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Problemi, difficoltà attuative e soluzioni del private enforcement con

Il libro bianco della Commissione europea in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie del 2 aprile 2008, parte dalla premessa che “ tutti i cittadini e tutte le imprese che subiscono un danno a seguito di un’ infrazione delle norme antitrust comunitarie devono poter richiedere un risarcimento alla parte che ha cagionato il danno”. Tuttavia, si nota subito dopo che “ attualmente, in pratica, le vittime di violazioni delle norme antitrust comunitarie ottengono solo sporadicamente il risarcimento del danno subito”.

Anche il Comparative study on the enforcement evidenzia come il private enforcement non abbia fino ad ora ricoperto un ruolo centrale, perché la molteplicità delle procedure percorribili, facenti capo ai diversi Stati membri, determina una non uniformità della legge applicabile, consentendo ai beneficiari la possibilità di utilizzare la legge nazionale per eludere o comunque posticipare gli effetti della decisione della Commissione230. Infatti, come evidenziato nel precedente capitolo, la Corte di giustizia nella sentenza Manfredi ha affermato il principio dell‟ autonomia procedurale degli Stati membri, in base al quale, in materia di risarcimento del danno derivante dalla violazione delle norme antitrust, spetta all‟ ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le

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E. Fontana , Aiuti di stato e diretta efficacia, Napoli, 2006 p. 177.

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modalità di esercizio di tale diritto, purché le disposizioni di cui trattasi non siano meno favorevoli di quelle relative ai ricorsi per risarcimento danni fondati su una violazione delle norme nazionali in materia di concorrenza e che le dette disposizioni nazionali non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l‟ esercizio del diritto al risarcimento del danno231

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Osserva la Commissione stessa, come in effetti le azioni di questo tipo presentino una serie di peculiarità che spesso non sono disciplinate in modo adeguato dalle tradizionali norme in materia di responsabilità civile e di procedura civile. Tale situazione determina un‟ incertezza quanto ai rimedi disponibili negli ordinamenti nazionali a causa delle significative differenze tra sistemi giuridici interni e una mancanza di trasparenza delle relative procedure. Pertanto, secondo alcuni operatori, la decentralizzazione dell‟enforcement avrebbe reso necessaria un‟armonizzazione dei procedimenti intentati dinanzi alle Corti nazionali degli Stati membri, volta ad uniformare il livello di tutela privatistica all‟ interno di ciascuno di essi232.

Oltre al problema della disciplina non armonizzata, un altro fattore che determina la poca diffusione dell‟ istituto riguarda l‟ inaccessibilità e l‟ occultamento di prove determinanti in possesso del convenuto e il fatto che il rapporto rischi/benefici è spesso sfavorevole per l‟ attore. Quanto all‟ accesso alle prove, la Commissione nota come sotto questo aspetto, gran parte degli elementi di prova decisivi per comprovare un caso di danni provocati dalla violazione di norme antitrust sono spesso occultati e essendo in possesso del convenuto o di terzi, non sono solitamente noti in maniera sufficientemente dettagliata all‟ attore. Per garantire la diffusione dello strumento di tutela in esame, è pertanto opportuno superare questa strutturale asimmetria informativa e migliorare l‟ accesso delle vittime alle prove rilevanti.

A tal fine, la Commissione propone di garantire in tutta l‟ Unione Europea un livello minimo di divulgazione inter partes nelle cause di risarcimento del danno

231 Sent CGUE, Manfredi e altri c. Lioyd adriatico assicurazioni spa, cause riunite da C- 295/04 a

C- 298/04.

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Edoardo Gambaro, Il private enforcement degli aiuti di Stato: l‟ action plan e le novità del 2012, in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a cura di L.F. Pace, Napoli, 2013, p. 29.

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per violazione delle norme comunitarie antitrust. A questo proposito, ogni qualvolta la Commissione constata in una decisione l‟ infrazione dell‟ art 108 TFUE, le vittime di tale violazione possono citare tale decisione come prova in un procedimento civile per danni.

Sul problema dell‟ accesso alle prove anche la Corte di giustizia si è pronunziata233 affermando che, il soggetto danneggiato da un‟ infrazione antitrust che intenda conseguire un risarcimento del danno può sicuramente avere accesso ai documenti relativi al procedimento di clemenza riguardante l‟ autore dell‟infrazione. Tuttavia, in considerazione del pericolo che tali comunicazioni possano dissuadere i soggetti dal fornire spontaneamente alla Commissione i documenti necessari per avvalersi della possibilità offerta dai programmi di clemenza, i giudici nazionali dovranno determinare le condizioni e i limiti in base ai quali un simile accesso deve essere autorizzato o negato, in considerazione, da un lato, dell‟ efficacia e dell‟ importanza dell‟ istituto del programma di clemenza per poter giungere all‟ accertamento dei fatti e dall‟altro, del rischio che una utilizzazione incondizionata di questi documenti da parte del giudice in sede di risarcimento del danno, induca i responsabili a non aderire al programma stesso. Un altro problema che si rende necessario superare se vogliamo veder decollare l‟istituto del private enforcement sta nel fatto che, gli Stati membri adottano approcci diversi per quanto riguarda il criterio relativo alla colpa per ottenere il risarcimento dei danni. In alcuni Paesi membri, infatti, l‟ esistenza della colpa non è una condizione necessaria per vedere accolta una richiesta di risarcimento di danni antitrust, oppure essa è presunta inconfutabilmente una volta comprovata l‟infrazione; viceversa in altri Stati lo è.

Sotto questo aspetto, la Commissione non vede ragioni per esentare gli autori dell‟infrazione da responsabilità a causa dell‟ assenza di colpa, tranne nei casi in cui l‟ autore dell‟ infrazione abbia commesso un errore scusabile.

A tutti questi problemi si aggiunge anche il fatto che i termini prescrizionali del diritto al risarcimento del danno, pur svolgendo un ruolo fondamentale nel garantire la certezza del diritto, sono diversi nei vari Stati membri, come pure il

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momento a partire dal quale vi è la decorrenza del termine prescrizionale, potendo essi costituire in tal modo un ostacolo considerevole al risarcimento del danno. Per quanto riguarda il decorso dei termini di prescrizione, le vittime possono dover affrontare difficoltà pratiche in caso di infrazione continuata o ripetuta. La Commissione pertanto propone come soluzione che il termine non inizi a decorrere:

 prima del giorno in cui l‟ infrazione cessi, in caso di infrazione continuata o ripetuta.

 Prima che si possa ragionevolmente presumere che la vittima dell‟infrazione sia a conoscenza dell‟ infrazione e del pregiudizio che essa le ha causato234.

Oltre a tutti questi elementi appena menzionati, l‟ostacolo principale che ha limitato il successo delle azioni risarcitorie e quindi l‟ utilizzo del private enforcement quale strumento di controllo della corretta applicazione della normativa antitrust, è da riscontrarsi nella difficoltà dell‟ onere della prova in capo all‟ attore consistente nel dimostrare l‟entità del danno subito e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, con la conseguenza che davanti al giudice nazionale potrebbe essere contestata la quantificazione dell‟ attore, attribuendo le perdite sofferte a circostanze economiche come, per esempio, la crisi economica o la cattiva gestione dell‟ impresa.

Il nesso di causalità esprime la relazione che deve sussistere tra il fatto illecito e l‟evento dannoso affinché il danno sia risarcibile. Il problema sta nel fatto che nelle dinamiche di mercato in cui un comportamento anticompetitivo viene attuato, l‟ individuazione e l‟ isolamento dell‟ efficacia causale possono risultare particolarmente complesse e richiedere un‟ analisi economica. In materia di aiuti di Stato tale onere probatorio diviene particolarmente gravoso perché l‟analisi deve essere effettuata ad un doppio livello: upstreaming causation – cioè la verifica del nesso di causalità tra l‟ attribuzione dell‟aiuto e il comportamento anticompetitivo – e downstreaming causation – la verifica del nesso di causalità

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M. Frigessi di Rattalma, Uniformità del diritto della concorrenza in Europa: mito o realtà?, in Nuove sfide in tema di concorrenza e aiuti di Stato nell‟ Unione Europea, a cura di M. Frigessi di rattalma, P. de Cesari, Napoli, 2012, p. 47.

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tra il comportamento del beneficiario e il danno sofferto dal competitore235. Per provare che senza l‟ attribuzione dell‟ aiuto statale il beneficiario si sarebbe comportato in maniera diversa rispetto alla condotta effettivamente avuta, è necessario avere una dettagliata conoscenza della situazione finanziaria dell‟impresa beneficiaria, per cui l‟ onere della prova gravante sul concorrente discriminato dal mancato beneficio diviene quasi una probatio diabolica.

Con riferimento a questo aspetto, è chiaro che in caso di aiuto illegale e incompatibile, la Commissione avrà già esaminato la misura per emanare la sua decisione e conseguentemente l‟ attore potrà rimettersi al nesso causale assunto e provato dalla Commissione nell‟ effettuare il test di compatibilità, resterà, pertanto, da dimostrare solo il downstreaming causation.

Nel caso, invece, di aiuto illegale ma compatibile, l‟attore sarà gravato anche nel dimostrare l‟ upstreaming causation, per cui si reputa necessario non abbandonarlo con riguardo ad un così gravoso onere probatorio236.

Gli interventi promossi a tal fine possono essere auspicabili, a livello giurisprudenziale introducendo un‟ interpretazione più favorevole al private enforcement, alleggerendo in questo modo l‟ onere probatorio dell‟ attore, come ha già fatto la corte di Cassazione in materia di risarcimento danni nell‟ ambito di intese, laddove ha affermato che il giudice può desumere l‟ esistenza del nesso causale tra l‟ intesa e l‟ evento dannoso “attraverso criteri di alta probabilità logica o per il tramite di presunzioni”237. L‟ interpretazione presentata, che

potrebbe essere applicata anche in materia di aiuti statali, costituisce un‟inversione dell‟ onere della prova, non esimendo comunque il giudice dal valutare tutti gli elementi di prova addotti dal convenuto per contrastare le presunzioni.

Questa soluzione deriva dall‟ applicazione della teoria del probabilistic approach238. I giudici nazionali potrebbero, inoltre, richiedere delle perizie

235 Honorà M., Eram Jensen N., Damages in state aid cases, in estal., n. 2/2011, p.265.

236 A. Pisapia, Aiuti di Stato: profili sostanziali e rimedi giurisdizionali, Padova, 2012, p.130 e ss.

237 Corte Cass.., sez III, sent. Del 2.02.07, n. 2305.

238 Scharfer H-B, Ott C.., Braham M., The economic analysis of civil law, Ed. Elgar, London

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tecniche per la quantificazione del danno subito, al fine di evitare che la questione quantificativa sia di ostacolo all‟ azione per danni.

Sempre per alleggerire l‟ onere probatorio gravante sull‟ attore, sarebbero auspicabili a livello nazionale anche interventi legislativi, come è stato, per esempio, fatto in Danimarca con la legge sulle pratiche di mercato (Danish fair marketing practices act)239 e la legge sugli scambi commerciali (Danish act on trade marks)240che prevedono il diritto ad una compensazione ragionevole ogni volta che vi sia stato un ingiusto vantaggio. I lavori preparatori delle due leggi mostrano come tale previsione punitiva di un arricchimento senza causa sia stata inserita per non vanificare i diritti del concorrente leso da una pratica commerciale scorretta.

Tuttavia si reputa improbabile che gli Stati membri introducano tali previsioni legislative, poiché in molti casi le azioni di risarcimento danni saranno dirette proprio contro lo Stato stesso241.

Per quanto concerne, invece, i problemi applicativi relativi alle decisioni di recupero in materia di aiuti di Stato, questo tema continua a rappresentare uno dei nodi insoluti dell‟ intera disciplina. Al momento dell‟ adozione del Reg. n. 659/99, la dottrina ne ha messo subito in luce limiti e lacune e la recente modifica operata attraverso il Reg. n. 734/2013, ne ha purtroppo mantenute invariate le carenze. L‟ adozione del regolamento non ha costituito, infatti, un fattore di effettiva disincentivazione per gli Stati membri dall‟ erogazione di aiuti nuovi, o modifiche di quelli esistenti, in violazione degli obblighi di natura procedurale previsti dall‟ art 108 par. 3 TFUE. La Commissione ha specificato che la mancata notifica è imputabile a varie ragioni, quali; la non sempre agevole comprensione della disciplina in materia di aiuti; l‟ incertezza sull‟ esistenza dell‟ obbligo di notifica nell‟ ipotesi in cui sia dubbia la natura o meno di aiuto di una misura nazionale e infine; le scelte di politica nazionale che possono indurre gli Stati a decidere di eludere tale obbligo.

239 Legge n. 839 del 31 agosto 2009, art 20 (3).

240 Legge n. 90 del 28 gennaio 2009, art 43.

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Passando ad una attenta disamina delle carenze del Regolamento n. 659/99, questo è sembrato inadeguato ai commentatori rispetto agli obiettivi da esso prefigurati per una serie di fattori quali:

 la scarsezza dei poteri di controllo riconosciuti alla Commissione;

 l‟ assenza di una disciplina relativa al ruolo del giudice nazionale;

 la presenza di numerose eccezioni al recupero;

 la mancata armonizzazione dei diritti nazionali;

 e infine; l‟ insufficienza delle sanzioni previste per dissuadere gli Stati dall‟ erogazione di aiuti illegali e incompatibili242

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Per quanto riguarda la prima delle ragioni elencate, il regolamento non conferisce alla Commissione i mezzi indispensabili al perseguimento dell‟obiettivo della restituzione delle somme ricevute da parte delle imprese beneficiarie di aiuti di Stato illegali.

Questo perché il controllo esercitato dalla Commissione nella fase di esecuzione delle decisioni di recupero è piuttosto modesto, limitandosi, sia nel caso di mancato rispetto delle ingiunzioni provvisorie, sia in quello delle decisioni negative, alla facoltà di adire immediatamente la Corte di giustizia, in deroga all‟art 258 TFUE, mentre risulta preclusa per l‟ istituzione comunitaria la possibilità di effettuare ispezioni in loco con i propri funzionari nel caso in cui la stessa nutra dubbi sul rispetto da parte di uno Stato membro con riguardo ad una decisione di recupero. Tale scelta appare al quanto discutibile, poiché in questo modo la Commissione avrebbe potuto accertare la reale attuazione delle proprie decisioni, visionando direttamente i libri contabili delle aziende. Sempre nell‟ottica degli scarsi strumenti di controllo riconosciuti alla Commissione, si deve notare che in caso di aiuti abusivi, il regolamento prevede il ricorso ad una procedura speciale nella quale però non è prevista la possibilità per la Commissione di adottare ingiunzioni provvisorie di recupero.

Una seconda lacuna del Regolamento n. 659/99 che non risulta in grado di rendere effettivo il recupero degli aiuti incompatibili e illegali, consiste nell‟ assenza di

242 M. F. Orzan, Il recupero degli aiuti illegali e incompatibili alla prova dei fatti: problemi e

prospettive di sviluppo., in Quattro studi in materia di aiuti di Stato, a cura di Paolo De Canterini, Bari, 2008. p. 50.

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una disciplina relativa al giudice nazionale. Questo silenzio, oltre ad essere discutibile in quanto il ricorso al giudice nazionale costituisce un efficacie strumento per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario antitrust, risulta anche incoerente se si considera che la Commissione aveva già sollevato il problema nella Comunicazione del 1995 e aveva già manifestato la propria preoccupazione nella XXVIII relazione sulla politica della concorrenza 243, osservando che “il numero dei casi di aiuti di Stato portato dinanzi ai Tribunali nazionali è molto ridotto”. Tale situazione sembra spiegarsi per la mancanza di trasparenza delle norme giuridiche in materia di aiuti di Stato e di conseguenza per la limitata conoscenza di tali norme da parte dei giudici nazionali.

Il terzo limite al Regolamento n. 659/99 è rappresentato dalla previsione delle eccezioni al recupero previste dagli art 11 par. 2 e 14 par. 1 che ne inficiano la certezza, l‟ immediatezza e l‟ effettività.

Per quanto riguarda l‟ art 11 par. 2, l‟avere stabilito che l‟ ingiunzione adottata dalla Commissione possa essere accompagnata dall‟ erogazione da parte dello Stato membro di un aiuto di emergenza, ne limita notevolmente l‟ efficacia. Se, infatti, la ratio dell‟ ingiunzione risponde all‟ esigenza di eliminare la situazione distorsiva della concorrenza nel più breve tempo possibile, non si comprende come sia ammissibile riconoscere la possibilità di concedere allo Stato membro, contestualmente all‟ obbligo di eliminazione della misura che ha determinato la distorsione, la facoltà di adottarne un‟ altra che annulli gli effetti della restituzione, ponendo nuovamente l‟ impresa beneficiaria in una posizione di vantaggio economico rispetto agli altri concorrenti.

Per quanto riguarda, invece, l‟art 14, paragrafo 1, il limite al recupero costituito dal rispetto dei principi generali del diritto comunitario introduce un elemento di flessibilità nel quadro di una procedura che, in realtà, per essere efficacie, non dovrebbe ammetterne244.

Il quarto profilo di debolezza del Regolamento n. 659/99 consiste nella mancata armonizzazione dei diritti nazionali e quindi nella convivenza forzata delle regole

243

XXVIII relazione sulla politica della concorrenza – 1998, Bruxelles, 1999.

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del diritto comunitario con le 27 procedure nazionali applicabili al recupero delle somme. Questa coesistenza non può che minare e compromettere la credibilità del sistema nel suo complesso per le evidenti diversità di trattamento accordato alle imprese a seconda di dove si trovino ad operare. Si pensi, ad esempio, alle decisioni di recupero collegate a livello interno a procedure di insolvenza. Mentre, infatti, in alcuni Stati membri, alle autorità nazionali è accordato un trattamento preferenziale rispetto ai creditori privati ( Italia, Spagna, Francia, ecc..) , in altri non è prevista alcuna agevolazione (Austria, Belgio, Germania, ecc..)245.

Infine, l‟ ultimo punto dolente del Regolamento n. 659/99 consiste nell‟ assenza di un regime di sanzioni adeguato a dissuadere realmente gli Stati membri dal ricorrere a misure che falsino il regime di libero mercato e a rendere effettivo il recupero delle somme.

La persistente violazione degli obblighi previsti all‟ art 108 par. 3 TFUE e la mancata esecuzione delle decisioni adottate dalla Commissione sono, infatti, imputabili prevalentemente alla quasi totale irresponsabilità degli Stati membri. Allo stato attuale, se uno di essi eroga un aiuto in violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE o non si conforma ad una decisione negativa della Commissione, le conseguenze a suo carico non sono particolarmente gravose, consistendo esse solamente in un ricorso della Commissione alla procedura d‟infrazione prevista agli art 258- 260 TFUE.

Proprio per questo, la Commissione ha individuato nella responsabilizzazione degli Stati membri, la soluzione per migliorare il meccanismo di recupero degli aiuti.

A tale scopo, essa ha individuato tre possibili strategie:

 la creazione di agenzie nazionali indipendenti istituite dagli Stati membri per farsi assistere nell‟ applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato;

245 Questa disparità di trattamento e le sue conseguenza sono analizzate a livello generale nello

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 la sensibilizzazione dei privati affinché adiscano i giudici nazionali in caso di violazione degli obblighi procedurali contemplati all‟ art 108 par. 3 TFUE;

 infine, un ricorso più puntuale, in caso di mancata esecuzione delle sue decisioni, alle procedure previste agli art 258 TFUE e ss.

La Commissione ha dunque evidenziato la necessità di intervenire sia a livello preventivo, per evitare l‟ erogazione di aiuti in violazione del diritto comunitario, sia a livello successivo, per sanzionare eventuali comportamenti illeciti.

Tuttavia, con riferimento al ruolo del giudice interno nel caso di aiuti illegali, la prassi di questi anni non permette di essere particolarmente ottimisti. È, infatti, fuori discussione l‟ esistenza in capo ai privati del diritto di adire il giudice nazionale affinché ordini il recupero di tali aiuti, ma è altrettanto evidente l‟assenza di ogni convenienza a farlo, in quanto i ricorsi sono destinati ad imbattersi nelle molteplici garanzie di natura procedurale riconosciute alle imprese beneficiarie all‟ interno delle discipline dei vari Stati membri.

Con riguardo, invece, al rafforzamento del ruolo del giudice comunitario, l‟impegno assunto dalla Commissione è di ricorrere con maggiore puntualità e severità alle procedure d‟infrazione, principalmente nel caso di mancata esecuzione delle sue decisioni di incompatibilità, oltre che, in via residuale, nell‟ipotesi di aiuti erogati illegalmente246

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A tal riguardo, è importante fare riferimento alla pronuncia della Corte di giustizia nel caso Commissione c. Francia del 2005247, dove per la prima volta la Corte ha condannato uno Stato membro al pagamento di una penalità e, nel contempo, ad un‟ ammenda forfettaria a seguito di un grave e persistente inadempimento del diritto comunitario. Fino a tale sentenza, la Corte aveva interpretato la congiunzione “o”, contenuta nell‟ allora art 228 par. 2 CE, come alternativa, condannando gli Stati al pagamento o di penalità o di somme forfettarie. Nella pronuncia in esame la Corte ha invece stabilito che tale congiunzione debba essere

246 Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato del 7 giugno 2005.

247 Sentenza della Corte di giustizia del 12 luglio 2005, causa c-304/02, Commissione c. Francia,

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interpretata in senso cumulativo, laddove uno Stato membro adotti un comportamento perdurante e persistente, poiché secondo la Corte sia la penalità