• Non ci sono risultati.

Incongruenze ed evoluzione psicologica in Eschilo.

Parte seconda: La caratterizzazione dei personaggi.

1.4. Incongruenze ed evoluzione psicologica in Eschilo.

Un altro aspetto legato al problema generale della caratterizzazione psicologica dei caratteri è il concetto di evoluzione psicologica dei personaggi che molto spesso è alla base delle cosiddette incongruenze individuate dalla critica.

Secondo parte della critica, Eschilo non ha inserito volutamente delle incongruenze all'interno delle sue tragedie e la spiegazione della presenza di queste contraddizioni è dovuta solamente a qualche svista, disattenzione o disinteresse dell'autore per la costruzione delle figure letterarie. Questo giudizio si basa sul fatto che ci sono alcuni esempi di caratteri eschilei che compaiono con delle caratteristiche molto

127 Sul lavoro di Tycho Wilamowitz rimando a Dawe 1963 in Boschetti-Citti 2007. 128 Cfr. Dawe 1963 in Boschetti-Citti 2007 p. 19.

diverse all'interno degli episodi di una stessa tragedia. Ciò non significa, a mio avviso, che Eschilo non è attento alla presentazione dei suoi personaggi o che commette degli errori. La presenza di caratteristiche diverse all'interno di uno stesso personaggio può avere motivazioni diverse.

Si possono prendere ad esempio due famosi passi dei Persiani in cui Atossa fornisce delle indicazioni al Coro per prendersi cura di Serse non appena entrerà in scena. Per quanto riguarda il primo passo129, dalle parole di Atossa il pubblico si

potrebbe aspettare due situazioni: il rientro di Serse da solo in scena oppure non da solo, ma con la madre130. Non accade niente di tutto ciò. Il ritorno di Atossa senza il figlio,

come accade, non rientra nelle aspettative degli spettatori. Ma come è vero che gli spettatori non si aspettano il ritorno di Atossa senza Serse, non si aspettano neanche il contrario, ossia che Serse entri in scena nell'esodo senza Atossa. La regina, infatti, esce di scena per non ritornarci più dicendo che non lascerà che Serse sia abbandonato alle proprie sventure.

Questa scena è stata vista come un'incongruenza da parte della critica, ma a mio avviso la chiave di lettura potrebbe essere un'altra131. Piuttosto che un'incongruenza

potrebbe esemplificare una scelta dell'autore volta ad aumentare lo stupore ed il coinvolgimento del pubblico nella scena finale, quando si assisterà al ritorno di Serse vestito di stracci.

Un altro passo132 è stato considerato da parte degli studiosi come un esempio di

incongruenza nella presentazione della figura di Atossa. Fra il primo e secondo episodio aumenta progressivamente la sua angoscia per la rovina del figlio, mentre nel terzo, grazie all'incontro con Dario, la regina si preoccupa di consolare Serse e di condividere con lui il peso dello sconfitta. Come afferma Di Benedetto133, questa presentazione del

129 Mi riferisco ai versi 529-531.

130 Il pubblico si aspetta a buon diritto che Serse faccia la sua comparsa in scena anche perché il terzo

attore non è ancora stato introdotto nel dramma: il messaggero ha già svolto il suo compito, ancora non c'è un cenno all'apparizione di Dario in scena e quindi restano due personaggi nella tragedia, Serse e Atossa, la quale è appena uscita di scena.

131 Molte soluzioni sono state adottate dai critici per tentare di risolvere questa incongruenza. Nitikin ha

proposto di trasporre il primo passo dopo il secondo, Wecklein propone di espungere i versi 827-31. Ma come altri sostengono (Garvie, Dawe) non è necessario adottare queste soluzioni in quanto le incongruenze del testo non devono per forza essere eliminate in quanto tali.

132 Cfr. vv. 849-851.

personaggio della regina non deve essere considerata un'incongruenza. Al contrario offre un esempio di evoluzione del suo personaggio. Questo dimostra, non solo, che Eschilo intende costruire i suoi personaggi attraverso dei tratti psicologici caratterizzanti, ma che, in alcuni casi, propone anche una loro evoluzione psicologica.

Anche il discorso di Dario è presentato da Eschilo con molte incoerenze al suo interno. Il vecchio re racconta, in primis, la storia della Persia e risulta essere ben informato sulla battaglia di Platea; sa che Serse ritornerà presto in patria, ma non conosce nulla sulla campagna militare del figlio. Anche questo aspetto è stato ritenuto strano dagli studiosi i quali ritengono che non è possibile che Dario non sappia quello che è successo al figlio. Penso che non sia necessario che Dario sia onnisciente, la sua invocazione e il dialogo con la moglie sono una delle scene più spettacolari dell'opera e per questo Eschilo vuole evitare di renderle ripetitive. Il racconto della disfatta di Serse è già stato annunciato dal messaggero, dunque Dario si fa portavoce di altro.

Anche se la caratterizzazione psicologica di Dario non ha uno sviluppo come quella di Atossa, il vecchio re presenta dei tratti caratteriali nuovi. Dario, infatti, lascia la scena con delle parole che caratterizzano la sua figura mostrando che, seppur barbaro, egli è un re saggio e rispettoso del principio della giusta misura: cardine del pensiero greco134.

Un altro caso di sviluppo psicologico di un certo rilievo è quello della figura di Eteocle nei Sette a Tebe. La strutturazione del personaggio di Eteocle all'interno della tragedia è in linea con il cambio della tematica della trame. Nell'opera, infatti, sono presenti due filoni: quello della maledizione dei Ladbacidi e l'assalto a Tebe. Queste due tematiche influiscono necessariamente sulla caratterizzazione del personaggio di Eteocle. In un primo momento, dato il suo ruolo di comandante della città, egli deve avere pieno controllo di se e deve dimostrare di essere determinato nelle sue azioni e nel suo modo di parlare. Quando, invece, l'attenzione si sposta sulla maledizione ancestrale della sua famiglia il valoroso condottiero è presentato in una luce diversa135.

É evidente che gli esempi che più testimoniano la cura da parte di Eschilo per uno

134 Mi riferisco alla scena in cui Dario rimprovera Serse usando delle parole che avrebbe usato un greco.

Cfr. Aesch. Pers. 781 ss.

135 Per questo infatti all'inizio dell'opera invoglia le donne a smettere di piangere e di lamentarsi, mentre

sviluppo psicologico sono tratti dalle trilogie e grazie all'Orestea, come giustamente afferma Di Benedetto136, si può osservare bene questo fenomeno137.

L'evoluzione psicologica riguarda i tre personaggi principali dell'Orestea che compaiono in due tragedie, ossia Egisto, Oreste e soprattutto Clitemestra.

Egisto ha una sua parte sia nell'Agamennone sia nelle Coefore e lo stacco fra queste due opere è provocato da un un fattore esterno, una diversa circostanza che lo costringe ad assumere atteggiamenti differenti nella seconda tragedia in cui compare. Il punto di svolta che provoca il mutamento della figura di Egisto è il dialogo fra Kilissa ed il Coro cosa che porta Egisto a presentarsi da solo al cospetto di Oreste e Pilade. L'accenno alla possibilità che Egisto arrivi con i soldati presuppone la parte finale della tragedia quando Egisto in effetti compare accompagnato dai soldati. Questo dato, afferma Di Benedetto, è in linea con l'atteggiamento aggressivo nei confronti del Coro. Nelle Coefore, invece, Egisto si trova ad essere impotente di fronte ai vecchi Argivi che lo conducono da Oreste.

Il cambiamento dell'atteggiamento di Oreste si verifica alla fine delle Coefore quando l'eroe non è più sicuro della protezione di Apollo e si lascia andare allo sconforto e ad uno stato di turbamento non appena vede le Erinni. L'Oreste che ricompare nelle Eumenidi è, invece, lucido e razionale. Egli è sempre convinto di aver commesso un giusto crimine, ma non ha più l'iniziativa che aveva nelle Coefore. Nelle Eumenidi subisce la persecuzione delle Erinni ed il suo atteggiamento cambia di continuo.

Il personaggio che ha un'evoluzione psicologica davvero notevole è quello di Clitemestra che compare nelle prime due tragedie della trilogia. Il suo punto di svolta si riscontra nella parte finale dell'Agamennone. Al termine del dialogo fra Clitemestra ed il

136 Di Benedetto 1995 p. 62.

137 Non tutti gli studiosi vedono nell'Orestea un esempio dell'intento di Eschilo di proporre una

caratterizzazione psicologica dei personaggi, né tanto meno una loro evoluzione. Böhme, cfr. Dawe op.

cit. p. 20, non solo rifiuta la chiave di lettura psicologica dell'opera, ma ritiene addirittura che l'Orestea ci

sia arrivata in forma originale solo per metà: per quanto riguarda il resto del testo pensa che ci sia stato l'intervento di un revisore. Egli, infatti, ritiene che la presenza di determinate contraddizioni sia causata da un diversa visione della trama da parte del revisore e dell'autore e che l'opera sia stata modernizzata per renderla competitiva. Questa teoria, giustamente rifiutata dagli studiosi, è stata formulata da Böhme per far fronte alle critiche mosse alle opere di Eschilo per la presenza di numerose incongruenze all'interno delle sue opere. Ma come si sta cercando di spiegare, non si può né parlare di incongruenze o di sviste da parte dell'autore né la soluzione di Böhme potrebbe dare una spiegazione per la loro presenza.

Coro138, quest'ultimo prova a sostenere il confronto dialettico con Clitemestra

incutendole timore poiché evoca la persecuzione dei lutti nella casa degli Atridi e quindi in primis la persecuzione della regina. Sulla base di questo tentativo del Coro di sconfiggere la regina sul piano dialettico, Eschilo innova il personaggio di Clitemestra. Nelle battute finali del dialogo, i vecchi anziani creano un legame fra il tema del demone della stirpe139 e il principio secondo cui chi ha fatto deve subire. Il Coro, senza

dubbio, fa ricadere questa prosecuzione dei lutti su Clitemestra. Ma la regina è ignara del fatto che questo castigo si ritorce contro di lei e pensa che il Coro si stia riferendo al δαίμων che si abbatte sulla stirpe. Essa, quindi, spera che il demone si allontani dalla casa degli Atridi ed è disposta ad accontentarsi di poche ricchezze per questo.

Di Benedetto140 nota che alla fine del dialogo il personaggio di Clitemestra

acquista nuove caratteristiche rispetto al resto della tragedia in cui è apparsο orgogliosο accanto ai cadaveri di Agamennone e Cassandra. La rinuncia alle ricchezze che Clitemestra proclama ai vv. 1476-77 dimostra che la regina si discosta dal suo modo di pensare evidente nella parte che precede il dialogo. Se, infatti, prima è orgogliosa e ferma nelle sue decisioni ora si dimostra remissiva. Il suo cambiamento inizia nella parte finale dell'Agamennone e la sua ristrutturazione continua nel corso delle Coefore. Questa innovazione del personaggio della regina è necessaria per attribuire una doppia valenza al matricidio: un atto giusto nell'Agamennone, ma anche un atto criminoso nelle Eumenidi, il che è necessario per l'assoluzione di Oreste. Per rendere evidente l'importanza del matricidio, però, il personaggio di Clitemestra deve apparire come una vittima priva di quel sentimento di orgoglio e di quella forza sinistra che lo ha caratterizzato nell'Agamennone. Per questo motivo Eschilo mantiene una sorta di continuità fra le Coefore e il finale dell'Agamennone dove è iniziato il cambiamento del personaggio.

Anche il sogno della regina è evocato in questa direzione. La protagonista della tragedia è turbata dal sogno ed appare come soggiogata da una realtà più grande di lei, cosa che non è mai successa prima. Il cambiamento di Clitemestra non è però percepito dagli altri personaggi della tragedia. Elettra ed il Coro vedono ancora la regina come la

138 Cfr. Aesch. Ag. vv. 1407-1576. 139 Cfr. Aesch. Ag. vv. 1468-74; 1481-84. 140 Di Benedetto 1995 p. 66 ss.

donna terribile e odiata dagli dei. Eschilo gioca molto anche sui diversi punti di vista degli altri personaggi in merito alla personalità di Clitemestra, come succede all'interno della scena di Kilissa.

Ritorniamo ora alle battute finali dell'Agamennone ed alle Coefore in cui si percepisce il cambiamento di Clitemestra. La regina, nelle Coefore, associa la presunta morte di Oreste ad un nuovo colpo della maledizione invocata dal Coro. Non è così: Eschilo gioca con le convinzioni di Clitemestra nella tragedia. Oreste, infatti, è vivo e spetta proprio a lui mettere in atto la maledizione della stirpe. L'ironia tragica è avvertita subito dal pubblico ed il brutto presentimento del sogno è confermato. La vera consapevolezza di Clitemestra arriva nel momento in cui capisce che Egisto è morto e che essa è caduta nella trappola del figlio.

Eschilo ha costruito all'interno di due tragedie il personaggio di Clitemestra disegnando anche una sua evoluzione psicologica che la vede passare dallo status di dominatrice a quello di vittima.