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Παλλὰς προναία δ' ἐν λόγοις πρεσβεύεται. σέβω δὲ νύμφας, ἔνθα Κωρυκὶς πέτρα κοίλη, φίλορνις, δαιμόνων ἀναστροφή. Βρόμιος ἔχει τὸν χῶρον, οὐδ᾽ ἀμνημονῶ, ἐξ οὗτε Βάκχαις ἐστρατήγησεν θεός, 25 λαγὼ δίκην Πενθεῖ καταρράψας μόρον. Πλειστοῦ δὲ πηγὰς καὶ Ποσειδῶνος κράτος καλοῦσα καὶ τέλειον ὕψιστον Δία, ἔπειτα μάντις ἐς θρόνους καθιζάνω. καὶ νῦν τυχεῖν με τῶν πρὶν εἰσόδων μακρῷ 30 ἄριστα δοῖεν· κεἰ παρ᾽ Ἑλλήνων τινές, ἴτων πάλῳ λαχόντες, ὡς νομίζεται· μαντεύομαι γὰρ ὡς ἂν ἡγῆται θεός.77

Nella seconda parte della sua invocazione la Pizia passa alle divinità minori che essa nomina all'interno dei suoi discorsi, ἐν λόγοις e non nelle sue preghiere, ἐν εὐχαῖς. È evidente il contrasto fra i due gruppi delle divinità. Il primo comprende le divinità mantiche (Apollo e i suoi predecessori) con i quali la Pizia ha un rapporto stretto e alle quali rivolge le sue preghiere; il secondo comprende le altre divinità di Delfi alle quali la sacerdotessa non è legata da un culto e che quindi nomina solamente.

La sacerdotessa nomina le divinità senza un ordine, a differenza di quello che ha

77 “Anche Pallade Pronaia è onorata nei miei discorsi. Venero le ninfe, che abitano la grotta Coricia,

cara agli uccelli e rifugio delle divinità. Bromio possiede questo paese, non me lo dimentico, da quando si pose come divinità, a capo delle Baccanti, tramando contro Penteo una morte a guisa di lepre; e invocando le sorgenti del Plisto e la forza di Poseidone e il sommo Zeus che porta a termine ogni cosa, mi siedo, infine, da profetessa, sul mio trono. Che ora gli dei mi concedano un ingresso di gran lunga migliore di quelli precedenti. Se qualcuno dei Greci è presente, che entri secondo l'ordine assegnato dalla sorte, come è la regola. Io infatti do profezie così come il dio mi guida”.

fatto per il primo gruppo. Non fa distinzione fra gli Olimpi: Dioniso, Poseidone e Zeus e le divinità più arcaiche e naturali, le Ninfe e il Plisto. L'unico che lascia in fondo a chiudere il quadro è Zeus τέλειος. Probabilmente non fornendo un ordine preciso la Pizia vuole evidenziare ancora una volta l'assenza di un conflitto fra le categorie e generazioni differenti degli dei.

La sacerdotessa comincia, in ogni caso, con una divinità legata ad Apollo, Atena Pronaia, epiteto della dea a Delfi che aveva un santuario lungo la strada per il tempio di Apollo78. Essa prosegue nominado le Ninfe della grotta Coricia79 e arriva a Dioniso che

cita con l'epiteto Bromio, ossia fremente. Quello di Bromio è l'unico episodio negativo raccontato all'interno della preghiera della Pizia che fino ad ora ha assunto un tono armonioso e sereno rispecchiando lo stato d'animo della profetessa. Dioniso è stato venerato, per i tre mesi invernali durante i quali risiedeva a Delfi, con tamburi e grida estatiche. In onore di Dioniso ogni due anni si tenevano feste notturne organizzate dalle Baccanti, guidate dallo stesso dio, che hanno avuto un ruolo importante nel mito di Penteo citato al v. 26. Il mito narra che Dioniso avrebbe voluto stabilire il suo culto in Grecia a Tebe, la sua città natale. Penteo, nipote del re tebano Cadmo, si oppose all'instaurazione del culto e per punizione fu sbranato dalle Baccanti guidate da Agave, madre di Penteo80. La metafora della lepre usata da Eschilo in relazione alla morte di

Penteo81 richiama l'avvenimento dell'Aulide82 nel quale una lepre incinta è sbranata e

mangiata dalle aquile. Questo presagio ricorda il sacrificio di Ifigenia immolata dal padre, come Penteo è stato ucciso dalla madre. Sommerstein propone un'interpretazione singolare dell'inserimento di questo episodio in questo contesto. Lo studioso ritiene o che potrebbe essere un richiamo al fatto che anche fra gli Olimpi ci sono stati episodi di violenza oppure si tratterebbe di un riferimento alla condizione di Oreste che è costretto dalle Erinni a fuggire come una bestia83.

78 Pronaia letteralmente significa <<davanti al tempio>>.

79 Questa grotta si trova sulla vetta del Parnaso e come molte grotte, per esempio quella di Itaca (vedi Od.

XIII 103-4), è consacrata a Pan e alle Ninfe (cfr. Soph. Ant. 1127).

80 Eschilo scrisse una trilogia sul mito di Penteo che lo rappresenta morto sul Citerone e non sul Parnasso.

Questo mito è ripreso da Euripide nelle Baccanti.

81 Δίκην appare 23 volte nell'Orestea contro le 3 volte in cui compare nel resto delle opere di Eschilo.

Fatto rilevante non per un fatto di numeri fine a se stesso, ma per la sicura connessione con il tema della giustizia dominante nella trilogia.

82 Cfr. Ag. 108-137. 83 Sommerstein 1989 p. 85.

Dopo Bromio un'altra entità naturale è invocata dalla sacerdotessa: il Plisto, un fiume che scorre a sud di Delfi e che nella sua forma personificata corrisponde al padre delle ninfe della Coricia del v. 22. In chiusura84 la Pizia nomina due divinità olimpie:

Poseidone e Zeus. A Poseidone era riservato un altare all'interno del tempio di Apollo e in tempi più antichi il dio avrebbe anche condiviso l'oracolo con Gaia. In ultimo c'è Zeus, colui che porta a termine le cose, il τέλειος, termine che insieme al sostantivo τέλος, è considerato una delle parole chiave dell'opera. Infatti la ricerca dell'adempimento dei propri compiti e della fine di un qualcosa è costante nei personaggi delle tre tragedie anche se non sempre è raggiunta.

Terminata l'invocazione della seconda parte delle divinità, la Pizia si appresta ad entrare85 nel tempio, ma prima ha un ultimo augurio da rivolgere a se stessa: che gli dei

le concedano un ingresso migliore di quelli che ha già effettuato. Molto probabilmente si fa riferimento ad un passo dei Moralia di Plutarco86, in cui si ricorda la triste fine che

ha subito una sacerdotessa delfica che, preda di spiriti maligni, precipita dal trono e muore dopo qualche giorno.

In ultimo si fa riferimento alla προμαντεία, ossia alla priorità di consultazione dell'oracolo di cui godono certi pellegrini. Chi ha questo privilegio entra per primo, per gli altri, invece, è la sorte che decide l'ordine di ingresso nel santuario.

84 La chiusura della seconda parte dell'invocazione della Pizia è evidenziata nel testo tramite la particella

δέ del v. 27 che però non è tradita, bensì congettura di West accolta dalla maggior parte degli editori. Nei manoscritti, infatti, è tradita la particella τε che, secondo Sommerstein, potrebbe essere conservata grazie al parallelo con Ag. v. 513. La soluzione migliore è accogliere a testo la congettura di West per due principali motivazioni. La prima è che mentre, nel passo parallelo citato, il τε continua la serie delle invocazioni iniziate nei versi precedenti, nel nostro passo la frase è concentrata non sui vv. 27-8 che contengono le ultime invocazioni, ma sul v. 29 che reca l'annuncio dell'ingresso della Pizia nel tempio. La seconda motivazione è una conseguenza della prima dato che in questo modo il δέ potrebbe evidenziare un processo evolutivo della trama e quindi non assumere un valore continuativo, come afferma Sommerstein 1989 n. al v. 27 p. 85.

85 Καθιζάνω ha il valore di futuro: “sto per sedermi”. 86 Plut. Mor. 438 a-c.

3.3. La vista orribile di Oreste: v. 34-45.