Il distacco tra psichiatria e giustizia sul significato della pericolosità segue due strade. La prima, più antica, trova nel positivismo stesso le ragioni di un suo superamento.
La ricerca dell'esattezza, del massimo grado di certezza, di rigore analitico, proprio delle scienze della natura ha spinto la psichiatria a dover riconoscere nella natura umana, qualcosa che sfuggiva alla
quantificazione, alla misurazione: il senso. (1)
E' il problema del senso, del suo significato a consentire alla psichiatria di sfuggire alle logiche di potere imposte dall'influenza del darwinismo, il nuovo statuto dell'individuo lo sgancia da un meccanico inquadramento nelle gerarchie della selezione animale e lo reinserisce nella sua storia personale, lo
strappa dalla biologia per riportarlo alla complessità della sua biografia. (2)
La malattia stessa non è più regressione ad uno stato atavico, lesione morale, ma una "alterazione
funzionale del sentimento" (3) ed insieme una produzione di significati che sfuggono alla coscienza del
malato ma che possono essere decodificati attraverso la storia dell'individuo e l'analisi del contesto sociale di appartenenza. Il significato impone la comprensione, escludendo non solo quei giudizi di valore nascosti nelle "descrizioni" che contraddistinguono la psichiatria del XIX secolo, ma anche il culto della normalità che ne deriva. In qualche modo la follia, la nevrosi con i suoi significati occulti, appartiene a tutti.
La seconda strada si dirama direttamente dalla prima: mutando costituzione e schemi concettuali la psichiatria non potrà più accettare il luogo dove è nata ovvero il manicomio.
Agli inizi degli anni '50 gli stessi psichiatri incominciano a chiedersi quale fosse il loro ruolo reale. Nel 1952 la rivista francese Esprit festeggiò il suo ventesimo compleanno con un numero speciale
nuovo significato che si poteva ora dare al termine terapia) del manicomio: "Si degradano lentamente nella monotonia rumorosa o silenziosa della vita asilare; passano alla cronicità che è come dire che
muoiono come esseri umani", (5) scrivono, a proposito dei degenti, un gruppo di psichiatri di un
manicomio francese.
Un infermiere aggiunge: "[...] di una «razza» differente, i «sani» negano la personalità dei «malati». A loro volta quelli che l'avvicinano per mestiere credono di mantenere la loro sotto la rigidità di forme e
regolamenti". (6)
Mentre nel '800 era la sana società civile a doversi difendere dai folli ora sono i folli, il trattamento che viene loro riservato ad essere l'indicatore di un ordinamento sociale nella sostanza primitivo ed incivile. Un ordinamento che aveva relegato il sofferente psichico ad un'esistenza ferina.
La psichiatria incomincia a chiedersi come possa esercitare il proprio sapere terapeutico in un luogo che con il nuovo statuto della scienza non ha più niente da spartire, dove l'unico ruolo che può essere
svolto è quello di guardiano o meglio di carceriere: Apres tout nous sommes de kapò. (7)
La critica al manicomio non proviene solo dal suo interno, anche la sociologia incomincia ad
interessarsi a questo luogo, ed a svelarne le dinamiche che lo popolano e la vere regole che guidano chi lo abita. Nel 1961 Erving Goffman pubblica Asylum, essays on social situation of mental patients
and other inmates. Nasce la definizione "Istituzione totale": (8) "Luoghi in cui si forza alcune persone a
diventare diverse". (9)
Goffman illumina con un linguaggio asciutto, quasi asettico, le cerimonie di degradazione del malato, i rituali umilianti, privi di significato terapeutico, ma irrinunziabili in quanto essenziali per la sopravvivenza dell'istituzione stessa; descrive il tentativo dei pazienti di conservare un'immagine di sé dignitosa, di una protezione della loro identità di fronte all'aggressione da parte del personale che rappresenta, che incarna l'istituzione.
Per la prima volta si descrive un paziente mentale dal suo stesso punto di vista e non, come al solito,
dal punto di vista dello psichiatra. (10)
Il testo avrà un impatto anche sul mondo giuridico statunitense, tanto che alcune sentenze faranno proprio l'universo dei concetti correlati alla sua descrizione dei mondi chiusi degli ospedali psichiatrici. Nel caso Kaimovitz v. Department of Mental Health (1973), ad esempio, si afferma che il consenso prestato dai pazienti ricoverati coattivamente in un ospedale psichiatrico ai trattamenti di psicochirurgia
(piuttosto diffusi negli Stati Uniti) (11) non potesse essere considerato legalmente valido. La mancanza
di validità non doveva essere dedotta dalla naturale incapacità dei pazienti derivante dalla malattia mentale bensì dal "processo di istituzionalizzazione e dipendenza che accompagna l'ospedalizzazione e che atrofizza i poteri decisionali dei pazienti e li rende incapaci di prendere decisioni così serie e
complesse come quella di sottoporsi alla psicochirurgia sperimentale". (12)
Il consenso dato da una persona internata non potrà mai essere considerato volontario e realmente informato per le conseguenze intrinseche dell'istituzionalizzazione, in quanto la medicalizzazione, declinata nella pura coercizione, comporta un grave deterioramento della personalità dell'individuo. Il diritto si stava muovendo verso un modello di terapia consensuale fino ad allora inconcepibile in un paese che, ancora nel 1974, si chiedeva se la sterilizzazione dei disabili mentali dovesse considerarsi
un problema o una soluzione. (13)
L'analisi della psichiatria sociale e della psichiatria interpersonale, poi, allargherà l'oggetto dell'indagine al contesto sociale e culturale che definisce il malato come tale.
La definizione della devianza non è più una questione puramente tecnica, che si sottrae ad ogni tipo di valutazione critica sul modo in cui essa viene predisposta ed applicata. Le definizioni nosografiche perdono i loro connotati oggettivi ed universali. Cessa la separazione tra osservatore ed oggetto disfunzionale osservato per l'impossibilita di ridurre il sofferente psichico ad un fatto, ad un organo malato.
Si avverte la necessità culturale e scientifica di riesaminare il contesto di linguaggi e di saperi che circondano il folle e lo etichettano come pericoloso, come inabile, come psicologicamente inadatto alla vita. Cessa la giustificazione della separazione manicomiale, ormai ridotta ad un dato empirico, privo di una giustificazione teorica che non sia quella della punizione "per colpe reali o fantasmatiche o
semplicemente dimenticate". (14)
scoperta degli psicofarmaci. La cloropromazina aveva mostrato di poter trattare con qualche efficacia i sintomi della psicosi acuta con agitazione maniacale. Entrerà in commercio con il nome di "Largactil". Si scopre, inoltre, che i sali di litio hanno una forte efficacia nello stabilizzare i pazienti affetti da disturbo
bipolare. (15)
Fu l'inizio di una rivoluzione terapeutica.
Nel 1958 fu scoperta un altra molecola neurolettica: l'aloperidolo, conosciuta con il nome commerciale
di "Serenase", (16) che non aveva effetto sedativo consentendo una maggiore lucidità del paziente.
Finalmente la psichiatria poteva rivendicare compiutamente uno statuto medico, e terapeutico avendo
ora dei farmaci, delle cure specifiche come ogni altra branca della medicina, (17) anche se molti
psichiatri incominciavano a vedere nei nuovi farmaci una "camicia di forza chimica".
In effetti il prezzo da pagare per arrivare ad una riduzione degli effetti della psicosi era altissimo. Gli
psicofarmaci, spesso, non facevano che ridurre il malato in uno stato di perenne torpore. (18)
Se la scoperta degli psicofarmaci non fu una liberazione dal manicomio (gli internati in manicomio,
infatti, continuarono ad aumentare progressivamente), (19) incominciò comunque ad essere una
liberazione "nel" manicomio: il malato grazie ai farmaci poteva uscire dal proprio mutismo, dal delirio, dalle litanie delle ripetizioni per ritornare a parlare un linguaggio condiviso, si apriva lo spazio al
colloquio. (20)
Si rendevano possibili tutte una serie di terapie basate sul dialogo, dialogo che era terapia e liberazione in se stesso, in quanto consentiva al paziente internato di riappropriarsi della propria soggettività e di poter esprimersi nel contesto asilare con modalità comunicative, anche aggressive o polemiche, ma comunque diverse dalle manifestazioni di aggressività fisica, di autolesionismo o di regressione che gli imponeva non tanto la malattia, quanto la sua riduzione a oggetto corporeo, l'oggettualità della
contenzione, della custodia, della cura-punizione.
Ormai in tutto l'occidente si sentiva il bisogno di una totale riforma del "mondo psichiatrico", persino l'Organizzazione mondiale della sanità, in un suo rapporto del 1955, aveva indicato i criteri a cui le legislazioni in materia manicomiale avrebbero dovuto conformarsi, caldeggiando l'eliminazione dei termini e delle prescrizioni di tipo penalistico, una limitazione della durata del periodo di internamento, e la previsione di servizi alternativi all'ospedalizzazione.
Molti paesi Europei daranno attuazione alle riforme.
Nel 1963 il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, darà il via allo smantellamento del
vecchio sistema manicomiale. (21)
Lo psichiatra Americano Morton Birnbaum affermerà in un articolo intitolato The right to Treatment che ogni paziente psichiatrico ha il diritto ad un trattamento che gli dia la realistica opportunità di essere curato o che migliori la sua salute mentale. Se il trattamento non raggiungesse questi obiettivi il soggetto internato, dovrebbe poter ottenere, qualora lo desiderasse, le dimissioni ospedaliere
indipendentemente dalla gravità della sua malattia. La teoria aveva l'obiettivo dichiarato di abolire o di diminuire in modo sostanziale il ricovero coatto e fu utilizzata nel caso Wyatt v. Hinkley per imporre un
minimum standard ai trattamenti nei manicomi civili. (22) Nel 1974 una Corte Federale degli Stati Uniti
affermerà nel caso Lessard v. Schmidt che le garanzie del Due Process of Law sancite dal Quattordicesimo Emendamento per il processo penale devono essere estese ai procedimenti di internamento negli ospedali psichiatrici civili. Il fatto che in questo caso lo Stato affermasse di agire nell'ambito dei Parens patriae powers, tradizionalmente connessi alla tutela ed al trattamento dell'individuo non poteva giustificare più l'esclusione delle garanzie del due process se questo
trattamento consisteva nella privazione coattiva della libertà personale. La Corte affermò che il paziente aveva diritto ad essere informato delle ragioni della sua detenzione, di sapere i nomi dei medici e di tutte quelle persone intenzionate a testimoniare in favore del suo internamento ed aveva il diritto di rimanere in silenzio, inoltre il paziente aveva diritto ad un processo con una giuria.
Si afferma la necessità costituzionale dell'assistenza di un avvocato, sono vietate le Hearsay evidence, inoltre il soggetto che si vuole internare godrà del diritto di non auto incriminarsi anche se esso viene mediato per renderlo armonico con le condizioni necessarie per gli esami psichiatrici.
The patient should be told by counsel and the psychiatrist that he is going to be examined with regard to his mental condition, that the statements he may make may be the basis for commitment, and that he does not have to speak to the psychiatrist. Having been informed of this danger the patient may be examined if he willingly assents. It may be expected that
most patients, like Miss Lessard in the present case, will desire to talk to a person they believe they can trust. Basic fairness requires, though, that they be given notice of the fact that their statements may indeed tend to incriminate them in the eyes of the psychiatrist and the trier of fact in a civil commitment proceeding (23)
La Corte afferma inoltre che disporre l'internamento in un ospedale psichiatrico senza che vengano valutate alternative meno restrittive per la libertà personale deve essere considerato costituzionalmente illegittimo, ma soprattutto afferma che sia la follia sia la pericolosità dovranno essere provate oltre ogni
ragionevole dubbio, (24) una posizione che se portata alle sue estreme conseguenze dovrebbe
implicare la quasi totale impossibilità di disporre un internamento involontario viste le crescenti
incertezze diagnostiche della scienza psichiatrica. La decisione seguiva quindi una linea interpretativa, sempre più diffusa nella giurisprudenza statunitense, che estendeva le garanzie fondamentali del due
process a qualsiasi forma di limitazione della libertà personale indipendentemente dal fatto che questa
limitazione venisse etichettata come non punitiva o disposta nell'interesse del soggetto internato. (25)
La radicalità di questa posizione venne tuttavia attenuata dalla Corte Suprema nel 1979 che, venendo espressamente incontro alle incertezze delle diagnosi psichiatriche, stabilì che lo standard della clear
and convincing evidence soddisfaceva comunque il principio del due process negli internamenti civili.