Capitolo 1. UN EROE GRECO CHE PIACE A ROMA
1.2. Il baluardo degli Achei oltre l’epica arcaica
1.2.1. Muro nemico
Proseguendo cronologicamente la rassegna intrapresa, altri accenni all’aspetto militare di Aiace emergono dai testi del teatro tragico dell’Atene di V a.C.: un contesto politico e culturale dove il saldo vigore eroico di questo baluardo acheo poteva iniziare a mostrare una durezza a tratti eccessiva. Un ritratto guerriero dell’eroe doveva prendere forma già in Eschilo, nella trilogia che il tragediografo sembra avesse dedicato alle ultime vicende del mito di Aiace, dalla contesa per le armi al suicidio dell’eroe, fino al conseguente esilio di Teucro da Salamina.61 Anche se il testo delle tre tragedie è per noi impossibile da ricostruire, il confronto con Ulisse (inscenato probabilmente nella prima parte della trilogia) poteva in effetti offrire un contesto particolarmente propizio allo sviluppo di discussioni sul valore di Aiace, necessarie a stabilire chi tra lui e il rivale fosse il migliore. Così accade, almeno in parte, nell’Aiace di Sofocle: nonostante la trama sofoclea si apra a contesa ormai ultimata, le imprese di Aiace vengono più volte messe in gioco e valutate dai personaggi che difendono o condannano tanto il giudizio espresso sull’eroe quanto la conseguente minaccia di negargli la sepoltura. Aiace stesso (S. Aj. 441-6) rivendica i propri meriti militari e ne fa dimostrazione di κράτη, un termine che, come abbiamo visto, gli era interdetto in Omero, dove l’eroismo statico e resistente del Telamonio mai si trovava associato all’idea del κράτος, una forza di imposizione e di attacco. Si deve forse pensare che l’Aiace sofocleo voglia, per via lessicale, correggere Omero e stornare dalle proprie imprese quel senso di resistenza passiva che, nella Piccola
Iliade, gli si era rivelato fatale? A questa domanda non è possibile rispondere, tanto più che, se nei
testi omerici giunti fino a noi Aiace non compare mai associato a κράτος o corradicali, non possiamo dimostrare quanto l’interdizione fosse condivisa e diffusa nella fruizione orale degli stessi racconti epici – né quanto, quindi, la scelta lessicale sofoclea fosse distinguibile e significativa.
Una più chiara “correzione” di Omero, tesa a presentare sotto la miglior luce possibile il valore guerriero di Aiace, viene però dalle parole di Teucro. Nel compiangere il fratello morto, Teucro lo presenta come eroe pronto all’azione (θούριος Αἴας) e dal carattere inconfutabilmente difensivo, conforme ai casi omerici (S. Aj. 1211-13): Aiace è lo schermo, la προβολὰ, che lo ha sempre protetto dalla paura e dai dardi. E nel difenderlo davanti alle accuse degli Atridi (S. Aj. 1272-81), Teucro ricorda poi all’ingrato Agamennone il massimo exploit eroico del fratello morto: la difesa delle navi achee. Sottolineandone la dimostrazione di coraggio guerriero (con verbi come προτείνω e προκάμνω, che collocano Aiace in prima linea nel sostenere l’attacco), Teucro conferma e loda la funzione protettiva del Telamonio, che si lancia da solo (μοῦνος), “in prima linea”, non per rompere
61 Sulla ricostruzione della trilogia eschilea dedicata ad Aiace – Ὅπλων κρίσις, Θρησσαι e Σαλαμίνιαι –
o penetrare le fila nemiche ma per respingere (ἀπεῖρξεν è il verbo) l’avanzata nemica e salvare gli Achei (ἐρρύσατο), “tirandoli fuori” dal peggiore degli assalti troiani. In realtà, in Omero, la crisi era stata superata solo grazie all’intervento di Patroclo, nelle vesti di Achille: come nota anche Patrick Finglass, il Teucro sofocleo sembra quindi modificare deliberatamente il materiale iliadico «for the greater glory of Ajax, in order to facilitate his post mortem rehabilitation».62 È come se nell’esito iliadico dell’episodio venisse percepito un potenziale svantaggio per chi, come Teucro, volesse presentare il valore di Aiace sotto la migliore luce possibile, e rendesse necessaria una più favorevole riscrittura.63 Una riscrittura con cui Teucro risponde probabilmente alle provocatorie domande che Agamennone aveva poco prima sollevato (S. Aj. 1237): “dove mai [Aiace] ha avanzato o ha mantenuto la posizione, che non lo abbia fatto anche io?”. In effetti, pur resistendo eroicamente presso le navi, anche Aiace aveva finito per cedere, alla fine, come tutti gli altri compagni; né si era mai lanciato in straordinarie ἀριστεῖαι, come Diomede, Patroclo o Achille. Le provocazioni dell’Atride, insomma, rischiavano di non essere del tutto infondate, tanto da trovare inversa corrispondenza nella “forzatura” omerica di Teucro. Le battute dell’Agamennone sofocleo, seppur affidate a un personaggio dalla statura etica ambigua e poco ammirevole, mostrano cioè quanto verosimile fosse il processo di svalutazione a cui erano potenzialmente soggette le gesta del Telamonio, un processo attestato almeno a partire dalla Piccola Iliade.
Incrinato, anche se in modo molto diverso, appare infine il modello guerriero di Aiace anche in un esempio euripideo, dall’Oreste. Oreste, Elettra e Pilade, chiusi nella reggia dopo essere stati condannati a morte per l’uccisione di Clitemnestra, decidono di attentare alla vita di Elena, secondo un piano proposto e ideato da Pilade, come estrema reazione al duro verdetto subito. È proprio Pilade a ergersi davanti ai servi frigi, intervenuti in difesa della Tindaride, e a bloccarne l’accesso alle stanze regali, dove sta per compiersi l’assassinio. Pilade, dice uno dei servi a cui è affidato il racconto del concitato momento, si era issato davanti alla porta, “insuperabile” (ἀλίαστος), come Ettore frigio o come Aiace dall’elmo tripenne”.64 Di fronte alla debolezza dei servi frigi, la resistenza opposta dal compagno di Oreste appare insormontabile quanto una forza iliadica, come se Pilade fosse un Ettore o un Aiace. La scelta dei due eroi, appartenenti a schieramenti opposti, è curiosa. Euripide sta infatti dando la parola a uno degli schiavi frigi che, verosimilmente, davanti alla imbattibile forza di Pilade,
62 Finglass (2011) 490-1.
63 Già O’Higgins (1989) 53 n. 15 parla di una “necessità di riscrittura” dell’episodio iliadico, avvertita
forse non solo dal personaggio Teucro ma, più in generale, dalle esigenze del testo sofocleo di cui Aiace, pur tra luci e ombre, resta ineguagliato protagonista. «Indeed, when Teucer defends his half-brother before Agamemnon, the poet goes out of his way to show the events and qualities which make Aias great and worthy of admiration» scrive anche Kelly (2015a) 75.
64 E. Or. 1478-81: ἔναντα δ᾿ ἦλθεν Πυλάδας / ἀλίαστος οἷος οἷος / Ἕκτωρ ὁ Φρύγιος ἢ ‹καὶ› τρικόρυθος
Αἴας / ὃν εἶδον εἶδον ἐν πύλαις Πριαμίσι·. Che questo Aiace sia il Telamonio, e non l’Oileo, è ipotesi concordemente riconosciuta, cf. Willink (1986) e West (1987). Nel libro settimo dell’Iliade Aiace aveva in effetti combattuto con Ettore ἐν πύλαις Πριαμίσι, vicino alle mura di Troia; e, anche nella battaglia per il corpo di Achille, egli aveva mostrato il proprio valore presso le porte Scee, luogo dove il Pelide era stato abbattuto.
torna con la mente al migliore dei propri conterranei, Ettore, appunto, esplicitamente detto ὁ Φρύγιος. L’azione di Pilade (che protegge il piano matricida) ben si accorda, poi, con il personaggio dell’eroe troiano, primo protettore della propria città sotto attacco. Ora, se la scelta dei due paragoni rispondesse ad un ridottissimo canone dei migliori, l’eroe nominato insieme al campione frigio avrebbe dovuto essere Achille, il migliore degli Achei. Ma il servo euripideo non pensa ad Achille, pensa ad Aiace. Anche Aiace, certo, aveva affrontato Ettore in duello. Ma se il criterio del paragone fosse guidato dall’associazione Ettore-sfidante la scelta sarebbe anche in questo caso caduta su Achille, che con Ettore aveva combattuto l’ultimo e decisivo duello. Ad essere dirimente nella scelta del Telamonio è invece, ancora una volta, la sua qualità di resistenza: il carattere d’insormontabile barriera assunto da Pilade guida cioè il pensiero dello schiavo non solo all’immagine di Ettore, insuperabile guerriero conterraneo, ma anche a quella dell’eroe-barriera per eccellenza, l’ἕρκος Aiace. Ma la saldezza incrollabile del Telamonio, riconosciuta a Pilade, assume qui un volto ostile: quello cioè percepito da chi, quella forza, l’aveva subita. Non solo. Il medesimo schiavo, nel riferire l’ideazione del piano omicida, aveva paragonato Pilade a nientemeno che Ulisse, il rivale di Aiace, eroe dalle terribili astuzie (E. Or. 1403-5: οἷος Ὀδυσσεύς, σιγᾷ δόλιος). Modelli eroici e mitici potevano, è vero, essere evocati in specifiche situazioni secondo processi associativi assoluti e quasi automatici: un piano ingegnoso poteva cioè innescare l’immagine-modello dell’astuto Ulisse in modo così immediato e spontaneo da non coinvolgerla né funzionalizzarla nel più ampio contesto. Tuttavia, il fare dello stesso personaggio un Ulisse, prima, e, poco dopo, un Aiace, rende forse troppo palese l’attrito tra le due similitudini perché non si possa ipotizzare un sottile intento ironico che le metta in rapporto tra loro. Pilade, condannato insieme a Oreste ed Elettra in un processo poco imparziale, si fa promotore di un piano degno delle insidie di Ulisse: attirare Elena nella reggia con un inganno per poi ucciderla. Ma questo piano vendicativo e omicida sorge, in effetti, a seguito di un verdetto giudicato ingiusto; e non sortirà alcun successo, vanificato dall’intervento divino.65 Si tratta di un piano, dunque, molto simile all’intento omicida che veniva concepito dall’Aiace sofocleo dopo il verdetto della contesa: furente per la sconfitta, egli bramava la vendetta sui capi achei ma l’intervento di Atena ne vanificava l’intento, direnzionando la violenza della strage sugli armenti. Il passaggio dal paragone con Ulisse a quello con Aiace potrebbe dunque ironicamente suggerire l’esito del piano ordito da Pilade: un piano ben lontano dai successi delle strategie odissiache e in realtà destinato a essere vanificato, proprio come i violenti intenti vendicativi di Aiace. L’immagine epica dell’eroismo di resistenza associato ad Aiace si può dunque combinare con la funzionale espressione di tinte più cupe e fallimentari, associate anche alle successive fasi del suo mito.
65 Pilade, Oreste ed Elettra erano stati giudicati colpevoli nel processo per l’omicidio di Clitemnestra, un
processo influenzato dalla presenza di Tindaro, padre della stessa vittima e giudice quindi non certo imparziale. La reazione vendicativa, che prevedeva l’uccisione di Elena, viene però vanificata dall’improvvisa sparizione della donna, le cui circostanze soprannaturali verranno chiarite da Apollo, nel finale del dramma.
Se infatti, a vantaggio di un’analisi approfondita e unitaria, il campo di analisi si concentra ora sulle vicende militari di Aiace, il volto guerriero di questo eroe non resta totalmente impermeabile ad altri tratti e ad altre vicende della sua storia. Essi convivono, potenzialmente, con la qualità difensiva di Aiace e possono, all’occorrenza, intervenire e modificare il suo ruolo di modello eroico.