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L’Eugénie Grandet: osservazioni generali sull’opera

Capitolo 3: L’Eugénie Grandet di Honoré de Balzac

3.2 L’Eugénie Grandet: osservazioni generali sull’opera

Tra i romanzi presenti ne la Comédie humaine, spicca, principalmente per fama, l’Eugénie Grandet: il romanzo, era stato originariamente concepito da Balzac come una novella per l’“Europe litérarie” benché, già dalla prima pubblicazione, era stato palese come non fosse una semplice novella facente parte del genere del Cure de

191 P. Brooks, Lo sguardo realista, p. 24

192 T. Gautier, Vita di Balzac, Milano, Rizzoli, 1952 193 E. Gregori, «Une pluie d’or», p. 392

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Tours, bensì costituisse il primo capitolo di un’opera maggiormente composita,

pubblicata poi nel dicembre dello stesso anno.

L’edizione definitiva dell’Eugénie Grandet viene pubblicata nel 1833: redatta, all’interno del corpus della Comédie, seguendo il criterio di studio, posto come premessa metodologica, volto alla comprensione e alla narrazione della società, viene ripartita in tipizzazione topografica e collocata, dunque, nella categoria degli “Studi di costume” – che costituiscono la vera ricchezza dell’intera opera, in quanto sono la parte più ampia e più intensa dell’analisi presente nell’opera, formando quella che Balzac stesso definisce «la storia generale della società»195 - , precisamente nella sezione riguardante le “scene di vita di provincia”.

Dunque, l’Eugénie Grandet sposta l’asse narrativo dall’ambientazione cittadina, dei precedenti romanzi, a quella della periferia, offrendo, in tal modo, un ampio squarcio sulla malinconica vita in provincia, «con la monotonia delle sue abitudini, la grettezza, la bassa avidità del profitto, il deserto morale»196, ambiente «dove tutto svanisce»197, entro il quale si muovono i personaggi del racconto, definiti dallo stesso Balzac nel Preambolo198 «teste degne di uno studio attento»199 in quanto «caratteri ricchi di originalità, esistenze tranquille in superficie eppure devastate nell’intimo da tumultuose passioni»200. Le vite di questi uomini, appiattite, talvolta,

dalla noia e dalla monotonia provinciale, diventano, per Balzac, interessante oggetto di studio poiché contrapposte all’atmosfera vitale e brulicante di Parigi: «non c’è rilievo né tratti emergenti in provincia, ma drammi che si consumano in silenzio, misteri tenuti abilmente nascosti, conclusioni di una sola battuta, calcoli e valutazioni che attribuiscono un immenso valore ai gesti più irrilevanti»201. In

questo quadro placido e sommesso, «persino la tecnica che egli impiega sembra “cospirare” contro l’insorgere di ogni promessa di vitalità: la narrazione cede il

195 H. de Balzac, Poetica del romanzo, p. 193

196 S. Agosti, Il romanzo francese dell’Ottocento, p. 126 197 H. de Balzac, Poetica del romanzo, p. 69

198 H. de Balzac, “Preambolo delle prime edizioni di Eugénie Grandet” in H. de Balzac, Poetica del

romanzo

199 H. de Balzac, Poetica del romanzo, Milano, Sansoni, 2000, p. 69 200 Ivi

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passo a lunghe e minuziose descrizioni; la lentezza, l’attesa, la noia proprie della vita provinciale si trasmettono immancabilmente al lettore»202, complice, talvolta, la dilatazione smisurata dei tempi della narrazione.

Nella Premessa, Balzac inserisce le proprie considerazioni che vertono, in primo luogo, sulla scelta compiuta riguardo l’ambientazione, asserendo che nessun artista, «forse per incapacità»203 si era mai dedicato alle «mirabili scene di vita di provincia»204, rivolgendosi, invece alla rappresentazione parigina, la cui «presuntuosa letteratura […], avara del suo tempo, […] a scapito dell’arte, essa consuma in rancori e piaceri, vuole il dramma bell’e pronto»205: Balzac illustra,

dunque, come la sua scelta sia motivata da un’indagine “coraggiosa”, che predilige luoghi e situazioni non subito espliciti, ma volti alla ricerca dello stupore nel quotidiano, scegliendo, quindi, la «narrazione pura e semplice di ciò che ogni giorno si vede in provincia»206 e che non è, però, affatto priva di contenuto morale. Balzac, inoltre, riferendosi a se stesso come “povero artista”, rivendicando dunque questo suo ruolo, motiva la sua scelta e, riferendosi al lettore, servendosi del procedimento metaforico che caratterizza la sua prosa, spiega che:

«per ora il povero artista ha semplicemente afferrato uno di quei fili bianchi trasportati dall’aria e dalla brezza, fili con cui si divertono i bambini, le fanciulle e i poeti e a cui raramente fanno caso i dotti ma che, si narra, una divina tessitrice lascia cadere dalle sue canocchia. Fate attenzione! Degli

insegnamenti si nascondono in questa tradizione campestre! Perciò l’autore ne fa la sua epigrafe. Vi

mostrerà come, nella bella stagione della vita, alcune illusioni, alcune candide speranze, alcuni fili argentati scendono dal cielo per farvi ritorno senza aver toccato terra»207.

202 F. Fiorentino, Insegnamento e rivelazione, pp. 54-55 203 H. de Balzac, p. 70

204 Ivi 205 Ivi 206 Ivi 207 Ivi

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Di certo non si può asserire che Balzac disdegnasse il clima parigino – del quale amava e apprezzava soprattutto «la creativa pienezza vitale, l’energia motoria»208 -

e, di fatto, l’ambientazione nella mondanità parigina costituisce in sinergia con l’ambientazione provinciale il focus spaziale funzionale della narrazione realista balzachiana. Possiamo asserire che, dunque, la premessa metodologica balzachiana sovracitata si basi su di un esperimento narrativo di matrice realista, ovvero sull’intento di una narrazione che abbia «la possibilità di rendere tutto significativo»209 e che, dunque, si riveli in grado di stupire, nella semplicità delle situazioni e dell’ambientazione, il lettore: tale novità narrativa, come illustra Mariolina Bongiovanni Bertini, si percepisce a partire da quel «discrimine tra lui e gli altri romanzieri [che] pare costituito dal suo potere, infinitamente maggiore, di creare l’illusione della vita, della realtà»210.

Benché sia riportato solamente in Appendice211, poiché, secondo Balzac, «da questa conclusione la curiosità non può che restare delusa»212, va riportato come, in ottica generale, egli definisca la vicenda narrata «una traduzione imperfetta di alcune pagine dimenticate dai copisti nel libro mastro del mondo»213: la storia proposta è, dunque, vera, poiché da un lato si sviluppa in direzione dell’autobiografismo – in quanto vi è coincidenza parziale non solo con la vita sentimentale di Balzac, ma anche con l’ambientazione della sua adolescenza vissuta in provincia -, dall’altro riporta le dinamiche proprie di una situazione prototipica della società francese borghese.

Dunque, «nell’universo narrativo della Comédie humaine, il ricorrente sfondo provinciale – chiuso, controllato, ripetitivo – costituisce uno spazio funzionale alla narrazione realista»214 e, di fatto, Balzac con questo romanzo «sente di avere occhi per vedere “tutta intera la storia della Francia” nei più banali dettagli, per

208 E. R. Curtius, Balzac, p. 167

209 F. Fiorentino, Insegnamento e rivelazione, p. 46 210 M. Bongiovanni Bertini, «Une pluie d’or», p. XX

211 H. de Balzac, “Nota in appendice alla prima edizione di Eugénie Grandet” in H. de Balzac,

Poetica del romanzo

212 H. de Balzac, Poetica del romanzo, p. 71 213 Ivi

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riconoscere i drammi di “ordinaria famiglia” senza doversi costringere a complicati sforzi d’immaginazione»215 e, poiché la sua poetica è volta alla narrazione della

realtà e «alla raffigurazione delle sventure reali»216, nella prosa balzachiana la realtà si rivela essere più drammatica dei drammi finzionali.

Nel romanzo, «la situazione viene presentata come assisa e avvolta nel velo delle circostanze e poi, in virtù della sua forza interna espansiva, emerge da esse»217: sullo sfondo della tranquilla cittadina di Saumur, nella campagna francese, viene narrato il tacito dramma “quotidiano” della famiglia Grandet, che si articola attraverso forti problematiche economiche causate dell’imperante figura di quello che viene definito il vero protagonista dell’opera, l’avaro ed ipocrita Felix Grandet. Monsieur Grandet è un ex commerciante di botti che, grazie a un forte senso degli affari, alla spregiudicata speculazione e ad una imperante e costitutiva avarizia, è riuscito non solo ad arricchirsi ma anche a mettere da parte un ingente patrimonio del quale benché sua moglie, sua figlia Eugénie e il suo servitore non siano a conoscenza, è motivo di discussione in tutto il paese. Egli è, dunque, uno «spietato affarista senza scrupoli, “capace di sfruttare spregiudicatamente prima la Rivoluzione – che è all’origine della sua ascesa sociale - , poi la nuova forma di investimento rappresentata dai titoli del debito pubblico”»218.

Eugénie Grandet è una fanciulla dall’animo buono, sottomessa e devota al padre, «di cui accetta la pur tirannica autorità»219, ma verso il quale afferma la propria indipendenza e autonomia; è, inoltre, un personaggio che in Balzac suscita forte compassione, viene giudicato come una figura virtuosamente irreprensibile, benché animata da un «sentimento che per un attimo fuorvia la virtù»220, e descritto come

un tipo di donna dalle «dedizioni scaraventate tra le tempeste del mondo da cui

215 H. de Balzac, Eugénie Grandet, traduzione di G. Brunacci, Milano, Garzanti, 2000, p. LIV 216 H. de Balzac, Poetica del romanzo, p. 248

217 H. James, in H. de Balzac, Eugénie Grandet, traduzione di G. Buzzi, Milano, Mondadori, 2013, p. XXXI

218 S. Agosti, Il romanzo francese dell’Ottocento, p. 126 219 Ibidem, p. 127

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vengono inghiottite proprio come una nobile statua sottratta alla Grecia che, durante il trasporto, cade in mare, dove resterà ignorata per sempre»221.

Eugénie, inoltre, è fortemente popolare in paese per via della fortuna paterna e viene richiesta in sposa da uomini appartenenti alle famiglie Des Grassins e Cruchot, che desiderano ambire all’eredità dei Grandet, della quale la stessa Eugénie, innocente ed ingenua, non sospetta neppure l’esistenza. La quiete e l’equilibrio familiari vengono turbati dall’arrivo di Charles Grandet, figlio del fratello del Felix Grandet, un ricco mercante di Parigi, che, a causa delle disastrose condizioni economiche cui versava a causa dei debiti, decide di allontanare il figlio per poi suicidarsi; è lo stesso Felix Grandet ad annunciare a Charles la sorte avversa del padre. L’unica preoccupazione di Felix Grandet è, però, la salvaguardia del suo patrimonio: egli dovrà, infatti, porre rimedio ai debiti del fratello, cercando di mantenere intatta il più possibile la propria fortuna economica. Nel frattempo, Charles si stabilisce dai Grandet ed Eugénie si innamora perdutamente del cugino, al punto da regalargli delle monete d’oro ricevute in dono da suo padre nel corso degli anni, al fine di aiutarlo a costruirsi una nuova fortuna. Charles, però, parte per l’India e, a causa di questo distacco, inizia per Eugénie un’odissea sentimentale che culmina nella reclusione nella propria camera, nella sospirata attesa del ritorno del cugino amato. Felix Grandet viene a conoscenza del dono fatto a Charles da parte di Eugénie e la sua furia si placa solo con la morte della moglie, momento in cui si riconcilia con la figlia, con il fine di chiederle di rinunciare all'eredità di sua madre in suo favore. Anche Monsieur Grandet muore, lasciando ad Eugénie l’ingente patrimonio accumulato minuziosamente negli anni. Eugénie si sente dunque libera di poter coronare il suo sogno romantico con Charles ma il sentimento che la lega al cugino si rivela essere destinato a naufragare, «dato che Charles apparirà ben presto come una variante – nel moderno e, perciò, forse peggiore – dello stesso Monsieur Grandet»222: di fatto, Eugénie scopre che, tornato dall’India, Charles si è tramutato in un uomo avido e spietato che le comunica con una lettera, il suo matrimonio con

221 Ibidem, p. 72

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una nobildonna, facendo sprofondare la cugina in un vortice di disperazione. La rassegnazione di Eugénie, che è, dunque, vittima223 di Charles, la porta a sposarsi con un anziano pretendente in un “matrimonio bianco” e a vivere la propria vita in solitudine, utilizzando l’eredità paterna per compiere opere di beneficenza.