• Non ci sono risultati.

Il lessico e la sintassi del linguaggio della nutrice.

Capitolo secondo: La parola ai personaggi.

2.2.1. Il lessico e la sintassi del linguaggio della nutrice.

Come è stato riscontrato nel linguaggio della vedetta, anche in quello della nutrice si possono individuare alcune espressioni che possono contribuiscono a caratterizzarla come un personaggio comune.

Nel caso di Kilissa le espressioni colloquiali più significative sono individuabili all'interno del racconto dell'infanzia di Oreste. Questo è il momento in cui la nutrice è all'apice della sua sofferenza ed esprime i suoi pensieri senza preoccuparsi di impostare un discorso corretto dal punto di vista grammaticale e sintattico.

All'interno del lamento per la morte di Oreste e per i mali che ha dovuto sopportare in passato, Kilissa usa un'espressione tratta dal linguaggio marinaresco. La nutrice afferma, infatti, che in passato ha spesso aggottato con pazienza i mali accaduti nella casata degli Atridi. Quest'espressione è usata spesso in tragedia: Euripide la usa attribuendole lo stesso significato che compare in Eschilo249.

Il verbo ἀντλέω, proprio del linguaggio marinaresco, indica lo sgradevole e lungo compito di togliere l'acqua che si è accumulata sul fondo della barca. La metafora fornisce l'immagine della continua sofferenza della nutrice che sopporta con pazienza e riesce a superare il dolore. Allo stesso modo, con pazienza, il marinaio cerca di salvare la barca spazzando via l'acqua accumulatasi sul fondo. Con questa metafora la nutrice si riferisce alle vicende degli Atridi che essa ha dovuto sopportare in quanto membro della casata. Questa volta, però, il dolore è troppo grande: la morte di Oreste sembra essere un lutto insuperabile.

Oltre a questa figura retorica la nutrice ne utilizza altre per esprimere tutto il dolore che ha patito. Al v. 744 Kilissa usa il termine συγκεράννυμι per indicare che i crimini compiuti da Atreo e Tieste sembrano essere tutti mischiati in un'unica massa indivisibile. Attraverso l'uso di questo participio Kilissa fornisce un'immagine singolare: quella di un contenitore molto capiente in cui sono contenuti tutti questi crimini come se

si potessero quantificare250.

Con questo tipo di espressioni Eschilo riesce a produrre all'interno della scena della nutrice un clima più familiare rispetto all'atmosfera austera del resto della tragedia. Attraverso queste espressioni popolari si riesce a cogliere il turbamento che Kilissa prova per la notizia appena ricevuta.

Anche la sintassi rispecchia lo stato d'animo della balia. È una sintassi frammentata in cui le proposizioni principali sono interrotte continuamente dall'inserzione di espressioni parentetiche e di precisazioni o domande che la nutrice rivolge a se stessa. La frammentazione del suo discorso è dimostrazione del suo stato confusionale e della sua indecisione: caratteristiche che corrispondono ad una persona in preda al panico. Un esempio di parentetica che spezza l'andamento sintattico del discorso è πῶς γὰρ οὔ; del v. 754.

All'interno del dialogo con il Coro, Kilissa fa uso di diverse interrogative dirette di stampo colloquiale introdotte da preposizioni appartenenti alla lingua comune. Mi riferisco alle espressioni πῶς γὰρ οὔ (v. 754), ἦ πῶς (v.767), καὶ πῶς (v. 776), τί φής (v.778).

Un'altra caratteristica del discorso di Kilissa è quella di porre l'accento sulla piena consapevolezza di ciò che si sta affermando utilizzando delle asseverative, tipiche del linguaggio colloquiale che, in realtà, sono indice di una sua totale insicurezza. Un esempio è οἴομαι del verso 758.

Il discorso della balia è anche ricco di anacoluti che, come afferma West251, si

alternano a costrutti paratattici. Come per esempio al v. 747 nel quale una struttura sintattica incompleta è introdotta all'interno di una frase principale. La frase principale è interrotta, infatti, da una serie di parentetiche e clausole esplicative che sono tipiche del linguaggio colloquiale della nutrice. Il tipo di anacoluto maggiormente usato da Eschilo è il nominativo sospeso (v. 758) solitamente con un participio.

Altra caratteristica del linguaggio colloquiale di Kilissa è il cambiamento di soggetto repentino all'interno di un periodo, come succede prima del racconto dell'infanzia di Oreste. Infatti all'inzio si parla della presunta morte di Oreste, poi si

250 L'immagine ricorre in altre occasioni in Eschilo. Cfr. Ag. v. 1397: κρατῆρα κακῶν. 251 Cfr. West 1990 in Craik pp. 6-7.

passa alla reazione di Clitemestra alla notizia ed infine il soggetto cambia nuovamente si passa a parlare di Egisto252.

Nella sezione in cui Kilissa parla di Oreste bambino è presente un altro aspetto del suo linguaggio: la nutrice utilizza delle espressioni poetiche per descrivere situazioni del tutto comuni. Questo linguaggio viene definito comico da alcuni studiosi, come per esempio Sommerstein253.

Ai versi 756 ss emerge l'aspetto comico del linguaggio di Kilissa nella descrizione delle necessità fisiologiche di Oreste. La nutrice fa rifermento all'incapacità di Oreste, come di ogni altro bambino, di trattenere i propri bisogni e di cedere senza preavviso. Questa caratteristica è espressa tramite il termine λιψουρία. Questo termine è un composto che racchiude in una parola il riferimento alla minzione tramite una radice verbale, quella del verbo λέλιμμαι, che appartiene ad un elevato registro linguistico254.

Riassumendo le caratteristiche del linguaggio della nutrice, si può affermare che tramite l'uso di metafore appartenenti al linguaggio quotidiano attraverso una sintassi frammentaria e ricca di anacoluti Eschilo ha espresso il sentimento di sofferenza che domina la sezione riservata a Kilissa. L'autore, con l'accostamento del linguaggio quotidiano e di espressioni elaborate per esprimere concetti comuni, ha portato in scena un'atmosfera familiare all'interno di una trilogia in cui una serie di disgrazie pesano sulla famiglia protagonista.

252 Cfr. Cho. vv. 734-744.

253 Sommerstein 2002 in Willi p. 152.

2.3. La Pizia.