• Non ci sono risultati.

di ogni sito; si vedano in proposito soprattutto BEN YOUNÈS-KRANDEL 2002 e il lavoro inedito d

CAP 3 ASPETTI STORICO-RELIGIOS

3.2 Il tofet come terreno d’analisi multidisciplinare e interdisciplinare

In questo paragrafo vengono presentate alcune considerazioni metodologiche sulla necessità imprescindibile, per una seria analisi storica, di individuare e analizzare ordinatamente i vari blocchi documentari da utilizzare per lo studio del “fenomeno-tofet”147.

Posto che la presente indagine è, in generale, di taglio archeologico-storico e che, in particolare, essa verte sul caso di studio particolare rappresentato dal santuario sulcitano (e in particolare una selezione di materiali archeologici da esso provenienti), vanno distinti due piani diversi sui quali si svolge la ricerca.

Il primo piano, che si può definire di micro-livello, consiste nello studio del tofet di Sulci sia quale esponente particolare di questa categoria di luoghi sacri, sia nella sua specificità strutturale, nel suo rapporto con abitato e territorio, con il contesto naturale e nella propria situazione storica. Da quest‟ultimo punto di vista, l‟indagine ha cercato il più possibile di avere anche un respiro comparativo, che si esplica, in particolare, nell‟analisi parallela di altri

tofet (storia, contesto, struttura e materiali) i quali, come nel caso di Sulci,

sorgono immediatamente dopo - più o meno una generazione - la fondazione del centro abitato.

Il secondo piano di indagine, che si può definire di macro-livello, consiste in un approccio alla documentazione che, pur privilegiando la lettura del dato archeologico, consideri organicamente e in connessione le altre fonti (epigrafiche, letterarie e anche la documentazione etno-antropologica). In altri termini, ogni blocco documentario deve dapprima essere studiato in sé senza interpretazioni preconcette; successivamente è imperativo operare una distillazione comparativa dei dati in modo da poter proporre un‟interpretazione, dei dettagli con vedute

147 Si veda da ultimo, tra gli altri, per una trattazione d‟insieme RIBICHINI 2000; AMADASI GUZZO 2007-2008; XELLA c.d.s.

d‟insieme, capace di rispondere in modo soddisfacente al massimo numero di domande.

Raramente la storia culturale del mondo antico ci ha fornito un‟occasione più propizia di quella offerta dal tofet per condurre un‟analisi interdisciplinare a tutto tondo, che chiami in causa, accanto all‟interpretazione archeologica e antropologica, anche i piani storico-comparativo, epigrafico-linguistico, letterario (fonti greco-latine) e di critica biblica. Questa circostanza, lungi dal dover provocare un arroccamento da parte dei singoli specialisti, impone un confronto pluridisciplinare che costituisce uno straordinario arricchimento per la ricerca148.

Come si è detto, è necessario operare tenendo in un primo momento ben distinti i piani della documentazione. I dati diretti – archeologia, epigrafia, analisi osteologiche (di resti umani e di animali, ecc.) – rappresentano la fase primaria con cui confrontarsi, avendo cura di ricostituire dapprima i singoli casi e poi di effettuare una valutazione comparativa a vasto raggio (ad esempio, confrontando i dati di un determinato santuario con quelli di tutti gli altri, tenendo conto dell‟asse cronologico e spaziale di riferimento). Successivamente e indipendentemente, vanno esaminate le fonti indirette che concernono le informazioni fornite dagli autori di lingua greca e latina e dai dati vetero- testamentari sul rito di « far passare per il fuoco » i bambini e sulle menzioni bibliche del rito molek. In che misura queste informazioni siano direttamente o meno riferibili alla realtà del tofet deve costituire oggetto di analisi approfondita solo in una fase successiva, nella quale va effettuata la sintesi dei dati ed esaminata la possibilità di interconnessioni.

Tornando alle fonti dirette, le iscrizioni vanno esaminate sia localmente che in prospettiva diacronica, specie per quanto riguarda la terminologia

148 XELLA c.d.s. Desidero rivolgere un ringraziamento sentito a Paolo Xella, per le numerose e proficue discussioni avute con lui su questo tema e per i suoi consigli imprescindibili nell‟impostare tale parte della ricerca.

sacrificale e l‟uso di formulari149. Ciascun tofet ha una propria tradizione anche in questo campo, ma l‟esame comparativo ci fa comprendere molto di più.

Un esempio per tutti può essere rappresentato dalle celebri espressioni

molkomor, molk-‟dm e molk-b„l. Mentre il primo termine significa come è noto

«molk di agnello (‟mr) » ed è attestato in vari luoghi insieme a molk-‟dm o a molk- b„l, queste due ultime espressioni non sono mai attestate nello stesso tofet. Ciò sta a significare che i due molk hanno nel secondo elemento due termini analoghi (anche se non coincidenti) e quindi mutualmente esclusivi nell‟uso: la scelta dell‟uno o dell‟altro è dovuta a preferenze locali su cui sappiamo molto poco. Ora, dato che ‟dm e b„l sono termini che indicano verisimilmente entrambi un essere umano, rispettivamente proprio «essere umano» il primo e « cittadino » il secondo, si comprende bene come questa informazione assuma un rilievo straordinario nell‟economia dei dati epigrafici e, più in generale, nell‟interpretazione dei riti del

tofet.

Si deve ancora osservare che un esame sinottico delle tre formule induce ad escludere che l‟ “essere umano” (‟dm) e il “cittadino” (b„l) possano essere coloro che offrono il sacrificio: i due termini hanno infatti, sintatticamente, la stessa funzione che ha l‟ “agnello” (‟mr), che è certamente la vittima, e non certo

l‟offerente, del sacrificio.

Non si pretende qui che di fornire alcune esemplificazioni che diano conto dell‟imprescindibilità di un approccio pluridisciplinare e comparativo alla realtà di questi speciali santuari che dovevano certamente assolvere a varie funzionalità.

A quanto fin qui esposto deve poi essere agggiunto che, dato il carattere dei ritrovamenti effettuati nel tofet e i particolari problemi di natura interpretativa che essi presentano, l‟indagine deve avvalersi anche dell‟apporto della storia delle religioni e delle discipline etno-antropologiche.

La storia delle religioni, come si è già accennato, deve fornire parametri interpretativi di riferimento, e a vari livelli. In primo luogo, la specificità del culto praticato nel tofet richiede una valutazione comparativa dei vari sistemi rituali attestati nel mondo mediterraneo antico, classico e non, nonché la messa a fuoco approfondita delle ideologie di volta in volta percepibili come soggiacenti.

Di grande utilità euristica, a questo riguardo, si può rivelare la distinzione tra sacrifici umani, inseriti in un culto stabile con destinatari ben definiti, e

uccisioni rituali, legati invece a particolari e sporadiche circostanze, che non

sembrano avere un diretto destinatario, ma un proprio valore sacrale intrinseco150. Casi di questo secondo tipo sono rappresentati, ad esempio, dalla

messa a morte rituale di prigionieri di guerra, dai vari sacrifici di fondazione (di edifici, di navi), dall‟eliminazione di persone non più direttamente produttive (come nei casi del geronticidio)151 effettuata in circostanze e forme più o meno

ritualizzate.

Già da questi sintetici cenni emerge che, nel tofet, non si tratta eventualmente di uccisioni rituali sporadiche, bensì di riti eseguiti con una certa continuità, e comunque nell‟ambito di un culto stabile dai precisi destinatari sovrumani : si tratta di Baal Hammon in generale, con o senza Tinnit, ovvero della coppia, con la seconda menzionata prima del suo divino sposo, sulle stele di Cartagine a partire all‟incirca dal V secolo a.C.

Questa distinzione ci permette, tra l‟altro, di poter effettuare una prima drastica selezione (almeno sul piano formale) nelle notizie forniteci da autori greci e romani intorno alle pratiche sacrificali fenicie e puniche: oltre alla esclusione preliminare di casi con vittime umane adulte, tale prospettiva ci aiuta a individuare come pertinenti solo quelle fonti - per la verità maggioritarie - che

150 Fondamentale al proposito è BRELICH 1967, non sempre compreso e fedelmente seguito da chi si è in seguito occupato del problema.

inquadrano i riti nel culto tributato a Cronos-Saturno che, come è noto, è l‟interpretatio classica di Baal Hammon152.

La prospettiva storico-religiosa si rivela particolarmente efficace anche nella valutazione del ruolo dell‟infanzia nelle società antiche e in quelle tradizionali, così come può risultare dai dati etnografici. Indicazioni comparative molto rilevanti ci possono venire, ad esempio, dalla conoscenza delle pratiche di infanticidio, ritualizzato o no, nei vari ambiti culturali. Come veniva valutata la vita di un neonato nel mondo antico? Si danno casi di esequie altamente ritualizzate e dispendiose (roghi, sacrifici di animali, costruzioni di ciste litiche, acquisto di stele con iconografie o no, iscritte o no, ecc.) come quelle eventualmente testimoniate dalle deposizioni nel tofet, se le si interpretano in chiave esclusivamente funeraria ? Le risposte negative a queste domande - su un piano comparativo pressoché universale - che ci vengono da uno sguardo anche rapido sulle documentazioni pertinenti, sono evidentemente suscettibili di orientare decisamente le nostre interpretazioni storiche.

Le società antiche e tradizionali testimoniano in blocco che il valore conferito alla vita umana è direttamente proporzionale all‟integrazione dell‟individuo nella società e alla sue capacità/potenzialità produttive e riproduttive. Fino a che il nuovo nato non è riconosciuto, anche solo attraverso il conferimento di un nome, a livello sociale (in pratica, una volta che sia scongiurato il rischio – per altro altissimo – di una sua morte prematura), il suo decesso non sembra comportare mai e in nessun luogo un lutto rilevante o esequie particolari. Non più di un paio di secoli fa anche nelle famiglie numerose dell‟Europa contadina, certo anche a causa dell‟abitudine a questo tipo di