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214 LILLIU 1944 b, coll 380 e ss.

CAP 7 LO SCAVO 1998: I MATERIALI ARCHEOLOGICI I ANALISI DESCRITTIVA

7.1 Panorama generale: attestazioni archeologiche e fasi del lavoro

Come già preannunciato nei capitoli precedenti, la parte che segue avrà come oggetto l‟analisi della documentazione archeologica proveniente dallo scavo 1998 (quadrati G09, G10, G11, H10, H11), secondo quanto concordato con il dott. Paolo Bernardini, responsabile scientifico delle ricerche sul campo e diretto promotore di questo incarico di studio242. Il lavoro ha avuto avvio da un iniziale

“censimento” dei materiali archeologici conservati presso i magazzini della Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano (Sede Operativa di S. Antioco) ed è proseguito, durante i tre anni del Dottorato, con attività costante svolta sul posto. In seguito all‟apertura del Museo comunale “Ferruccio Barreca” e al trasferimento di una parte dei materiali nella sede museale cittadina, le attività sono state svolte tra i locali della Soprintendenza e quelli del Museo, grazie alla collaborazione e alla disponibilità delle autorità competenti e del personale preposto all‟utilizzo di tali uffici243.

A causa della complessità ed eterogeneità dei dati, è stato necessario procedere per “step” di priorità analitica: il lotto dei materiali assegnati in studio è risultato costituito in misura predominante da vasellame ceramico, che ha

242 Tali attività al tofet di Sulci rientrano nel piano di lavoro promosso da decenni (fin dalle prime indagini svolte nel santuario) dalla Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano; il dott. Bernardini è stato Direttore di zona e responsabile delle ricerche per la suddetta Soprintendenza fino all‟anno 2008.

243 In ordine di citazione, si ringrazia per la Soprintendenza Archeologica la dott.ssa M. Rosaria Manunza e la dott.ssa Donatella Mureddu per l‟appoggio istituzionale fornito. In modo speciale, si ringrazia tutto l‟organico della Sede Operativa di S. Antioco, dove è stato svolto concretamente il lavoro: il geom. Franco Mereu e tutto l‟ufficio da lui coordinato, in primis la sig.ra A. Maria Basciu, per la collaborazione sempre affidabile prestata in tutte le fasi del lavoro; si ringrazia, inoltre, il fotografo Ugo Virdis, autore di parte della documentazione qui presentata, la sig.ra A. Rita Manca e i sigg. Pietro Garau ed Eliseo Lai. Per il Museo archeologico un ringraziamento va al Direttore, il prof. Piero Bartoloni, per la costante disponibilità, e ai membri della Cooperativa “Archeotour”, operativa nel Museo.

rappresentato il fulcro tematico del progetto di ricerca. Va ricordato che il taglio inizialmente dato al lavoro è stato rivisto e modificato in corso d‟opera, poiché si è ritenuto opportuno considerare la ceramica solo come un valido punto di partenza per la ricerca, e non come suo esclusivo oggetto - e obiettivo - d‟indagine. Ne è scaturita un‟analisi maggiormente allargata, che ha incluso il dossier documentario complessivo raccolto dalle attività sul campo svolte nell‟anno 1998.

La ceramica ha, dunque, rappresentato più che altro l‟occasione per un confronto diretto con la documentazione generale e per una riflessione (inizialmente solo teorica, poi con i dovuti risvolti applicativi) su quale fosse, a mio avviso, la giusta impostazione metodologica da dare al lavoro.

Il panorama generale che ne è conseguito e al quale, nel corso dei tre anni, ci si è dedicati, è stato composito e ha chiamato in gioco diverse competenze. Alla documentazione ceramica, alla sua analisi e alla sua interpretazione è stata dedicata la maggior parte delle attività, ma immediatamente a seguire (e in alcuni casi in contemporanea ad essa) sono stati esaminati gli oggetti non ceramici ritrovati in urna (in primis monili e oggetti metallici di altro tipo). Si è poi passati all‟analisi dettagliata di una parte dei resti osteologici contenuti all‟interno delle urne, dei quali si darà un‟analisi specifica nella sotto-sezione 7.3.2. Una tale prospettiva di analisi, a raggio progressivamente allargato, è sembrata la migliore da perseguire per la ricostruzione completa di ciascun contesto di ritrovamento. Di conseguenza, è sembrato necessario un certo ridimensionamento delle potenzialità conoscitive che solitamente sono attribuite al dato ceramico; questo è stato, pertanto, considerato solo una delle “fonti” possibili, sicuramente di primaria importanza ma di pari dignità rispetto ad altre comunque significative (ossia meno numerose e consistenti). Come già sottolineato nel paragrafo 3.4, va anche ricordato che nel caso dei tofet la ceramica riveste sicuramente un ruolo di primario interesse, dal momento che è essa stessa a rappresentare fisicamente l‟unità-base costitutiva del contesto. Tuttavia, l‟immagine di tale unità-base va ricostruita sulla

base della raccolta di tutte le informazioni possibili associabili e sulla loro interpretazione combinata. Si ricorda, inoltre, che l‟inquadramento forse più corretto da dare ad un contesto tofet è quello di uno spazio di studio privilegiato, in cui sono messe a confronto diverse classi di materiali, variamente associate tra loro e comprensibili solo mediante una lettura integrata dell‟evidenza restituita da ciascuna di esse.

All‟interno delle attestazioni esaminate si evidenzia l‟assenza totale di un grande protagonista documentario dei tofet: mancano completamente nel Settore Occidentale esemplari lapidei di tipo iconico o aniconico (stele e cippi), ritrovati in grandi quantità soltanto nell‟area posta a est di quella considerata (all‟interno del cosiddetto Settore Orientale). Si registra inoltre per l‟area considerata l‟assenza totale anche di terrecotte figurate, sia maschere che figurine fittili.

Per quanto riguarda l‟organizzazione vera e propria del lavoro, dopo la fase di raccolta e di unificazione di tutte le attestazioni archeologiche pertinenti allo Scavo del 2008, si è passati ad una divisione del materiale per “categoria” (nel senso di “gruppo omogeneo” di materiali): in prima istanza ci si è concentrati sulla ceramica, schedando tutto il materiale ritrovato e mantenendo, laddove presente, riferimento costante all‟associazione originaria tra i contenitori, distinti in Basi (BS) e Coperture (CP)244. Sono stati disposti a parte gli elementi di altro tipo, quali resti

osteologici, oggetti in metallo e in altro materiale (sia manufatti che non manufatti); all‟analisi di questi è stato dedicato il terzo anno del Dottorato.

Le attività svolte sulla ceramica sono state molteplici e spesso complesse e sono state eseguite su un lotto costituito da urne - integre o frammentarie - e da materiale altrimenti classificabile, a diverso grado di frammentazione. Sono riportate di seguito le diverse fasi del lavoro, schematizzate in steps riassuntivi e

244 Nel testo a seguire e nel Catalogo in fondo dedicato alla classificazione schematica dei materiali saranno utilizzate soprattutto queste abbreviazioni.

sintetici, qui considerati come passaggi analitici di lavoro eseguiti su gruppi omogenei di materiali:

STEP I: sono state individuate n. 105 urne cinerarie, contrassegnate con cartellino di scavo impostato secondo i riferimenti riportati di seguito: “Sito (SATH98)/n. quadrato (G-H)/n. urna”. Successivamente sono stati schedati i sacchetti contenenti materiali che non avessero un numero di cinerario proprio, bensì una definizione di contesto non univoca, per es. “Sito (SATH98)/n. quadrato (G-H)/Tra U339 e U340 (opp. “c/o U …” etc.)245. In generale, i sacchetti che

recavano tale indicazione sono stati considerati “contesti dubbi”. In seguito all‟analisi di ogni singolo sacchetto, si è cercato poi di capire quali fossero possibili unità di contesto (ossia cinerari) inizialmente non riconosciute in quanto tali dagli scavatori, a causa della loro frammentarietà, e quindi non numerate all‟interno dell‟ordine progressivo delle deposizioni più evidenti e riconoscibili (quelle cioè identificate dal cartellino di scavo con la denominazione di “U” = urna). A causa della non riconducibilità di tutti i sacchetti contenenti ceramica ad un contesto unitario (urna), essi sono stati numerati come “unità di raccolta” (UR): è evidente che tutti i contenitori cinerari corrispondono ad una UR (ulteriormente sotto- analizzabile in base ai differenti componenti, contenuti e associazioni), ma non tutte le UR corrispondono ad una unità di contesto (= cinerario). In linea di massima, il criterio-base considerato come discriminante è stato la presenza o assenza di resti osteologici.

STEP II: tutto il materiale è stato diviso per quadrati, ossia per “pertinenza topografica di ritrovamento”. Nel nostro caso è altamente probabile che essa coincida con la “pertinenza topografica di collocazione originaria”, ma si fa presente che i due concetti non necessariamente coincidono, come dimostrano i casi in cui le urne, dopo un primo intervento di messa in luce e scavo, siano state oggetto di un secondo riposizionamento in altra sede, sempre interna allo spazio del santuario (si

245 U = Urna.

veda in proposito quanto detto sul Settore Orientale, Cap. 6.1. e 6.2). Nel Settore Occidentale tale coincidenza può essere avanzata come altamente probabile, dal momento che l‟area è stata aperta e indagata ex-novo durante le ricerche del 1998246. L‟idea che l‟occupazione dello spazio in antico sia stata progressiva e che

quindi i materiali siano coerenti a seconda della pertinenza al quadrato è stata solo l‟ipotesi di lavoro da cui partire. Non si è esclusa a priori una disposizione spaziale non progressiva e, quindi, non omogenea, ma su possibili conclusioni in merito si tornerà in sede interpretativa (cf. Cap. 8). Sono stati analizzati i cinerari in ordine progressivo di quadrato, da G09 a H11.

STEP III: approfondimento dell‟analisi considerando ogni singola UR nel dettaglio. All‟interno di ciascuna di queste, sono state divise le urne, integre o frammentarie, dai frammenti disparati di altro tipo, riconducibili cioè a classi ceramiche differenti; questi ultimi frammenti, ai quali è stata assegnata nel cartellino originario la nuova dicitura aggiuntiva “CER (Ceramica): altro”, sono stati isolati a parte, in vista di un‟analisi specifica da eseguire in un secondo momento. Tra i casi in cui erano presenti urne non integre sono stati ulteriormente diagnosticati quelli in cui i frammenti fossero ricomponibili.

STEP IV: si è proceduto alla ricomposizione delle urne frammentarie, ricomponibili solo in parte o per intero. In molti casi le operazioni hanno portato a un buon esito, con ripristino dei cinerari per almeno metà del vaso. Non potendo usufruire di un servizio di restauro specializzato, si è provveduto solo all‟incollaggio dei pezzi con collanti specialistici, secondo quanto autorizzato dalla Soprintendenza Archeologica come intervento possibile da svolgere in situ. Il lavoro è stato lungo e non sempre agevole e ha ritardato notevolmente l‟attività di analisi scientifica sui recipienti.

246 Esiste, in realtà, una percentuale molto limitata di cinerari che potrebbero forse sfuggire a questa casistica ed essere il risultato di ricollocazioni moderne. La situazione non è tuttavia chiara e definita; su osservazioni più specifiche a riguardo si tornerà nelle Conclusioni.

STEP V: analisi vera e propria dei recipienti, integri o ricomposti. I recipienti ricomposti sono stati classificati secondo una scala soggettiva progressiva che tenesse conto del “grado di ricomponibilità” e di ricostruzione effettiva realizzata sul vaso. Si riportano di seguito i valori indicativi di tale scala:

▪ Rc-grado 1: recipienti ricostruiti per meno della metà del vaso; ▪ Rc-grado 2: recipienti ricostruiti per circa la metà;

▪ Rc-grado 3: recipienti ricostruiti per più della metà.

Dalle valutazioni soggettive così raccolte, inerenti allo stato morfologico fisico dei cinerari (integri, non integri, ricomposti interamente o solo in parte), è stato ulteriormente specificato lo stato conservativo di ciascuno di essi, vale a dire:

- OTTIMO: recipienti integri o ricomposti (rc) interamente (tutt‟al più con piccole lacune non significative);

- BUONO: recipienti conservati per più della metà del vaso (inclusi i Rc-grado 2 e 3);

- DISCRETO: recipienti conservati per meno della metà del vaso (sono inclusi anche i Rc-grado 1);

- CATTIVO: recipienti conservati in parti minime e limitate; - PESSIMO: solo frammenti (non ricomponibili).

STEP VI: analisi dei recipienti frammentari non ricomponibili, dei quali sono stati schedati e classificati soltanto i pezzi diagnostici. In linea di massima, di questi contenitori non è stato possibile ricostruire la morfologia esatta, ma laddove i pezzi diagnostici e i frammenti di pareti permettessero di avanzare ipotesi, è stata riportata in Catalogo (sotto la voce “Forma” e/o “Tipo”) l‟abbreviazione “ip” (ipotetico); nei casi non determinabili né ipotizzabili è stato riportato “nd” (non determinabile).

STEP VII: analisi dei materiali ceramici già precedentemente distinti, all‟interno di alcune UR specifiche, come insiemi di frammenti non omogenei, non

riconducibili ai contenitori principali e pertanto identificati come “CER: altro” (v.

supra, STEP III). Tale operazione ha portato al riconoscimento di molti frammenti

miniaturistici, ulteriormente classificati ed analizzati a parte. Come si vedrà nel paragrafo 7.3.3, la ceramica miniaturistica (in stato integro, semi-integro e in singoli frammenti) è stata interpretata come associazione intenzionale collegata all‟urna cineraria. I frammenti non miniaturistici sono stati invece interpretati come “intrusivi” (o residuali), pertanto non significativi ai fini dell‟inquadramento delle unità di contesto originarie.

STEP VIII: attività sugli “Osteologici”. Si è proceduto al prelievo di una parte di resti contenuti all‟interno delle urne, prendendo in considerazione 81 UR, tra cui 79 urne certe (corrispondente all‟80% circa del numero complessivo dei cinerari esaminati in questa sede), e 2 “contesti dubbi”247.

STEP IX: esame dei resti osteologici secondo un doppio binario analitico, antropologico da un lato e archeozoologico dall‟altro248. Questa parte del lavoro è

stata molto articolata, per cui si rimanda al paragrafo 7.3.2. per qualsiasi tipo di osservazione riguardante questo tipo di studio. Oltre all‟analisi osteologica in senso stretto, si è cercato di ipotizzare un confronto incrociato tra contenitori e contenuti, provando a verificare l‟esistenza di criteri associativi tra forme ceramiche specifiche e resti osteologici di una certa natura o di un‟altra.

STEP X: l‟ultimo passaggio dell‟analisi descrittiva e poi interpretativa eseguita sui materiali ha riguardato gli oggetti di altro tipo contenuti dentro ai cinerari, interpretati come elementi pertinenti al corredo di accompagnamento dei defunti.

247 I “contesti dubbi” sono qui da intendere nel senso specificato sopra, a proposito dello STEP I di lavoro (indicazioni dei cartellini di scavo: “Tra 339 e 340”; “Sotto 439” etc.).

248 Come sarà meglio specificato più avanti, tale parte del lavoro è stata possibile grazie alla proficua collaborazione con studiosi specialisti: la dott.ssa Barbara Wilkens per i resti animali e la dott.ssa Licia Usai per quelli umani.

Dopo l‟analisi così svolta, tutti i dati significativi per ogni unità cineraria sono confluiti in una scheda unica di contesto, così come riportato nel Catalogo posto a chiusura del presente lavoro. Sono stati isolati dagli altri e non sottoposti ad analisi specifiche alcuni materiali organici ritrovati nei sacchetti dei resti osteologici e spesso frammisti alle ceneri e alle polveri del campione, quali frustuli carboniosi e semi. Ci si dedicherà ad analisi paleobotaniche in un momento successivo, dopo la chiusura del lavoro di tesi, analogamente a quanto sarà fatto anche in ambito osteologico, per un ampliamento della campionatura iniziale che completi i dati finora raccolti.