamo riferirci alla sua persona, ma alla sua figura. Tramite questa distinzione Barthes vuole anche sottolineare il fatto che, proprio perché si sta parlando di figure e non di vere persone, non si possono spiegare tutti i loro comportamenti in maniera logica. Egli sostiene anche che non è possibile trovare tutte le risposte alle domande che i critici si pongono, soprattutto riguardo alle motivazioni delle azioni compiute dai personaggi stessi. Un conto è definire verosimile la presentazione che l'autore propone di un personaggio, un conto è vederlo come una persona reale.

Il fatto che i personaggi del dramma non si possono considerare delle persone reali, in quanto costruzioni del tragediografo, non significa che non possono essere costruiti in modo tale da presentare una caratterizzazione coerente che potrebbe essere quella di una persona reale e che siano per forza di cose semplici personaggi che hanno una loro importanza solamente in funzione della trama.

A questo proposito mi vengono in mente due passi della Poetica di Aristotele in linea con quest'ultima linea di pensiero123. Siamo all'interno della sezione dell'opera

riservata alla tragedia, alla quale Aristotele dedica molto spazio. Il filosofo ne ha appena elencato le parti costituenti: la trama, i caratteri, la dizione, il pensiero, lo spettacolo e la musica. Queste sei parti che compongono le tragedie hanno un diverso grado di

122 Barthes 1975 p. 94.

importanza secondo Aristotele. Dopo aver affermato che la sistemazione degli eventi, ossia la trama, è la parte più importante della tragedia, Aristotele prosegue affermando che “οὔκουν ὅπως τὰ ἤθη μιμήσωνται πράττουσιν, ἀλλὰ τὰ ἤθη συμπεριλαμβάνουσιν διὰ τὰς πράξεις:” e aggiunge “ἔτι ἄνευ μὲν πράξεως οὐκ ἂν γένοιτο τραγῳδία, ἄνευ δὲ ἠθῶν γέ νοιτ᾽ ἄν”.

Dunque secondo il filosofo “non si agisce per imitare i caratteri, ma si assumono i caratteri in dipendenza delle azioni” e “senza azione non può esservi tragedia, mentre senza caratteri potrebbe”. Nonostante il filosofo parta da presupposti diversi nell'analizzare la tragedia rispetto agli studiosi moderni124, la sua linea di pensiero che

prevede la subordinazione dei caratteri rispetto alla trama corrisponde, a mio avviso, alle idee di alcuni di questi studiosi, come per esempio Tycho Wilamowitz125. Sia lo

studioso tedesco con il suo lavoro su Sofocle sia Charles Garton126 non accettano

un'interpretazione in chiave psicologica dei personaggi, ma ritengono che la loro caratterizzazione produca un effetto drammatico funzionale solamente allo sviluppo della trama.

Wilamowitz ha esaminato la tecnica drammatica sofoclea avendo in mente le numerose incoerenze all'interno delle trame e dei personaggi stessi delle opere senza utilizzare una chiave di lettura psicologica. Secondo Dawe, Wilamowitz arriva a delle conclusioni tali per cui il suo lavoro deve inserito in una categoria a parte all'interno degli studi sul dramma greco. Le conclusioni alle quali arriva Tycho Wilamowitz, infatti, sono state respinte dalla maggior parte degli studiosi.

Wilamowitz afferma che Sofocle, per mantenere viva l'attenzione del pubblico, è disposto a tutto. Per raggiungere questo scopo è disposto a cambiare i presupposti della trama e a rendere la coerenza dei personaggi superflua. Lo studioso afferma che Sofocle è più attento ad attribuire maggior efficacia ad ogni singola scena sacrificando, anche, la coerenza logica della trama intera. Per cercare di spiegare le incoerenze delle opere di Sofocle, Wilamowitz non ha mai provato ad approfondire la questione della psicologia

124 Secondo Aristotele la tragedia, essendo imitazione o rappresentazione della vita, si concentra sulle

azioni delle persone piuttosto che sui caratteri.

125 Da parte della critica che ammette, invece, l'importanza dei caratteri questi passi sono considerati la

confutazione più perentoria delle interpretazioni psicologistiche della tragedia. Cfr. Paduano 1998 p.75 n. 63.

dei personaggi, anzi molto spesso si è rifiutato di provare a confrontarsi, come afferma Dawe, con chi provava a spiegare queste incongruenze tramite l'approfondimento psicologico. Dawe, infatti, afferma che Tycho Wilamowitz aveva perso la pazienza con gli studiosi che prendevano in considerazione l'interpretazione psicologica. Tuttavia, in un secondo momento, lo studioso tedesco ha ammesso che le sue obiezioni contro il criterio psicologico sono state spesso escluse da lui senza una vera giustificazione127.

Nonostante queste sue teorie siano state respinte dagli studiosi classici nessuno è stato in grado di fornire spiegazioni alternative rispetto alla presenza di queste contraddizioni nella trama e nei personaggi messi in scena da Sofocle. Zielinski128,

facendo affidamento alle ricostruzioni che egli stesso ha compiuto delle tragedia perdute, crede che molte delle incongruenze siano da spiegare come reminiscenze consapevoli o meno dell'autore rispetto al modello oppure come critiche di ciò che è stato trattato nella tradizione, per esempio nei miti.

È vero che i poeti tragici rimangono colpiti da certe figure letterarie che sono state presentate in precedenza, soprattutto nell'epica, ma questo elemento non può essere utilizzato come una spiegazione delle incongruenze delle loro opere. Il poeta adotta certamente gli stessi temi dei suoi predecessori, ma non nello stesso modo e spesso, come fa Eschilo, apporta delle grosse innovazioni consapevolmente.