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3. Jules Bonnot l’anarchico

3.3. In ogni caso nessun rimorso

Il romanzo pubblicato da Pino Cacucci nel 1994 sulla vita dell'anarchico parigino Jules Bonnot occupa un posto particolare all'interno della mia dissertazione. I motivi che mi hanno portata a chiudere il lavoro di tesi proprio con questo testo sono diversi: da un lato un ordine cronologico che mi ha indotta a partire dal bandito la cui origine risale a tempi più antichi per arrivare al più recente; dall'altro va considerato che il personaggio di Cacucci è l'unico bandito qui esaminato il cui percorso appartiene a una determinata e specifica ideologia politica; infine ho voluto seguire un ordine di complessità empatica (dal bandito proposto sempre come buono, al bandito i cui caratteri sfumano e variano a seconda dei periodi storici, a un bandito, come vedremo, difficile) per meglio articolare il ragionamento sulle diverse modalità di ricezione del testo. Se con Robin Hood ho descritto cos’avviene quando i movimenti si specchiano in un personaggio socialmente definito come positivo e che il testo presenta come tale, con Bonnot indagherò cos’avviene nel momento in cui il personaggio presenta dei tratti socialmente

connotati come negativi e il testo ne esprime una, seppur parziale, condanna. Queste caratteristiche hanno per altro il risultato di rendere il romanzo In ogni caso nessun rimorso un testo non facile da presentare al pubblico generalista dei lettori dell'editoria main-stream come può essere il pubblico di Longanesi (primo editore del romanzo) o di Feltrinelli (secondo editore). Unendo a ciò la volontà fortemente didascalica del testo, diventa abbastanza chiaro come mai sia possibile trovare nel paratesto un'abbondanza di chiavi di lettura offerte al lettore. Prima di tutto il titolo: «in ogni caso nessun rimorso» che, pur rimandando a passaggi interni al testo, comunica anche al potenziale futuro lettore, che dovesse per la prima volta approcciarsi al testo, un messaggio forte. Il significato connotativo è riconoscibile da chiunque,ma permette anche il dispiegarsi di un significato denotativo chiaro e porta subito la mente del lettore a un mondo duro di risoluzioni inappellabili. Le locuzioni «in ogni caso» e «nessun» aprono entrambe il campo dell'assoluto, definitivo, senza alternativa; «rimorso», parola in posizione forte, preannuncia la sconfitta, la fine tragica e nega, ancor prima di aprire il libro, la possibilità del lieto fine. L'altra chiave che il lettore incontra prima di affrontare il testo è la nota dell'autore:

[…] Dunque si tratta di un romanzo, e niente più. Un romanzo che non può essere neppure definito “storico”, perché la Storia la scrivono sempre i vincitori, e i protagonisti delle pagine che seguono hanno invece perso tutto: battaglie, lavoro, amici, ideali, la loro stessa vita. L'unica cosa che sono riusciti a non perdere è la dignità.

Ma hanno avuto la sfortuna di vivere in un'epoca in cui la dignità era l'ultima delle qualità necessarie per passare alla Storia.

Il libro potrebbe essere dedicato alla memoria di Sundace Kid, di Etta Place, di Butch Cassidy e di Severino di Giovanni, di Francisco Sabaté. E anche di Paolo Casaroli. E di tantissimi altri, come loro, condannati dal destino a trasformare la sensibilità in violenza.326

Il lettore è dunque avvertito che sta per incontrare dei vinti, protagonisti di un racconto in cui il mondo ha schiacciato persone dotate di dignità e sensibilità. Personaggi senza scelta, il cui destino è una condanna alla violenza e alla marginalità, non perché privi di qualità ma perché queste non costituiscono i requisiti giusti per entrare nel gruppo dei vincitori. Anche i nomi scelti per dedicare il testo sono significativi: Sundance Kid e sua moglie Etta Place insieme al loro compagno Butch Cassidy, furono tra i più noti e importanti rapinatori del West. In particolare la loro banda restò famosa per lo scarso ricorso alla violenza e per l'incerta fine dei suoi membri principali.327

Severino di Giovanni (1901-1931) fu invece un giovane anarchico italiano emigrato a Buenos Aires dove intraprese un'intensa propaganda sia attraverso azioni clamorose e violente sia attraverso la pubblicazione del giornale Culmine fino a quando nel 1931 non venne arrestato e condannato a morte.328 Anche Sabatè (1915-1960) fu un

anarchico dichiarato, vissuto nel periodo della guerra civile in Spagna prese parte sia alla resistenza contro il regime di Franco sia a quella Francese per poi morire a quarantacinque anni presso Celin in uno scontro a fuoco contro il gruppo fascista spagnolo Somaten.329 Paolo 326 P. CACUCCI, In ogni caso nessun rimorso, cit., p. 7.

327 D. B. ERNST, The Sundance Kid: The Life of Harry Alonzo Longabaugh. University of Oklahoma Press, Norman 2009.

328 E. PUGLIELLI, Dizionario degli anarchici abruzzesi, CSL "C. Di Sciullo", Chieti 2010.

Casaroli, invece, fu un rapinatore di banche senza una particolare coscienza politica e anzi, parrebbe, di fede repubblichina negli anni della guerra.330 Quello che accomuna figure così diverse tra loro è

essersi trovate ad essere perdenti nella storia, a cercare una ribellione ad un destino di miseria che li ha portati ad essere banditi dalla società e a morire per questo. In molte delle loro storie possiamo trovare come spinta all'azione un senso d'irrimediabile sconfitta e la rabbia e la sfida contro un mondo che non si riesce a cambiare. A convalidare questa possibile lettura giungono, in ulteriore aiuto al lettore, le citazioni a inizio testo e in particolare quella di Victor Serge:

“Prima ancora di uscire dall'infanzia, mi sembra di aver avuto, molto netto, il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la prima parte della mia vita: quello di vivere in un mondo senza evasione possibile, dove non restava che battersi per un'evasione impossibile.” VICTOR SERGE331

Dunque l'impossibilità di evadere e allo stesso tempo la necessità cocente di battersi per l'evasione da un mondo e un destino di vinti vengono ribaditi ancora una volta come temi centrali del testo. Anche la scelta di iniziare il romanzo con un capitolo che anticipa la fine tragica del protagonista accentua un senso di fatalità e riprende questo tema. La conclusione di questo primo capitolo, in particolare presenta un'enfasi patetica che indirizza il lettore e spiega, senza possibilità di dubbio, l'atteggiamento che gli viene richiesto verso i primi due personaggi protagonisti: Bonnot e Platano. Il primo compare seduto

330 G. QUERCIOLI, Bologna criminale: trenta delitti all'ombra delle due, Edizioni

Pendragon, Bologna 2002 e anche F. PICCININI, «Criminale e geniale, così

ricodo Casaroli», Repubblica, 05 gennaio 1993.

sul pavimento di una casa assediata, intento in meditazioni suicide sulla sua «colpa»:

Si chiese per quale oscura macchinazione del destino nascano uomini diversi dagli altri, da tutti quelli che rimangono a capo chino fino all'ultimo dei loro giorni, in una rassegnazione muta, che rende quei giorni uguali e le notti inesistenti. Si chiese perché a qualcuno tocchi in sorte di non trovare pace ogni volta che tramonta il sole, dannato dall'attesa di un'alba che arriva sempre troppo presto, pronta a dimostrare che ogni oggi sarà peggiore di ogni ieri. […] Milioni di esseri umani nascono poveri, ma sono pochi quelli che si consumano e si contorcono per quel fuoco acceso da una sensibilità nefasta, che fa fremere la pelle, che annebbia la ragione, che si trasforma in bisogno d'uccidere ogni volta che si sente ferita.332

L'incapacità a rassegnarsi, a placare quel fuoco nelle viscere che viene da una «sensibilità nefasta» che diventa odio è il tratto distintivo del personaggio e nasce dall'impossibilità di rinegoziare il proprio ruolo sociale. La possibilità di trovare una normalizzazione fuori dalla miseria in cui è nato gli viene sempre negata fino all'ultimo tentativo che farà poi esplodere l'apatia autodistruttiva:

…non chiedevo granché. Camminavo con lei al chiaro di luna nel cimitero di Lione, illudendomi che non vi fosse bisogno d'altro per vivere. Era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla. L'avevo trovata e scoperto che cosa fosse. La felicità che mi era stata sempre negata. Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti... dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso...333

L'impossibilità di vivere una vita normalizzata, rappresentata dalla figura femminile e dalla relazione amorosa, condannano Bonnot all'autodistruzione. La colpa che non può trovare perdono e che

332 Ivi, p. 13. 333 Ivi, p. 16.

Bonnot è condannato a espiare per tutta la vita è l'incapacità di rassegnarsi ad un destino di miseria.

Per i Bonnot, da innumerevoli generazioni, speranza era una parola senza significato. La miseria, pensava Jules procedendo curvo, è un marchio a fuoco che ti porti addosso tutta la vita. A quindici anni non aveva ancora chiaro come potesse cancellarlo, ma sentiva che quel marchio poteva essere raschiarlo via solo bruciandolo con altro fuoco.334

L'altro personaggio di questa prima coppia è Platano, il cui carattere ricorda molto il personaggio storico di Ravachol.335 La prima

comparsa in scena la fa attraverso le parole di Jules:

A occhi chiusi, tornava a vedere ciò che la luce del mattino riusciva a tenere lontano. Riconobbe Platano, col suo sorrisetto sprezzante, la falsa allegria corrosa dal risentimento: torò a echeggiare la sua voce, eternamente provocatoria, il sarcasmo di ogni sua parola.336

Lo ritroviamo poi solo molto oltre quando viene raccontato il suo incontro con Jules:

Stava leggendo un giornale, e ogni tanto annuiva, accennando un sorrisetto maligno, quasi un commento a quello che leggeva; e sbuffava tra sé, accentuando l'espressione smaliziata, piegando i baffetti ben curati in una smorfia di disprezzo.337

In questo primo capitolo di presentazione c'è già tutto il personaggio e tutto il problema del rapporto tra lui e Jules. Non è difficile leggere in Platano il topos del satanico venuto a perdere il protagonista. Anche la dinamica che instaura non appena incontra Jules è esattamente quella:

334 Ivi, p. 19. 335 Vedi par. 3.1. 336 Ivi, p. 14. 337 Ivi, p.142.

tenta subito di coinvolgerlo, senza sua previa autorizzazione, in un affare pericoloso dandogli da pagare le birre all'oste con una moneta falsa.338 Non gli manca neppure il classico tratto della doppiezza

fisica, della natura bestiale che si manifesta nei momenti di rabbia:

Platano, quando smetteva di sorridere, perdeva la sua aria svagata e diventava una specie di felino, con una luce crudele nello sguardo.339

E ancora, più avanti:

Sentì il respiro regolare di Platano. Si era addormentato. Jules lo guardò. Anche nel sonno, aveva il volto teso, incattivito. Forse, pensò, era sempre così, quando perdeva coscienza di se stesso. Da sveglio l'apparente allegria rappresentava una finzione. Una maschera per non permettere a nessuno di intuire che cosa provava davvero. Il sonno gli restituiva il suo vero volto. La faccia di un uomo che sapeva soltanto odiare.340

Jules si rende conto dell'inganno e va per affrontarlo e invece finisce per cadere irretito dal fascino del male:

Platano era pericoloso, gli mancava qualcosa in testa, non c'era dubbio. Eppure, per qualche perverso motivo, Jules si sentiva attratto dal suo modo di fare, era persuaso che valeva la pena conoscerlo meglio, a dispetto della ragione che consigliava di lasciarlo perdere il prima possibile.341

Il male che Platano si porta dietro sta nella differenza profonda che lo distingue da Jules ed è la totale assenza di speranza, non soltanto per sé ma per il mondo intero. Jules viene spinto dalla rabbia contro i soprusi e contro la fame, da un senso di fratellanza con i più deboli

338 Ivi, pp. 145-148. 339 Ivi, p. 147. 340 Ivi, p. 231. 341 Ivi, p. 149.

che lo spingono a parlare anche quando sarebbe contro il suo interesse:

Trovò un altro lavoro, in una fabbrica di Bourguignon. Tirò avanti qualche mese, taciturno e schivo. Poi ci fu un incidente, morirono due operai, e lui commise l'errore di rinunciare al silenzio: disse che quella non era una disgrazia, che erano morti per colpa dei turni massacranti, del divieto di riposarsi tra un carico e l'altro dei vagoni, e che l'imbragatura dei tubi aveva ceduto perché i padroni della fabbrica li costringevano a usare il materiale fino a quando non schiantava. […] e così, in capo a poche settimane, Jules fu il colpevole perfetto per un piccolo furto negli spogliatoi.342

La sua adesione sempre più esplicita ai movimenti anarchici non lo aiuta affatto e viene schedato come sovversivo.343 Non perderà mai

questa idealità e si rifiuterà di agire se non per uno scopo più alto del suo stesso interesse:

“Prima ogni azione aveva un senso preciso. Volevamo colpirli per dimostrare che non erano invulnerabili. E va bene, lo abbiamo fatto, ma guarda a che cosa è servito... è cambiato forse qualcosa? Niente, se non in peggio. E qual è il senso? Ubriacarsi di adrenalina? È tutto qui?”344

Al contrario, Platano non ha nessun interesse a cambiare la propria vita e nemmeno a sanare le ingiustizie:

“Be', che vuoi sentirti dire?” esclamò Platano. “Che sono anarchico? Sì, in un certo senso. Ma di rivoluzioni e popoli sfruttati non me ne frega un cazzo. La mia rivoluzione la faccio da solo, tutti i giorni, fottendo questi ricchi maiali e le loro banche.”345

342Ivi, p. 23. 343Ibidem. 344Ivi, p. 230. 345Ivi, p. 149.

E se all'inizio usa almeno una parvenza di rivendicazione sociale, pian piano si rivelerà per essere un puro e semplice sociopatico:

Jules abbassò il giornale e mormorò:

“Gli anarchici... una volta dicevi i ‘compagni ̉”.

Platano spense la cicca nella tazza che usava come portacenere e si strinse nelle spalle con un'espressione sprezzante.

“Io non ho più niente da spartire con nessuno. Un volta... ero solo un fesso, con la testa piena di stronzate. Un illuso...”.346

È davvero molto interessante che nei tratti di Platano si ritrovino caratteri molto vicini a quelli dei pirati de La vera storia del Pirata

Long John Silver.347 Oltre alla commistione coi tratti satanici, infattim

ritroviamo in lui anche la volontà di bruciare la vita in un attimo e la necessità di scialacquare ogni soldo conquistato perché non si è in grado di avere uno scopo differente dal guadagno materiale:

Aveva tutta la notte per gettare via le migliaia di franchi custoditi nella tasca interna del soprabito. Perché li avrebbe spesi, su questo non c'era alcun dubbio. Doveva spenderli.348

Accettare il patto con questo Satana è ciò che porterà Bonnot a perdersi del tutto. Anche quando comparirà la possibilità di salvezza, incarnata nella bella Judith, Platano riuscirà a distruggerla lasciando Jules avvampare nell'odio:

Il dolore ha un confine, una barriera. Oltre quel limite, ci sono solo due strade: il rifugio nella follia o la gelida indifferenza. Il volto di Jules sembrava aver accolto quest'ultima soluzione. Ma dentro, era franato tutto.

346 Ivi, p. 229. 347 Vedi par. 2.3.2. 348 Ivi, p. 196.

Sgretolato, disintegrato. L'odio, ancora una volta, diveniva l'unica energia in grado di tenerlo in piedi.349

Dunque il trio Platano-Jules-Judith si configura con caratteri abbastanza chiari, riconoscibili e tradizionali350: Platano è il male nella

sua forma di volontà distruttiva fine a se stessa, è puro odio; Judith è la possibilità di normalizzazione, è la ricostruzione dopo la devastazione dell'odio; Jules è preso tra queste due diverse istanze, in bilico tra l'una e l'altra fino a quando l'equilibrio non si spezza. Morto Platano351 e persa Judith,352 Jules resterà soltanto vuoto.

L'altro gruppo intorno a cui ruota il racconto è costituito dai personaggi Guichard-Jouin-Victor-Raymond. Guichard e Jouin sono rispettivamente il capo della Sûreté e il commissario che stanno indagando sulle attività anarchiche a Parigi. Si può quindi dire che stiano nel campo degli antagonisti anche se il loro ruolo è forse più quello di fare da controcanto alla storia, mostrando come l'estremizzazione del conflitto sia funzionale a tutti meno che al movimento anarchico stesso:

“ I I nostro problema caro Jouin, è assicurare alla giustizia i nemici dell'ordine costituito. In certi casi non è un compito troppo arduo... Basta individuare le teste calde e metterle in condizione di non nuocere. Ma... la realtà che si va configurando in questi anni travagliati ci impone di lavorare con lungimiranza. Di calcolare attentamente ogni nostra mossa. E soprattutto, di agire sfruttando al massimo l'impatto che certe azioni avrebbero sull'opinione pubblica. Capisce che cosa intendo?”

349 Ivi, p. 245. 350 Vedi par. 3.2. 351 Ivi, p. 234. 352 Ivi, p. 245.

Il commissario emise un sospiro. Annuì e disse:

“Credo di sì. Aspettare che accada l'irreparabile, intervenendo dopo, e non prima, in modo da suscitare il clamore che i politici si aspettano.”353

Come si nota già da queste poche battute, la differenza tra Guichard e Jouin non è di poco conto. Guichard è il potere costituito e vive il suo ruolo senza nessuna esitazione. Jouin, al contrario è pieno di dubbi e in qualche modo si sente vicino a Victor e alla sua idealità.

“È libero di non credermi, ma io non mi sento suo nemico” “Il mestiere che si è scelto la obbliga a esserlo, commissario.”354

La differenza che passa tra i due sta nel campo in cui si trovano e nel pessimismo cupo del commissario contro l'ostinata fiducia di Victor nell'uomo. Ciò non impedisce che entrambi condividano dubbi e incertezze su ciò a cui sono chiamati:

[Jouin] “Esisteranno sempre individui che, per oscure ragioni nascoste nel profondo dell'animo umano, subiranno comunque l'attrazione verso la violenza, l'istinto di ribellione, il bisogno di andare contro l'ordine costituito. E temo che in una società giusta, equa, dove tutti avessero la felicità a portata di mano, di individui simili ne sorgerebbero ancor più che in questa iniqua, schizofrenica, per molti versi stupida società capitalista del ventesimo secolo.”

Victor rimase a fissarlo per lunghi istanti. Quando parlò, la sua voce sembrava aver subito l'influsso contagioso dell'interlocutore. Aveva lo stesso tono esausto.

“È strano, commissario. È davvero strano che lei, su questo punto, condivida i miei stessi dubbi...”355

353 Ivi, p. 219. 354 Ivi, p. 176. 355 Ivi, p. 176.

Quando la Sûreté incastrerà Victor e Rirette con delle pistole piazzate a dovere, Jouin sarà una pedina obbligata nel proprio ruolo, verrà tradito in qualche modo anch'egli:

“E allora,” disse Victor a bassa voce, chinandosi verso la scrivania, “visto che qui ci siamo soltanto lei e io, mi aspetto un minimo di onestà.”

“Si spieghi.”

“Chi ha messo le pistole dietro quel mobile?” “Non io,” disse Jouin serrando le mascelle.

“Bene. Possiamo continuare fino a domani. Noi non le abbiamo mai viste. Lei neppure. Dunque?”

Jouin guardò verso la finestra. Aveva preso a nevicare. Si alzò, e rimase per qualche tempo a osservare i giochi che scendevano lenti. Anche la neve era grigia, in Quai des Orfèves. Poi si voltò e disse:

“Non c'è più alcuna via d'uscita, signor Kibalcic.”356

Il dramma di Jouin è il non voler capire che per Guichard, per il potere, l'anarchia è un fatto criminale, non importa se venga agita con violenza o con la diffusione d'idee:

“Con gli arresti indiscriminati abbiamo sicuramente convinto gli indecisi a reagire. Dopo ogni retata qualcuno è rimasto alla macchia. Prima, non avrebbe mai scelto l'azione armata. Ma vedendosi trattare allo stesso modo, senza aver commesso ancora nulla di grave, ha deciso di unirsi al gruppo. Ecco come hanno ragionato le nuove reclute.”

Guichard piegò lentamente la testa assumendo un'espressione di vaga commiserazione.

“Commissario Jouin, era esattamente ciò che intendevamo fare. O forse lei crede che un teorico dell'insurrezione sia meno pericoloso di un disperato assaltatore di banche?”357

La figura di Jouin dimostra che non basta essere brave persone per espiare la colpa d'essere al servizio del potere. Nonostante la sua buona volontà, nonostante creda veramente nel suo compito come

356 Ivi, p. 267. 357 Ivi, p. 288.

necessario alla società, Jouin finirà a dover essere la mano che compie la repressione cieca e serve le forze conservatrici.

Il rapporto di Victor con Raymond, infine, ricorda per molti aspetti quello di Jules con Platano. Anche qui è chiaro che Raymond è