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1. Robin Hood: il bandito eroe

1.2. Il mito oggi: due proposte a confronto

1.2.2. Robin e la Magna Charta

Tutt’altro tono ha il Robin Hood presentato da Ridley Scott nel 2010. È inutile sottolineare come il pubblico per cui è pensato sia differente, o meglio, sia quella stessa generazione che, nel 1973, e negli anni successivi, si era appassionata alla storia della volpe e dei suoi allegri compari e che ora, trentotto anni dopo, ha ancora voglia di sentire parlare di Robin Hood. Inutile poi sottolineare come nel frattempo anche il cinema sia cresciuto: il vestitino verde alla Peter Pan (proprio della versione cartoon ma non molto dissimile da quello indossato da

Errol Flynn e da Richard Todd113) è diventato improponibile (anche

grazie all’ironia di Mel Brooks114) e la spensierata allegria ha lasciato

il posto ad una taciturna consapevolezza. La trama rispetta, almeno in parte l’ambientazione storica tradizionale: il conflitto tra Riccardo Cuor di Leone e il fratello Giovanni è presente ma Riccardo muore mentre, in Francia, assalta un castello sulla strada del rientro in Inghilterra. È interessante notare che storicamente, Riccardo Cuor di Leone morì assaltando il castello di Châlus (6 aprile 1199) ma molti anni dopo essere rientrato in Inghilterra dalle crociate (1194). Dunque, se i costumi, i caratteri, l’attenzione alla ricostruzione delle battaglie e altri dettagli veicolano un’idea di storicità, tutto l’intreccio si basa su questa prima invenzione narrativa: la morte di Riccardo prima del suo rientro dalla terza crociata. La volontà didascalica della vicenda è d’altra parte esplicitata fin dalla prima scena che ricorre al canonico uso della pergamena introduttiva su cui si legge:

In times of tyrrany and injustice when law oppresses the people, the outlaw takes his place in history.115

Il punto di vista del narratore è dunque a favore del fuorilegge nel quale evidenzia la figura del difensore degli oppressi contro le ingiustizie, non discostandosi dalle aspettative del pubblico. È in compenso la sequenza successiva (00.01.41 ss.) a chiarire allo spettatore che non si trova di fronte a una ricostruzione canonica della narrazione. Il semplice fatto di posporre la comparsa di Robin sulla scena e farla preannunciare da dei bambini ladruncoli sporchi e laceri

113Vedi par. 1.1 114 Ibidem. 11500.01.03 ss.

che nella notte si avventurano fino a Nottingham per rubarne il grano, porta lo spettatore ad approcciare la narrazione con un tono più cupo, desolato. Il primo a entrare in scena dei personaggi noti al grande pubblico e che tutti attendono è Lady Marion (00.02.20 ss.) in una veste, però, sorprendente: una donna forte, determinata, che regge Nottingham da sola in assenza del marito, Sir Robert Loxley partito per le crociate. È lei a cacciare i ladri bambini dando prova di notevole destrezza nel tiro con l’arco e grande decisione, sarà lei ad uccidere l’aiutante di Godfrey quando cercherà di violentarla (01.55.48 ss.) arrivando addirittura a partecipare alla battaglia finale (facendosi però salvare da Robin, non esageriamo con l’emancipazione).116 Il modello

femminile da lei incarnato si contraddistingue per praticità, determinazione e coraggio. Ciò non di meno durante lo svolgersi della vicenda dovrà accettare che senza un uomo accanto resterebbe alla mercè di una legge maschilista e si piegherà a questa necessità con non poco malumore (01.03.18 ss.). La comparsa di Robin Longstride, alias Robin Hood, cade, come si suol dire, a fagiolo: arciere disertore nell’esercito di King Richard viene ingaggiato da Sir Walter Loxley, padre del defunto Sir Robert Loxley, cavaliere e amico fidato del re designato a riportare in patria la sua corona, caduto in un’imboscata di Godfrey, per prendere le veci del figlio in modo da salvaguardare la proprietà delle terre. In realtà Sir Walter intuisce che Robin, orfano di padre, è il figlio del tagliapietre che per primo stese la Magna Charta dando vita ad una congiura di baroni per limitare il potere reale e che venne per questo giustiziato. Questo è il vero focus del film: il rapporto tra i baroni, difensori del popolo, e l’autorità reale,

opprimente e vessatrice nelle sue forme peggiori, ma pur sempre necessaria. Il primo interprete della monarchia è, ovviamente, King John. Dalla prima scena in cui compare (00.09.13 ss.) è presentato come lussurioso ed arrogante, la sua inettitudine è tale che affiderà a Godfrey, che trama con il re francese, il compito di riscuotere i tributi dei baroni che non vogliono pagare, accendendo così la miccia della divisione del regno. Infine, nonostante la promessa fatta ai baroni, una volta sventato il pericolo francese, si rifiuterà di firmare la Magna Charta e dichiarerà Robin un fuorilegge (02.17.15 ss.). Ma neppure suo fratello, King Richard, incarna la nobile e paterna autorità salvifica della versione Disney. Richard è un vecchio re che soffre di incubi notturni (00.05.08 ss.), è irascibile e non esita a mettere ai ceppi Robin e Little John dopo che il primo ha, sotto esplicita richiesta, espresso il proprio parere sulla crociata (nessuno stupore, dunque, sulla diserzione di Robin e compagnia).117 La monarchia assoluta è

posta sotto attacco non solo nelle sue degenerazioni ma in quanto tale: alla fine del film King John afferma:

I did not make myself king. God did. King by divine right. Now you come to me with this document seeking to limit the authority give to me by God! No.118

La giusta soluzione all’assolutismo monarchico viene presentata nella figura di Robin Longstride e nel suo discorso alla riunione tra i baroni e King John:

The laws of this land enslave people to its king, a king who demands loyalty but offers nothing in return. I have marched from France to 11700.14.40 ss.

Palestine and back. And I know in tyrranny lies only failure. […] empower every man and you will gain strenght. […] Every Englishman’s home is his castle. What we could ask, your Majesty, is liberty. Liberty by law.119

In questa versione, dunque, Robin non si limita ad essere un bandito tradizionalista rivoluzionario120 ma diventa un vero e proprio uomo

politico che abbraccia e persegue un chiaro modello societario: uno stato di diritto dove il potere del re venga dato dal popolo e non più da Dio. Questo nuovo Robin, oltre a passare da difensore della legittima monarchia a promotore della limitazione dei poteri reali, passa anche da eroe a uomo tanto che, ancora nell’esercito, gioca d’azzardo per mettere insieme un pasto (00.11.41 ss.). Quello che lo contraddistingue è il carisma, l’onore, l’umanità, l’onestà ed il coraggio. Queste quattro caratteristiche sono presentate nel film in maniera didascalica: per prima cosa Robin dà prova di coraggio salvando il giovane Jimmy rimasto appeso al cancello nemico mentre vi piazzava sacchi esplosivi (00.07.37 ss.); si rivela l’unica persona al mondo a fare il gioco delle tre carte senza barare (in questo caso nella versione dei tre bicchieri con la pallina)121 e, come se non bastasse,

risponde onestamente al re che chiede un parere sulla crociata; proprio nella sua risposta dà prova di umanità ed empatia:

The massacre at Acre, Sire. When you had us herd 2.500 Muslim men, women and children together, the young woman at my feet, with her hands bound, she looked up at me. There wasn’t fear in her eyes. There wasn’t anger. There was only pity. For she knew that when gave the order and our

11901.48.40 ss. 120 p. 4 12100.11.41 ss.

blades would descend upon their heads, that, in that moment, we would be godless. All of us.122

L’onore si rivela quando decide di portare a Nottingham la spada di Sir Robert Loxley per averglielo giurato in punto di morte e infine il carisma si specchia nella riluttanza che i suoi compagni hanno nell’abbandonarlo. L’evoluzione del personaggio consiste nel passare dall’essere un individualista di buon cuore, all’abbracciare una causa collettiva, politica. La fine del film è, infatti, la costruzione di una piccola comunità libera di fuorilegge che vivono finalmente lontani dall’oppressione dell‘autorità in una sorta di ritorno alla mitica età dell’oro. Mentre scorrono scene idilliache di una quotidianità serena e riappacificata nella foresta inondata dal sole, la voce fuori campo di Marion recita:

The greenwood is the outlaw’s friend. Now, the orphan boys make us welcome. No tax, no tithe. Nobody rich, nobody poor. Fair shares for all at nature’s table. Many wrongs to be righted in the country of King John.123

Rispetto alle rappresentazioni cinematografiche precedenti e al più comune immaginario disneyano, il Robin Hood di Ridley Scott passa dall’essere un fedele suddito della corona all’essere il promotore di un nuovo equilibrio di poteri tra l’autorità centrale e quella locale ed infine a fondare una sua comunità isolata, pacifica, egalitaria ed anarchica. Il salto è considerevole. L’autorità regale assoluta smette di essere vista come paterna protettrice della giustizia e diventa l’oggetto stesso dell’attacco. Robin diventa umano, yeoman dal sapore, diremmo, borghese, esempio del vero englishman. Soprattutto passa

122 00.16.18 ss. 123 02.19.44 ss.

dall’essere un conservatore in attesa del ritorno del suo re, all’essere un uomo con in testa un progetto di società e di comunità per il quale battersi.

1.3 Dalla ballata alla memoria collettiva: come i miti ci