3. TURISMO SOSTENIBILE: UN APPROCCIO A LUNGO TERMINE PER DECLINARE
3.1 DIBATTITO SU SVILUPPO E AMBIENTE: EVOLUZIONE VERSO LA
3.1.2 IL PERCORSO PER L’AFFERMAZIONE DELLA TERZA VIA
Verso la fine degli anni ’80 sorge una “Terza via” che cerca di mediare fra le posizioni di parte della difesa degli standard di sviluppo raggiunti e le istanze ambientali; nasce così la ormai celebre definizione di Sviluppo Sostenibile presentata dalla World Commission on Environment and Development nel Rapporto Our Common Future, conosciuto anche come Rapporto Brundtland (1987), considerato un caposaldo nelle riflessioni di sviluppo e ambiente, e quindi imprescindibile per un approccio concettuale al tema:
“Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
(Rapporto Brundtland) Il documento implica dunque una responsabilità intergenerazionale, e concilia le diverse posizioni emerse in seno a vari organismi delle Nazioni Unite, per la formulazione di un programma di azione ambientale e sociale, frutto dell’incontro di politiche di sviluppo e politiche di salvaguardia dell’ambiente, focalizzandosi sulle ripercussioni delle prime sul funzionamento dei sistemi ecologici; viene in questa sede evidenziato inoltre che lo sviluppo sostenibile si relaziona direttamente con i problemi di povertà e della soddisfazione dei bisogni essenziali (alimentazione, salute, abitazione), i problemi di origine energetica (con preferenza alle fonti rinnovabili) e con il processo di innovazione tecnologica. Il rapporto è stato il riferimento principale anche per le conferenze globali successive, fino agli sviluppi apportati nel 2015 dall’Agenda 2030. La definizione dovrebbe pragmaticamente tradursi dunque in un insieme di decisioni politiche strategiche finalizzate alla sostenibilità dello sviluppo presente - con la riduzione dei deficit ambientali – precondizione necessaria per garantire uno sviluppo duraturo, con visione sul lungo termine.
Nel 1992 la nuova Conferenza internazionale sull’ambiente tenuta in Brasile – Stato dal forte valore simbolico per quanto riguardava le esigenze contrapposte fra le legittime aspirazioni di sviluppo del Terzo mondo e la necessità di tutela delle risorse ambientali – considera già come accettato largamente che il medio ambiente sia elemento integrante dello sviluppo, ed è esplicitamente orientata al panorama definito dalle nuove parole d’ordine, sviluppo sostenibile (con il nuovo orizzonte inoltre dello “sviluppo umano sostenibile”). Il documento di maggior rilievo emerso, la Dichiarazione sull’ambiente e lo sviluppo, giuridicamente non vincola nte, palesa in modo evidente il tentativo di conciliare le due istanze in tavola, crescita economica e tutela dell’ambiente, con specifica attenzione a temi quali cambiamenti climatic i, desertificazione e deforestazione, attraverso la stipula di 27 principi. Vengono salvaguardati in
questa sede temi particolarmente sensibili per il “Terzo Mondo”, come “il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse secondo le loro politiche ambientali e di sviluppo” (Principio 2) e
“il diritto allo sviluppo” (principio 3) che “deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all'ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future”, contemplando anche aspetti di equità sociale, come l’eliminazione della povertà. Viene inoltre evidenziato che, per poter garantire uno sviluppo sostenibile, la tutela ambientale dev’essere “parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo” (Principio 4), sottolineando altresì l’importanza di una partnership globale, ovvero una cooperazione fra Stati per garantire o ripristinare l’integrità dell’ecosistema terrestre.
A Rio vengono inoltre affermati due principi (per la prima volta a livello globale): il primo si riferisce al precautionary approach, che indica come la mancanza di prove scientifiche non sia ragione per posporre azioni che evitino effetti potenzialmente dannosi ed irreversibili per l'ambiente, con un ruolo dunque anticipatorio che vuole evitare, invece che riparare; il secondo è il principio delle responsabilità comuni ma differenziate in considerazione del differente contributo al degrado ambientale globale (in particolare per quanto riguarda i contributi in termini di emissioni di gas serra); su questa base le Nazioni che contribuiscono maggiorme nte agli squilibri ambientali devono svolgere un ruolo più incisivo sia in termini di politiche interne sia in termini di fondi, come sostegno anche ai Paesi meno sviluppati, affinché possano costruire le basi per uno sviluppo sostenibile.
Dalla Conferenza emergono anche la Convenzione sulla biodiversità, i Principi sulle foreste, la Convenzione sui cambiamenti climatici, e l’Agenda 21; quest’ultima merita un’attenzio ne particolare per la portata rivoluzionaria del suo contenuto e per la profonda traccia lasciata nel dibattito ambientalista degli anni successivi: si tratta di uno strutturato programma d’azione, (rivolto alla comunità internazionale, governi e organizzazioni non governative) che definisce le linee guida per lo sviluppo del XXI secolo a livello globale, nazionale e regionale, e riconosce l’importante ruolo delle comunità locali oltre che la necessità di cambiamento degli attuali modelli di consumo - caratterizzati da un forte impatto sull’ambiente e causa di divario economico tra le nazioni e tra gli strati sociali all’interno delle nazioni stesse - incoraggia ndo il passaggio a modelli di vita e di consumo più sostenibili. Considerato il testo chiave dello sviluppo sostenibile - che si profila come la più grande sfida per il pianeta del mille nnio successivo in campo sociale, economico e ambientale - enuncia alcuni fondamenta l i presupposti alla base del concetto di sviluppo sostenibile - mettendo l’uomo al centro del
programma -ed elabora strategie concrete per fermare e invertire gli effetti del degrado ambientale in tutti i Paesi, promuovendo uno sviluppo compatibile con l’ambiente e dando priorità a determinate politiche volte ad esempio all’ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse, alla minimizzazione della quantità di rifiuti prodotti e al miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi. Al fine di raggiungere i migliori risultati, i Governi sono chiamati a sviluppare un’efficace cooperazione internazionale e favorire la partecipazione delle comunità a livello locale; le autorità locali erano infatti chiamate a delineare una propria Agenda 21 locale, concordata tramite consultazione con tutti gli stakeholder presenti sul territorio (comunità locale, organizzazioni locali, imprese provate e settore industriale) per lo sviluppo appunto di un piano d’azione locale. L’Agenda 21 (locale) viene intesa come "un processo per migliorare dal globale al locale"157 ed ha rappresentato in tutta Europa un efficacie vincolo di promozione allo sviluppo sostenibile, sia grazie al ruolo istituzionale svolto dai governi nazionali nelle azioni di informazione, finanziamento e coordinamento, sia grazie al sostegno delle amministrazioni e all’impegno dei cittadini, nel comune impegno di declinare a live llo locale le istanze di sostenibilità emerse a scala globale. La scala regionale è spesso risultata la più idonea a far interagire al meglio le istanze di sostenibilità e le politiche di sviluppo, nelle diverse componenti, economia, società ed ambiente, e da qui l’esigenza di introdurre politic he ordinarie a questa dimensione, sia per l’unità territoriale (con corrispondenza tra quadro naturale, attività economiche e caratteri delle società locali) sia per l’unità politica-amministrativa. A questo proposito, nel contesto della Provincia Autonoma di Trento, il percorso di sostenibilità ambientale è stato analizzato su scala provinciale attraverso il Progetto per lo Sviluppo Sostenibile del Trentino, come strumento conoscitivo e contributo tecnico scientifico – delineato dall’APPA e dall’Università degli Studi di Trento - volto a definire scientificamente gli orizzonti di sostenibilità ambientale dello sviluppo economico in Trentino;
il progetto era associato a 3 obiettivi: valutare il grado di sostenibilità ambientale dello sviluppo economico locale; identificare gli aspetti problematici alle interazioni tra sviluppo economico locale e sistema ambientale, associandoli a indicatori capaci di rifletterne l’intensità e le dimensioni; individuare conseguentemente alcuni campi d’azione da sottoporre all’Amministrazione provinciale. Questi obiettivi sono in parte ripresi nel primo Atto di Indirizzo sullo sviluppo sostenibile adottato dalla Giunta provinciale il 28 giugno 2000 per
157 Provincia Autonoma di Trento (2002). Linee Guida per le Agende 21 Locali del Trentino. Documento di sintesi.
P. 1. Disponibile al link: www.appa.provincia.tn.it/binary/pat_appa/agenda_21_locale/linee_guida_PAT_agenda _21.1180005612.pdf
definire i caratteri specifici dello sviluppo sostenibile del territorio trentino nel decennio 2000 – 2010.
Il concetto di sostenibilità, a partire da Giaoutzi e Nijkamp (1993) è stato spesso rappresentato tramite l’immagine di un triangolo equilatero: secondo questo modello i vari interessi che convergono hanno uguale peso, e nessuno deve prevaricare (figura 24), quindi raggiungere lo sviluppo sostenibile si traduce nella ricerca dell’equilibrio tra le tre dimensioni della sostenibilità: economica (efficienza produttiva, crescita economica, stabilità), sociale (povertà, equità sociale e distributiva, welfare) ed ambientale (biodiversità, tutela ecosistemi, equilib r i fra specie umana e ambiente esterno).
Figura 24: Il triangolo della sostenibilità
Fonte: elaborazione propria
L’idea sottesa, presente anche nella Dichiarazione di Rio e nel Rapporto Brundtland, è quindi l’esigenza di agire contemporaneamente su piani diversi, risultando necessario un approccio di tipo olistico nell’ambito della pianificazione e valutazione delle politiche di sviluppo (anche se poi innumerevoli orientamenti si discostano sia nella teoria che nella pratica dall’uno o dall’altro vertice, lasciando una dimensione ai margini rispetto alle altre due).
Questi importantissimi incontri hanno agito da input per la moltiplicazione di document i internazionali e conferenze nel corso degli anni ’90, su diverse tematiche ambientali, con l’adozione di numerose Direttive e Dichiarazioni (basti vedere ad esempio la proliferazione di politiche intraprese per ridurre la produzione di rifiuti nella sola Unione Europea), ed una diffusa consapevolezza che crescita economica non è più sinonimo di sviluppo. La sostenibilità ambientale diventa parte integrante dello sviluppo, e viene intesa come il processo di aumento della produttività delle risorse naturali, mantenendo intatta la capacità produttiva degli ecosistemi; la sostenibilità economica deve ridisegnare le forme di capitale umano, fisico ed ambientale per garantire alle popolazioni future le stesse opzioni presenti.
Dimensione sociale
Dimensione ambientale Dimensione
economica
Nel 2000, durante il Vertice del Millennio delle Nazioni Unite, 189 leader mondiali convennero nello stabilire i Millennium Development Goals, un programma mondiale di obbiettivi specific i e misurabili, da raggiungere in limiti di tempo stabiliti, così da agire pragmaticamente nella lotta alla povertà, alla carestia e all’esclusione sociale, alla riduzione della mortalità infantile, alle malattie (AIDS e tubercolosi), all’analfabetismo (assicurando la formazione primaria), alle discriminazioni sessuali, al degrado ambientale, e nel migliorare la salute materna e svilupp are un partenariato globale per lo sviluppo. Specificatamente l’obiettivo 7, è dedicato a “Garantire la sostenibilità ambientale”, il cui target prevede “integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei Paesi, ridurre la perdita di biodiversità, dimezzare il numero di persone che non hanno accesso all'acqua potabile e ai servizi igienici”158.
Nell’agosto 2002, a 10 anni dal Vertice sulla Terra, il Summit mondiale sullo Sviluppo Sostenibile tenutosi a Johannesburg (o Rio+10) – con la partecipazione di più di 100 fra Capi di Stato e di Governo - ha rappresentato un'importante occasione di bilancio, per verificare se gli Stati stessero portando a compimento gli obiettivi accordati nel 1992 (ed in particolare quelli dell’Agenda 21) e lavorare alla programmazione un percorso per affrontare le sfide del nuovo secolo (compresa la tutela dei diritti umani, lo sradicamento della povertà, il trasferimento al Terzo mondo delle nuove tecnologie, e la necessità di delineare nuovi modelli di consumo). Al termine dei dibattiti emerse una nuova Dichiarazione sullo sviluppo sostenibile, sull’impro nta del percorso già tracciato a Rio, con riferimenti all'impegno degli Enti locali e all’esigenza di alleviare le pressioni ambientali (mediante la promozione delle energie rinnovabili, la purificazione del ciclo idrico, la protezione delle foreste, ecc), manifestando un rinnovato impegno alle sfide globali. Tuttavia l’impressione generale emersa da questo Vertice fu che rispetto alle aspettative, non si ebbero notevoli esiti pratici (o comunque minori rispetto ad altri incontri laterali) e scarsi impatti giuridici; inoltre l’analisi della situazione mondiale evidenziò che un peggioramento del degrado ecologico (sottolineando l’influenza negativa della liberalizzazione commerciale degli anni ’90 sulla situazione ambientale) oltre che l’inefficac ia della lotta alla povertà, con un divario sempre maggiore fra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. L’ONU registrò dunque un sostanziale fallimento su tutti i livelli (economico, sociale ed ambientale), con la constatazione che Johannesburg non rappresentò un punto di svolta al pari del precedente Vertice.
Nel 2012, in occasione del ventesimo anniversario della Conferenza sull'ambiente e sullo
158 Ministero della Salute, http://www.salute.gov.it/portale/rapportiInternazionali/dettaglioContenutiRapportiInt ernazionali.jsp?lingua=italiano&id=2440&a rea=rapporti&menu=unite
sviluppo del 1992, si tenne una nuova Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile - nota anche come “Conferenza Rio+20” – nuovamente nella città brasiliana Rio de Janeiro, con il proposito di monitorare lo stato di attuazione degli impegni comuni assunti nei due decenni precedenti e rinnovare l’impegno politico dei governi per lo sviluppo sostenibile, cercando di convogliare inoltre gli sforzi dell’intera società civile. Il documento politico scaturito dalla Conferenza, “The future we want”, dalla natura principalmente programmat ica, ravvisa alcuni temi considerati cruciali per il futuro del Pianeta, e sui quali gli stati sono tenuti a intervenire: eradicazione della povertà, sicurezza alimentare ed agricoltura sostenibile, acqua e gestione delle risorse idriche, energia, turismo sostenibile, mobilità sostenibile, città sostenibili, salute e popolazione, lavoro e integrazione sociale, mari e oceani. Due sono stati in particolare i temi centrali durante il Vertice internazionale: da una parte la “green economy”, un nuovo paradigma economico, più responsabile, equo e solidale, per affrontare il tema dello sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà, e che agisca nel contrastare alcune minacce globali incombenti in campo ambientale (esaurimento di risorse naturali ed elevato consumo energetico, inquinamento, emissioni di gas serra, cambiamento climatico, perdita di biodiversità, desertificazione), con azioni virtuose anche in campo economico e sociale per promuovere il benessere delle popolazioni e ridurre la povertà, discutendo di strumenti e tempistiche per la transizione ad un nuovo modello economico; dall’altra la definizione di un
“Institutional framework” per lo sviluppo sostenibile, ovvero un sistema di governance globale, che includa tutte le istituzioni a livello internazionale incaricate delle politiche di sviluppo sostenibile nelle sue tre componenti (ambientale, sociale, economico).
Questo vertice tuttavia, al pari del precedente, non mostra la forza necessaria per rinnovare gli sforzi di 20 anni prima, e si mostra carente nell’introdurre elementi innovativi in materia di protezione ambientale. Si riscontra inoltre l’arretratezza degli Stati nel raggiungimento dei Millenium Goals e nella riduzione dei gas ad effetto serra rispetto agli obiettivi fissati proprio per il 2012.
3.1.3 L’ATTUALE PROGRAMMA D’AZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE