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Il “Periodo Especial” e la “Batalla de Ideas”.

En un año se baja la tasa de analfabetismo del 23,6% al 3,9%.

1.1.4 Il “Periodo Especial” e la “Batalla de Ideas”.

Il colpo che mise completamente in ginocchio Cuba vi fu nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino, quando rimase completamente sola e ancora più in crisi; infatti la

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mutazione politica dell‟Est europeo e lo sfaldamento del Comecon (Cuba vi era entrata nel 1972) lasciò l‟Isola caraibica a secco di tutto, in particolare del petrolio russo. Dal 1990 Cuba si trovò ad affrontare il Período Especial (periodo speciale), un collasso economico aggravato dall‟embargo che non permetteva aiuti stranieri. I cubani raccontano che è stato come fare un salto indietro nel tempo: tutto venne razionato, in particolar modo il combustibile, l‟elettricità, gli alimenti. Nelle città scomparvero quasi totalmente le auto e gli automezzi pubblici, l‟Isola venne invasa da migliaia di biciclette e l‟illuminazione delle città venne ridotta al minimo, mentre nelle case rurali era quasi assente. Nelle campagne gli animali da traino sostituirono i trattori ormai a secco. Venne introdotta la libreta, tessera fornita tutt‟ora alla popolazione per avere dal governo le razioni giornaliere di un numero ridotto di generi alimentari non sempre sufficienti per vivere27.

Nel 1993 Cuba permise la libera circolazione del dollaro, oggi sostituito con il peso

convertibile. Il Time definì la concessione un‟“arma a doppio taglio” e aggiunse: “Ha fatto

arrivare a Cuba molta, necessaria, valuta forte, ma ha anche diviso una società ampiamente ugualitaria in due classi: quelli che hanno (…) e [quelli] che non hanno” (Retamar 2001: 148). A tutt‟oggi il grande problema dell‟economia cubana è la doppia moneta vigente sull‟Isola (figura 5), pesos nazionali e pesos convertibili o CUC (corrisponde a poco meno di un euro), che ha come conseguenza la disparità enorme che si crea tra il valore del salario in pesos cubani (gli autoctoni chiamano così i pesos nazionali) e l‟acquisto di prodotti di consumo pagabili solo in pesos convertibili (per cambiare un peso convertibile servono circa venticinque pesos nazionali). “Gli stipendi (vanno dai duecento ai quattrocento pesos) e le pensioni vengono pagati in pesos nazionali, mentre i prodotti al pubblico (fuori dal razionamento alimentare) sono venduti in pesos convertibili” (Sánchez 2009: 225). Le conseguenze sono facili da immaginare: sviluppo del mercato nero, poca motivazione a lavorare per lo Stato e a studiare. Anche la professione più qualificata, quella del medico, non dà possibilità di miglioramento economico, ad eccezione delle “missioni” all‟estero, che riguardano medici inviati dallo Stato in altri Paesi per aiutare i medici autoctoni o insegnare tale professione; tali scambi avvengono in particolare con il

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Inserisco una parte del diario personale del 26 aprile 2008 in cui descrivo cosa è la libreta in base al racconto di alcune missionarie. È un libretto che viene consegnato a ciascuna famiglia o nucleo familiare per poter richiedere gli alimenti di base per vivere. Le quantità sono indicate come segue per persona: uova, un pezzo di pane al giorno a testa, sale, mezza libbra d‟olio a testa, patate, banane, pomodori, due o tre chili di riso, fagioli, carne di pollo e maiale (non sempre), caffè, zucchero, un pò di frutta e verdura. Il latte di mucca è concesso solo ai bambini fino a 7 anni, poi si deve comperare in pesos convertibili quello in polvere. Ogni volta che vanno nel “negozio” specifico per la libreta viene segnato su di essa ciò che è stato consegnato. Scrive Sánchez: “Le quantità sono insufficienti per il fabbisogno alimentare di una famiglia media e spesso è necessario ricorrere al mercato nero” (2009: 228).

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Venezuela, grazie alla buona collaborazione tra Chavez e Castro: Cuba manda i suoi medici e il Venezuela ricambia con il petrolio.

Le informazioni riportate sono frutto di numerosi dialoghi, confronti e interviste informali raccolte nella ricerca sul campo e presenti nel mio diario di ricerca.

Figura 5 – Pesos convertibles y naciónal

Dopo aver tracciato alcuni eventi significativi della storia passata di Cuba, ora entro in gioco con la mia esperienza di ricerca etnografica perché da questo punto in poi anch‟io sono una piccola ma significativa parte di questa storia. Cercherò di dare voce a ciò che ho ascoltato, consegnare immagini di ciò che ho visto, trasmettere emozioni di ciò che ho vissuto e suscitare interrogativi su ciò che non ho del tutto capito.

Tra il 1994 e il 2004 Cuba sperimentò un modesto sviluppo economico. Grazie a una serie di riforme si passò dalla vecchia struttura agro-industriale-zuccheriera a un‟economia di servizi, nella quale venne incentivato il turismo, oggi risorsa principale del Paese, e fu concessa la possibilità del lavoro privato soprattutto per la vendita dei prodotti agricoli nei mercati. Alla fine del novembre 1999 si avviò l‟applicazione di una serie di nuovi programmi socio-educativi chiamata da Fidel Castro “Batalla de Ideas”: in essa si inserisce la riforma del sistema educativo-formativo basata sull‟Universalizzazione, ossia l‟estensione dell‟Università e dei suoi processi educativi-formativi a tutta la società attraverso la presenza capillare nei territori delle sedi universitarie, per innalzare il livello

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culturale e integrale dei cittadini. L‟Universalizzazione della conoscenza è un aspetto fondamentale del sistema formativo cubano che tratterò nel paragrafo 1.3.

La “Battaglia delle idee” fu dunque la risposta alla dura esperienza del “Periodo speciale”. Nel corso della mia ricerca ho avuto la conferma del valore che il governo attribuisce a questo programma formativo attraverso la lettura di un testo molto interessante che ho ricevuto in modo inaspettato, come spesso succede in questo Paese in cui l‟imprevisto è all‟ordine del giorno. Attraverso il racconto del modo con cui ho avuto questo libro, intendo anche mettere in risalto che mi sono state molto d‟aiuto le doti di persuasione che ho dovuto sviluppare durante la mia permanenza e che ho sfruttato in quell‟occasione per lanciare proposte di collaborazione scientifica tra Italia e Cuba; quest‟ultima, vivendo anche ai giorni nostri una pesante situazione di precarietà economica, vede in modo molto favorevole la possibilità di poter ricevere dei finanziamenti provenienti da progetti di ricerca internazionali.

Nel periodo in cui mi trovavo all‟Avana, sono andata al Centro de Estudios Sobre la Juventud (CESJ) per chiedere bibliografia e documentazione sulle ricerche giovanili attuali, ma la segretaria del Centro mi ha negato l‟accesso poiché avrei dovuto avere una richiesta specifica da parte dell‟Università di Pinar del Rio e dell‟Università di Verona tra cui vi era un accordo internazionale. Insistei molto per consultare il materiale che mi serviva ma non ottenni nulla. Ormai ero negli ultimi giorni di permanenza a Cuba, le Università stavano chiudendo per le vacanze estive… Non potevo cancellare dal mio volto una grande delusione o una sorta di disperazione. Lei lesse forse ciò che stavo vivendo e inaspettatamente mi donò il libro Adolescencia, una reflexión necesaria, scritto da vari/e autori/trici cubani/e in collaborazione con l‟UNICEF, in cui ho potuto conoscere in modo diretto il linguaggio e lo stile di ricerca utilizzati a Cuba per descrivere il progetto politico- formativo noto come Battaglia delle idee. I diversi studiosi presenti nel testo descrivono le politiche giovanili degli ultimi dieci anni e affermano che la crisi del periodo speciale colpì soprattutto i giovani, favorendo comportamenti di individualismo, mercantilismo, indifferenza politica, incrementando il desiderio di emigrare, la prostituzione, la corruzione e la delinquenza, accentuando le differenze economiche, sociali e culturali, incluse quelle di tipo razziale e religioso. Ogni generazione giovanile si determina in base alla situazione e al contesto della società in cui vive e non tutti i momenti storici segnano la gioventù allo stesso modo e con la stessa intensità. Le situazioni originate da grandi avvenimenti come le rivoluzioni sociali, i terremoti, le guerre o le crisi economiche, come quelle vissute dai cubani nell‟ultimo decennio, hanno lasciato nei giovani il segno più profondo poiché essi

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hanno meno esperienza, memoria personale e altre prospettive rispetto agli adulti e agli anziani, rispetto alla gran parte della società cubana degli anni ‟90, per la quale il periodo speciale rappresenta solo una parte della loro vita, un tempo meno consistente e significativo.

Il periodo speciale ha lasciato nei giovani un segno indelebile di cui ancora oggi si sentono le conseguenze. Non trovavano più motivazione allo studio o al lavoro poiché non ne ricavavano nessuna garanzia di miglioramento di vita. È per questo che lo Stato ha iniziato a preoccuparsi e a creare programmi sociali, in particolar modo relativi alla formazione e alla sanità per recuperare e rimotivare la gioventù cubana che negli anni ‟90 era formata da 300.000 disoccupati; del restante 50% la maggioranza erano ragazze che si occupavano di lavori domestici (Gómez Suárez 2007a: 183).

La crisi del mondo giovanile aprì una nuova tappa nella Rivoluzione cubana del 1959, la “Batalla de Ideas” che incentivò molti giovani ad accedere alla formazione di livello superiore. Riporto una parte del programma dal libro Adolescencia, una reflexión

necesaria (Ivi: 186-188):

Con la “Battaglia delle idee”, il presidente Fidel Castro predispose (…) lo sviluppo del capitale umano nella lotta per la difesa dell‟indipendenza e del socialismo, potenziando la democrazia di massa e aumentando la qualità di vita del popolo. Come nelle altre tappe della Rivoluzione, l‟educazione costituì la principale linea di azione e il filo conduttore della nuova Politica Sociale e Giovanile che iniziò nell‟anno 2000. Le strategie di formazione del popolo, in particolare delle nuove generazioni, partirono dal pensiero martiano che attribuisce un elevato carattere di emancipazione alla cultura: „Essere colti è l‟unico modo di essere liberi‟. In un‟epoca di crisi etica (…) il binomio educazione–cultura, con il suo contenuto formativo, deve contribuire alla crescita della persona e allo sviluppo della sua coscienza politica; deve promuovere un‟azione cosciente e attiva, da cittadino altamente partecipativo.

Il graduale miglioramento economico permise di arrivare, a partire dall‟anno 2000, a una trasformazione sociale che si espresse nei Programmi ufficiali della Rivoluzione (più di 150), che raggiunsero un importante significato nella realtà nazionale e negli ambiti decisivi per la vita e la crescita dei giovani. Questi programmi costituirono una alternativa alla Politica sociale e giovanile che si stava facendo nel Paese (…), cercarono di recuperare la giustizia e l‟uguaglianza sociale indebolite nei lunghi anni del periodo speciale, (…), implicarono la ricostruzione delle strutture di intervento sociale per permettere il soddisfacimento dei bisogni primari della maggioranza. (…) Il sistema di programmi [adottato] era molto complesso per la preoccupante situazione di determinati settori sociali in difficoltà, tra cui i giovani che erano disoccupati o non studiavano e, pertanto, ai margini della realtà nazionale. (…) Questo quadro emerse dai risultati degli studi realizzati per il Ministero dell‟Interno circa la popolazione penale giovanile, dalle interviste dei formatori delle Brigate universitarie del Lavoro Sociale tra la popolazione dei quartieri marginali della capitale, dal profilo delle caratteristiche dei giovani “svincolati” (disoccupati) realizzato dall‟Unione dei Giovani Comunisti (UJC) con altri organismi o istituzioni. (…)

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Le misure che vennero adottate [dai dirigenti del paese che si sono confrontati con i rappresentanti del movimento giovanile] erano il frutto della conoscenza e del contatto con la realtà, così come le soluzioni dei problemi. I programmi erano di tre tipi:

1. di strategia generale, relativi al rinnovo dei processi di inserimento sociale delle nuove generazioni, legati fondamentalmente all‟educazione e alla cultura;

2. destinati al riscatto dei giovani disoccupati; l‟esempio più conosciuto è quello attinente ai Lavoratori Sociali (Trabajadores Sociales).

3. orientati ai gruppi di devianza sociale, in condizioni di rischio e/o precarietà economica. È il caso delle madri sole, ex carcerati, persone della terza età, invalidi, e altri. (…)

Le motivazioni [alla base dei programmi] sono tra le altre:

 Recuperare i giovani che vivono praticamente al margine del progetto sociale, che non studiano né lavorano, tendenti alla criminalità o a condotte di emarginazione.

 Sostenere numerose persone in situazione di precarietà economica: anziani, madri sole, disabili.

 Rompere con gli effetti della povertà che tende a riprodurre modi e stili di vita di emarginazione.

 Recuperare la qualità della salute e ridimensionare i servizi.

 Imprimere un nuovo orientamento all‟educazione in termini di qualità, pertinenza dei piani di studio e sviluppo della nuova pedagogia, più vicina all‟educando, raggiungere migliori livelli di continuità scolastica tra un insegnamento e l‟altro fino al raggiungimento degli studi universitari

 Assicurare l‟impiego.

Con la “Battaglia delle idee”, i trabajadores sociales (assistenti sociali) divennero la nuova professione giovanile istituita per combattere la disoccupazione e la dispersione scolastica, per verificare l‟applicazione delle indicazioni del governo e vigilare sullo stato di “benessere” sociale dei cittadini, in particolare dei giovani. Durante il periodo speciale, per esempio, essi avevano il compito di controllare se erano state adottate le misure per

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ridurre l‟uso di gas e se gli elettrodomestici ad alto consumo energetico (frigoriferi, fornelli a gas, condizionatori, lampadine…) erano stati sostituiti con quelli più economici a corrente elettrica. Attualmente invece la principale funzione di questi operatori è quella di verificare se vi siano giovani disoccupati o lontani dallo studio; in questi casi la situazione viene segnalata ai Comitati del partito di quartiere con i quali i trabajadores sociales cercano di trovare una soluzione per i giovani, invitandoli a iscriversi all‟Università o a intraprendere un lavoro socialmente utile.