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Il volgarizzamento della Phaedra: canti IV-

3. I volgarizzamenti delle tragedie di Seneca

3.1 Ippolito e Fedra di Sinibaldo da Perugia

3.1.5 Il volgarizzamento della Phaedra: canti IV-

Il volgarizzamento della Phaedra di Sinibaldo è molto fedele alla fonte latina, interpretata attraverso il commento trevetano707. L’unico elemento aggiunto dal volgarizzatore rispetto al testo senecano è la voce del narratore: Sinibaldo, infatti, scriveva un poema (genere narrativo) e non una tragedia (genere dialogico). La voce del narratore è rappresentata da didascalie con una funzione principalmente tecnica: adattare il testo tragico al nuovo genere di arrivo708. Esse introducono o contestualizzano i discorsi diretti dei personaggi, in modo da non far scomparire la voce del narratore. Oltre a queste didascalie, sono presenti intere sezioni narrative, come proemi e protasi, collocate nell’incipit di numerosi canti.

Per constatare qual è l’importanza delle parti narrative all’interno del volgarizzamento, qui di seguito riporto la sinossi dei canti corrispondenti alla Phaedra di Seneca, in cui le annoto canto per canto.

Canto IV

Proemio della parte relativa alla vicenda di Fedra e Ippolito, con riferimento alla fonte latina, dedica e invocazione ad Apollo e Minerva (1-15); Ippolito predispone le attività di caccia (16-29); inizio del volgarizzamento della Phaedra: apostrofe ai compagni cacciatori (30-120) e inno cletico a Diana (120- 193).

Parti narrative: 16-29; 175-177; 178-183.

Canto V

Proemio con invocazione alle Muse e presentazione dell’argomento (1-15); introduzione al monologo di Fedra (16-24); volgarizzamento del monologo di Fedra (25-160).

Parti narrative: 1-24.

Canto VI

Introduzione al discorso della nutrice (1-6); volgarizzamento del discorso della nutrice (7-36); introduzione alla risposta di Fedra (37-38); volgarizzamento della risposta di Fedra (38-45); volgarizzamento della risposta della nutrice (46-151).

Parti narrative: 1-6; 37-38; 47.

Canto VII

Introduzione alla replica di Fedra (1-9); volgarizzamento della replica di Fedra (10-60); volgarizzamento della risposta della nutrice (61-138); volgarizzamento della risposta di Fedra (139-154).

Parti narrative: 1-9; 64; 143.

Canto VIII

707 Cfr. Piccini 2008. Per alcuni esempi di spostamenti di parti del testo senecano, cfr. Guastella 2018, p.

1370, nota 51.

193

Introduzione alla replica della nutrice (1-6); volgarizzamento della replica della nutrice (7-15); volgarizzamento della risposta di Fedra (16-18); [segue l’alternanza di battute] nutrice (19-36); Fedra (37- 45); nutrice (46-54); Fedra (55-56A); nutrice (57A); Fedra (57-58); nutrice (59B-60); Fedra (61-63); nutrice (64-66); Fedra (67-69); nutrice (70-72); Fedra (73-75); nutrice (76-77); Fedra (77-81); nutrice (82- 102); Fedra (103-114); nutrice (115-123); Fedra (124-138); nutrice (139-141); Fedra (142-144); nutrice (145-166).

Parti narrative: 1-6; 16A; 19A; 37A; 47A; 55A; 56B; 57; 59A; 61; 64; 66; 70; 73A; 76A; 77B; 83A; 91- 93; 105; 124-126; 142; 145-147.

Canto IX

Volgarizzamento del primo coro della Phaedra (1-154).

Canto X

Protasi al canto (1-9); breve apostrofe di Fedra alla nutrice (10-23A); monologo della nutrice (23B-96); monologo di Fedra (97-147); introduzione della risposta della nutrice (148-152); risposta della nutrice (152-187).

Parti narrative: 1-12; 16-23A; 97-98; 148-152.

Canto XI

Proemio con invocazione ad Apollo (1-21); introduzione al monologo della nutrice (22-33); monologo della nutrice (34-100); introduzione al discorso di Ippolito (101-109A); discorso di Ippolito (109B-120); risposta della nutrice (121-250).

Parti narrative: 22-33; 101-109A; 124-125.

Canto XII

Introduzione alla replica di Ippolito (1-3); replica di Ippolito (4-223). Parti narrative: 1-3.

Canto XIII

Introduzione alla replica della nutrice (1-6); replica della nutrice (7-9); replica di Ippolito (10-27); risposta della nutrice (28-36); risposta di Ippolito (37-42); la nutrice e Ippolito si accommiatano (43-48); introduzione del monologo di Fedra (49-53A); monologo di Fedra (53B-75); la nutrice rientra in città (76- 81); apostrofe di Fedra alla nutrice (82-84); risposta della nutrice (85-96); Fedra sviene (97-114); Ippolito, preoccupato per la salute di Fedra, rientra ad Atene (115-135); Ippolito prende tra le braccia Fedra (136-144); battuta della nutrice a Fedra (144-151).

Parti narrative: 1-6; 10A; 28A; 37A; 43-48; 49-53A; 76-81; 83; 91A; 97-144.

Canto XIV

Introduzione alla battuta di Fedra (1-3); a parte di Fedra (4-31); apostrofe di Fedra a Ippolito (32-36); risposta di Ippolito (37-39); introduzione alla risposta di Fedra (40-42); risposta di Fedra (preterizione) (43-48); risposta di Ippolito (49-51); risposta di Fedra (52-54); [segue lo scambio di battute] Ippolito (55- 56); Fedra (57-90); Ippolito (91-96); Fedra (97-105); Ippolito (106-117); introduzione alla risposta di Fedra (118-123); a parte di Fedra (124-128A); transizione (128B-129A); risposta di Fedra (129B-135); risposta di Ippolito (136-138); Fedra (139-141); Ippolito (142-144); Fedra (145-156); introduzione della risposta di Ippolito (157-159); Ippolito (159-161A); Fedra (161B-232).

Parti narrative: 1-3; 38A; 40-42; 49; 52; 55; 57; 91; 97A; 106-107; 118-123; 128B-129A; 137; 139A; 142A; 145-146A; 147B; 157-159; 161B-162.

Canto XV

Introduzione della risposta di Ippolito (1-5); apostrofe di Ippolito a Giove (5-39); transizione (40-42); apostrofe di Ippolito a Fedra (43-72); Fedra (73-90); Ippolito (91-105); Fedra (106-114); Ippolito (115- 141); Ippolito se ne va (142-145).

Parti narrative: 1-5; 40-42; 73; 91; 106-107A; 116; 142-145.

Canto XVI

Reazione di Fedra all’accaduto (1-3); introduzione della battuta della nutrice (4-5A); battuta della nutrice (5B-27); transizione (28); apostrofe della nutrice alle donne ateniesi (29-69); lo sconforto di Fedra (70- 87); introduzione della battuta della nutrice (88-93); battuta della nutrice (94-136); la nutrice e Fedra tramano l’inganno per Teseo (136-151).

194 Canto XVII

Volgarizzamento del secondo coro della Phaedra (1-205).

Le sequenze narrative incipitarie di ogni canto servono principalmente ad esporre l’argomento, o ad invocare il supporto di divinità o Muse, conformemente alla tradizione del poema. Le didascalie narrative di transizione vengono inserite al volgarizzamento per passare da una sequenza narrativa a una dialogica, oppure per chiarire chi prende la parola a ogni battuta: svolgono una funzione ancillare rispetto al discorso diretto, e sono anch’esse tipiche del genere epico. In qualche caso, le didascalie descrivono la situazione in cui i personaggi si trovano ed il loro stato d’animo, andando ad ampliare il contenuto originale. Le didascalie sono fisiologicamente più numerose durante le sticomitie, quando i personaggi si scambiano concise e frequenti battute: vediamo esempi di questo fenomeno ai canti VIII (dialogo tra la nutrice e Fedra), XIII (dialogo tra Fedra e la nutrice), XIV (dialogo tra Ippolito e Fedra) e XV (dialogo tra Ippolito e Fedra). Al contrario, le didascalie si diradano nei canti contenenti monologhi (IV, monologo di Ippolito; V, monologo di Fedra; XII, monologo di Ippolito sulla vita agreste) e sono totalmente assenti nei canti corrispondenti ai cori tragici (IX, primo coro, e XVII, secondo coro)709.

È necessario soffermarsi sul quarto canto per ricavare notizie in più sul volgarizzamento. Il quarto canto si apre con il proemio alla parte dedicata alla vicenda di Ippolito e Fedra, che si compone di protasi (vv. 1-9), dedica (vv. 10-12) e invocazione ad Apollo e Minerva (13-15). Questa sezione metapoetica è cruciale per comprendere un importante aspetto della ricezione di Seneca tragico nella seconda metà del Trecento: la materia della tragedia di Fedra era conosciuta, ma non poteva essere letta, né compresa dai più, in quanto fino a quel momento aveva circolato solamente in lingua latina (v. 9, «literal sermon»); Sinibaldo rivendica così il primato del volgarizzamento:

Ippolito e Fedra (IV, 1-15)

Io ho per fine a qui, per evidenza de la materia del ch’io vòi parlare, fatta del mio rimar certa semenza.

Da ora inanze intendo de trattare

195

l’amor de Fedra e quel che de ciò venne, non potendo l’amor reciplocare,

seguendo quel’ che già con miglior penne descrisser tal materia, ma con verso

ch’altro che literal sermon non tenne. Ond’io per dar diletto – con diverso parlare – a quel bel giglio le cui fronde tolte m’ha il mondo, ch’or mi n’ha reverso, v u l g a r m e n t e dirò ciò che s’asconde a chi non pò sentir dei lor costrutti,

pur ch’Apollo e Minerva me seconde.

Il passo rivela l’intenzione del poeta: egli non vuole semplicemente seguire la traccia fornita dalla tragedia senecana per raccontare la storia dell’amore di Fedra per Ippolito, bensì vuole volgarizzare il testo latino originale (v. 13: «vulgarmente dirò ciò che s’asconde»), con lo scopo di renderlo accessibile agli illetterati (v. 14: «a chi non po’ sentir dei lor costrutti»).

Tuttavia, in un punto, il testo fa difficoltà: ai vv. 7-8 si parla di «quel’ che già con miglior penne / descrisser tal materia» al plurale. Come indica Piccini in apparato (2008, p. 52), il pronome «quel’», al verso 7, nel codice parigino si legge nel singolare «quil», così come il verbo «descrisser» al verso 8 nel codice napoletano si legge nel singolare «descrisse». Già all’epoca della stesura dei manoscritti, dunque, su questa espressione c’erano dubbi tra la resa plurale e quella singolare delle forme. Piccini ha optato per le forme plurali, confortato nella sua scelta dall’aggettivo «lor» presente al v. 14710. Ciononostante, rimane il problema: anche se, come reso evidente dalla didascalia del codice parigino, questi canti corrispondono chiaramente al volgarizzamento della

Phaedra, come mai in questo punto Sinibaldo parla di autori al plurale? Probabilmente,

qui Sinibaldo si riferisce alla quarta epistola delle Eroidi di Ovidio, Phaedra Hippolyto, oppure alle Metamorfosi, oltre che alla tragedia di Seneca. Delle Eroidi, e della IV epistola, nondimeno, esistevano già alcune versioni in fiorentino, in particolare un volgarizzamento anonimo in prosa degli anni 1310/1320711 ed il volgarizzamento ad opera di Filippo Ceffi, redatto nella prima metà del Trecento712. Forse, Sinibaldo si

710 La forma elisa «Quel’» per «Quelli» è inusuale: più consueta sarebbe la forma «Que’».

711 Cfr. Anonimo, Epistola di Fedra, in Dizionario dei volgarizzamenti (DiVo) al seguente link:

http://tlion.sns.it/divo/index.php?type=opera&op=fetch&id=1056&lang=it (ultima consultazione in data 12/04/2018).

712 Cfr. Filippo Ceffi, Eroidi volg., in Dizionario dei volgarizzamenti (DiVo) al seguente link:

http://tlion.sns.it/divo/index.php?type=opera&id=1057&op=fetch (ultima consultazione in data 12/04/2018).

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riferisce in maniera generica a tutte le fonti antiche che, in versi, hanno tramandato la storia di Ippolito e Fedra.

Il proemio contiene tre versi di dedica per un fittizio «bel giglio» (v. 11), da cui il poeta – per ragioni non specificate – è stato allontanato. Si può supporre che la dicitura «giglio» si riferisca alla donna amata dal poeta713; si potrebbe inoltre ipotizzare che il poeta, parlando di «giglio», alluda a Perugia, da cui venne bandito tra il 1371 e il 1378. D’altronde, la dedica alla donna amata non escluderebbe l’allusione alla città natale714.

L’obiettivo dichiarato dal poeta è quello di «dar diletto» (v. 10) alla donna (e/o all’intera popolazione perugina), narrando una storia mitologica in una lingua che fosse comprensibile, il volgare. La donna rappresenta simbolicamente il pubblico pensato dall’autore, costituito di lettori digiuni di latino. D’altronde, Sinibaldo scriveva negli stessi anni di Giovanni Boccaccio, che aveva un pubblico consolidato di lettori della borghesia cittadina fedeli alla letteratura in volgare.

3.1.6 Lo stile del volgarizzamento di Sinibaldo tra fedeltà al modello e

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