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Il patrimonio archeologico della media valle dell’Amaseno

Numero di unità locali delle imprese attive

1.9 Il settore turistico

1.9.1 Il patrimonio archeologico della media valle dell’Amaseno

L’area della valle dell’Amaseno è stata interessata da turismo di tipo culturale e naturalistico fin dalla fine del XVIII secolo con il fenomeno del Gran Tour128, quando

da semplice territorio di transito si trasforma in una meta turistica per i viaggiatori che da Napoli passano per la via pedemontana. La valle acquisisce con gli anni particolare interesse attraverso la definizione di veri e propri itinerari culturali nell’entroterra, divenendo tappa del famoso itinerario di viaggio europeo grazie alla presenza di resti archeologici e di un ricco patrimonio culturale e storico (ROMANO, 2012).

Richard Lassels, considerato il padre fondatore del Grand Tour, per averne coniato anche il termine, durante il suo viaggio in Italia attraversa la media valle dell’Amaseno e fissa le sue due principali tappe in questo territorio presso Priverno e Fossanova che così descrive all’interno della sua opera Description of Italy, composta dopo il suo viaggio in Italia del 1654:

«Arriving at Peperno you winde round about the hill (without comeing in to the towne) and lodge at the Inna t the foot of the hill on the other side. This was once a Volscian towne of some consideration, but noe a bair bl[eak?]

128 Si tratta di viaggi di formazione intellettuale e culturale ma al tempo stesso anche un’imperdibile esperienza umana che nobili e ricchi borghesi europei intraprendono a partire dai primi decenni del XVII secolo mossi da una forte passione per il culto dell’antico e il desiderio di riscoprire originarie vestigia delle civiltà greca e romana. I viaggiatori non si limitano a viaggiare e osservare tutto ciò che incontrano lungo il loro tragitto, ma trascrivono tutto ciò che reputano degno di essere ricordato e tramandato (ROMANO, 2012).

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weatherbeaten place. From thence passing by Fossa Nuova an ancient monastery on the left hand (where S. Thomas of Aquin going to the Councel of Lions by ordre of Gregoire the Tenth fell sick and died» (CHANEY, 1985, pp. 173-174).

L’area archeologica della media valle dell’Amaseno e il borgo di Fossanova sono infatti una delle tappe più ambite dai visitatori che si recano nella valle.

I primi interventi di scavo archeologico sono databili intorno alla fine del XVIII secolo, portati avanti dal Governo Pontificio nella persona di Giuseppe Pertini, «giovane erudito nell’antiquaria, e in altri studi, e pratico sopra tutto nell’arte di scavare», precisamente tra il 1795 e il 1797. Il Commissario pontificio delle Antichità e Cave a Roma, Carlo Fea, nel 1802, così riporta:

«Nel 1795 sotto Piperno nuovo nella pianura, dove il volgo suppone fosse l’antico Piperno, il sig Petrini trovò una statua di Tiberio sedente, di 12 palmi, bellissima per il suo tempo nel panneggiamento, e nel nudo. Stava in una nicchia di un portico laterale di un palazzo. La Santità di N. Signore ne ha fatto l’acquisto il dì 13 giugno passato per il Museo Pio-Clementino con 5 mila zecchini. Unite a questa statua ne furono trovate altre, e dei busti, e rocchi di colonne di verde antico del diametro di due palmi, e un quarto, di sorprendente bellezza» (CANCELLIERI, 2012, p. 7)

Un rilevante contributo all’attività di scavo è da attribuire anche a Robert Fagan, archeologo inglese molto attivo in tutto il territorio del Lazio, che portò alla luce imponenti statue di imperatori (tra cui la grandiosa statua di Tiberio), ritratti di illustri cittadini romani, eloquenti iscrizioni che testimoniavano la presenza della civiltà romana nel territorio privernate.

I lavori di bonifica commissionati dal pontefice Papa Pio VI furono un ulteriore occasione per recuperare altro materiale archeologico di pregio come monete, lapidi, miliari, statue, colonne tanto che la Camera Apostolica si vide costretta ad emanare un editto in cui prevedeva severe pene per chiunque vendesse o comprasse i resti archeologici ritrovati durante i lavori di scavo.

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La realtà urbana ed edilizia della città di Privernum emerse solo con gli scavi effettuati negli Cinquanta del Novecento, attraverso i quali si scoprirono le antiche mura della città, due templi, un edificio termale, un’abitazione privata pavimentata con pregevoli mosaici ellenistici, suggestivi decori architettonici e diversi oggetti riconducibili alla vita quotidiana. Purtroppo molti di questi preziosi ritrovamenti non trovarono una giusta tutela e valorizzazione, archiviati in dei magazzini a prender polvere per anni.

Negli anni Ottanta vennero alla luce altri importanti ritrovamenti nell’ambito di alcuni lavori urbani per la realizzazione di un collettore di bonifica che avrebbe dovuto attraversare l’area dell’antica Privernum. Fu scoperto il teatro e recuperata la decorazione architettonica del frontescena e successivamente durante la ostruzione di una cabina Enel venne scoperta la soglia con il fregio nilotico (CANCELLIERI, 2012).

Nel 1986 venne istituito il museo archeologico di Priverno, grazie alla collaborazione e al supporto della Regione Lazio, Enti di ricerca e di tutela tra cui Università La Sapienza di Roma e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, una realtà progettuale con l’obiettivo di mettere a punto un programma di sviluppo culturale di ampio respiro finalizzato alla creazione di un sistema integrato di valorizzazione e fruizione sostenibile del patrimonio archeologico e monumentale, esteso a tutto il territorio della media valle dell’Amaseno.

Il sistema museale si articola in una serie di strutture, ognuna delle quali ripercorre una parte della storia del territorio: dalla complessa ricostruzione dell’antica Privernum129 capitale volsca alla storia urbana del periodo romano (con le rovine delle

domus, le terme, le piazze e gli edifici di culto che oggi si conservano in un suggestivo museo a cielo aperto) alla nuova realtà insediativa del periodo medievale con un tessuto urbano ed edilizio che segna ancora profondamente il paesaggio della valle. Le intense ricerche archeologiche, unitamente agli scavi che ancora oggi vengono portati avanti dagli archeologi, e gli studi storici e geografici, trovano spazio nell’Area Archeologica Privernum, nel Museo Archeologico di Priverno e nel Museo Medievale a Fossanova. Ogni realtà museale ha una propria identità espositiva e gestionale ma ognuna di esse è tesa verso l’obiettivo di narrare l’evoluzione storica del territorio.

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Il Museo Archeologico è ospitato nel Palazzo del Vescovado, nel centro storico di Priverno, ed è strutturato in tredici sale, mediante le quali il visitatore è accompagnato attraverso le principali fasi di territorializzazione a partire dall’età protostorica all’epoca romana in cui Privernum diviene colonia. Il museo vanta una collezione di oltre cinquemila pezzi recuperati in diversi momenti dai magazzini dove erano stati dimenticati di musei e enti privati. Tra questi si ricordano importanti statue e sculture che facevano parte della collezione Vaticana, tra cui un busto del senatore Giulio Urso, una statua loricata con la testa di Marco Aurelio, una testa di Giove e una statuina di Bes (CANCELLIERI, 2012).

Il museo a cielo aperto che costituisce l’Area Archeologica di Privernum è stato inaugurato nel 1996 ed è ubicato nell’area di Mezzagosto, una pianura della media valle dell’Amaseno a circa 5 chilometri dal centro di Priverno e si estende su una superficie ampia circa 12 ha. L’itinerario permette di immergersi nel paesaggio urbano dell’antica città romana, tra monumenti, edifici e infrastrutture che hanno caratterizzato la città antica dal II secolo a.C. al XII secolo d.C130.

La rete museale di Priverno attraverso l’istituzione di un unico biglietto di visita propone una serie di itinerari e percorsi di visita integrati tra loro e permette di partecipare alle iniziative culturali e didattiche comuni. A ciò si affiancano diverse pubblicazioni informative sul sistema museale, alcune delle quali indirizzate più specificatamente alle scuole, un sito web e una serie di offerte didattiche, eventi e promozioni culturali per la fruizione della rete museale, patrimonio della collettività.

Il sistema museale ha la principale finalità di recuperare la memoria storica e avviare un processo di ricostruzione e rafforzamento dell’identità locale restituendo alla comunità il suo patrimonio storico culturale (CANCELLIERI, 1998).

130 Il progetto di valorizzazione dell’area archeologica si è sviluppato grazie ad una serie di finanziamenti ottenuti dalla Regione Lazio e dalla Comunità Europea e grazie alle campagne di scavo e ricerca promosse dall’Università La Sapienza di Roma sotto la sorveglianza della Soprintendenza dei Beni Archeologici per il Lazio affiancate da rilevanti ricerche scientifiche portate avanti nell’ambito di alcuni Progetti di Interesse Nazionale (PRIN) co finanziati dal Ministero della Ricerca Scientifica a cui hanno partecipato attivamente ricercatori, dottorandi e studenti delle Università di Roma, Salerno e Lecce e alcune università straniere. Un itinerario museale con un forte valenza e radicalizzazione nel territorio della valle che ha ottenuto nel 2002 un riconoscimento ufficiale con l’istituzione del Sistema Museale Urbano che integra in maniera sistematica tutte queste interessanti realtà museali, e nel 2004 è stata inserita nell’Organizzazione Museale Regionale e nel Sistema Museale dei Monti Lepini con cui è attiva una proficua collaborazione.

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Completano il ricco patrimonio storico culturale della media valle dell’Amaseno tutti gli altri comuni della valle, ognuno dei quali è costituito da quelli che Magnaghi definisce «sedimenti cognitivi» e «sedimenti materiali». I primi si suddividono in sedimenti della sapienza ambientale, ovvero tutti quei saperi scaturiti dalle interrelazioni rea l’uomo e l’ambiente, riferibili alle tradizionali tecniche colturali o le pratiche d’uso delle risorse idrogeologiche del fiume Amaseno, e in sedimenti identitari connessi ai saperi legati alla permanenza di modelli socio culturali (tra cui persistenze culturali, sociali o produttive). I sedimenti materiali invece fanno riferimento a tutti gli elementi tangibili che hanno costituito le principali fasi di territorializzazione, come ad esempio gli opifici idraulici e il sistema difensivo delle torri di guardia, ma anche specifiche tipologie urbane ed edilizie e tessuti agrari che ancora oggi possiamo osservare nel territorio della valle.