• Non ci sono risultati.

GELLIUS Bernardinus Marmita parmiensis eminentissimo ac humanissimo D<omino> D<omino>539 Guielmo de Rupeforti

magno Cancellario Francie S<alutem> D<icit>

Maiores nostri quodcumque studio, industria aut virtute consecuti fuerant. Id omne ad usum hominum tribuebant, quibus omnibus prodesse ut suis nedum liberale officium sed fructum laborum putabant.

Quod quidem mihi, hoc tempore, faciendum esse duxi non spe aliqua compendii, sed amore et studio honestatis, ut si quid vigiliis aut bonarum artium disciplina ipse profeci, id omnibus libenter impartiri velim. Itaque has commentationes

5

10

15

GELLIO Bernardino Marmitta da Parma porge il suo saluto all’eminentissimo e generosissimo signor Guglielmo di Roccaforte gran cancelliere di Francia545

I nostri avi conseguivano qualunque cosa con lo studio, il lavoro o la virtù. Attribuivano tutto ciò all’uso degli uomini, e ritenevano essere utile a tutti loro come a se stessi non solo il dovere delle arti liberali ma anche il frutto delle professioni.

In questo periodo, ho ritenuto certamente di dover scrivere quest’opera non per qualche speranza di guadagno, bensì per l’amore e lo zelo dell’onestà, cosicché se ho ottenuto qualche risultato con le veglie o la disciplina delle buone arti, desidererei offrirlo a tutti liberamente. Dunque ora ho

538 Questa lettera dedicatoria appare tradotta in francese in Lebel 1988, pp. 152-154.

539 La ripetizione dell’appellativo dominus è frequente nelle intestazioni delle lettere, come testimoniato

già dall’epistolario di Coluccio Salutati (ad es., Ep. 12, 8 «reverendissimo patri et domino domino Tome de Rondello episcopo Canturiensi»).

545 Pochi studi italiani riportano notizie sul gran cancelliere di Francia Guillaume de Rochefort

(Guglielmo di Roccaforte). Egli viene citato da G. Tiraboschi in Storia della letteratura italiana (Tiraboschi 1824, LII, p. 1600) nella biografia di Bartolommeo Fonte. Per quanto riguarda gli studi francesi, si vedano Anselme de Sainte-Marie 1730, pp. 412 e 414; Vaesen-Charavay 1895, p. 56; Comines 1747, p. 392.

146

quas superioribus annis dum publice profiterer forte indigeste inconditeque annotavimus te hortante, nunc imprimendas dedimus. Qui me quasi sub alis tuis protegendum putasti, videlicet indulgentia tua, mandato facto, universim in regno serenissimi Regis francorum, ne quis post me hoc idem opus ad quartum annum imprimere presumat; et, quod humanius est, pollicitus es mihi si quid aeris nostri inde imminutus fuerit, id omne mihi regia pecunia resarcitum iri. Que res effecit ut celerius quod tibi gratum esse duxi, aggrederer licet grande onus, quod voluntate potius quam gravitate ac doctrina fretus, pro ornamentis tuis suscepi. Non possum equidem tacitus preterire quod tibi placere scio ob tuas prestantissimas virtutes, quibus te non modo his quos nostra aetas tulit, sed his omnibus quos priscorum volumina laudant, antepono. Nihil est per deos immortales, quod gratius esse debeat, aut optatius esse possit, quam de bonis bene mereri: qui de me quoquo modo meriti erunt, semper tamen meas curas et voces habebunt. Quamvis sciam quoque non defuturos homines quedam ventris animalia540 qui studia nostra damnare

non cessabunt, et me macerantibus linguis blacterantes inhoneste lacerabunt. Hos mihi iudices non prepono, qui conviviis et lustris pernoctant, voluptatem, luxum, aliasque sordes summum bonum expendentes. Te, vir eminentissime, appello; tibi iudicium fero; qui rerum litterarumque impense doctus cognoscere potes que non in scholis decantata, neque commentariis pertrita sunt. Quare te vehementer rogo, cum ocium furari, et aliqua interstitione laxari poteris541, ut hec

nostra studiose legas, que tibi quasi 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65

dato alle stampe questi commenti che ho annotato quando tu mi spronavi, mentre negli anni passati le esponevo al pubblico forse confusamente e senza metodo; tu che mi hai considerato, per così dire, da proteggere sotto le tue ali, certamente per la tua indulgenza, avendo mandato l’ordine, in tutto il regno del serenissimo Re di Francia, col fine di impedire che per quattro anni qualcuno dopo di me osasse dare alle stampe questa stessa opera; e, cosa ancor più generosa, mi hai promesso che, se qualcosa del mio compenso sarebbe poi stato violato, tutto ciò mi sarebbe stato risarcito tramite il denaro del Re. Da ciò è conseguito che più velocemente, poiché ho voluto esserti grato, mi sono applicato a questo lavoro, sebbene di grossa entità, che ho intrapreso confidando nella buona disposizione piuttosto che nel rigore e nella disciplina, a lustro dei tuoi titoli onorifici. Senza dubbio, non posso tralasciare silenzioso ciò che so farti piacere per le tue straordinarie virtù, per le quali ti antepongo non solo a coloro che vengono esaltati dal nostro tempo, ma anche a tutti coloro che vengono lodati nelle opere degli antichi. Non c’è qualcosa, per gli dei immortali, che debba essere più gradita, o possa essere più desiderata, che rendere un buon servizio: tutti coloro che avranno in qualche modo meriti nei miei confronti, sempre nondimeno avranno le mie attenzioni e le mie parole. Per quanto io sappia che non mancheranno anche uomini, veri vermi, i quali non cesseranno di biasimare i miei sforzi, e mi strazieranno vergognosamente con malelingue estenuanti e sproloquianti. Non antepongo a me questi giudici, che trascorrono le notti tra banchetti e postriboli, considerando come sommo bene la libidine, la lascivia, e altre trivialità. Io rivolgo il mio pensiero a te, eminentissimo uomo; a te offro il giudizio; te che devotamente dotto dei fatti e degli scritti puoi conoscere le cose che non vengono ripetute nelle scuole, né sono banalizzate dai commenti. Perciò ti supplico

540 «Ventris animalia» è espressione pliniana (Plin., Historia Naturalis, XXVII, 48). Plinio è peraltro

citato più oltre. Interessante notare che una edizione dell’Historia Naturalis venne stampata nel 1481 a Parma, città dove nacque e insegnò Gellio Bernardino Marmitta, per i tipi di Andrea Portìlia.

147

primitias quasdam et ingenuarum artium libamenta dedimus, ut sub tutela nominis tui quasi sub umbra ingentis arboris delitescere possent. Id sane me audentiorem ad scribendum fecit, non operis fidutia, ut ipse Plinianam sententiam usurpem: «Multa valde preciosa, ideo videntur, quia templis sunt dicata»542.

Accessit aliud quoque mihi non paruum levamentum oneris mei quod hec scripta nostra ab humanissimo viro et reverendo patre meo Domino Henrico Seilacii iuris pontificii consultissimo et insulae barbarae lugdunensis Abbate meritissimo satis probari intelligo. Is enim ut est fandi dulcissimus543 affabilissime sepius

me adhortatus est ut ista ederem que si illi omni probitate, modestia, integritate et rerum scientia ornatissimo non displicuerint, eo magis spero ceteris quoque non ingrata fore. Quare ut legas ipsum Senecam ita pure elaboravimus, ut brevius et verius quam possit res ipsa tanta habeatur, multorum mendas et errata castigavimus, eo animo non ut cuipiam derogarem, sed verum ac planum iter legentibus aperirem. Itaque sine vano obtrectatu considerent544 omnes quantum ipsis

profuerimus et tibi pariter acceptum referant cuius causa hec ipsi excudimus. 70 75 80 85 90 95 100

vivamente, dato che sei padrone di rubare l’ozio e prenderti qualche pausa, di leggere con cura queste nostre riflessioni, che ti offro come se fossero, per così dire, primizie e assaggi di arti liberali, affinché possano rifugiarsi sotto la protezione del tuo nome quasi come sotto l’ombra di un maestoso albero. È questo che mi ha reso veramente più audace nello scrivere, non tanto la fiducia dell’opera, in modo che io stesso possa ricorrere alla sentenza pliniana: «Molte cose sembravano veramente preziose, poiché furono dedicate ai templi». Si è aggiunta anche un’altra cosa, per me di non poco sollievo ai miei oneri, il fatto che ho compreso che i miei scritti sono approvati dal magnanimo uomo e reverendo padre mio signore Henri de Seilhac546, espertissimo di diritto pontificio

e meritevolissimo Abate del monastero lionese di Île-Barbe. Egli infatti, dato che è molto gradevole nel parlare, più di una volta mi ha esortato con molta affabilità affinché divulgassi questi scritti, che se non dispiacquero a lui, adornatissimo di ogni onestà, modestia, integrità e conoscenza delle cose, tanto più spero che non saranno spiacevoli nemmeno per gli altri. Per questa ragione, ovvero affinché tu legga lo stesso Seneca, ho lavorato in modo molto rigoroso, in modo da avere la stessa così grande cosa nella maniera più concisa e autentica possibile, ho corretto le sviste e gli errori di molti, non con l’intenzione di sminuire qualcuno, bensì di aprire ai lettori un sentiero retto e piano547. Dunque tutti

considerino, senza il vano intento di denigrare, quanto a loro stessi sono stato utile e offrano parimenti il dovuto a te, per cui ho composto questo commento.

Apparato 52 damnare : M dammare 81 Seilacii : M Scillacii

542 Plin, Hist. Nat., Praef., 19. 543 Gell., Noct. Att., XVI, 3, 1. 544 Gell., Noct. Att., 16.

546 Per l’identificazione di Henri de Seilhac, cfr. Gallia Christiana, 1728, pp. 231-232. Cfr. anche De

Robertis-Resta 2004, p. 191, e l’appunto di Stagni 2007, p. 221.

148

Documenti correlati