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Le ombre e le luci dello “spazio terzo” giovanile

UNIVERSITA TRADIZIONALE

GIOVANI E STRATEGIE CREATIVE DELLA VITA QUOTIDIANA

4.2 Le ombre e le luci dello “spazio terzo” giovanile

L‟etnografia è fondata sull‟attenzione al quotidiano, sulla capacità di osservare e cogliere ciò che è dato per scontato. È con lo sguardo nelle increspature della vita quotidiana che il mio pensiero cerca di trovare la propria via addentrandosi nella vita dei/le giovani che raccontano, guardano, “giocano” e creano il loro “spazio terzo”.

Ho definito “spazio terzo” la zona intermedia tra il formale e l‟informale, tra il passato e il futuro, tra il visibile e il reale. Quest‟ultima distinzione rientra nella società recitata di cui parla De Certeau dove la finzione non è più circoscritta in luoghi estetici e teatrali, ma si trova nella vita quotidiana.

“Oggi invece la finzione pretende di presentificare il reale, parlare in nome di fatti e dunque farci scambiare come termine di riferimento il simulacro che produce. Il simulacro è la localizzazione ultima del credere nel vedere. [...] Il reale è ciò che, in ogni luogo, il riferimento a un altro fa credere” (2005: 263-264).

Ho preso come riferimento la “società recitata” di De Certeau come chiave d‟accesso per comprendere l‟arte del vivere dei/lle giovani cubani/e. Dalle interviste e dalle storie di vita raccolte è emersa la loro capacità di scardinare il sistema ideologico cubano passando continuamente tra finzione e realtà, tra dissimulazione e verità, tra slogan patriottici e gerghi della strada. Questa caratteristica di stare con naturalezza dentro alla “schizofrenia”

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del vivere in una realtà proclamata nei discorsi ufficiali e visibilmente assente, è diventata l‟arte della nuova generazione giovanile cubana: lo “spazio terzo”. Esso, a differenza del luogo che è circoscritto e stabile, è un “incrocio di entità mobili”. È un “luogo praticato” (Ivi: 176) e simbolico dove i/le giovani creano la loro arte del vivere. Dopo anni di trionfo della Revolución durante i quali la vita cubana è caratterizzata dal continuo ringraziamento agli eroi della Patria per tale impresa storica, i giovani iniziano a essere stanchi di festeggiare il passato e sono desiderosi di scrivere la loro pagina di storia cubana. Non avendo a disposizione la carta e la penna (i quaderni sono forniti dallo Stato perché sono oggetti molto costosi), i giovani si sono creati il loro spazio virtuale o meglio simbolico, dove dire attraverso stratagemmi (trampolinagem che è un gioco di parole associato all‟acrobazia del saltimbanco e all‟arte di saltare sul trampolino) e furberie (trapaçaria, un modo di utilizzare e di confondere tramite l‟astuzia e l‟inganno i termini dei contrasti sociali).

“Mille modi di fare o disfare il gioco dell‟altro, ovvero lo spazio istituito da altri, caratterizzano l‟attività, sottile, tenace, resistente, di gruppi che, non avendo un luogo proprio, devono districarsi in una rete di forze e di rappresentazioni stabilite. Bisogna «servirsi di». E in questi stratagemmi da combattenti, vi è un‟arte di mettere a segno dei colpi, un piacere nell‟aggirare le regole di uno spazio costrittivo” (De Certeau 2005: 49).

Lo scopo della mia ricerca è quello di far conoscere questo “spazio terzo” nel quale i/le giovani cubani/e hanno creato la loro “arte di dire che è essa stessa un‟arte di fare e un‟arte di pensare, è al tempo stesso pratica e teoria” (Ivi: 125). Una rappresentante di questi/e ingegnosi/e artisti/e è la giovane filologa cubana Yoanna Sanchez: conosciuta in tutto il mondo per la creazione del blog Generación Y nel quale racconta quotidianamente il mondo sommerso rischiando arresti, restrizioni, controlli da parte del Governo proprio per la radicalità della sua posizione. Al di là del condividere o meno il suo agire a volte estremamente critico, vorrei sottilineare come Sanchez abbia creato il suo “spazio terzo” scegliendo non la “vita facile” del risiedere all‟estero ma quella di vivere all‟Avana assieme alla sua famiglia e continuare a raccontare dal di dentro ciò che come giovane sposa e madre deve affrontare ogni giorno.

È così che il narrare la vita dei/lle giovani diventa un‟“arte di dire” che si fa al tempo stesso agire rivoluzionario alternativo rispetto a quello richiesto dallo Stato, un tentativo di andare oltre la credenza dei propri genitori o del Noi sociale e rompere il funzionamento del credere comune.

La credenza negli ideali della Rivoluzione oggi non ha più l‟autorità di un tempo. I giovani non la rifiutano, semplicemente non le danno valore, perché guardandosi intorno

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non trovano nulla di ciò che viene proclamato o “inculcato” a scuola. La vita quotidiana parla molto più forte degli slogan o dei discorsi dei leader politici e per questo nei giovani ha perso potere la capacità di credere. “Su di essa si basava un tempo il funzionamento delle „autorità‟. [...] Ma la volontà di „far credere‟, di cui vivono le istituzioni, forniva una risposta a una richiesta d‟amore e/o d‟identità” (Ivi: 252).

L‟adolescenza e il mondo giovanile sono caratterizzati dalla costruzione dell‟identità attraverso anche la messa in discussione dell‟autorità sia dei genitori che delle istituzioni. È la fase della vita dove l‟aspetto critico entra maggiormente in gioco proprio per il bisogno di distinzione, di separazione, di distaccamento dalle figure genitoriali con le quali fino ad allora gli/le adolescenti si sono identificati/e.

La caratteristica di ribellione insita in questa fase di sviluppo umano è oggetto di molti studi umanistici nel mondo occidentale, ma anche a Cuba. Lo Stato cubano interviene per dare stabilità, identità, valori ai/lle giovani attraverso l‟educazione-formazione tentando così di evitare forme di trasgressione sociale come i desvinculados, giovani che scelgono la strada della delinquenza: rubano o semplicemente cercano di andarsene dal Paese.

Un‟altra forma alternativa dei/le giovani per guadagnare soldi sono i/le così detti

jeneteros (fantini o cavalieri, jockys in inglese), e le jeneteras. Questi/e ragazzi/e offrono

servizi illeciti ai viaggiatori, come alloggi, ristoranti, escursioni e all‟occorrenza anche sesso. Le jeneteras ("cavallerizze" per il loro modo di cavalcare il turista in cerca di un‟illusione o solo di sesso) non sono considerate prostitute come siamo abituati a pensare in Italia, ma giovani donne colte, informate (conoscono a memoria tutti i voli in arrivo e partenza da Cuba e tutti i tour operator che organizzano i soggiorni), gentili e attente al turista, ne studiano il suo comportamento per rispondere a tutte le sue esigenze in modo affidabile e dolce. Così il turista cade ingenuamente nell‟astuta trappola della seduzione femminile cubana ricambiando l‟inebriante ragazza con denaro, gite in posti inaccessibili per le cubane (per i prezzi in pesos convertibili o in euro) e regali preziosi per la mamma malata o moribonda uscita da uno straziante racconto della giovane. I jeneteros si comportano con strategie simili alle jeneteras, ma la loro arte è quella di comportarsi da vecchi amici appena incontrati per strada. Attirano il/la turista e, a seconda dei casi, diventano l‟amico che finge di confidargli tutte le fregature al quale può incappare senza il suo aiuto in modo che egli diventi l‟unico punto di riferimento per lo/la straniero/a. Altri

jeneteros, in accordo con il loro complice, ogni tanto si avvicinano al turista per

consigliargli nomi di ristoranti, di discoteche, di negozi, in modo da importunarlo e costringerlo a fidarsi del precedente “nuovo amico” cubano. E così il turista viene fregato

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proprio del tutto! Nel caso che il jenetero abbordi una turista e la sua amicizia sia stata avvalorata dalla serietà, dalla “bontà” e dalle agevolazioni ottenute grazie al giovane “amico” durante la giornata, si potrà pensare a come trascorrere assieme la serata e perchè no anche la notte. Dopo una bella festa in discoteca a ballare e a bere rum, la conclusione che incorona l‟inebriante fascino maschile cubano rimane una notte di passione o meglio di sesso che ormai ha raggiunto la fama oltre oceano.

Andrea, ragazzo di 24 anni mi ha raccontato la sua esperienza passata di prostituzione non di jenetero ma di chulo: giovane che sta assieme a una donna molto più grande di lui e si fa mantenere da lei in cambio del sesso.

L‟intervista è stata tradotta in italiano cercando di lasciar la struttura originale del racconto (l‟intervista completa è in appendice, allegato n. 2).

Nel primo anno della UCI, il primo semestre fu meraviglioso superai molti corsi, avevo in mente che nel primo anno per me vi era lo studio e dopo le cose che fanno male, le cose esterne: l‟abbigliamento, la festa, sono in ordine secondario rispetto lo studio. Il mio primo anno è stato grande, i primi sei mesi ero all‟Avana e l'Avana è la capitale del Paese. Lì si va percorrendo un sentiero che stupisce, che non è corretto, è una forma che va verso il consumismo, è più vicino al capitalismo, è più superficiale. Senza volerlo mi ero abituato a questa vita che io chiamo di consumo: le automobili, i vestiti, le marche, la musica e lo spettacolo come si dice qui a Cuba (farandula modo tipico havanero che significa festa, allegria, chi sta dietro i gruppi di reggaeton) e quasi persi il primo anno di università, perché mi “desvincolai” (non frequentai) quasi totalmente dalla scuola. Fu così che conobbi una donna più grande di me, aveva trentadue anni e io ne avevo dicianove. L‟ho incontrata quando lei aveva tre figli, due gemelli, un maschio e una femmina, e un ragazzo più grande di me. La sua vita è stata relativamente buona rispetto alla mia, ossia non è che io sono povero, sono nella media di qui a Cuba, però lei aveva facilitazioni che io non avevo e praticamente mi manteneva con la vita di “prostituto” (chulo è un ragazzo che va con le donne più grandi mentre un jenetero è uno che va con i turisti) mi stavo quasi prostituendo capisci? Ma la ragazza mi piaceva a letto, perché essendo più grande aveva più esperienza e mi insegnava bene. Io avevo diciannove anni, mi è piaciuto andare a letto con lei che era più grande di me. Non avevamo gli stessi interessi nella conversazione e tutto si ruppe, ovvero era solo una cosa superficiale, il letto e il denaro, e quando ci siamo resi conto che questo rapporto non aveva futuro, e mi sono sbagliato, avevo già perso il primo anno di college. Così, io l‟ho ripetuto e mi sono ripreso, ho iniziato di nuovo il primo anno di università e l‟ho concluso bene.

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Figura 391 – Giovani che ballano la salsa cubana.

I giovani cubani vivono esperienze molto forti nelle quali a cadere in trappola non sono sempre i turisti, la maggior parte delle volte sono loro stessi, proprio come è capitato ad Andrea. Imparare a sopravvivere in queste situazioni estreme e a volte traumatiche diventa un‟arte quando il/la giovane le sa trasformare in nuove possibilità di vita (“spazio terzo”) o una via di trasgressione e di devianza quando non riesce a reagire in modo positivo e speranzoso.

Andrea non solo è incappato nella prostituzione ma anche nell‟uso di droga. Durante la mia festa di compleanno il giovane mi aveva fatto vedere tatuati sul braccio vari simboli per lui molto importanti che rappresentavano i suoi valori e i suoi sogni. Mentre mi stava raccontando ciò che per lui è la libertà, gli ho chiesto quale parte del tatuaggio la rappresentava e dalla descrizione degli altri simboli tra i quali il fungo e la foglia di marijuana, siamo passati a parlare dell‟uso di sostanze.

In questa parte di intervista emergono il doppio registro della comunicazione giovanile e le contraddizioni necessarie per sondare la fiducia nell‟altra persona. Andrea afferma di non essere un tossicodipendente e di non avere mai assunto droga, poi mi riporta le sensazioni che gli hanno raccontato coloro che invece le utilizzano. Quando gli ho chiesto in modo diretto se faceva uso di droga mi ha risposto che assumeva marijuana e allucinogeni (funghi) in dose elevata.

Questo è un chiaro esempio di slittamento tra codici (paragrafo 3.3) con cui il giovane voleva capire se poteva fidarsi di me, se lo avrei giudicato o peggio ancora denunciato per il suo utilizzo di droga. L‟uso di allucinogeni, dice Andrea, è una via spirituale, un modo

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per ascoltare e vedere le cose nella loro essenza e profondità; in questo modo si sente libero e senza problemi. Il suo vero desiderio però è quello di sentirsi libero non nel mondo irreale delle allucinazioni ma in quello della realtà di tutti i giorni nella sua amata Cuba.

A.: Per me la libertà non è poter viaggiare, poter gridare, fare quello che voglio; per me la libertà è una cosa sentimentale, spirituale, è più interna rispetto a ciò di cui ho bisogno.

C.: e ciò dove è rappresentato nel tatuaggio?

A.: il fungo e la foglia di marijuana. Sono i due simboli della libertà per me. Nella foglia di marijuana, non l‟ho presa mai, non sono dipendente, ma mi hanno parlato di ciò che si sente quando si ingerisce, quando uno fa uso di questi allucinogeni. Quello che sente quando fa uso di queste cose è che sta in un mondo dove dimentica ogni cosa. Sembra che stai pensando una cosa e già (fa un gesto come per dire che è scomparsa) e vi è una pace spirituale per un istante; però un tatuaggio è una buona cosa che è per la vita e, quando desidero tatuarmi ciò, è perchè desidero sentirmi così per tutta la vita. Ma bene, mi piace il fungo e la marijuana non perchè è questo il modo di vivere la libertà, ma perchè vogliamo che sia vera all‟esterno, non desidero essere allucinato, desidero che la pace esterna sia reale, esista.

C.: tu fai uso di sostanze?

A.: sì la marijuana, l'ho provata, ma molto poco. La marijuana e il fungo sì… mi aiutano a contenere un po' di libertà nella mia vita. Perchè io la prendo in una forma abbastanza forte, perché io passo tutto il giorno senza mangiare nulla e trascorro il giorno pensando al male che ho e che devo migliorare, e al bene che devo essere per essere migliore, e quindi quando sono allucinato, quando sono perso, quando perdo il lume della ragione, è come essere un‟altra persona, capisci? Perché posso togliere i molti problemi che abbiamo tutti, non problemi economici, ma problemi morali, capisci? Nessuno è perfetto! Siamo tutti esseri umani, non siamo progettati, non siamo macchine, non siamo programmati, facciamo errori.

Roberto, il giovane cubano residente in Italia, mi spiega perchè oggi a Cuba molti giovani non proseguono gli studi e scelgono la strada del furto, del mercato nero, della prostituzione o della droga. Questi fenomeni di devianza sono severamente puniti dallo Stato con l‟incarcerazione dei giovani. A livello ufficiale lo spaccio di droga, la prostituzione, il furto sono caratteristiche non appartenenti all‟Isola socialista ma ai Paesi capitalisti. A Cuba tali devianze vengono trattate a livello ufficiale in forma di esaltazione delle politiche di prevenzione e di educazione giovanile e sono l‟oggetto di numerose ricerche sociali dell‟età adolescenziale. Sorge spontanea una domanda e un sorriso: perchè fare ricerche e investire così tante risorse umane e finanziarie per le campagne di prevenzione alla droga e di educazione sessuale (a causa dell‟elevato tasso di aborti per le maternità precoci) se non vi sono questi problemi a Cuba?