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INADEGUATEZZA DEI RIMEDI «DIRIGISTICI»

INADEGUATEZZA DEI RIMEDI SETTORIAL

5. INADEGUATEZZA DEI RIMEDI «DIRIGISTICI»

Il legislatore, proprio a causa dell’insufficienza dei rimedi concorrenziali e anche per l’acuirsi degli effetti della crisi economica conseguente alla vicenda dei mutui subprime, è nuovamente intervenuto sul finire del 2007 e per tutto il 2008 con una seconda ondata di misure, ispirate a principi deliberatamente opposti rispetto a quelli alla base dei precedenti interventi «concorrenziali».

212 Il rischio che la procedura interbancaria suggerita dall’ABI sfoci in dinamiche anticoncorrenziali è

stato segnalato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella Segnalazione AS431, pubblicata nel Boll. 40/2007.

Nello specifico, la seconda ondata riformatrice si compone, come già

supra rilevato, di quattro misure «dirigistiche» – o «paternalistiche» – aventi

come obiettivo quello di evitare un inadempimento seriale e collettivo dei mutui con conseguente paralisi dell’intero sistema bancario e finanziario.

Per valutare se tali rimedi sono stati – o sono ancora – idonei a gestire il problema delle sopravvenienze, non è possibile svolgere un discorso unitario, se non in termini generalissimi, stante l’eterogeneità dei vari interventi.

Si va, infatti, dalla possibilità di sospendere il pagamento delle rate del mutuo, alla rinegoziazione «obbligatoria» delle condizioni del contratto, passando per la fissazione di un tetto del 4% per il tasso variabile degli

interessi con accollo dell’eccedenza da parte dello Stato213, e, infine, per la

possibilità di calcolare i tassi d’interesse dei mutui secondo il tasso BCE e non secondo l’EURIBOR.

Inoltre, tutti gli interventi «dirigistici» sopra esaminati, frutto di una legislazione emergenziale d’urgenza, sono nati come interventi destinati ad avere un periodo di applicazione temporalmente limitato. Tra questi, infatti, solo la sospensione delle rate del mutuo risulta ad oggi ancora fruibile dai clienti-mutuatari grazie a una serie di proroghe e ad altri interventi collaterali che, nei fatti, hanno ampliato l’ambito temporale di applicazione di tale misura.

Partendo proprio dalla sospensione delle rate del mutuo, va subito

rilevato che essa ha avuto un ampio successo operativo214. Tale successo è

dovuto al fatto che il rimedio fornisce una soluzione per tutte quelle situazioni che non si prestano a essere adeguatamente gestite attraverso i rimedi «concorrenziali», ossia la «portabilità del mutuo» o la rinegoziazione «volontaria»; in tali situazioni, infatti, il cliente-mutuatario – per eventi che, per quanto eccezionali, solitamente attengono alla propria sfera di rischio (la

213 Articolo 2, commi 1-4, decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, conv. in legge 29 gennaio 2009,

n. 2.

214 Per una disamina più approfondita dei problemi e dell’impatto dell’istituto cfr. F.FIORUCCI, I mutui bancari. Nuova disciplina e prassi, Giuffrè, 2008, pp. 244 ss.

perdita del posto di lavoro, l’insorgenza di gravi malattie che richieda spese di rilevante entità) – non è in grado né di adempiere secondo le originarie condizioni né di reperire alternative più soddisfacenti sul mercato: il rischio di insolvenza è, pertanto, massimo.

In considerazione dell’efficacia di tale misura, il legislatore, con l’articolo 1, comma 246, legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha previsto, previo accordo tra l’ABI e le associazioni dei consumatori, l’adozione di un ulteriore Piano al fine di consentire la sospensione delle rate del mutuo per il periodo 2015-2017 anche al di fuori dell’ambito di applicazione del «Fondo di solidarietà» di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244.

L’Accordo215 tra l’ABI e le associazioni dei consumatori è stato

raggiunto nel 2015 e ha previsto un’ulteriore possibilità per i clienti-mutuatari

di chiedere la sospensione delle rate del mutuo.216 Ad oggi, secondo i dati

riportati dall’ABI, sono state oltre 140.000 le famiglie che, o attraverso il «Fondo di solidarietà» o attraverso le misure concordate dall’ABI stessa con le associazioni dei consumatori, hanno beneficiato della sospensione.

Per quanto riguarda, invece, le altre misure «dirigistiche» adottate nel 2008, il discorso è, purtroppo, diverso. Infatti, nessuna ha avuto il successo ipotizzato al momento della loro introduzione.

La rinegoziazione «obbligatoria», prevista dal «decreto Tremonti», non ha dato i frutti sperati. Il motivo principale dell’insuccesso è probabilmente dovuto al meccanismo – sopra descritto – di rimodulazione del piano di ammortamento. In base a esso, infatti, lo squilibrio derivante da un’eventuale sopravvenienza non risultava equamente ripartito tra la banca e il cliente, ma finiva per essere sopportato in toto dal cliente-mutuatario, al quale veniva soltanto riconosciuta la possibilità di prorogare il periodo di ammortamento del finanziamento secondo le condizioni previste dalla legge.

215 Cfr. «Accordo per la sospensione del credito alle famiglie», concluso dall’ABI e dalle Associazioni

dei Consumatori il 31 marzo 2015 e accessibile su www.confconsumatori.it/wp-

content/uploads/2015/04/AccordoMoratoriaFamiglie-31_3_15.pdf.

216 La possibilità di chiedere la sospensione delle rate del mutuo, originariamente ammessa fino al 31

L’unico effetto positivo, dunque, che il cliente-mutuatario poteva trarre

da tale misura era – come taluno ha rilevato217 – quello di alleggerire

nell’immediato il peso derivante dalle rate del mutuo; e ciò, tuttavia, senza che vi fosse uno sconto nelle condizioni di restituzione, che, al contrario, risultavano più onerose dopo la rinegoziazione rispetto a quanto originariamente previsto.

Per di più, proprio a causa della complessità del meccanismo di «rinegoziazione», era difficile predeterminare a monte l’esito (positivo o negativo) che il ricorso a tale misura avrebbe avuto.

Pertanto, gli interpreti, immediatamente dopo la sua introduzione, nel valutare se tale intervento potesse rappresentare una soluzione adeguata alle sopravvenienze dei contratti di mutuo, ritennero che la rinegoziazione «obbligatoria» potesse essere un rimedio conveniente per quei soli clienti- mutuatari che non avrebbero potuto farne a meno a causa dell’indisponibilità di altri rimedi218.

Stesso discorso vale per le altre misure «dirigistiche».

Partendo dalla fissazione del tetto del 4% per i tassi d’interesse – convenuti in misura variabile –, la scarsa utilità di tale misura è stata messa in

evidenza dalla dottrina219 fin da subito, sia per il ristretto ambito di

applicazione, sia per la natura contingente di tale intervento che, in concreto, ha interessato esclusivamente i mutui con rate in scadenza nel 2009.

Anche la possibilità di calcolare gli interessi dovuti secondo il tasso BCE, in luogo del tasso EURIBOR, è stata valutata negativamente. Infatti, nel prevedere ciò, il legislatore si è limitato a consentire di calcolare la misura degli interessi secondo un parametro diverso (tasso BCE) rispetto a quello usuale (tasso EURIBOR); tuttavia, è rimasta inalterata la possibilità della

217 Cfr. F.FIORUCCI, I mutui bancari. Nuova disciplina e prassi, cit., p. 234.

218 Così cfr. M.BELLINAZZO, Il rebus dei mutui, 5 soluzioni per pagare la rata, in Il Sole 24 Ore, 1

settembre 2008, p. 5.

banca-mutuante di applicare uno spread anche maggiore al parametro di base scelto dal cliente220.

Inoltre, la possibilità di ancorare il mutuo al tasso BCE, anziché all’EURIBOR, pur assicurando una maggiore stabilità della rata, non garantiva, tuttavia, che l’ammontare della somma da restituire risultasse in concreto inferiore rispetto a quella che si sarebbe dovuta restituire seguendo il

piano di ammortamento originario.221

Da questi sommari rilievi si può dedurre che, in tutte le misure «dirigistiche», l’esito della complessa operazione, fatta eccezione per l’istituto della sospensione delle rate – i cui effetti sul piano di ammortamento sono chiari e prevedibili dal mutuatario –, era – ed è – del tutto incerto.

Tuttavia, anche la sospensione delle rate del mutuo presenta dei limiti. Infatti, tralasciando le ipotesi previste dall’Accordo tra l’ABI e le associazioni dei consumatori, la sospensione, secondo la disciplina del «Fondo di solidarietà», è ammessa esclusivamente in presenza di circostanze eccezionali tassativamente previste dal legislatore; pertanto, al di fuori di esse non è consentita alcuna sospensione e, dunque, non è possibile rintracciare in essa un rimedio di ordine generale per le sopravvenienze dei contratti di mutuo.

Inoltre – ed è questo il motivo principale della loro insufficienza –, tutti gli interventi «dirigistici» sopra esaminati hanno (avuto) un ambito temporale di operatività piuttosto limitato; pertanto, una volta scaduti i termini previsti per la loro applicazione – qualora non ancora scaduti –, non è (stato) più possibile il ricorso a tali misure. E ciò basta per escludere che gli interventi «dirigistici» possano costituire una soluzione di ordine generale per le sopravvenienze nei contratti di mutuo e, quindi, per l’usura sopravvenuta.

In conclusione del discorso fin qui svolto, è evidente che tanto le misure «concorrenziali» – ancora in vigore – quanto i rimedi «dirigistici» – alcuni dei quali non più applicabili – non sono idonei a rappresentare, per i

220 Cfr. F.CHESSA, Tasso BCE: un nuovo parametro di indicizzazione per i mutui, in Immobili e proprietà, 2009, pp. 152 ss.

motivi sopra detti, una valida soluzione per la gestione delle sopravvenienze nei contratti di credito e per l’usura sopravvenuta.

Pertanto, occorre necessariamente rifarsi alla disciplina generale delle sopravvenienze.

6. LA NECESSITÀ DI INDIVIDUARE I RIMEDI NELLA