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Il valore delle opere d’arte ancora incompiute

4. I CONTRATTI PER OPERE D’ARTE

4.1 Il valore delle opere d’arte ancora incompiute

Essendo complicato sia stabilire la qualità di un’opera d’arte ex ante che verificarla ex post, il contratto risultava spesso incompleto e la negoziazione tra le parti per la determinazione del prezzo era influenzata da una varietà di fattori che comprendeva sia elementi oggettivi che elementi soggettivi che erano legati all’incompletezza del contratto.

L’evidenza indica che per entrambe le parti contrattuali, gli elementi quantificabili in pratica, come il numero delle figure e la misura del lavoro, non erano le sole variabili considerate e molte decisioni di prezzo erano basate su fattori contingenti.

Potenziali clienti potevano basarsi semplicemente sul budget che ritenevano più appropriato spendere, in molti casi, soprattutto all’inizio del Rinascimento, i committenti si preoccupavano più dei costi che dell’opera in sé, la maggioranza dei

                                                                                                               

contratti includeva specificazioni sull’uso dei materiali, in particolar modo sull’impiego di quelli più costosi come i pigmenti d’oro e il blu oltremare.

Le discussioni sull’allocazione del compenso erano incentrate su problemi di qualità ed eccellenza, mentre non ci sono registrazioni prima del sedicesimo secolo che riguardassero contrasti sul valore dei dipinti.

I pittori, quando iniziarono a rappresentare una parte attiva nel processo di commissione, valutavano una serie di fattori prima di accettare o meno un nuovo impiego. I fattori intangibili che influenzavano la valutazione dell’artista ed entravano in gioco in vario modo nel processo di determinazione del prezzo possono essere riassunti in quattro principali:

• Lo status dei clienti

Lavorare per importanti e potenti personaggi offriva molta visibilità all’artista, inoltre, questi molto spesso possedendo una vasta rete di relazioni che potevano portare ad altre prestigiose commissioni;

• Il valore sociale

L’importanza di particolari siti dava lustro al maestro e la percezione del proprio talento era importante tanto quanto la stima di elementi oggettivi; • Le commissioni multiple

Incidevano sul prezzo finale che risultava ridotto grazie ad uno “sconto quantitativo” che veniva applicato;

• Il valore del patriottismo

Questo concetto era particolarmente sentito tanto che spesso i pittori accettavano volentieri compensi minori se provenienti dalle loro città natali;

Per capire meglio queste variazioni è significativo l’esempio del maestro Neri di Bicci (1419-1491) che dipinse cinque pale d’altare della stessa dimensione per clienti differenti tra il 1455 e il 1469. Le attività di produzione che intraprese in quattro lavori su cinque erano praticamente identiche, ma i prezzi concordati risultavano essere notevolmente diversi. Il numero di figure varia, ma secondo gli autori De Marchi e Van Miegroet (2006), i cambiamenti di prezzo non sono strettamente connessi con questo,

ma sono imputabili a fattori intangibili: per ogni commissione, il prezzo richiede un equilibrio degli interessi di entrambe le parti.

Dai libri contabili di Neri di Bicci si deducono alcune strategie di prezzo13 da lui

adoperate: egli usava produrre in serie le sue opere, attuava la stessa composizione più volte adoperando degli standard sul prodotto, ad esempio, egli realizzò dodici quadri sull’annunciazione che denotano una fortissima similarità, così da rendere i suoi dipinti meno costosi. L’artista poteva svolgere alcune personalizzazioni sulle composizioni se il committente lo richiedeva, ovviamente, questo comportava un incremento del prezzo.

La clientela di Neri di Bicci variava dal barbiere al patrizio, anche se, il segmento più grande, circa il quaranta per cento, era composto dalla fascia media della popolazione. Come spiega Holmes (2003), la maggior parte dei suoi clienti erano artigiani e membri di successo delle corporazioni minori o persone appartenenti a famiglie patrizie di status inferiore. I potenziali acquirenti potevano limitare il loro esborso optando per piccole varianti di articoli standard e limitando il numero di figure, pur senza rinunciare all'uso della foglia oro e argento, al filo d'oro per il dettaglio del tessuto, eccetera14.

In questo modo, il maestro Neri di Bicci, riusciva a soddisfare, ad un costo contenuto, il bisogno devozionale che la popolazione nutriva, ispirandosi alle creazioni realizzate da grandi maestri per commissioni pubbliche.

Puntando su una produzione di massa e su un’ottimizzazione dei tempi, di Bicci, riuscì ad organizzare la sua attività guadagnando sul risparmio associato al minor costo dovuto alla realizzazione di opere ripetute in serie.

Secondo Kubersky-Piredda (2003), otteneva margini attorno al 10-15 % del prezzo e considerando che pittori di ingegno e di abilità superiore, come Sandro Botticelli, alla fine del secolo, guadagnavano il 35-45 % sul prezzo totale delle pale d'altare

                                                                                                               

13 Alcune opere furono prodotte in versioni multiple per il libero mercato anche da Lotto, ma in quantità

minore rispetto a Neri di Bicci che ha improntato tutta la sua produzione secondo questa strategia di vendita. Evidenze visive testimoniano come anche Tiziano produsse qualche immagine sacra in serie nella sua bottega.

14 Secondo Holmes (2003) la pala d'altare più famosa di Neri di Bicci, si dice che abbia costituito un tavola

di circa 2 × 2 metri, in cui i soggetti principali, la Madonna con il Bambino, erano affiancati da 2 a 4 santi, il tutto costava solo 2,75-8,5 fiorini. Ma ha anche eseguito opere molto più piccole secondo Kubersky- Piredda (2003).

commissionate, il margine che incassava Neri di Bicci era significativamente inferiore, ma il suo guadagno saliva grazie alla elevata produzione.

Tavola 5: Neri di Bicci, 1467, La Vergine col bambino

Una valutazione sul patrimonio del 1480, riportata da Commanducci (2003), pose di Bicci davanti a tutti gli altri pittori a Firenze, anche se, a parte una piccola cerchia, la

maggior parte di questi, erano pagati modestamente e considerati solo abili artigiani15.

Neri di Bicci condivise comunque due difficoltà con gli artisti che lavoravano su commissione: la difficoltà di mantenere un laboratorio per le vendite16 e la necessità di

farsi pubblicità.

4.2 Le scadenze

Come spiega M. Wackernagel (1938), dai contratti di lavoro possiamo trarre dei punti di riferimento, almeno teorici, per valutare quale fosse il tempo medio di esecuzione di un dipinto. Nella pratica capitava molto spesso però che il termine di consegna fissato dal contratto fosse di gran lunga superato, questo poteva succedere non solo per un ritardo imputabile all’artista, ma anche a causa dell’interruzione della fornitura di denaro da parte del committente.

Durante la prima parte del quattrocento il cliente poteva determinare e stabilire contrattualmente il termine di consegna di un’opera trattando con l’artista come con un qualunque altro artigiano.

Per una pala d’altare di media grandezza commissionata ad una bottega di medio basso livello il lasso di tempo medio che valeva di norma non superava i due tre mesi. Per quanto riguarda artisti di maggiore talento, o nel caso il committente presentasse richieste più esigenti, i termini di consegna potevano essere molto più elastici.

Spesso il contratto era accompagnato da alcune clausole che premiava il rispetto del termine di consegna, mentre puniva la violazione con una penale.