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L’arte del vivere a Cuba

UNIVERSITA TRADIZIONALE

GIOVANI E STRATEGIE CREATIVE DELLA VITA QUOTIDIANA

4.1 L’arte del vivere a Cuba

La ricerca possibile inizia dal racconto della vita quotidiana a Cuba dove il “dato per scontato” diventa bizzarria, informazione culturale e novità creativa.

La cultura popolare è l‟arte di sapere stare nell‟ordine effettivo delle cose attraverso delle tattiche che permettano di raggirare le avversità del vivere quotidiano.

De Certeau scrive:

“Nell‟istituzione da servire si insinuano così uno stile di scambi sociali, uno stile di invenzioni tecniche e uno stile di resistenza morale, ovvero un‟economia del «dono» (atti di generosità a buon rendere), un‟estetica dei „trucchi‟ (ovvero un‟arte di escogitare), un‟etica della tenacia (coi suoi mille modi di negare la legittimità, il senso o la fatalità dell‟ordine costituito). La cultura „popolare‟ consiste precisamente in questo, non è un oggetto considerato estraneo, smontato in vari pezzi per essere esposto, trattato e „citato‟ da un sistema che riproduce, con gli oggetti, le condizioni che impone ai soggetti viventi” (2005: 60).

Per comprendere un po‟ di questa arte del vivere a Cuba bisogna lasciarsi trasportare dall‟ascolto e dall‟immaginazione del racconto dell‟esperienza etnografica.

“I significati che assegno alla mia esperienza costituiscono minuto per minuto la mia vita: la sensazione forte di essere io stessa e non un altro, nella mia realtà, quella che vivo come la vivo. Nella misura in cui posso osservare come assegno significati, nella mia mente, sulla base di quali sfondi di aspettative, posso accorgermi quindi di avere una vasta scelta a disposizione, fra più possibilità interpretative: e i significati che scelgo di assegnare costituiscono la mia vita, la sua qualità esistenziale, quella che sento. In questo senso posso lavorare sul copione della mia esistenza, e riscriverlo, sempre, adesso” (Scarpa 2009: 43). 4.1.1 Vita quotidiana cubana

La vita di tutti i giorni inizia alzandosi dal letto in stile coloniale o da un semplice materasso appartenuto ai nonni: le lenzuola sintetiche aiutano a fare scivolare fuori il corpo sudato dal caldo umido del clima cubano.

122 Pedro Juan Gutiérrez è nato a Matanza nel 1950. Egli si è laureato in giornalismo all‟Avana e oggi è uno

dei più famosi scrittori critici di Cuba. Ha rilasciato le parole sopracitate in un‟intervista a Manera (2008: 67).

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Ci si dirige verso il rubinetto quasi con la speranza che ne esca l‟acqua, altrimenti ci si accontenta di quella del secchio raccolta il giorno precedente o portata dal camion militare. Questo non accade in tutti i luoghi dell‟Isola, ma in molti sì. A Pinar del Rio, per esempio, alcune case erano munite di grandi cisterne sul tetto per raccogliere l‟acqua in modo da avere la scorta giornaliera necessaria per l‟igiene personale e la cucina. Anche i bagni dell‟Università e degli altri luoghi pubblici in cui sono stata (biblioteche, scuole lementari, uffici amministrativi) erano quasi sempre senz‟acqua.

Figura 39 – Cisterne per l‟acqua sui tetti delle case di Pinar del Rio

Poi ci si lava e ci si profuma, con deodoranti o profumi francesi. L‟uomo indossa pantaloni lunghi, perchè non si può andare al lavoro con quelli corti, egli rischia una multa per un abbigliamento simile. Solo una volta, di domenica, ho visto un professore che, mentre andava in bicicletta con il suo bambino, indossava un paio di pantaloni corti, ma è raro vedere cubani con i pantaloncini. Poi il cubano tipo si infila una maglietta a maniche corte o una camicia colorata, un paio di scarpe di plastica o di finta pelle.

Se è un ragazzo giovane può avere le tanto desiderate scarpe di marca All Stars o Nike o Adidas e la maglietta di qualche squadra di calcio o di baseball americana, regali ricevuti dagli zii o da qualche fratello emigrato negli Stati Uniti o in Europa.

Se invece è una donna, si infila una canotta o una maglia scollata, una gonna o pantaloni aderenti; braccialetti, collana e orecchini non possono mancare e, se si ha il lusso di possedere un orologio (oggetto prezioso e tanto amato), lo si può esibire con orgoglio. I sandali di plastica, dello stesso colore della maglia o della cintura, sono spesso regalo di

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qualche parente all‟estero che rende proprio fashion chi li indossa. Altra impresa sono i capelli ed è fondamentale trovare un elastico o un fermaglio colorato abbinato almeno ad uno dei colori dell‟abito o a quello degli accessori.

Ci si guarda allo specchio e si controlla se la gonna è più corta rispetto alla rasatura fatta il giorno prima alle gambe; nel caso non corrisponda, si passa il rasoio sulla striscia di peli che escono dalla minigonna, ma poi basta, la rasatura è un lusso per poche, bisogna risparmiare le lamette!

L‟immagine è quella che più conta e ogni oggetto prezioso, non solo per il suo costo, ma anche per il luogo di provenienza, va esibito proprio come si fa sempre con il carnè, la carta d‟identità cubana sempre in tasca o in borsetta da mostrare in ogni locale o ad ogni poliziotto che la richieda.

Una ragazza di ventun‟anni da me intervistata, mi ha parlato dell‟abbigliamento cubano come di una sorta di carta d‟identità con relativo conto corrente bancario. Il primo sguardo alla persona è rivolto al suo modo di vestire e agli oggetti che indossa (figura 40). Se è un ragazzo e porta la cintura, l‟orologio, gli occhiali da sole, il cellulare, una maglietta D&G o firmata (non importa se autentica o meno), un paio di jeans e scarpe da ginnastica, significa che è un cubano benestante, che la sua famiglia è abbastanza ricca o che ha dei parenti all‟estero che l‟aiutano, quindi possiede le credenziali per poter essere corteggiato. Lo stesso accade nel caso della ragazza: se lei indossa minigonna e canotta o un abito corto, orecchini, collane, braccialetti, orologio, sandali, se è truccata e profumata può attirare i giovani maschi cubani. Il colpo d‟occhio sull‟abbigliamento è importantissimo perché evidenzia subito se la persona è straniera o è un/una cubano/a benestante, in entrambi i casi è una possibile speranza per un riscatto di vita o, detto in termini locali, è una banconota con due gambe che cammina per strada, definizione che ho sentito rivolta anche a me da qualche corteggiatore “amico” che mi precisava che lui si discostava da questa visione, ma che gli altri si avvicinavano a me sperando che pagassi loro da bere o che regalassi loro qualche maglietta, cappellini, occhiali, ecc..

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Figura 40 – Abbigliamento dei/lle giovani cubani/e

L‟attività a cui si dedicano maggiormente i giovani, oltre al ballo, è quella di fare la fila nelle aule computadoras (computer) o negli uffici Ectesa, una specie di internet point dove possono leggere la loro posta elettronica che è rigorosamente via intranet, perché un cubano non può accedere a Internet ma solo alla rete interna cubana, di modo che la comunicazione avvenga esclusivamente all‟interno dell‟Isola. Vi sono alcuni internet point per i turisti, soprattutto negli alberghi, dove si paga la cifra esorbitante di sei pesos convertibili l‟ora: considerando la lentezza della rete significa inviare una o due mail l‟ora e leggerne solo alcune fra le tante ricevute.

Paradossalmente Cuba, relativamente alle capacità di utilizzo informatico dei suoi abitanti, è all‟avanguardia, nel senso che moltissimi giovani e parecchi bambini sanno usare il computer. Essi conoscono non solo il software, ma anche l‟hardware e come dei maghi riescono ad assemblare pezzi elettronici trovati qua e là fino a creare dei nuovi PC. L‟arte d‟arrangiarsi cubana è strabiliante! La stessa Yoani Sánchez descrive la sua “creatività” spiegando come sia entrata in possesso del suo computer e come abbia creato il suo blog:

“Ho assemblato i miei frankesteins con pezzi presi da ogni luogo e durante numerose levatacce ho collegato schede madri, processori e fonti elettriche. Quando ho deciso di inaugurare il mio blog, avevo già superato la foga di costruire computer e mi dedicavo a riempirli con i miei stessi testi” (2009: 12).

La meraviglia è che molti/e cubani/e non hanno conosciuto le videocassette, ma direttamente i DVD e gli studenti possiedono più libri e documenti digitali rispetto a quelli

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cartacei. Infatti la carta è un bene molto più prezioso di una chiavetta digitale che è più facile ricevere da qualche parente emigrato o da un/a amico/a straniero/a.

La comunicazione internazionale è scarsa e le notizie del mondo fuori dell‟Isola, riportate dal quotidiano Granma, sono piuttosto limitate. Nel quotidiano la maggioranza dello spazio viene occupato dagli articoli inerenti le ricorrenze patriottiche e le vicende più significative degli eroi della Rivoluzione e della storia cubana. Lo stesso accade nei programmi educativi televisivi, nei cartelloni o nei murales che si trovano lungo le strade. Pochissime sono le notizie del presente, mentre non mancano mai quelle del “vicino” passato, minimo cinquanta o cento anni addietro.

La filologa Sánchez descrive in questo modo le immagini e le notizie trasmesse dai mezzi di comunicazione cubani:

“La tv assomiglia così poco alla mia vita, al punto da farmi pensare che forse è la mia esistenza a non essere reale; le persone con i musi lunghi viste per strada sono attori talmente bravi da meritare un Oscar (o un Coral123); le centinaia di problemi che affronto per mangiare, spostarmi da un posto all‟altro o semplicemente per vivere, sono soltanto pagine di un copione drammatico, mentre la verità – visto che insistono così tanto – deve essere proprio quella che mi raccontano il Granma, il Noticiero Nacional e la Mesa Ridonda” (2009: 124)124.

Un‟altra delle attività quotidiane più impegnative nell‟Isola è trovare il cibo visto che quello ricevuto con la libreta è spesso insufficiente per vivere. I genitori con i figli che rimangono tutto il giorno a scuola, portano loro del cibo supplementare a quello che ricevono dalla mensa scolastica in modo da non continuare a stringere le loro divise che diventano sempre più larghe.

“Con il nuovo sistema, a mezzogiorno ogni studente riceve un panino con qualche proteina e un bicchiere di yogurt. Alla loro età, porzioni tanto ridotte stuzzicano soltanto la belva dell‟appetito che continua a ruggire durante le successive ore scolastiche. Per questo motivo, verso le 12:20 i genitori cominciano ad avvicinarsi alla cancellata che circonda la scuola, muniti di scodelle, barattoli e posate, per rinforzare l‟alimentazione dei figli” (Ivi: 78).

Riporto la descrizione delle difficoltà della vita quotidiana cubana raccontate da Roberto durante l‟intervista.

123 I Coral sono i premi del Festival del cinema latinoamericano, che si tiene a Cuba in dicembre (Sánchez

2009: 231).

124 Il Noticero Nacional è il telegiornale, mentre la Mesa Redonda è un programma di approfondimento

politico, storico, economico e sociale, nel quale però non esiste un vero e proprio dibattito perché gli ospiti, attentamente selezionati, si danno ragione l‟uno con l‟altro. Il pubblico in sala è silenzioso e si limita ad applaudire, secondo le necessità del caso. La Mesa Redonda è stata spesso monopolizzata da Fidel Castro che, quando godeva di buona salute, teneva interminabili comizi, assecondato da conduttori compiacenti (Idem).

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R.: sì certo. Io sono andato da poco a Cuba con due valigie piene, neanche una con roba mia.

C.: hai lasciato tutto.

R.: tutto, sono venuto qua in mutande, ho dovuto ricomprarmi tutto qua, veramente ho lasciato tutto anche calzini eccetera.

C.: sì, le cose che qua non valgono niente, là sono beni preziosi, anche un chiodo, una penna.

R.: le medicine! Qui siamo tutti pieni di medicine, aspirine per i dolori di testa, oppure cerottini, stupidate vero? (annuisco) disinfettante, cotone, ... vai a Cuba anche negli ospedali queste cose sono rare. Infatti ho portato tante medicine a Cuba, per mio papà ho portato una valigetta piena di roba, aspirine, “imodium”, “tachipirina”, tutta quella roba lì per la febbre, per altre malattie, tantissima roba perché so che lì è rara. Un italiano qua direbbe “cavolo ma nel mondo succede questo?” perché non lo sa! La mia ragazza che è venuta a Cuba in agosto c‟è rimasta di stucco. Ha detto “sapevo che era dura però non così tanto!” e che l‟ho portata in luoghi turistici!

C.: e sì che eri all‟Avana e non a Pinar del Rio!

R.: e che l‟ho portata a Varadero, all‟Avana al Vedado dove siamo stati in una casa particular. Siamo andati al Cerro, a la Lisa per portare dei documenti, ma solo per passare in macchina lei aveva paura, non è scesa dall‟auto. Dovevo portare dei documenti per degli amici cubani, la mamma abita al Cerro, lì nel canale come ti ho detto l‟altra volta, cavolo! Io avevo paura a scendere dalla macchina, vero? Una miseria, una povertà incredibile! Lì dietro il Vedado, in un quartiere vicino al centro. Mamma mia, da paura, tutti neri, di quelle facce! Io ho sempre detto “tu vedi la faccia delle persone e quasi sai già come sono e cosa sono”.

C.: perchè quelli più scuri...

R.: no per il colore della pelle ma per la faccia, il viso. La gente cattiva la vedi in faccia che è cattiva o la gente che ti vuole imbrogliare… cioè si vede, hanno denti d‟oro, capito? (annuisco). Hanno qualche particolare che… capisci che ti “calcola”, che non è buona, che si fa credere buona, hai capito? (annuisco) Per fregarti, però è cattiva! Lo capisci in base alla gente, come la guardi. La gente buona si capisce, si vede, la gente cattiva anche secondo me. Certo un turista per capire queste cose deve stare a Cuba tre anni, un anno! Io le capisco perchè bene o male me le ricordavo però ho fatto fatica anch‟io. Sono stato fregato a Cuba vero? All‟Avana!

C.: cioè?

R.: ho preso due bicitaxi al Malecón, gli ho chiesto - era mattina presto: “ quanto mi fate pagare per fare un giretto con voi?”. Erano in due perchè eravamo in tre amici, no? Loro mi hanno detto: “10 CUC all‟ora”. Ho detto:”Va bene”. Siamo stati via due ore e dovevo pagare 20 a un bicitaxi e 20 all‟altro. Mi hanno detto 60 e 60 e gli ho detto: “Ma come 60 e 60? Sono 20 e 20, sono 40 per tutti e due”. “60 a me e 60 all‟altro se non vuoi che ti dia una pugnalata!”. Mi hanno detto che mi pugnalavano. C.: ah sì?

R.: mi hanno portato in un posto pericoloso, in un vicoletto, eccetera dove non è che c‟era la polizia o potevo mettermi a correre, ero con la mia ragazza. Mi hanno fregato, per dire… io che sono cubano! Cosa posso dire? A me non mi avrebbero fatto né ricco né povero, capisci? Loro magari campano due o tre mesi, a me non fa né caldo né freddo cioè non me ne sono neanche accorto.

C.: è come se li avessi aiutati...

R.: però quello che mi ha dato fastidio è che se hanno fatto così con me cosa fanno agli altri turisti? Prima di tutto rovinano la reputazione cubana e dopo rovinano quello

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che è il discorso del carattere, dell‟ambiente, quello che era l‟ideale cubano, quello che vuole far capire il governo, quello che era uno Stato, quello che quando il mondo parla di Cuba pensa in positivo; se continuano a fare così tra pochi anni si pensa solo in negativo di Cuba, cioè: è un posto pericoloso, capisci?

C.: sì.

R.: è questo che mi ha dato fastidio. Io gleli ho dati ma gli ho detto delle robe cattivissime.

C.: non hanno detto niente?

R.: no, no hanno visto i soldi, a loro interessava solo quello, non potevo farci niente. C.: anche qui in Italia ci sono situazioni così.

R.: sì anche qua in Italia è terribile però si sta bene dai, non c‟è il rischio che ti uccidano con un kalashnikov o che ti fanno saltare in aria.

La vita cubana è piuttosto dura non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello fisico, sia per il clima che per tutte le difficoltà sopra esposte di alimentazione e di mancanza di prodotti primari. In tale ambiente per noi occidentali molto “ostile”, i/le giovani cubani/e hanno sviluppano abilità, strategie, furbizie tali da trasformare la sopravvivenza quotidiana in possibilità creativa o meglio in un‟arte del vivere: “lo spazio terzo”.