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Ceramica “rituale”

▪ Vasi “ à chardon ”

T-Vaso à ch-1 Tipo 1

Anche in questo caso è attestato un solo recipiente di questa morfologia (G10.388, TAV. IX) con pancia globulare e collo in altezza piuttosto limitato, rispetto al resto del corpo. L‟orlo è estroflesso e presenta un profilo superiore arrotondato. Sulla parte superiore della superficie esterna è presente un‟ingubbiatura di colore rosso intenso, di consistenza compatta (red slip). Il fondo è piatto e ha il diametro di base abbastanza allargato, di poco inferiore al diametro dell‟imboccatura.

7.3.1.III-c Le Coperture (CP)

All‟interno dei recipienti utilizzati con funzione di coperture304, si è operata

una distinzione in sei morfologie principali, vale a dire piatti, coppe carenate, doppie patere, piattini a bugia, lucerne e coperchi di pentola. All‟interno di ciascuna di queste, si è cercato di individuare tipi differenti soprattutto in base alle possibili differenziazioni dell‟orlo e delle pareti della vasca. In questa direzione, sono stati soprattutto i piatti e le coppe carenate, costituenti il 90% circa delle coperture, ad aver offerto le sezioni documentarie più consistenti ed articolate.

Il totale di questi materiali è realizzato con la tecnica del tornio, eccezion fatta per i due coperchi di pentola, realizzati a mano; per la diversità produttiva - e per la limitatezza della documentazione - essi saranno analizzati per primi, nel paragrafo seguente.

III-c/1 La produzione a mano

Ceramica da cucina

▪ Coperchi

M-Coperchi-1/2 Tipo 1/2

Morfologia largamente attestata in alcuni contesti dell‟abitato antico del Cronicario, i coperchi sono documentati nel lotto qui analizzato soltanto in percentuale molto ridotta (due esemplari: H10.320-UD XXXV e H10.340-UD XLVIII;

304 Come si vedrà meglio nel corso della presente parte e nel seguente Cap. 7, dedicato al commento delle principali Unità di Deposizione e all‟inquadramento funzionale di ogni elemento componente (o associato), lo status di copertura non è sempre così scontato. Ci si riferisce, in particolare, a doppie patere, piattini “a bugia” e lucerne, per i quali va anche proposta una funzione più direttamente di tipo rituale.

TAV. X); occorre ricordare che, in generale, non si tratta di una forma ricorrente nel

tofet sulcitano e che non esistono, per il periodo arcaico, classificazioni tipologiche

di riferimento305. L‟impasto di questi prodotti è sempre molto ricco di inclusi, in

quanto tipiche morfologie finalizzate primariamente al contesto della cucina e destinati ad accompagnare recipienti di cottura.

Elementi morfologici distintivi e caratterizzanti sono la tesa delle pareti e la conformazione dell‟elemento sommitale a rilievo (anche detto «presa» o «pomello»), che funge da impugnatura dell‟utensile.

Come riportato più dettagliatamente nel Catalogo, il coperchio H10.320 costituisce la copertura vera e propria dell‟UDXXXV, mentre nel caso dell‟ex. H10.340 si tratta di un frammento classificato come «CER.altro» (ceramica altra)306,

in quanto ritrovato all‟interno dell‟UR 47 ma non direttamente riconducibile all‟UD corrispondente (UD XLVIII), che ha copertura diversa. Mentre il primo esemplare, conservato integramente, presenta andamento orizzontale delle pareti e pomello pieno a profilo convesso, il secondo ha tesa obliqua e pomello superiormente cavo; questi elementi rappresentano elementi morfologici largamente ricorrenti nei coperchi associati a forme da fuoco di età punica307. Per questo motivo, ossia per

l‟andamento delle pareti della tesa e per la differente conformazione del pomello, si ipotizza che il coperchio H10.320 (classificato come «Tipo 1») possa essere ricondotto ad una produzione precedente, databile con ogni probabilità alla fase arcaica (VII secolo, non meglio precisabile)308 ; per il coperchio frammentario

«H10.340 CER.altro 07» si ipotizza, invece, l‟appartenenza a un tipo - qui denominato «Tipo 2» - in uso in età più tarda (a partire dal VI secolo, con ampia

305 Per il periodo tardo-punico ellenistico (e per i secoli successivi), cf. CAMPANELLA 2008, pp. 115-118.

306 Cf. nel Catalogo la sigla “340 CER.altro 07”. 307 CAMPANELLA 2008, p. 115.

308 Va tenuto in debito conto che esso si trova associato come copertura ad una brocca con collo cilindrico cordonato di VII secolo a.C.

diffusione -seppur con variazioni morfologiche soprattutto del pomello- in età tardo punica ed ellenistica)309.

III-c/2 La produzione al tornio

Ceramica da mensa

La morfologia dei piatti rappresenta il tipo di copertura in assoluto maggiormente frequente all‟interno del lotto considerato, con un totale di diverse decine di esemplari: la stima precisa, in realtà, non è facile, a causa della grande quantità di reperti analizzati, in forma intera (o quasi intera) oppure in frammenti (diagnostici o meno). Sono stati individuati almeno trentasette recipienti310

riconducibili ad una classificazione in tipi ed interpretabili come Coperture, da associare alle corrispettive Basi; in otto casi invece311, pur essendo praticamente

certa la funzione di Copertura, non è stato possibile identificare il tipo morfologico preciso di pertinenza (soprattutto a causa dell‟estrema frammentarietà dei ritrovamenti). Tra i non determinabili (o comunque determinabili con alti margini d‟incertezza) vanno anche annoverati frammenti diagnostici non pertinenti alla Copertura del Contenitore (tre casi), che sono comunque stati analizzati perché rappresentativi - seppure in misura minore rispetto ai recipienti in buono stato di conservazione - della forma in questione312.

310 Piatti di tipo determinabile nei casi seguenti: G10.334, G10.336, G10.338, G10.349, G10.350, G10.470, G11.471, G11.473, G11.477, G11.478, H10.304, H10.312 (CP 02), H10.323, H10.324 (2 exx.: CP 01 e CP 02), H10.326, H10.327, H10.328, H10.331, H10.339, H10.340 (2 exx.: CP 01 e CP 02), H10.376, H10.435, H10.438, H10.451 (2 exx.: CP 01 e CP 02), H10.455, H10.462, H11.316, H11.434, H11.458, H11.461, H11.463, H11.466, SQ.346.

311 H10.304 (2 exx.: Cp 01 e CP 02), H10.323 CP, H10.328 CP, H10.445 CP, H10.453 CP, H11.315 CP, H11.464 CP, H11.465 CP. Per questi casi, nel Catalogo sarà riportata la sigla “nd” (non determinabile). Laddove s‟ipotizza con dubbio un tipo, sarà segnalato: “nd (ipotetico Tipo …)”. 312 Si ricorda che questi frammenti sono stati schedati a parte rispetto all‟Unità di Deposizione e classificati come “CER.altro” (ceramica altra): si vedano, per esempio, G10.479 CER.altro 01, H10.340 CER.altro 09, H10.453 CER.altro 01. In otto casi, invece, frammenti diagnostici di piatti, schedati come “CER.altro”, sono stati facilmente ricondotti alla classificazione tipologica: cf. i casi G10.350 CER.altro 01, G10.479 CER.altro 01, H10.304. CER.altro 03, H10.320 CER.altro 01-02, H10.328 CER.altro 01, H10.340 CER.altro 08, H10.351 CER.altro 01.

Sono stati individuati almeno tre grandi raggruppamenti morfologici, classificati in altrettanti tipi di riferimento (Tipo 1, Tipo 2, Tipo 3). Si fa, tuttavia, presente che non tutti gli esemplari rientrano precisamente in uno dei tipi suddetti, presentando caratteristiche morfologiche singolari, a volte non del tutto coerenti con quelle messe a punto nella classificazione tipologica. In questi casi, nella stringa di definizione del tipo (cf. Catalogo), si è adottata la sigla “nd” (non determinabile) opp. “intermedio” (nel caso di piatti che ripropongano caratteristiche comuni a più tipi contemporaneamente).

Riguardo alle possibili datazioni, l‟arco cronologico generale delle attestazioni esaminate va dalla metà dell‟VIII secolo alla prima metà del VI secolo a.C.; nei migliori dei casi è stato possibile datare con precisione al cinquantennio (raramente al venticinquennio), sempre tuttavia con l‟eccezione degli esemplari non precisamente tipologizzabili di cui sopra, per i quali le cronologie possibili sono state necessariamente più aleatorie. Per gli esemplari chiaramente rientranti in uno dei tre tipi principali, invece, sono stati a volte distinti sotto-tipi ulteriori, che è sembrato potessero individuare momenti di passaggio tra un tipo e l‟altro, oppure segnare delle variazioni formali minime interne al tipo generale di appartenenza.

Va ricordato che per la classificazione che si va a presentare sono stati seguiti i lavori di classificazione, corposi e ben strutturati, dedicati specificamente ai piatti fenici e in particolar modo alla documentazione copiosissima del versante coloniale (nello specifico la Penisola Iberica e la Sardegna). Per il primo ambito documentario, si è fatto soprattutto riferimento alle classificazioni di H. Schubart, elaborate a partire dagli Anni 70 in poi e aventi come oggetto privilegiato di analisi le attestazioni - quantitativamente molto rilevanti - dei siti fenici più arcaici della Pensiola Iberica (quali in primis Toscanos, ma anche Almuñecar, Morro de Mezquitilla e altri).

Per la Sardegna, invece, sono stati seguiti come “ancoraggi” crono-tipologici gli studi di P. Bartoloni, dedicati ai materiali provenienti da contesti necropolari

arcaici dell‟isola (Bithia e Monte Sirai); inoltre lavori di sintesi e di approfondimento tipologico sulla forma, incentrati su lotti di materiali provenienti da fondazioni fenicie di alta arcaicità313.

▪ Piatti

T-Pi-1. Tipo 1 (con orlo breve e curvilineo e pareti convesse, TAV. X)

Il Tipo 1 individua i tipici piatti arcaici con orlo convesso, collegabili alla prima ondata coloniale fenicia e in quanto tali diffusi nel Mediterraneo centrale e occidentale tra la metà dell‟VIII e la metà del VII secolo a.C.314 Sono compresi

recipienti con ampio cavo, orlo breve dotato di un profilo superiore variamente arrotondato, che esternamente può presentarsi rettilineo o lievemente pendulo; talvolta è presente uno stacco netto tra il profilo interno dell‟orlo e la parete della vasca. Il fondo di quest‟ultima presenta solitamente base piatta e senza ombelicatura. Altro elemento fortemente connotante questa tipologia è la presenza di un ingobbio rosso di colore rosso scuro (la tipica red slip fenicia), di cui tale è la frequenza che di sovente tali recipienti sono stati inseriti nella classe ceramica propria, denominata più in generale Red Slip Ware315.

313 Riferimento basilare per l‟analisi dei piatti fenici, classificati su scala crono-tipologica principalmente secondo il calcolo di ampiezza degli orli e il rapporto di quest‟ultima con il diametro del cavo, rimane, seppur datato, SCHUBART 1976. Si veda inoltre SCHUBART 1982, SCHUBART 1986, SCHUBART 1995, SCHUBART 2002. Per le pubblicazioni sulle necropoli fenicie di Sardegna, cf. BARTOLONI 1996, BARTOLONI 2000a, con ampie sezioni tipologiche su forme di vario tipo. Invece, come lavoro sull‟analisi esclusiva di forme aperte - sia fenicie che puniche - provenienti da un ambiente abitativo di Monte Sirai (Vano “C 33” della “Casa del Lucernario di talco”) e di vasta diffusione in larga parte dell‟Occidente coloniale fenicio, si veda BALZANO 1999. 314 SCHUBART 1976, in particolare tav. XXXI, XXXIII. Sulla tipologia dei piatti arcaici con breve orlo convesso lo studioso ha incentrato il suo lavoro del 1976, ma sul tipo si veda anche SCHUBART 1982, pp. 207-231; SCHUBART 1985, p. 69; BERNARDINI 1990, pp. 88-89, figg. 7-9; HABIBI 1995. Per una panoramica generale, aggiornata ed esauriente, cf. BALZANO 1999, pp. 9- 15, con bibliografia di riferimento. Sulla possibile persistenza di questo tipo di piatti nel VI, V e IV secolo a.C. si vedano le perplessità –condivise- della stessa studiosa, cf. BALZANO 1999, pp. 29- 33.

Tra tutti i piatti in questa sede analizzati, quelli rientranti in questa tipologia (che siano anche in buono stato di riconoscibilità e siano utilizzati come Coperture in senso stretto) sono almeno otto: G10.350, H10.304 (CP 01), H10.326, H10.328, H10.331, H10.340 (CP 02), H10.462, SQ.346316. L‟orlo presenta profilo

superiore convesso e terminazione lievemente apicata e pendula; le pareti sono convesse e internamente quasi sempre ricoperte dell‟ingobbio rosso scuro omogeneo (la già citata red slip), steso fino al bordo esterno dell‟orlo.

Sono stati distinti ulteriormente due sotto-tipi (A e B)317, in base alla

differente morfologia dell‟orlo: pendulo nel primo caso e orizzontale nel secondo caso.

Scala 1:3

Produzione al tornio. T-Pi-1A (H10.328-UD XLIII)

316 In due casi ulteriori l‟attribuzione è molto ipotetica (v. i casi H10.328, H10.445).

317 Sotto-tipo 1A: H10.326, H10.328, SQ.346, H10.462. Sotto-tipo 1B: G10.350 (CP 01), H10.304 (CP 02), H10.331, H10.340 (CP 02).

Nel sotto-tipo 1B318 l‟orlo può essere più o meno ingrossato e tende a

presentare internamente uno stacco abbastanza angolato (simile ad un‟ “unghiatura”) nel punto d‟innesto alla vasca. In entrambi i sotto-tipi la vasca rimane molto capiente.

Scala 1:3

Produzione al tornio. T-Pi-1B (H10.331-UD XLVI)

Per questi esemplari si propone una datazione nella seconda metà dell‟VIII secolo a.C., con possibili attardamenti al massimo entro i primi anni del secolo successivo.

T-Pi-2. Tipo 2 (ombelicato arcaico, TAV. XI)319.

In questo tipo rientrano numerosi frammenti, ritrovati sia in funzione di Coperture (o almeno probabili Coperture, visto che si tratta di minime parti di vaso) che non, ossia con pertinenza alquanto dubbia al contenitore cinerario (e tuttavia pienamente coerenti con l‟orizzonte arcaico di utilizzazione dell‟area); fra i recipienti in stato integro - o conservati per almeno la metà - si annoverano almeno undici esemplari, con funzione certa di Copertura320.

318 G10.350, H10.304 (CP 02), H10.331, H10.340 (CP 02).

319 Per questo tipo in particolare cf. LANCEL 1982, pp. 56-57; LANCEL 1987, pp. 102, 117; VEGAS 1989, pp. 234-236; PESERICO 1994, pp. 125-126; BARTOLONI 1996, pp. 73-75; BALZANO 1999, pp. 9-28; BARTOLONI 2000, p. 97.

320 G10.338, G10.470, G11.473, H10.327, H10.340 (CP 01), H10.451, H10.462, H11.316, H11.461, H11.463, H11.466. Ipoteticamente si propone lo stesso tipo anche per: H10.304 (CP 02),