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Lo stampatore dell’edizione: Filippo Pinzi

1 ante 478 Gallico Ferrara Editio princeps Testo

2.1 Gli incunaboli

2.2.4 Seneca, Tragoediae, Venezia, Filippo Pinzi, 29 ottobre 1510 367

2.2.4.2 Lo stampatore dell’edizione: Filippo Pinzi

Filippo Pinzi, o Pincio (in latino: Philippus Pincius), nacque a Canneto, nel mantovano, da cui la sottoscrizione Mantuanus, che usa abitualmente. Iniziò l’attività di stampatore a Venezia nel 1480, proseguendola sino al 1530. La sua tipografia produsse specialmente edizioni in-folio di opere classiche, giuridiche e mediche. Tra le edizioni dei classici latini, la più ricca in xilografie è l’edizione delle Historiae Romanae

decades di Tito Livio del 1495374, poi ristampata nel 1511 col titolo di Decades cum

figuris375. Tra le sue edizioni illustrate dei classici, troviamo anche l’Omnia opera di

Virgilio del 1505376, l’Opera di Orazio del 1509377, l’Apuleius del 1510378, le Tusculane

questiones cum commento Philippi Beroaldi del 1510379.

Il figlio Aurelio proseguì l’attività del padre, lavorando per Lucantonio Giunta. 2.2.4.3 Le xilografie dell’edizione pinziana delle Tragoediae380

La prima xilografia si trova sul frontespizio, e raffigura l’auctor, Seneca, nelle vesti di magister e circondato dai suoi commentatori, ovvero Marmitta e Caetani (come specificato da una riga a stampa sottostante che esplicita i tre nomi). Per la verità, notiamo che nell’illustrazione sono presenti non due, ma ben quattro commentatori: la

372 De citra: così era denominata la carica del procuratore che si occupava delle opere di carità e dei

testamenti “al di qua” del Canal Grande, ovvero nei sestieri di San Marco, Castello e Cannaregio.

373 Cfr. Ascarelli-Menato 1989, pp. 338 e 364. 374 ISTC il00247000. 375 USTC 838280; EDIT 16 34922. 376 EDIT 16 34873. 377 EDIT 16 22678. 378 EDIT 16 2224. 379 EDIT 16 12179.

380 Copie consultate: Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 1.2.46 e Lyon, Bibliothèque de la ville,

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xilografia, infatti, non era stata creata appositamente per l’edizione delle Tragoediae, bensì era un’illustrazione generica applicabile a tutte le edizioni dei classici commentati. Pinzi l’aveva utilizzata pochi mesi prima, il 13 luglio del 1510, sul frontespizio dell’edizione di Strabone, De situ orbis381. Questa xilografia è più ampia delle dieci interne: misura infatti 9x13,5 cm, mentre le altre misurano 6,5x8 cm.

Le illustrazioni interne sono collocate prima dell’incipit di ciascuna tragedia, lungo la colonna del testo. Essendo di ridotte dimensioni, sono piuttosto semplici e non molto dettagliate. Nella xilografia dell’Hercules furens, Ercole è rappresentato con la clava e il manto del leone nemeo mentre doma il Cerbero, che sta uscendo dalle fiamme infernali. Sulla destra appaiono due figure femminili, forse la dea Giunone (con lo scettro) e la dea della discordia, o una Furia (dal volto e dal corpo macilenti). L’illustrazione del Thyestes comprende tre scene, la prima e la seconda separate dal fiume infernale, la seconda e la terza da un motivo vegetale. Nella prima scena a sinistra appare una figura femminile con una serpe a mo’ di cintura, probabilmente una Furia. Al centro, è raffigurato il supplizio di Tantalo agli Inferi (dove gli è impedito sia di bere che di mangiare): è infatti l’ombra di Tantalo il primo personaggio a prendere la parola nella tragedia. Nell’ultima scena, un servo fa a pezzi i corpi inerti dei figli di Tieste, imbanditi sulla tavola da Atreo: nella tragedia il delitto è raccontato da un messaggero382. Troviamo poi l’illustrazione della Thebais: a sinistra, vediamo un

bambino appeso per i piedi ad un albero: si tratta di Edipo da bambino, abbandonato in un bosco sul monte Citerone per volontà del padre. Questo antefatto, che viene raccontato anche a metà della tragedia (v. 254), è in realtà una delle prime notizie fornite dal commento marmittiano: «[custos armentorum] regi obtemperare contendit: perforatis infantis pedibus, et transmisso vimine, suspendit ad arborem […]. [Rex Corinthiorum Œdipum] a pedum tumorem vocavit»383 (f. f6r). Al centro, in piedi,

troviamo Edipo, ormai cieco, guidato dalla figlia Antigone. A destra, Eteocle e Polinice si danno battaglia davanti al castello. La quarta xilografia illustra l’Hyppolito: al centro, vediamo Fedra, con la corona regale, accompagnata dall’anziana nutrice; sulla sinistra, è presente Ercole, con la pelle leonina e la clava: una presenza bizzarra, in quanto non appare mai nella tragedia, e viene solamente citato da Teseo nel racconto dell’impresa

381 USTC 857593; EDIT 16 34907.

382 Cfr. Riccò 2008, p. 359, nota 39. Le illustrazioni, come sarà chiaro anche dagli esempi successivi, non

alludono quindi a una possibile messa in scena delle tragedie, ma solo ai contenuti fruibili attraverso la lettura dei testi e dei relativi commenti.

383 Traduco: «Il pastore volle obbedire al re: dopo aver forato i piedi del bimbo, e avervi fatto passare un

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agli Inferi384; a destra, infine, appare un giovane che regge un mantello, nell’atto di

andarsene: potebbe essere Ippolito che fugge dalla matrigna385. La xilografia dell’Œdipus è di più facile interpretazione: sulla sinistra, appare il popolo di Tebe, guidato da Tiresia; sulla destra, Edipo, ormai cieco, parla con Giocasta. Le due scene, cronologicamente successive, sono separate da un motivo vegetale stilizzato, che indica un movimento nel tempo. La xilografia delle Troas, come abbiamo anticipato, è assente: avrebbe dovuto trovarsi al f. n1v. Le motivazioni di questa assenza restano misteriose: potrebbe rivelare una dimenticanza da parte dei collaboratori del Pinzi, oppure dell’anonimo xilografo. Tuttavia, poiché Bernardino de Viani Vercellese nel 1522 riutilizzerà la stessa serie di xilografie, questa volta completa dell’illustrazione delle

Troas, propendiamo per l’ipotesi che si sia trattato di un errore commesso dalla

tipografia del Pinzi. Per descrivere l’illustrazione, ci avvaliamo dunque della stampa del Vercellese (f. 72r386). Vediamo tre scene: nella prima, Polissena giace sulla tomba di Achille, dopo essere stata uccisa da Pirro; a destra, Ulisse è colto nell’attimo in cui sta per far precipitare Astianatte dalle mura di Troia (la scena è rappresentata in maniera simbolica, senza rispettare le regole di prospettiva); al centro, un nunzio porta la notizia delle morti di Polissena e Astianatte alle madri Ecuba e Andromaca, che si abbracciano afflitte. L’approccio simbolico è visibile anche nella xilografia dedicata a Medea, in cui vengono accennati gli antefatti della tragedia: a sinistra, troviamo la nave degli Argonauti; al centro, campeggia una grande torre, dalla quale, con una lancia, è proteso il vello d’oro; in cima alla torre vediamo Giasone e Medea, nonché un drago, animale spesso evocato durante la tragedia (ad esempio, al v. 704, durante un incantesimo, Medea evoca il drago della Colchide; nella conclusione, al v. 1023, Medea descrive la sua fuga in cielo, portata da due draghi). Per quanto riguarda l’illustrazione dell’Agamemnon, è presente un errore: al suo posto è infatti riprodotta quella dell’Octavia; l’errore è stato individuato confrontando l’edizione del Pinzi con quella del Vercellese (f. 97r), dalla quale abbiamo ricavato la xilografia giusta. L’illustrazione dell’Agamemnon raffigura, nell’ordine: Cassandra; Egisto con una spada sguainata, pronto a colpire Agamennone; Clitennestra, che porge una coppa al marito durante il banchetto allestito in suo onore per ingannarlo; Agamennone, seduto al desco.

384 Sen., Phaed., 843 e 849.

385 Potrebbe trattarsi di un’illustrazione mal collocata: la presenza di Ercole e di un mantello farebbe

pensare piuttosto alla trama dell’Hercules Œthaeus; tuttavia, anche nell’edizione stampata da Bernardino de Viano la ritroviamo sempre associata all’Hyppolito.

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L’illustrazione dell’Octavia raffigura, sulla sinistra, una figura incoronata d’alloro che regge un libro: è molto probabilmente Seneca, contemporaneamente auctor e personaggio tragico. Al centro appare Nerone, con scettro e mantello regale. Alla sua sinistra, sono rappresentate due figure maschili, forse simboleggianti il popolo di Roma, ovvero il coro della tragedia, ostile a Nerone. Sulla destra, vediamo Ottavia, in atteggiamento supplice e con due lacrime sulla guancia, accompagnata dall’anziana nutrice. In basso, appare una figura supina e inerte, che probabilmente allude alle vittime causate da Nerone, che alla fine della tragedia ordina di soffocare nel sangue i tumulti popolari. Infine, la xilografia dell’Hercules Œtheus rappresenta un’unica scena: la morte di Ercole. L’eroe si trova al centro dell’immagine, su una pira funebre, avvolto dalle fiamme. Sulla sinistra, due personaggi maschili osservano e indicano la scena, forse Illo e Filottete; sulla destra, due personaggi femminili fanno lo stesso, e sono probabilmente Deianira e la sua nutrice. In realtà, nella tragedia, solo Filottete assiste Ercole al momento della sua morte: la semplificazione è stata resa necessaria a causa della mancanza di spazio. Sullo sfondo si staglia il profilo stilizzato del Monte Eta.

Le illustrazioni di questa edizione sono molto semplici e prive di dettagli; esse hanno lo scopo di alludere agli antefatti della tragedia o alle sue scene principali, attigendo le informazioni direttamente dal testo latino, oppure dal commento di Marmitta. Costituiscono un paratesto utile al lettore per distinguere e memorizzare le trame delle tragedie. Tuttavia, l’eccessiva semplificazione cui ricorrono, presumibilmente per le ridotte dimensioni o per mancanza di abilità dello xilografo, comporta la presenza di imprecisioni, che certamente non agevolano la comprensione da parte del lettore. L’illustratore tenta spesso di descrivere la successione cronologica dei fatti, senza però renderli in maniera completa, né efficace: ad esempio, nelle illustrazioni dell’Hyppolito, della Medea e dell’Agamemnon vengono tralasciate le scene principali dei drammi, rispettivamente: la morte di Ippolito, gli infanticidi compiuti da Medea, l’assassinio di Agamennone da parte di Egisto e Clitennestra. Può darsi che l’illustratore non volesse anticipare i finali drammatici di alcune tragedie, ma in questo caso la sua opera mancherebbe di coerenza, poiché per il Thyestes o l’Hercules Œtheus li illustra senza scrupoli di sorta. L’impressione è che l’illustratore mancasse di un’adeguata preparazione sui contenuti delle tragedie, soprattutto considerando l’incomprensibile presenza di Ercole nella vignetta dedicata alla vicenda di Ippolito e Fedra. La negligenza dei collaboratori del Pinzi ha inoltre fatto sì che ben due xilografie della serie venissero omesse: Troas è così rimasta priva di illustrazione,

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mentre all’Agamemnon è stata associata per errore l’illustrazione dell’Octavia, impressa per due volte all’interno del volume. Si potrebbe ipotizzare che la serie di xilografie fosse pervenuta incompleta al Pinzi, e che magari fosse stata fatta completare da Bernardino de Viano dodici anni dopo presso lo stesso xilografo (poiché lo stile di tutte le illustrazioni è il medesimo): tuttavia, credo sia più economico pensare che le due omissioni presenti nell’edizione del Pinzi siano state prodotte da errori di tipografia.

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