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Il turismo enogastronomico: il cibo come attrazione turistica

Il turismo enogastronomico e i prodotti tipici, risorse per lo sviluppo di un territorio.

4.1 Il turismo enogastronomico: il cibo come attrazione turistica

Fra le risorse in grado di suscitare nuove motivazioni di viaggio, in questi ultimi anni si sta affermando sempre più la tradizione culinaria come testimonianza delle espressioni più autentiche e caratterizzanti di molti territori.

Se, infatti, i piatti che ogni giorno si consumano nelle diverse parti del mondo sono sempre più simili, contemporaneamente si è affermata la ricerca del cibo tradizionale o tipicamente locale, che come tale assume una sua importanza in quanto espressione della cultura di uno specifico territorio107.

La gastronomia in questa prospettiva svolge la funzione di comunicare una tradizione, di generare valore nel territorio e di attrarre l’interesse dei viaggiatori e dei media, distribuendo peraltro inaspettate ricchezze nel territorio.

La tradizione culinaria, attraverso la riscoperta delle radici di un alimento e l’interesse per la zona di provenienza, contribuisce a

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183 costruire l’identità di un luogo e a conferirgli quell’interesse di cui ha bisogno per avere una carta in più da spendere per attrarre il turista.

La cucina è stata paragonata al linguaggio: come questo, essa possiede vocaboli (i prodotti e gli ingredienti) che si organizzano secondo regole di grammatica (le ricette che danno senso agli ingredienti trasformandoli in vivande) e di retorica (i comportamenti conviviali)108.

L’analogia, non funziona solo sul piano tecnico-strutturale, ma anche per i valori simbolici di cui entrambi i sistemi sono portatori.

Esattamente come il linguaggio, la cucina contiene ed esprime la cultura di chi la pratica, è depositaria delle tradizioni e dell’identità di gruppo. Costituisce pertanto uno straordinario veicolo di comunicazione: non solo è strumento di identità culturale, ma il primo modo, forse, per entrare in contatto con culture diverse, giacché mangiare il cibo altrui sembra più facile che decodificarne la lingua.

Più ancora della parola, il cibo si presta a mediare fra le culture diverse, aprendo i sistemi di cucina ad ogni sorta di invenzioni, incroci e contaminazioni.

Secondo un sondaggio del Censis, dovrebbero essere quasi sei milioni gli italiani, considerati intenditori o anche semplici appassionati, che partono per week-end alla scoperta di territori ricchi d’arte, di storia e di tradizioni enogastronomiche.

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184 Grazie a questa nuova domanda turistica riprendono quota tutte quelle aree rurali, di campagna che erano state abbandonate a seguito del processo di industrializzazione a favore dei centri urbani.

Assumono nuova vocazione turistica per tutti quei gastronauti che intraprendono un viaggio alla ricerca di sapori e tipicità di cui è ricchissimo il territorio italiano, ma che per molti anni, sono state trascurate a vantaggio del turismo di massa, tipico, della società industriale. Leggiamo a tale proposito il pensiero di Alessandro Simonicca:”La moltiplicazione dei luoghi/località fa si che la relazione Centro/Periferia, tipica categoria mentale della Modernità, cessi di scorrere secondo una direzione a favore del Centro, per aprire a nuove forme di periferie che tentano tutte di costruirsi a Centro. Tale moltiplicazione produce differenziazione e quindi valorizzazione di spazi e luoghi.Negli ultimi decenni si sta sempre più rafforzando l’idea, e conseguente politica, di un’autonoma ricerca che abbia il fine di rappresentare le proprie radici contestuali e locali. A questa tendenza va ascritta l’idea che ogni località possieda un inventario di “tradizioni” disponibili che vanno solo attualizzate”.109

Il nuovo millennio vede l’Italia sempre più impegnata nel processo di riqualificazione dell’industria turistica, storicamente una delle principali fonti di reddito e che - fermo restando l’attrazione per i capolavori storici, culturali e artistici - trova nuove formidabili

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185 opportunità di sviluppo proprio nell’abbinamento tra i prodotti enogastronomici tipici e i loro territori di produzione.

L’immagine turistica di un luogo è, per il gastronauta, legata alla sua dotazione enogastronomia tanto che l’area geografica si identifica con i suoi prodotti tipici.

La proposta-provocazione di un turismo finalizzato alla scoperta dei “giacimenti golosi”110, un tesoro di cui il nostro paese è ricco più di ogni altra parte del mondo, assume, quindi, sempre più i contorni di un nuovo progetto, articolato in numerose iniziative dei diversi soggetti, pubblici e privati, guidati da una regia istituzionale.

E’ comunque necessaria una strategia di promozione di un patrimonio unico, irripetibile e inimitabile che possa essere offerto in maniera coordinata a un vasto pubblico di turisti.

Il futuro del turismo è di perseguire la “salvaguardia della specificità” dei singoli territori, (fortemente voluta anche dall’Organizzazione Mondiale del Turismo)111 di cui il cibo è uno degli elementi cardine; il turista , infatti, attraverso un’offerta enogastronomia territoriale può compiere un passo decisivo fuori della sua appartenenza stabilendo relazioni e avviando comparazioni culturali all’interno delle comunità con cui entra in contatto112.

110 D. Paolini, op. cit. p. 47

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Cfr. la Dichiarazione di Manila sul turismo mondiale, 27 ottobre-10 novembre 1980, e il Documento di Acapulco, 21-27 agosto 1982, approvati dall’OMT-WTO.

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186 Il cibo, la cucina e l’alimentazione appaiono come i terreni sui quali si gioca il conflitto più generale tra la dimensione globale e quella locale.

E’ paradossale che nell’era della globalizzazione o della omologazione del gusto e, quindi, della presunta dissoluzione delle identità locali, qualunque cosa si presenti come dotata di specificità territoriale acquisti valore.

Tutto questo si inserisce in quel movimento in atto per cui, di fronte a una forza che porta al livellamento, si partecipa al proliferare di domande di riconoscimento delle culture locali, a una gara nello rispolverare ricette, prodotti, tradizioni, riti particolari, appartenenti o meno alla storia.

J.M. Lotman così descrive la dinamica delle culture che sono coinvolte in un processo più globale: “Il processo di informazione reciproca e di inclusione in un mondo culturale generale non provoca solo l’avvicinamento tra culture distinte, ma anche la loro specializzazione. Entrando in un mondo culturale generale, una cultura comincia infatti a coltivare la propria originalità. A loro volta anche le altre culture la codificano come particolare, fuori dalle norme abituali.113

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J. M. Lotman, La semisfera e il dialogo nelle strutture pensanti, Marsilio, Venezia 1985, p. 76

187 Conferma questa riflessione Montanari114; parlando di identità, quando si tratta di tradizioni alimentari, sembrerebbe scontato pensarla come appartenenza a un territorio. Ma così si dimentica che l’identità si definisce anche (o forse soprattutto) come differenza, cioè in rapporto agli altri.

Nel caso specifico della gastronomia ciò appare con chiarezza: l’identità “locale” nasce in funzione dello scambio, nel momento in cui un prodotto o una ricetta si confrontano con culture e regimi diversi. Il prodotto esclusivamente “locale” è privo di un’identità geografica in quanto essa nasce dalla sua “delocalizzazione” (ad esempio, la mortadella di Bologna si definisce come tale solo quando esce dal suo ambito di produzione.

Nell’era della omologazione del gusto che tende a standardizzare i prodotti, le tecniche di preparazione dei piatti, i sapori e gli aromi, ciò che distingue un cibo svincolato completamente dal territorio, non è il luogo di provenienza, bensì il marchio, la marca del prodotto, la cucina e lo stile di alimentazione che rappresentano sempre più il risultato di una scelta individuale; in questo modo, davanti all’offerta di modi differenziati di mangiare resi possibili dalla globalizzazione, i prodotti e la cucina tipica di un territorio trovano anch’essi un loro spazio di crescita.

Da un lato dunque c’è la tendenza delle culture locali a coltivare maggiormente la propria originalità e mettere in atto soluzioni in

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188 grado di combattere una generale assimilazione, dall’altro la tendenza dell’uomo all’identità in un mondo sempre più “omologo”.

In un contesto simile, i territori dotati di specificità (tradizioni, lingua, cultura, cucina, storia, patrimonio artistico) potranno giocare un ruolo da protagonisti, pur sapendo di essere “diversi” rispetto alle maggioranze rumorose.

Oggi stiamo scoprendo un target di viaggiatori sempre più attratti non solo dalle risorse storico paesaggistiche di una località, ma anche dalla gastronomia di quel territorio.

Migliaia di turisti percorrono chilometri per assaggiare vini, visitare cantine, degustare prosciutto e salame: questo è il fenomeno del cibus turismo.115

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D. Paolini, Viaggio nei giacimenti golosi-prodotti e itinerari,Mondadori, Milano, 2000.

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