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2. Long John Silver e i pirati

2.3. La vera storia e il degno erede

2.3.2. La versione di Björn Larsson

In anni recenti, il personaggio di Long John Silver ha preso nuova vita grazie allo scrittore svedese Björn Larsson che nel 1995 scrive Long

John Silver (La vera storia del pirata Long John Silver, trad. it. R.

Mussapi, Iperborea, Milano 1998). La lettura che il testo propone del personaggio mi pare molto interessante ai fini del seguente lavoro di tesi per diversi motivi: prima di tutto il testo è conosciuto all'interno della comunità di riferimento,232 in secondo luogo propone una lettura

del personaggio di Silver fortemente empatica nei suoi confronti e simbolica di un'anarchia linguistico-discorsiva nella quale non si può non riscontrare un'analogia fortissima con le pratiche di costruzione di un discorso di contropotere proprie dei movimenti sociali233. In questo

nuovo testo Long John Silver prende parola in prima persona ripromettendosi di raccontare tutta la verità e quanto questo sia lontano dalle sue abitudini lo chiarisce subito lui stesso:

Fino a dove risalgono i miei ricordi, ho sempre inventato, esagerato e trasfigurato la realtà.234

E ancora:

232 Intervista ad Alessandro min. 4.30 ss.

233 Per un approfondimento sul tema A. MELUCCI (a.c.), Movimenti di rivolta:

teorie e forme dell’azione collettiva, ETAS, Milano 1976.

234 B. LARSSON, La vera storia del pirata Long John Silver, trad. it., K. De

Sai bene quanto gli altri che su tutto quel che riguardava la verità ho sempre chiuso molti occhi.235

E la fascinazione che il testo esprime verso la menzogna, la capacità di inventare la realtà con la parola è emblematicamente raffigurata dall’introduzione di Defoe all’interno della vicenda. La lettura che l’autore dà della sua figura nel testo Diario di bordo, raccontando la genesi delle sue opere, si rispecchia perfettamente nel personaggio letterario che troviamo in Long John Silver:

Tutti i suoi romanzi furono pubblicati come storie vere, e parecchi vennero effettivamente creduti tali. Più di cento anni dopo la sua morte, alcune enciclopedie sostenevano ancora che le fonti del Nilo fossero state scoperte da un certo capitano Singelton, uno dei personaggi inventati da Defoe! L’autore scrisse anche un celebre pamphlet intitolato La via più

breve per i dissenzienti, in cui suggeriva di impiccare tutti i dissenzienti

religiosi. Il testo fu accolto con favore dai governanti… finché non scoprirono che l’autore era Defoe, a sua volta un dissenziente. 236

L’intesa tra Defoe e Silver è subito evidente e diventa chiave di lettura dell’intero testo nel corso del quale la menzogna viene più volte presentata come arma di liberazione attraverso cui si attua l'anarchia creatrice di Silver. Il suo primo conflitto con la società s’inscena, non a caso, proprio a partire da un atto linguistico:

Nel campo giuridico ebbi successo e fui osannato. Nessuno aveva mai letto il codice per intero, e le leggi che istituivo io nel segreto della mia camera erano buone almeno quanto le altre. Mi andò peggio con dio, nel cui nome mi presi scapaccioni e scudisciate all’ingrosso e al dettaglio […] al momento della preghiera della sera in refettorio mi alzai in piedi dal mio posto per leggere un brano della Bibbia com’eravamo soliti fare la domenica. Aprii le sacre scritture e mi misi a recitare i comandamenti

235 Ivi, p. 408.

236 B. LARSSON, Diario di bordo di uno scrittore, trad. it., K. De Marco,

come mi saltavano in mente. Col primo, è chiaro, non c’era molto da fare. Mi era sempre piaciuto così com’era, con un’unica piccola correzione, tanto per sicurezza: «Non avrò altro dio all’infuori di me». 237

Questo rifiuto spregiudicato di limitarsi a ripetere le parole altrui e sottostare alle gabbie linguistiche precostituite, così come il rifiuto verso l’autorità in qualunque sua forma segnano l’intera vicenda:

Se c’è una cosa di cui si potrebbe fare a meno in questo mondo sono i padri, a partire da dio padre in persona. 238

La società delle persone per bene continua per tutto il testo a tentare d’ingabbiare l’anarchia linguistica di Silver che, da parte sua, sembra non riuscire a fare a meno di seguire la sua strada d’insubordinazione anche a costo di giri di chiglia e scappellotti:

«Non ti vergogni, mascalzone che non sei altro?» disse l’uomo. «No», risposi con una mano sulla guancia in fiamme. «Ho solo detto quel che pensavo».

«Infatti», rispose quello in tono minaccioso. «E credi che lo si possa fare impunemente?».239

I padri e le autorità sono incolpate di chiudere la via, di costringere in un percorso già tracciato che obbliga ad annullare se stessi nella ripetizione di qualcosa di già detto:

Non si doveva che ripetere quello che era stato già detto, scritto e stabilito, non una sillaba in più né una in meno. Doveva essere per questo che alla fine arrivavano a convincersi che dicevano la verità.240

237 B. LARSSON, La vera storia del pirata Long John Silver, cit., p. 54. 238 Ivi, p. 52.

239 Ivi, p. 76. 240 Ivi, p. 53.

Il controllo del discorso e del racconto è correlato strettamente al controllo dell’istanza veritativa. Come si vede nell’episodio della figlia del governatore che si uccide perché il padre le ha ammazzato il marito il giorno stesso del matrimonio come punizione disciplinare. Long John assiste per sbaglio alla vicenda e da quel momento gli viene data la caccia:

Vogliono impiccarmi perché nessuno sappia cosa succede nel loro forte modello e nelle loro teste piene di disciplina. 241

Il conflitto si costruisce, quindi, intorno a ciò che è o non è dicibile e raccontabile, a ciò che deve o non deve essere considerato vero. D’altra parte, quanto possa essere potente una storia e fino a che punto possa incidere sulla concretezza della vita, Long John lo sa da quando a Londra si era reso conto di quanto potesse contare la paura dei pirati:

E pensare che, per un certo periodo, avevamo messo il commercio in ginocchio, unicamente per quello che si diceva di noi, per via di qualche voce priva di fondamento.242

Anche nella vita del singolo, la parola ha il potere di costruire destini differenti, una storia ben raccontata può cambiare la sorte e salvare la vita:

Volevo che imparasse. Tutti i ragazzi devono saper raccontare una storia, se vogliono cavarsela nella vita. Altrimenti ci si lascia prendere per il naso, il più delle volte.243

241 Ivi, p. 143.

242 Ivi, p. 170.

Chi ha la libertà d’inventare da sé le proprie parole ha anche il potere di ribaltare il verdetto della sorte trasformando una sconfitta in una vittoria e rendere degli schiavi più liberi di quanto non lo siano i marinai. È questo quanto riesce a fare Silver a bordo del Sorgenfri quando, rinchiuso nella stiva insieme agli schiavi, riesce a ridar loro la dignità e la speranza:

Io, John Silver, marinaio provetto, anche se nudo come un verme e bianco come un cadavere, ero riuscito, con la mia parlantina, a dar loro un motivo per sopravvivere all’inferno […] Dietro di noi veniva l’equipaggio del Sorgenfri, uomini emaciati, abbattuti, malaticci e in disperato bisogno di ubriacarsi […] non c’era niente di strano, in realtà. Non avevano nessuna speranza. Non sapevano quanto valesse una vita, solo che bisognava affogarla nell’acquavite. 244

Silver viene presentato, quindi, come l’eroe dell’autodeterminazione discorsiva. Non è buono o cattivo, non va giudicato secondo i parametri di bene o male, ma secondo un asse differente:

Tenersi sempre le spalle libere – il primo articolo del mio comandamento personale – è una cosa, e il bene e il male un’altra.245

Anche perché distinguere cosa sia bene e cosa sia male nel mondo di Silver è complicato. Anche quelli che nel testo di Stevenson erano degli eroi, qui mostrano i loro lati peggiori: il signor Trelawney e il nobile dottor Livesey, infatti, si dedicano ora alla tratta degli schiavi grazie al bottino trovato sull’isola246 e Jim è diventato un avvocato

dabbene. Silver, d’altro canto, mostra i suoi lati migliori e peggiori senza vergognarsene: ha una tenerezza sincera verso i ragazzi in cui

244 Ivi, pp. 267-268.

245 Ivi, p. 358. 246 Ivi, p. 383.

vede qualcosa di puro e genuino247 ma non si fa nessuno scrupolo ad

arrostire la gamba di chi lo ha tradito,248 piange sinceramente per la

morte del suo centenario pappagallo249 ma non esita a far ingaggiare a

tradimento i suoi due compari, England e Deval, su di una nave diretta nelle piantagioni.250 Alla fine della sua vita a Silver non interessa

giudicare o abbellire la verità, cerca un modo per tenersi lucido, cerca un nuovo obbiettivo ora che ha raggiunto quello che lo ha guidato per tutta la sua esistenza: sopravvivere con le spalle libere.

Contavo le mie monete senza sapere che farmene. Andavo a letto con giovani indigene, ma la mia linfa si era seccata da tempo. Vaneggiavo di questo e di quello ma nessuno mi stava a sentire. Nemmeno io.

Poi, un giorno, mi sono messo a raccontare la mia storia, così come mi veniva in mente, della mia gamba e di come mi sono guadagnato il nome che mi sarebbe rimasto, non senza ragione. Chi avrebbe potuto credere che sarebbe finita così? […] Solo la verità, da cima a fondo, senza trucchi né secondi fini.251

La vera libertà, infatti, non sta nella possibilità legale di fare ciò che si vuole e nemmeno nella spensieratezza economica. La libertà sta nella capacità di scrivere da sé la propria storia tenendo ben chiaro un obbiettivo che aiuti a non impazzire. Se quell’obbiettivo è il puro arricchirsi, una volta raggiunto lo scopo ci si troverà tutt’altro che liberi:

247 Ivi, p. 45: «Non avrei mai chiamato John a testimoniare. Perché, presto o tardi,

avrebbe significato la morte di John, questo è certo.» e si veda anche ivi, p. 29.

248 Ivi, pp. 45-46. 249 Ivi, p. 49.

250 Ivi, p. 162. 251Ivi, pp. 49-50.

Di colpo ciascuno si era ritrovato in possesso della fortuna che aveva sempre sognato, desiderato e ritenuto il massimo della vita. E a quel punto? I più parvero impazziti: si misero a gettar via soldi come se gli scottassero le dita e a bere come se fosse giunta la loro ultima ora.252

Trovare una meta che valga la pena di essere perseguita risulta essere un problema per la maggior parte dei pirati:

Un momento strepitano e vogliono mettere sottosopra il mondo intero, e un attimo dopo tutto il loro ardore, la loro rabbia e il loro entusiasmo sono svaniti. […] M è così che va a finire, quando non si sa cosa si vuole né per cosa si è portati.253

La ricerca di uno scopo e di un senso da dare alla propria esistenza può costare caro, può arrivare a trasformare un uomo libero in uno schiavo sacrificale:

Era uno di quelli che sarebbero morti per dare un senso alla loro vita, era lo schiavo da sacrificare, né più né meno. Gli indiani erano diventati suoi amici per quest’unico motivo, perché sapevano come sacrificare un essere umano, se il caso lo richiedeva.254

Soprattutto può portare a perdere il proprio diritto al racconto e alla costruzione del discorso su se stessi. Questo è il destino del terribile capitano Flint che, per essere imprendibile e tutelare la sua guerra contro gli abusi verso i marinai, finisce a trasformarsi in quel fantasma che si fingeva: l’ombra di un pirata, privato del suo stesso nome e, con questo, della possibilità di raccontarsi:

252 Ivi, p. 166. 253 Ivi, p. 355. 254 Ivi, p. 448.

«Sono Flint, il temibile pirata, e non posso neppure dirlo ad alta voce, se voglio continuare a vivere. Sono rimasto un uomo senza nome, e lo siamo tutti quanti, dannazione! Non contiamo».255

Scampare all’oblio, alla morte intesa come fine del racconto di sé diventa, per l’appunto, il nuovo obbiettivo di Silver:

Ero una spina nel fianco, è vero, e bella grossa, per giunta, ma ero vivo. Esistevo, era un fatto irrefutabile, e in più versioni, per giunta, tanto lontano dall’essere dimenticato quanto possa sperarlo uno della mia professione. 256

Per riuscirci è necessario tornare indietro, ricordare e scrivere fino a consumarsi, sacrificare la propria esistenza umana perché il mito possa prendere vita.

Mi pare quasi che io mi stia ammazzando, per infondere vita al cadavere dei miei ricordi.257

A minacciare il buon esito di questo sforzo interviene, però, Jim: grazie all’arrivo di un mercantile, infatti, il vecchio pirata viene a sapere del racconto a cui Jim ha affidato la sua versione dei fatti relativi alla ricerca del tesoro di Flint.258 Con quel gesto Jim si è preso

il diritto di raccontare Silver, d’imprigionarlo in una gabbia di parole e determinare ciò che resterà di lui nel mondo. Quanto questo sia grave lo rivela un sogno dello stesso Silver:

Così ho afferrato la penna, l’ho intinta nell’inchiostro e ho scritto la prima parola di ciò che avevo da dire sul suo conto. Ma quando ha visto il suo

255 Ivi, p. 468.

256 Ivi, p. 387.

257 Ivi, p. 359. 258 Ivi, p. 397.

nome sul foglio, Flint ha smesso di colpo di ridere e ha lanciato un grido di rabbia […] «Niente nomi!» gridò «Niente nomi! Nessuno deve mettere le mani sul mio nome!».259

E per lo stesso motivo la società pretende, per quanto innocuo il vecchio pirata possa essere diventato, di vederlo pendere da una forca:

La gente come me non viene impiccata per punizione, o per monito agli altri, ma perché si dimentichi che abbiamo vissuto una vita degna di essere vissuta quanto quella di molti altri. Già se quelli come noi vengono definiti nemici dell’umanità, condannati a morte e impiccati, è perché altrimenti voi non sapreste cos’è il bene e cos’è il male, a questo mondo.260

La necessità di costruire un racconto collettivo sul bene e sul male è il vero motore della caccia a Silver. Per neutralizzare la sua spinta verso la decostruzione dell’autorità veritativa non basta che sia fisicamente morto, il suo raconto dev’essere controllato. L’ufficiale che riceve il racconto di Silver si premura di avvertire:

Dopo aver letto, durante il viaggio di ritorno, il racconto in questione, oserei in tutta modestia raccomandare di non renderlo pubblico senza sottoporlo a una sostanziale revisione.261

E mette in discussione l’autorità del narratore:

Per prima cosa, siamo stati sorpresi in piena notte da una truppa dei suoi pirati, armati fino ai denti, e abbiamo perso quattordici uomini prima di riuscire, grazie al nostro coraggio, a respingere il loro assalto. Silver nel suo scritto sostiene che l’attacco fu opera di un solo uomo, ma cos’altro ci si può aspettare da un bugiardo come lui?262

259 Ivi, p. 463. 260 Ivi, p. 401. 261 Ivi, p. 487. 262 Ibidem.

Dunque alla fine viene lasciata al lettore la scelta di credere o meno alla storia di Silver che, dal canto suo, ha già ammesso di essere un bugiardo da sempre. D’altra parte, se il personaggio di Silver-narrato non ha mai voluto mettere con le spalle al muro nemmeno i suoi nemici, perché il personaggio di Silver-narratore dovrebbe voler costringere ad accettare senza remore la sua versione della storia? Il romanzo di Larsson, quindi, può essere letto come un testo sulla lotta per il controllo del discorso, del potere di plasmare il reale attraverso la parola. Come già detto,263 il potere della nominazione è

uno dei beni più anelati dai movimenti che vivono una lotta costante per riaffermare una narrazione del reale diversa da quella massmediatica. Per questa ragione credo che la lettura del testo di Larsson da me proposta istituisca una consonanza forte tra il racconto e i lettori attivisti anche se spesso essa resta fuori dalle motivazioni portate a coscienza dagli intervistati. Di queste ultime mi appresto ora a render conto.