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Il nostro comune amico: osservazioni generali sull’opera

Capitolo 4: Il nostro comune amico di Charles Dickens

4.2 Il nostro comune amico: osservazioni generali sull’opera

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Il nostro comune amico viene inizialmente pubblicato, come consuetudine nelle

opere dickensiane, mensilmente su alcuni fascicoli, nel periodo che intercorre tra l'aprile del 1864 e il novembre del 1865. Alcune pagine del manoscritto si disperdono nel giugno 1865, durante un drammatico incidente ferroviario nella località di Staplehurst a causa del deragliamento del treno che conduceva lo scrittore dalla cittadina di Folkestone a Londra, benché, successivamente egli riesca a recuperare una porzione del manoscritto.

L’accaduto viene narrato dallo stesso autore nel poscritto del libro. Come nota Carlo Pagetti, per redigere la propria opera, Dickens si serve dell’indagine sociologica del giornalista Henry Mayhew compiuta sui poveri e sui «reietti intenti a intercettare, con i lavori più stravaganti, le briciole della ricchezza prodotta dalla middle class speculatrice, mercantile, imprenditoriale, che celebra i suoi fasti»267.

In questo romanzo, Dickens affonda le proprie considerazioni nella polemica antiborghese, distillando «lo stato d’animo dei suoi anni più tardi»268, oggettivando «in dramma le tragiche discrepanze del suo carattere»269 ed esprimendo «il suo giudizio definitivo sull’intera opera del vittoriani, in maniera così impressionante da farci sentire come la distrazioni di questo periodo della sua vita non siano riuscite che minimamente a sviarlo dal suo scopo fondamentale, l’esercizio serio della sua arte»270. Il romanzo è, in realtà, un attacco ad una società governata dall’ossessione per il denaro e dalle classi sociali più abbienti che si eleggono arbitrariamente detentrici del potere, una società che non ha tempo per conservare e preservare i valori umani che costituiscono un bene più prezioso dello stesso denaro.

Come illustra Paul Kegan, nonostante la pratica di analizzare i titoli delle opere dickensiane non sia una consueta, nel caso de Il nostro comune amico si rivela essere una necessità volta alla comprensione dell’interezza testuale: infatti, Dickens sceglie di dare risalto alla figura e al ruolo di Jhon Harmon, «alias Handford, alias

267 C. Pagetti, Vivere e morire a Londra, in C. Dickens, Il nostro comune amico, p. XX 268 E. Wilson in C. Dickens, Il nostro comune amico, Milano, Garzanti, 1962, p. V 269 Ivi

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Rokesmith»271, già nel titolo; egli è “l’uomo del Nonsodove”, ed il suo personaggio costituisce simultaneamente la genesi ed il punto di forza dell’intreccio romanzesco e dell’ “intreccio morale”: di fatto, «la sua funzione nel romanzo è di connettere non solo i vari personaggi, ma anche i vari ambienti [poiché] non meno importante è il collegamento topografico pratico da lui fornito»272, poiché mette in correlazione tra di loro i “Monticelli”, i cumuli di rifiuti, con il paesaggio fluviale.

Inoltre, sul versante tematico, il personaggio di Harmon-Rokesmith costituisce un nesso essenziale: egli «mette in rapporto il settore della ricchezza con quello della povertà» 273 e, di fatto, come scrive Jackson, nella trama de Il nostro comune amico sono intrecciati «conflitto di classe e antagonismo di classe, odio di classe e disprezzo di classe»274.

Infine, Harmon-Rokesmith è il “comune amico” in quanto mette in contatto i Boffin e i Wilfer, e funge, seppur inconsapevolmente, da tramite nell’incontro tra Eugene e Lizzie.

Il romanzo si presenta diviso in quattro libri, “La coppa e il labbro”, “Gente dello stesso stampo”, “Un lungo cammino” e “Una svolta”, ognuno di essi contenente diversi capitoli.

Il sistema narrativo del romanzo si presenta particolarmente complesso: i personaggi presenti sono numerosi e ciascuno presenta delle caratteristiche peculiari e definite; vengono evidenziati i molteplici rapporti che intercorrono tra i personaggi, che ruotano attorno ad alcuni nuclei principali.

Infatti, nel corso della narrazione si sviluppano diverse sub-plots, ovvero trame secondarie: questo intricato intreccio a più livelli consente a Dickens di offrire una visione completa dell’intera società londinese, che, come abbiamo mostrato, è stratificata in una pluralità di classi sociali, dagli aristocratici “nouveaux riches”, agli insegnanti, ai poveri. Poiché ogni rango della società, nel romanzo, ha i propri rappresentanti, la ricchezza e la classe si presentano centrali nella narrazione: lo

271 P. Kegan in C. Dickens, Il nostro comune amico, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1982, p. VI 272 Ivi

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scrittore mostra il potere corruttivo dei soldi e della ricchezza nel contesto di una «unjust, commercialized, and de-naturing society»275. Il nostro comune amico si presenta, dunque, come uno studio dei valori e dei principi vigenti nella società vittoriana che mira all’analisi critica del funzionamento delle dinamiche sociali; nel romanzo viene enfatizzata l’importanza dei valori positivi - gentilezza, pazienza, l’innocenza della gioventù e il potere dell’amore -, e, soprattutto, viene messa in risalto la “possibilità della speranza”: tale concetto, caro allo scrittore, che si basa sull’idea che denaro e classe non siano, in ultima istanza, ciò che veramente ha un valore fondante poiché si rivelano essere meri attributi di una società avida di guadagno, viene formulato per rinsaldare la fiducia in un futuro nel quale la divisione tra classi si dissolverà per lasciare spazio ad una società giusta che pone al proprio centro azioni e principi.

La Londra raccontata nel romanzo è una città cupa, «in cui Dio è assente […], dove Dio è il denaro, l’unico valore riconosciuto in una società permeata dai principi di un materialismo totalizzante»276, venendo in tal modo mostrata «a disturbing vision of Victorian society»277 spaccata tra classi sociali e avidità, in cui imperversano le forze distruttrici dell’ingiustizia sociale e della degenerazione dei costumi morali. Il protagonista, John Harmon, sta tornando a Londra dopo tredici anni, periodo trascorso in Sud Africa, per riscuotere l’eredità paterna, che consta in un’ingente somma accumulata grazie alla redditizia attività imprenditoriale svolta dal padre, che consta nel monopolio della raccolta dei rifiuti. Per ottenere l’eredità, egli deve però rispettare una clausola del testamento che prevede il matrimonio con una ragazza di nome Bella Wilfer. John decide, dunque, di recarsi a Londra ma, una volta salito sul battello che lo deve condurre da Bella, viene aggredito da un uomo: in seguito alla colluttazione, John uccide il suo aggressore e il cadavere dell’uomo cade nel Tamigi; una volta ripescato il corpo, viene scambiato per John e si diffonde la notizia della sua morte. I benefici dell’eredità del padre di John passano, dunque, di proprietà e vengono indirizzati verso Boffin, un suo fedele dipendente. John è

275 B. Hardy

276 P. Bertinetti, Il romanzo inglese, p. 52

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però, in realtà, sopravvissuto all’aggressione e sceglie di cogliere l’occasione e di assumere un’identità fittizia per poter incontrare Bella; sotto il falso nome di Rokesmith, John riesce a farsi assumere come segretario personale dell’ormai ricco Boffin e in tal modo riesce ad incontrare e conoscere Bella, poiché ospite dai coniugi Boffin. John, nonostante l’atteggiamento arrogante e sprezzante della ragazza, si innamora di lei. La ricchezza ereditata da Boffin lo trasforma in un uomo avido e crudele e ben presto il suo soprannome diventa “The Golden Dustman”, ovvero “Lo spazzaturaio d’oro”, epiteto che indica simultaneamente l’origine della sua ricchezza e il suo completo asservimento ad essa. I coniugi Boffin decidono di cambiare casa, poiché l’abitazione nella quale hanno sempre vissuto è circondata dai “Monticelli”, cataste di rifiuti che segnano l’orizzonte, ed acquistano una residenza di tipo “eminentemente aristocratico”; Boffin, in seguito, decide di vendere i “Monticelli”, ovviamente al miglior prezzo di mercato, dopo aver trovato un custode per la vecchia abitazione.

I Boffin, accortisi del principio di mutazione caratteriale e morale di Bella, decidono di metterla alla prova e licenziano e allontanano Rokesmith; ma, facendo ciò, fanno scaturire nella giovane un ulteriore momento di crescita che la porta a comprendere la natura di un sentimento disinteressato, a respingere l’utilitarismo e a capire la vera natura dell’amore, che risiede nella generosità e nella gratuità del sentimento. Il colpo di scena finale sorprende incredibilmente i lettori: l’avarizia e l’atteggiamento ostile dei Boffin si rivelano una farsa dal nobile intento di incoraggiare la maturazione personale di Bella e di farle comprendere come il denaro e le ricchezze, in realtà, non valgono nulla.

Parallelamente a questa vicenda, che costituisce, di fatto, il nucleo principale del romanzo, si sviluppa la storia che vede per protagonisti l’avvocato Eugene Wrayburn, un uomo appartenente all’alta società londinese, e la giovane Lizzie Hexham, una povera ma buona ed onesta fanciulla, figlia di un uomo che per mestiere ripesca i cadaveri dal Tamigi.

Tutta la narrazione è pervasa da un’aura di misticismo esoterico in cui Dickens, «come un fantasma […] guida i suoi lettori nell’inferno della condizione

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metropolitana, dove ciò che è familiare si rovescia nel perturbante, e “il nostro comune amico”, il misterioso John Harmon che torna dopo 14 anni di esilio a reclamare ciò che gli è dovuto, è costretto prima di tutto a cercare la sua identità smarrita, perduta tra le acque torbide del Tamigi»278.