8.3) La Medicalizzazione come soluzione: il miglioramento della terapia
9) Il Superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari
Il superamento dell'Opg è stato stabilito dall'art. 3-ter della Legge 17 febbraio 2012, n. 9 che ha
convertito in legge il D.L. 22 dicembre 2011, emanato con lo specifico scopo di far fronte all'emergenza dettata dal sovraffollamento carcerario. L'art. 3 ter, al primo comma, disponeva che entro il primo Febbraio 2013 doveva essere completato il processo di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Il termine è stato poi spostato al 1º Aprile 2014 con la legge 23 maggio 2013 n. 57, che ha
convertito il D.L. 25 marzo 2013 "recante disposizioni urgenti in materia sanitaria". (392) Un processo di
superamento che, sulla base di quanto affermato dal primo comma dell'art 3 ter, trova nel D.p.c.m. 1º
Aprile 2008 la sua cornice di riferimento, (393) in quanto questo, "nell'ambito di interventi di
prevenzione di cura e riabilitazione in favore dei detenuti" (394) e nel quadro del trasferimento del
trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni in materia di sanità penitenziaria e del relativo personale sanitario, disponeva all'art 5 il totale trasferimento alle regioni delle funzioni sanitarie attinenti agli Opg ubicati nel loro territorio.
L'allegato C del D.p.c.m. prevedeva poi delle linee guida entro le quali procedere ad una serie di interventi progressivi posti a carico delle Regioni, da attuare attraverso le Aziende Sanitarie regionali.
(395) L'allegato prevedeva tre fasi distinte. Al termine della terza ed ultima fase si prevedeva la presa in
carico da parte di ogni regione italiana della quota di internati in Ospedale psichiatrico Giudiziario di
provenienza dai propri territori, (396) con il chiaro intento di procedere al superamento degli Ospedali
psichiatrici giudiziari.
Il D.p.c.m. del 2008 è stato applicato in modo incompiuto dalle diverse regioni rimanendo in larga parte, se non da un esiguo numero di "isole felici", disatteso, soprattutto in relazione al problema degli
internati "dimissibili", le persone non più socialmente pericolose ma comunque internate in Opg perché si riteneva necessario inserirle in strutture sanitarie civili o comunità, che però risultavano assenti od
impreparate ad un simile compito. (397)
Il fine della normativa predisposta dall'art 3- ter del decreto legge 211/2011 convertito dalla legge n. 9 17/2/2012, modificato dal DL n. 24/2013 convertito con modificazione dalla L. n. 57/2013 è quindi quello di procedere ad una sanitarizzazione delle modalità esecutive delle misure di sicurezza detentive
previste dall'art 222 e 219 c.p. (398)
Il quarto comma dell'art 3 ter, infatti, dispone, oltre alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, che le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e del ricovero in casa di cura e di custodia siano eseguite solo all'interno di strutture sanitarie (poi definite dall'allegato A. del DM 1º ottobre 2012 Strutture residenziali per le persone ricoverate in ospedale psichiatrico giudiziario e assegnate alla casa di cura e di custodia o REMS: residenze per l'esecuzione misure di sicurezza). La definizione e la disciplina delle caratteristiche strutturali, tecnologiche ed organizzative delle REMS vengono demandate ad un ulteriore decreto di natura non regolamentare del Ministro della Salute adottato di concerto con il ministro della Giustizia, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che ha il compito di definirle e
disciplinarle. (art. 3 ter comma 2)
Al decreto la legge impone l'adozione di tre criteri fondamentali: 1) l'esclusiva gestione sanitaria
all'interno delle strutture; 2) la presenza di un'attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessario in relazione delle condizioni dei soggetti interessati; 3) la destinazione delle strutture ai soggetti, di norma, provenienti dal territorio regionale di ubicazione delle strutture (art. 3 ter, comma 4). Il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, quindi, non si traduce in una loro soppressione ma in una loro sostituzione con una struttura sanitaria che lascia immodificata sia la normativa del codice penale e del codice di procedura penale attinente alle misure di sicurezza, sia le norme
sull'ordinamento penitenziario con i relativi problemi di armonizzazione ermeneutica dell'intera
normativa. (399)
Una delle prime ambiguità evidenziate risiede proprio nel fatto che l'attribuzione esclusiva alle REMS, le nuove strutture sanitarie predisposte per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive potrebbe condurre, in omaggio ad una interpretazione esclusivamente letterale e non sistematica, ad una sorta di ritorno di favore nei confronti di modalità di esecuzione in forme protette o chiuse a scapito della
fruizione della libertà vigilata ex Sent. 253/2003". (400) Un rischio tanto maggiore in quanto la scelta
dell'adozione delle modalità di esecuzione della misura è totalmente rimessa alla discrezionalità del magistrato, ed in quanto le nuove strutture si presentano o si potrebbero presentare al giudice così come si presenta ora Castiglione delle Stiviere: un luogo di cura "umano", pieno di operatori sanitari ed
operatori volontari che si "prendono cura" del malato, un luogo forse migliore dell'ambiente in cui il sofferente psichico è "costretto" a vivere in libertà.
Il decreto attuativo, del secondo comma dell'art 3-ter, adottato dal Ministero della Salute in concerto con il Ministero della Giustizia del 1º Ottobre 2012 ha stabilito i requisiti "minimi" per il funzionamento delle strutture e per l'esercizio delle compiti sanitari indispensabili.
1) In relazione alla gestione totalmente sanitaria ha disposto:
a) che le strutture dovranno essere realizzate e gestite dal Servizio Sanitario delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Esse faranno riferimento alle norme ed ai regolamenti ospedalieri per tutti gli aspetti interni sia logistici (quali quelli che regolano arredi, materassi, mobili) sia tecnologici, strettamente attinenti ai presidi medici sanitari (modalità di conservazione dei farmaci, sterilizzazione degli strumenti, dotazione di defibrillatori e carrozzine ecc).
Si dispone la necessaria presenza di scale di valutazione e materiale testistico, canonicamente usati e specificatamente predisposti per la valutazione clinica della pericolosità, ma qui definiti come necessari per la "rilevazione dei bisogni assistenziali".
Il decreto ha fissato poi il numero massimo di letti disponibili in ciascuna struttura in 20 letti.
Prevedendo camere di dimensioni conformi a quanto previsto dalla normativa sanitaria, destinate ad un massimo di quattro "ospiti", con arredi e attrezzature tali da garantire sicurezza, decoro, comfort. Si prescrive anche che dovranno essere previsti "sistemi di sicurezza congrui rispetto alla missione della struttura quali sistemi di chiusura delle porte interne ed esterne, sistemi di allarme, telecamere nel rispetto delle caratteristiche sanitarie e dell'intensità assistenziale". Si rimanda poi ad appositi accordi tra Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Ministero della Salute e Regioni e Province autonome e di Trento e Bolzano per la regolamentazione delle funzioni di cui alle norme sull' ordinamento penitenziario" (L.354/1975; D.p.r. 230/2000), anche con riferimento agli aspetti dell'esecuzione delle misure di sicurezza ed alle forme dei rapporti con la magistratura.
b) Per quanto attiene al personale si dispone la presenza di solo personale medico e paramedico, composta da un equipe multi-professionale di psichiatri, psicologi, educatori, infermieri con una formazione specializzata, OSS, assistenti sociali, che agiranno "sotto la responsabilità di un medico dirigente psichiatra" con l'esclusione del personale penitenziario.
Le regioni dovranno adottare un piano per la formazione del personale delle REMS, che dovranno adottare linee guida e procedure scritte riguardanti tutto il processo terapeutico: dalle modalità di accoglienza del paziente, alla definizioni di un programma individualizzato, dalle modalità ed ai criteri di raccordo con le strutture esterne per programmare un'attività di recupero, e di inclusione (DSM, SERT, cooperative sociali, associazionismo) alle modalità di attivazione delle forze dell'ordine nelle situazione di emergenza attinenti alla sicurezza.
2) In relazione, invece, alla attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna le Regioni e le province Autonome dovranno attivare accordi specifici con le Prefetture "al fine di garantire adeguati standard di sicurezza".
Il decreto esclude espressamente, per l'adempimento di questa funzione, la competenza del Servizio Sanitario e stranamente anche la competenza dell'Amministrazione Penitenziaria, quasi volesse escludere qualsiasi dimensione carceraria e quindi punitiva alle Residenze (anche se la disposizione potrebbe anche essere interpretata nel senso che gli accordi dovrebbero attribuire alle prefetture una competenza residuale, attinente a quella parte di sicurezza che il Sanitario ed il Penitenziario non
riescono a coprire. (401)
La netta separazione dell'attività sanitaria interna ed attività di sicurezza perimetrale, inoltre, sembra definitivamente conferire implicitamente compiti anche di tipo custodiale e di sicurezza al personale sanitario per la gestione della sicurezza interna, per il controllo dentro il perimetro tracciato dalla norma.
9.1) I Dimissibili
L'ultima parte del comma 4 dell'art. 3 ter afferma che "Le persone che hanno cessato di essere pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio dai Dipartimenti di salute mentale".
"la dimissione di tutte le persone internate per le quali l'autorità giudiziaria abbia già escluso o escluda la sussistenza della pericolosità sociale".
Due disposizioni che sembrerebbero essere ridondanti: un soggetto non pericoloso non potrebbe che essere dimesso "senza indugio", poiché la sussistenza della pericolosità sociale è l'unico "caso" previsto dalla legge che ammetta la restrizione della libertà personale dell'infermo di mente ex art 13 Cost., ed inoltre sono previste periodiche revisioni della pericolosità parte della magistratura di Sorveglianza. Tuttavia la previsioni sono conformi ad una serie di disposizioni che si inseguono e si inseriscono l'una nell'altra sin dal 2008.
Lo stesso Allegato C del d.p.c.m. del 2008, infatti, faceva generico riferimento ad un certo numero di persone, che avrebbero potuto ottenere la revoca della misura dal magistrato di Sorveglianza, vista la cessata pericolosità, ma che erano costretti a rimanere dentro le celle dell'Opg data la mancanza di una possibile collocazione esterna. Nell'accordo sancito il 26 novembre 2009 dalla Conferenza unificata Stato-Regioni, Province autonome si individua con precisione il numero di queste persone. Nel Giugno 1999 vi sono "negli OPG 399 internati maschi e 14 donne dimissibili, in regime di proroga per
mancanza di alternative all'esterno". E si afferma che le regioni si impegnano a "raggiungere l'obiettivo
di circa 300 dimissioni entro la fine del 2010". (402) La Conferenza unificata ha poi esteso il numero dei
dimissibili a 543 soggetti.
Dal 2007 al 2011 si è registrato tuttavia un aumento del numero complessivo di internati (403) (da 1272
a 1419 soggetti. Un aumento di 147 unità). (404)
Sono questi i soggetti maggiormente esposti al rischio di un "ergastolo bianco", destinatari di un numero indefinito proroghe della misura, perché non sembrano esservi soluzioni alternative
all'internamento in Opg. (405) Una mancanza di alternative che aumenta ancora di più a fronte
dell'invecchiamento progressivo degli internati, che arrivano in casi estremi agli 80 od ai 90 anni (406) e
che quindi non si collega tanto ad un perdurare della pericolosità quanto al cronicizzarsi della malattia, cronicizzazione derivante anche dall'istituzionalizzazione.
Si registra quindi quella che a mio avviso si manifesta come una forma distorta, allargata ed inevitabilmente arbitraria dell'interpretazione della nozione psicologica e sociale di pericolosità situazionale: la presenza in una struttura penale di un cospicuo numero di soggetti (il 23, 58% del numero complessivo di internati nel 2007) che non avendo più necessità di tipo medico sanitario -ovvero dei presupposti di applicazione della misura di sicurezza detentiva ospedaliera - rimangono
internati per questioni sistemiche. (407)
Un'altra interpretazione tuttavia, anch'essa coerente con l'impianto normativo attuale, potrà sempre obiettare appigliandosi ad uno degli innumerevoli elementi costitutivi della nozione di pericolosità - elementi che sono, alternativamente o congiuntamente, sia giuridici, sia psichiatrici, sia psicologici, sia sociali - la legittimità di tali internamenti.
Una configurazione che consente ad alcuni Magistrati di Sorveglianza di emettere proroghe della misura sulla base di una pericolosità "di scarsa consistenza probatoria" vaga e difficilmente
dimostrabile, definita "Latente" (408)- termine utilizzato anche per l'adozione delle misure di
prevenzione per gli appartenenti ad organizzazioni della criminalità organizzata (409)- spesso
dichiarata in opposizione alle relazioni dei gruppi di osservazione e trattamento degli Opg, i quali oltre a suggerire la collocazione esterna, sottolineano la nocività per la salute mentale dell'internato del
mantenimento della misura detentiva. (410)
La causa delle proroghe non risiede solo nella configurazione normativa della pericolosità ma anche nella tradizionale resistenza da parte di molti Dipartimenti di Salute Mentale territoriali a farsi realmente carico di pazienti psichiatrici considerati troppo difficili da gestire. Spesso mai presi in carico, visto che i rapporti tra soggetti internati e servizi di salute mentale sono per lo più telefonici ed epistolari e spesso esclusivamente funzionali a trovare modalità accettabili per l'espletamento delle licenze. Una difficoltà
che si manifesta in tutti i rapporti tra penale e sanitario. (411) In alcuni casi questo ha portato a veri e
propri contrasti tra magistratura di sorveglianza e servizi psichiatrici. Dove la magistratura ha
minacciato di segnalare alla Procura della Repubblica gli eventuali comportamenti omissivi dei DSM, dopo aver dichiarato cessata la misura di sicurezza detentiva ed aver imposto la frequentazione dei
DSM. (412)
La Magistratura di Sorveglianza di Firenze, ad esempio, con una decisione di grande razionalità dogmatica, nell'ordinanza 15.02.2012, ha revocato anche la misura della libertà vigilata concessa in sostituzione dell'internamento presso l'Opg di Montelupo Fiorentino di un soggetto ancora infermo ma
giudicato non più pericoloso, poiché la misura di sicurezza non può essere imposta come "coazione benigna alla cura" come invece suggeriva la relazione dello psichiatra curante del Modulo Operativo Multi professionale Salute mentale Adulti datata 14.2.2012. Poiché tale conclusione avrebbe condotto, vista la mancanza del presupposto della futura probabilità di commissione di reati, vista la assenza di condotte aggressive e di altri indicatori "ad una non consentita delega dei poteri e doveri di cura al potere giudiziario e alla conseguente surroga del Magistrato di sorveglianza allo specialista curante con evidente circolo vizioso, che in una patologia cronica come quella del caso di specie potrebbe in linea teorica alla perenne sottoposizione del paziente psichiatrico a una misura di sicurezza con la ulteriore conseguenza dello spostamento della posizione di garanzia dal servizio sanitario alla magistratura"
(413)
Il magistrato ha poi trasmesso l'ordinanza ai servizi territoriali che suggerivano "la coazione benigna" ed alla comunità che aveva dichiarato la disponibilità ad accettarlo affinché vi fosse una presa in carico puntuale, svincolata dall'ordinamento penale con il conseguente trasferimento delle responsabilità del potere dovere di cura e di garanzia al Servizio Sanitario.
Appare comunque necessario svincolare il giudizio di pericolosità sociale dal valutazioni relative alla mera integrabilità del soggetto nel contesto sociale "fondata su un paternalismo disfunzionale e fuori
luogo" (414) e rivolta a situazioni di marginalità sociale, che viene penalizzata proprio in quanto
marginale.
9.2) Le REMS
La L. 9/2012 ed il Decreto Ministero della Salute di concerto con il Ministero della Giustizia 1/10/2012 delineano quindi le REMS, le nuove strutture chiuse di esclusiva competenza sanitaria, realizzate e gestite dal Servizio Sanitario delle Regioni e delle Province Autonome, dove eseguire le misure di sicurezza detentive previste dal codice penale, in particolare quelle previste dagli artt. 219 e 222 c.p. Le REMS si profilano come le strutture portanti dell'intera riforma anche per la cospicua entità dei fondi
destinati alle regioni per la loro predisposizione. (415) La loro funzione mista, sanitaria e di vigilanza,
secondo molti non ha fatto altro che riproporre degli Opg "su scala ridotta". (416)
Delle strutture che pur volendosi ispirare a percorsi volti all'inclusione sociale ed alla riabilitazione rischiano di rimanere invece impigliate nelle maglie della medicalizzazione, di una mera
ospedalizzazione indeterminata, per cui il processo di superamento si trasformerebbe in una "trans-istituzionalizzazione", in un trasferimento di internati dai vecchi OPG a "nuove forme di residenzialità organizzate per erogare prevalentemente interventi medicalizzati tipici di una psichiatria ospedaliera". La particolare attenzione data alla "sicurezza relazionale" potrebbe tradursi in forme di contenimento di
tipo prettamente manicomiale (417) e, visto che anche la cornice normativa penale è rimasta
totalmente immutata, potrebbe addirittura comportare un aumento del numero degli internamenti o della
durata degli stessi vista la sua veste "presentabile". (418)
L'Unione delle camere Penali Italiane, nel commentare in un suo comunicato le concrete modalità di attuazione della normativa da parte delle Regioni, ha ritenuto disattesi i principi di
de-istituzionalizzazione stabiliti dalla legge 9/2012, che trovano fondamento nella legge 180, "in ragione di logiche funzionali a politiche di contenimento di paure collettive reali o presunte". Secondo le Camere Penali le delibere di attuazione emanate dalle Regioni evidenziano complessivamente la tendenza a "far prevalere politiche di inclusione dei nuovi internati attraverso la costruzione delle nuove REMS (...), nella costruzione di nuove strutture ove spostare tanti quanti erano gli internati", tanto da rendere necessario un fermo intervento del governo che con una nota programmatica ha invitato gli assessorati regionali a non disattendere la legge 9, provvedendo a potenziare anche i programmi riabilitativi e non solo a provvedere alla costruzione di nuovi posti letto. "Il dato preoccupante è che il numero dei posti
programmati dalle regioni (1.022) coincide pericolosamente con il numero attuale degli internati". (419)
Anche il limite dei venti posti letto che consentirebbe di tracciare una maggior distinzione, anche
terapeutica, tra le Residenze ed il manicomio (420) può venir aggirata se si consente che un'unica
struttura, magari divisa in sezioni, ospiti in sostanza più residenze. In effetti alcune regioni si stanno muovendo in tal senso come risulta dalla Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione dei
programmi regionali relativi al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. (421) Si profilerebbe
quindi una regionalizzazione più che un superamento degli Opg. (422)
Dalla relazione emerge come le regioni stiano dando la priorità alla istituzione delle REMS rispetto all'altro percorso previsto (ma solo dopo la novella della L. 57/2013) dalla riforma, che impone alle
Regioni di predisporre attività volte ad incrementare la realizzazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi finalizzati al recupero ed al reinserimento sociale, in linea con lo spirito della sentenza 253/2003 della Corte Costituzionale.
Per questo viene previsto che i fondi stanziati possano essere utilizzati anche per provvedere al
potenziamento dei, spesso carenti, dipartimenti di Salute Mentale. (423) (Una soluzione intrapresa in
particolare dalla Regione Emilia Romagna) (424)
Questa prevalenza data alle REMS rispetto all'incremento dei percorsi terapeutico riabilitativi deriva anche dalla circostanza che la normativa vincola la maggior parte dei fondi finanziari stanziati alla
realizzazione delle strutture. (425)
Un ordine del giorno della Camera dei deputati del 20 maggio 2013, accolto dall'esecutivo, impegna il governo a vigilare affinché "i programmi regionali siano ispirati alla legge 180/1978 alla 833/1978 ed alla Carta Costituzionale, superando la logica manicomiale ed inaugurando percorsi innovativi di cura e di assistenza oltre che di reinserimento sociale, stimolando anche una progettualità di reinserimento abitativo, come housing sociale e lavorativo, come passo primario di un recupero delle relazioni e della
autonomia della persona". (426)
La completa medicalizzazione delle strutture pone anche problemi di coordinamento con le norme dell'Ordinamento Penitenziario.
Il DM 1/10/2012 Allegato A ha rinviato a futuri accordi da stipulare tra DAP, Ministero della Salute, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano la disciplina dello svolgimento delle funzioni di cui alla legge n, 354/1975 ed al DPR 230/2000 anche con riferimento agli aspetti dell'esecuzione della misura di sicurezza ed ai rapporti con la magistratura. La norma crea già una incertezza nel momento in cui definisce funzioni quelli che in realtà si configurano anche come diritti soggettivi, azionabili in via giurisdizionale, sanciti con legge ordinaria e quindi non derogabili attraverso normazioni di natura
secondaria. (427) In particolare si profilano vere e proprie incompatibilità tra alcune norme
dell'Ordinamento Penitenziario e la struttura sanitaria delle REMS, quali le limitazioni di permanenza all'aperto (art 10), le norme disciplinari (32-40), l'impiego della forza fisica ( art 41 comma 1), i limiti e le modalità dei colloqui e delle telefonate (art 18 ord. pen., 37 e 39 reg. es. ord. pen.); tutte norme che
presuppongono una gestione di tipo penitenziario. (428)
Ulteriore difficoltà derivante dalla gestione totalmente sanitaria sarà quella, in assenza di un "ufficio matricola", della gestione delle posizione giuridica degli internati, della gestione delle notifiche delle eventuali udienze o dei provvedimenti giudiziari, degli eventuali reclami degli internati per la violazione dei loro diritti, delle istanze da inviare alla magistratura di sorveglianza in relazione alle licenze (art 53
op) o alla semilibertà (art 48 comma 1 e 50 comma 2 op) (429) od delle istanze di revoca anticipata.
Questione resa ancor più complessa vista la diffusa e cronica mancanza di una concreta assistenza