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Strategie di marketing nel mercato del lusso

5. Le politiche di distribuzione

5.2 Immagine & business

Il de-marketing selettivo è realizzato per “difendere” i propri clienti dalla generalità dei consumatori non abituali. Si ottiene attraverso la riduzione dei punti di vendita e degli stock in questi presenti. Se la rarità del prodotto viene poi in qualche modo comunicata dal produttore, il cliente abituale vede rafforzati i motivi di esclusività che ne hanno determinato la scelta, soddisfacendone ancor di più il bisogno individuale e sociale di unicità e differenziazione dagli altri.

L‟eccesso di domanda è sicuramente una delle componenti del successo di molte aziende del lusso. La generalizzazione che vuole che questa strategia sia la sola utile per garantire un futuro radioso a tutte le aziende del lusso, è però discutibile. Tutto sta nel valutare correttamente il valore della marca: se questo è davvero elevato il suo CAP può contenere una rendita di marca che compensa la rinuncia alle vendite che potrebbe realizzare attraverso l‟allargamento distributivo. Se il valore della marca non è invece così elevato, questa strategia non ripaga, dal punto di vista economico, dei vantaggi che procurerebbero maggiori vendite, anche se realizzate a prezzi più bassi.

Non a caso, negli ultimi vent‟anni, abbiamo assistito alla “mungitura” di decine di marchi prestigiosi, portati a far cassa sul lusso accessibile attraverso l‟allargamento della loro distribuzione e la riduzione del prezzo di accesso alla marca, ma a nessun caso di concreta rivalutazione di un marchio realizzata esclusivamente attraverso il sostegno pubblicitario. Per questo, nel settore del lusso, è così importante disporre di marche già affermate.

La rendita di marca di alcuni beni di largo consumo che godono ancora della loro notorietà antica, quella conquistata ai tempi di Carosello è ancora elevatissima. Per quanto banali siano, per quanto circondati di prodotti più recenti e pubblicizzati, spuntano dei livelli di notorietà, quote di mercato e CAP ben più elevati di quelli di marche recenti che hanno speso decine di milioni di euro per affermarsi. Ma se è così in

mercati tutto sommato poveri dal punto di vista del peso della marca nella decisione di acquisto, figuriamoci cosa accade nel mondo del lusso, dove il valore di marca è il quasi mito tutto spendibile da un produttore. fattibile. Il comportamento più corretto consiste allora nel trovare il giusto equilibrio tra un valore di marca radicato nella mente del consumatore e CAP da pretendere, adeguando tutte le leve del marketing mix alla sua comunicazione, cominciando dal prezzo e dal livello di selettività distributiva.

5.3 L’internazionalizzazione

Quello che negli ultimi anni le aziende del lusso hanno sacrificato sul piano della penetrazione distributiva nei singoli paesi lo hanno ampiamente recuperato sul fronte dell‟allargamento dei confini geografici della propria presenza. Le vendite all‟estero delle principali aziende del settore rappresentano ormai oltre il 70% del totale e sono ancora in crescita.

L‟abbattimento dei confini del settore, favorito da una più veloce diffusione delle informazioni, degli stili di vita e dei gusti, ha creato un mercato a domanda globalizzata. Le aziende si rivolgono ormai ad un target molto omogeneo, che va dall‟Europa al Nord America al Giappone e che si sta estendendo al Sud Est Asiatico, al Sud America e all‟Est Europeo. “Oggi le differenze sono messe in discussione dalle facilità di scambio e contatto a distanza ed entrano in una specie di melting-pot che le mescola e che in certe condizioni le fonde fino ad eliminarle”51.

Le implicazioni dell‟internazionalizzazione in termini di dimensioni degli investimenti pubblicitari e di costo per l‟apertura di punti di vendita di proprietà hanno reso il settore più capital intensive. D‟altra parte è proprio la globalizzazione del

50 La “distribuzione ponderata” è la percentuale di mercato, in valore, che passa dai punti di vendita nei quali una marca è presente. Si contrappone alla “distribuzione numerica” che è invece la percentuale del numero di negozi che trattano la marca rispetto al loro numero totale.

51 Rullani E., 1999.

mercato che rende possibili i vantaggi competitivi derivanti dall‟integrazione delle attività su scala planetaria.

I processi di internazionalizzazione distributiva delle aziende del lusso hanno percorso tre tragitti fondamentali: l‟approccio estensivo, mirato ad assicurarsi presenze qualificate da negozi di proprietà nelle più importanti capitali; quello intensivo, orientato su singoli paesi penetrati in profondità selezionandone la più importanti città;

quello one-shot, favorito dall‟acquisizione di aziende che già possedevano reti distributive internazionali. Ad esempio Vuitton, con l‟acquisto di DFS specializzato in particolare nella vendita al dettaglio negli aeroporti internazionali, ha ottenuto in un colpo solo ben 150 negozi in 15 paesi.

Pur se mondiale nei mercati di consumo, il lusso deve restare locale nella produzione. I prodotti devono essere l‟espressione di un made in specifico, non ambiguo e non camuffato. Non solo italiano o francese beninteso: il cachemire deve essere inglese, la lana cotta austriaca, gli orologi svizzeri.

Fig. 33 – Tratti d’immagine del made in Europe (Marco Turinetto, Facoltà del Design del Politecnico di Milano)

Caratteristiche Italia Francia Germania U.K. Spag na europei. Ciò che è sorprendente è che l‟Italia, nonostante sia particolarmente apprezzata

per lo stile, l‟estetica e la creatività, ben più della Francia, sia pesantemente superata da questa proprio nel lusso e nella raffinatezza.

Le barriere all’entrata ormai erette dai grandi gruppi del lusso con l‟utilizzo massiccio della pubblicità e con la diffusione mondiale dei negozi di proprietà, li rendono certamente molto difficili da attaccare da parte di aziende che non possiedono le stesse dimensioni e gli stessi mezzi finanziari. L‟internazionalizzazione basata sulla distribuzione diretta, ha anche impedito la classica strategia d‟attacco ai grandi leader mondiali: quella di nicchia. Qualunque specialista può ritagliarsi degli spazi di specializzazione nei quali far valere le proprie competenze ed abilità. Ma se può farlo facilmente in presenza di un retail che gestisce gli assortimenti, e puo‟ quindi preferire, in taluni casi le caratteristiche più peculiari dello specialista, più difficile è quando i distributori devono venire esclusi per sostenere l‟immagine di marca. Le grandi marche di lusso hanno potuto estendere la loro gamma fino agli accessori più banali perché nessun produttore di cinture o di borsette o di cravatte, per quanto bravo, può permettersi di aprire negozi monomarca in giro per il mondo che si sostengono economicamente vendendo una gamma così limitata di articoli.

Una parte del lusso emergente potrebbe allora essere il “lusso di ritorno” degli specialisti, reputati per il loro passato soltanto nel mercato domestico, declassati all‟inizio in quello internazionale per problemi di accesso distributivo e di dimensione degli investimenti pubblicitari, ma rivalutati anche qui, nel tempo, in forza della qualità percepita da parte del consumatore.