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Politica nazionale e comunitaria nella gestione delle aree protette

Le aree naturali protette in Sicilia

2.3 Politica nazionale e comunitaria nella gestione delle aree protette

Nell’ordinamento italiano, la disciplina legislativa in materia ambientale, e ancor più quella sulle aree protette, si è sviluppata per molto tempo in modo disorganico e casuale, a causa di una scarsa sensibilità sociale verso le questioni ambientali. Solo negli ultimi decenni la maggiore attenzione delle nazioni alle problematiche dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile ha consentito di costruire un quadro legislativo più omogeneo ed unitario, oltre che coerente. Così oggi il sistema dei parchi e delle riserve naturali ha assunto una tale importanza al punto di disegnare una nuova geografia territoriale, che interessa tutte le regioni italiane, basata sulla riscoperta di antichi valori naturali, storici,sociali, culturali e ambientali, ed un tale sistema esige dell’attuazione di corrette politiche di organizzazione e gestione territoriale. Si tratta dunque di politiche di organizzazione e gestione territoriale. Si tratta dunque di politiche che si sono evolute in alterne fasi evolutive/involutive, in base ad un processo di maturazione del concetto di area protetta, che da elemento di vincolo, viene successivamente reputato uno strumento dinamico capace di integrarsi con la realtà locale. Seguendo una linea evolutiva, si è passati da politiche di museificazione tendenti ad imbalsamare determinate zone

127 per conservarne il loro valore estetico, storico, artistico o naturalistico, a politiche di pianificazione affidate alle autonomie locali e centrate sui parchi e le riserve, intesi come centri nodali di un nuovo modello di organizzazione territoriale. Sotto un profilo storico, il problema della protezione della natura, nel nostro ordinamento interno ha avuto il suo primo riferimento legislativo nella legge 29 giugno 1939, n. 1497, recante norme di tutela del territorio. L’impianto di questa legge evidenzia come la bellezza naturale fosse considerata esclusivamente fattore estetico e non forma ed aspetto del territorio. A quei tempi, il concetto di ambiente in termini globali era sconosciuto dalla produzione normativa, eppure risalgono agli anni ’20 e ’30 le leggi istitutive di quelli che oggi vengono chiamati parchi nazionali “storici” per distinguerli dai parchi istituiti successivamente . Le leggi istitutive di ciascun Parco “storico” non rispondevano ad un disegno unitario; tuttavia si possono individuare finalità che, salvo alcune differenziazioni, sono comuni alle quattro leggi istitutive del Parco del Gran Paradiso (R.D.L.3 dicembre 1922, n.1524), dell’Abruzzo (legge 12 luglio 1923, n.1511), del Circeo (legge 25 gennaio 1934,n.285) e dello Stelvio(legge 24 aprile 1935, n. 740). Tali finalità comuni riguardano la conservazione ed il miglioramento della flora e della fauna, nella preservazione delle speciali formazioni geologiche, nonché nella tutela del paesaggio e nello sviluppo del turismo. Un notevole sviluppo quantitativo e qualitativo dei parchi e delle riserve si è avuto a seguito dell’emanazione della “ Legge quadro sulle aree protette”. Questa normativa introduce il principio di “leale

128 collaborazione” tra Stato e Regioni ed esalta il ruolo evolutivo delle aree protette in grado di promuovere una tutela mirata non soltanto alla conservazione delle specie floro-faunistiche, dei valori storico culturali e al potenziamento delle attività tradizionali, ma anche all’integrazione con il sistema territoriale di riferimento. Questa integrazione necessita della collaborazione fra diversi livelli istituzionali e tra gli attori sociali, pubblici e privati presenti nell’ambito dei vari organi di governo territoriale, per creare, soprattutto nella popolazione locale, il consenso, condizione indispensabile per promuovere un’efficace politica nelle aree protette. Ma non sono mancate critiche riguardo la lenta applicazione della legge, che ha fatto accumulare ritardi e inadempienze, e il mancato adeguamento della normativa regionale alla legge quadro. Ulteriori impedimenti sono derivati dall’approvazione di due successivi decreti legislativi : il n.281 del 1997 e il n.112 del 1998. Il primo ha stabilito la soppressione del Comitato nazionale per le aree naturali protette che aveva la funzione di assicurare la “leale collaborazione” tra poteri centrali e regionali e il Comitato è stato sostituito dalla Conferenza Stato-Regioni; il secondo ha abolito il programma triennale per le aree naturali protette inteso come strumento di programmazione territoriale che forniva un quadro aggiornato sul sistema delle aree protette. Tuttavia, nonostante l’esistenza di questi limiti, si è registrato, nel periodo 1993-2002 una tendenza evolutiva nel sistema delle aree protette, soprattutto con riferimento a quelle d’interesse regionale e locale, a differenza, invece, delle riserve statali, marine e terrestri, le

129 quali dopo una prima fase di crescita si sono mantenute stabili. Questo dato trova conferma nel rapporto OSCE(organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sulle performance ambientali italiane relative al periodo 1994-2002.

Se a livello nazionale la Legge quadro rappresenta l’asso portante fondamentale nella gestione delle aree protette, a livello comunitario l’asso portante è rappresentato dalla Direttiva Habitat ((92/43/CEE) (F. Novi ,2007) dell’Unione Europea che ha portato all’istituzione della Rete Natura 2000, composta da Siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale. Quindi il contesto globale di riferimento per le politiche in materia di conservazione ambientale, deriva da un apparato programmatico-normativo di livello nazionale e comunitario, questo perche la presenza all’interno delle aree protette di aree di interesse comunitario e internazionale fa ritenere utile l’affermarsi di prospettive di salvaguardia ambientale e sviluppo sostenibile condivise dall’Unione Europea e dal nostro paese. Anche il settore turistico nelle aree protette rappresenta una delle priorità in ambito comunitario, infatti La Carta Europea del Turismo Durevole rientra nelle priorità mondiali ed europee espresse dalle raccomandazioni dell’Agenda 21, adottate durante il Summit della terra a Rio nel 1992 e dal 5 programma comunitario di azioni per lo sviluppo durevole. Questa Carta è l’esito di una prima riflessione, avviata nel 1991 dalla Federazione Europarc e fa parte del programma di azioni “ Parks for life” dell’Unione Mondiale per la Natura (UICN). Essa si conforma ai

130 principi enunciati dalla Carta mondiale del turismo durevole, elaborata a Lanzarote nel 1995.

L’attuazione di un turismo durevole nelle aree protette, necessita di un sistema di interazioni positive fra l’attività turistica e gli altri settori del territorio come ad esempio il settore agricolo. L’agricoltura oggi ha un ruolo fondamentale nella conservazione dell’ambiente, delle risorse naturali e nel mantenimento della biodiversità. La nuova politica comunitaria, delineata in Agenda 2000, riconosce all’agricoltura una sua intrinseca multifunzionalità e la considera un’attività che svolge anche un ruolo ambientale, culturale e di servizio. In questo quadro le aree protette debbono diventare luoghi di eccellenza dove sperimentare nuove e più avanzate forme di politica agro-ambientale con particolare riguardo alla diminuzione degli input, alla tipicizzazione dei prodotti ed alla stessa conservazione del paesaggio. In altre parole occorre esercitare forme di agricoltura a minore impatto ambientale. In Italia la Federazione Italiana dei parchi e delle Riserve Naturali e le varie organizzazioni professionali agricole hanno fatto un accordo di collaborazione per poter integrare le attività agricole con le azioni di conservazione e di valorizzazione dell’ambiente naturale. E’ auspicabile che le specifiche misure inerenti le aree protette siano accompagnate da azioni riguardanti attività integrative a partire da quelle agrituristiche. Anche il settore marittimo fa parte di quelle porzioni di territorio che necessitano programmi di sostenibilità, in effetti è stato creato un programma di cooperazione europea marittima transfrontaliera che prevede una

131 cooperazione marittima Italia- Francia. E’ un programma cofinanziato dall’Unione Europea (Fers) per il 75% e l’obiettivo è quello di accrescere la competitività dell’aria dell’alto Mediterraneo in termini di accessibilità, innovazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali.

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