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Capitolo 1. UN EROE GRECO CHE PIACE A ROMA

1.2. Il baluardo degli Achei oltre l’epica arcaica

1.2.2. Un’impresa da asini

Oltre alle derive violente e fallimentari che potevano alterare il volto guerriero e omerico di Aiace, il rischio a cui il valore militare di questo eroe si trova esposto, nel mondo greco, è anche quello della svalutazione: una svalutazione che, come nella Piccola Iliade o nelle parole dell’Agamennone sofocleo, finisce per fare delle imprese difensive associate all’eroe fin dall’epica arcaica, un esempio di eroismo passivo e ben poco glorioso.

Tra i potenziali svantaggi che derivano ad Aiace dagli sviluppi del suo eroismo di resistenza, particolare attenzione desta già una strana similitudine omerica. Siamo nel momento che segue l’intervento dell’eroe in aiuto ad Ulisse ferito: Aiace infuria nella battaglia fino a quando Zeus volge al panico l’animo dell’eroe; inizia allora quella peculiare alternanza tra solida resistenza e ritirate “a tratti”, discussa nelle pagine precedenti.66 Allo strano avvicendarsi dei due comportamenti opposti – motivati, come si è visto, dalla conservazione di una tecnica di combattimento pre-omerica – corrisponde una similitudine costruita su due termini di paragone. Il primo (Hom. Il. 11.548-57) è un leone, la fiera più abitualmente associata da Omero ai propri eroi.67 Quello a cui Aiace viene uguagliato, è un leone scacciato da cani e pastori, bramoso e smanioso di preda, κρειῶν ἐρατίζων, ἐσσύμενός, ma costretto ad allontanarsi insoddisfatto, con animo mesto, τετιηότι θυμῷ. Un leone frustrato, dunque, nel suo tentativo di caccia e costretto alla ritirata, come lo stesso Aiace, che retrocede con cuore greve: ὣς Αἴας τότ᾽ ἀπὸ Τρώων τετιημένος ἦτορ / ἤϊε πόλλ᾽ ἀέκων. Il secondo termine di paragone (Hom. Il. 11.558-65) è invece un asino testardo, un ὄνος […] νωθής. Ben diverso dall’aggressivo leone, l’asino è un animale a cui nessun altro guerriero omerico rassomiglia. Unico è dunque il caso di Aiace che, se a tratti retrocede come un leone sconfitto, a tratti resiste con fermezza, sotto i dardi troiani, νύσσοντες ξυστοῖσι μέσον σάκος αἰὲν ἕποντο, simile a un asino ostinato che si sazia di grano nei campi, sopportando i colpi dei giovinetti che lo bastonano: ὡς δ᾿ ὅτ᾿ ὄνος παρ᾿ ἄρουραν ἰὼν ἐβιήσατο παῖδας / νωθής. La forza dei colpi ricevuti è fanciullesca, βίη δέ τε νηπίη αὐτῶν, e non può smuovere l’asino dalla pastura, se non quando ne sarà sazio: σπουδῇ τ᾿ ἐξήλασσαν, ἐπεί τ᾿ ἐκορέσσατο φορβῆς.

66 Vd. supra sez. 1.1

67 Quello leonino è uno dei paragoni più usati da Omero per descrivere guerrieri in combattimento (si veda

per esempio 5.161-5, 299-302; 16.823-5; 18.579-1). Alle similitudini leonine di Omero, «the animal simile par excellence», viene dedicato un intero capitolo in Lonsdale (1990) 39-47.

La scelta di due animali così diversi, il leone e l’asino, per indicare la ritirata e la resistenza di Aiace parrebbe già riflettere quella penalizzante gerarchia di valore che emergeva dalla Piccola

Iliade: la brama d’attacco, espressione privilegiata di eroismo, si associa al fiero leone mentre la

resistenza si proietta nell’immagine, normalmente estranea al mondo eroico, dell’asino testardo. Ma l’impeto dell’Aiace-leone non ha successo, in Omero, e viene ridotto alla fuga. Del resto, la prerogativa del Telamonio, come abbiamo visto, non è l’ὁρμή dell’attacco: “egli batterebbe in ritirata”, proprio come il leone della similitudine, “se dovesse combattere”.68 La vera qualità militare del Telamonio è quella della resistenza: una qualità assimilata all’immagine di una bestia da soma, che potrebbe suggerire in Aiace una natura eroica capace solo di sopportare passivamente i pesi imposti, proprio come quella della Piccola Iliade; ma che, tra i due paragoni omerici, risulta vincente.

Il potenziale negativo offerto dalla similitudine asinina verrà però esplicitamente attivato, almeno una volta, nella costruzione dell’Aiace greco. L’esempio viene da Antistene, filosofo e retore di V-IV a.C.,69 di cui leggiamo interamente due discorsi contrapposti, intitolati Aiace e Odisseo e immaginati come le arringhe rispettivamente pronunciate dai due eroi nel contesto della contesa. Nell’arringa assegnata a Ulisse, il rivale di Aiace afferma che se mai dovesse nascere un poeta esperto di virtù, ἐάν ποτέ τις ἄρα σοφὸς ποιητὴς περὶ ἀρετῆς γένηται, paragonerebbe il Telamonio agli asini testardi e ai buoi, che stanno alla pastura e delegano ad altri il compito di imbrigliarli e aggiogarli (Antisth. Od. 14): […] τοῖς τε νωθέσιν ὄνοις καὶ βουσὶ τοῖς φορβάσιν, ἄλλοις παρέχουσι δεσμεύειν καὶ ζευγνύναι αὑτούς. L’ipotesi del futuro paragone asinino allude ovviamente alla similitudine che era già stata tracciata, nella tradizione letteraria, da Omero. Le parole dell’Ulisse di Antistene riprendono dunque il caso iliadico, esasperando in senso anti-eroico, cocciuto, passivo e codardo la qualità resistente dell’Aiace-asino. Al contrario del Laerziade, la cui audacia lo ha spinto a infiltrarsi nel campo nemico e mai lo ha distolto dall’affrontare pericoli di qualsiasi genere (Antisth. Od. 9: οὐδ' ἔστιν ὅντινα κίνδυνον ἔφυγον αἰσχρὸν ἡγησάμενος, ἐν ᾧ μέλλοιμι τοὺς πολεμίους κακόν τι δράσειν), Aiace viene anzi identificato come l’unico eroe dotato – ben poco audacemente – di un personale e costante “muro difensivo”. Tale è infatti, secondo Ulisse, lo scudo a sette strati che il Telamonio porta sempre con sé (Antisth. Od. 7): […] μόνος μὲν οὖν σύ γε ἑπταβόειον περιέρχῃ τεῖχος προβαλλόμενος ἑαυτοῦ. Aiace, dirà infine il suo rivale, potrà anche rivendicare a sé il merito di aver trasportato il pesante cadavere di Achille, impresa-simbolo della sua funzione resistente. Ma la capacità di sopportazione, così dimostrata, è solo una prova di vigore fisico, come quello appunto di una bestia da soma, non di valore o coraggio (Antisht. Od. 13): οὐκ οἶσθα ὅτι σοφίᾳ περὶ πόλεμον καὶ ἀνδρείᾳ οὐ ταὐτόν ἐστιν ἰσχῦσαι.

68 Cf. Ilias Parva fr. 2 West, vd. supra sez. 1.1.3.

Da baluardo degli Achei, la prerogativa difensiva dell’Aiace iliadico viene dunque ridotta all’immagine di un eroe sempre intento a sopportare i colpi della battaglia, senza mai dar prova di audacia nell’azione: un eroe il cui enorme scudo si fa segno di statica passività, come la dura schiena di un asino, o del codardo bisogno di un “muro” protettivo. Grande ἕρκος difensivo pronto a mutarsi in asino testardo (o in fiero leone destinato alla sconfitta), i diversi volti assunti da Aiace già a partire dalla duplice similitudine iliadica rivelano dunque il composito aspetto guerriero di questo eroe, pronto a farsi oggetto di usi e giudizi multiformi nella ricezione romana.