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LA NECESSITÀ DI INDIVIDUARE I RIMEDI NELLA DISCIPLINA GENERALE

INADEGUATEZZA DEI RIMEDI SETTORIAL

6. LA NECESSITÀ DI INDIVIDUARE I RIMEDI NELLA DISCIPLINA GENERALE

Il problema delle sopravvenienze, com’è stato già rilevato, è particolarmente avvertito nei contratti di mutuo e, in generale, di credito. La ragione è che in tali contratti il problema della gestione dei fatti sopravvenuti e della possibile incidenza che essi possono avere sul regolamento contrattuale ha una sua specificità. Molto spesso, infatti, dietro la conclusione di un contratto di mutuo vi è l’esigenza del cliente-mutuatario di reperire i fondi necessari per l’acquisto della propria abitazione. Ecco, dunque, che la scelta del rimedio esperibile a fronte di una sopravvenienza che impedisca o renda eccessivamente difficoltoso l’adempimento impone considerazioni non solo di efficienza, ma anche di equità.

La specificità di tale problema è confermata dagli spasmodici interventi settoriali, esaminati nei precedenti paragrafi, che si sono susseguiti per fronteggiare la gravissima crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007. I rimedi previsti da tali interventi si sono, tuttavia, dimostrati insufficienti a rappresentare una soluzione di ordine generale per la gestione del problema delle sopravvenienze nei contratti di mutuo. È, dunque, alla disciplina generale che occorre fare riferimento per individuare i rimedi più idonei.

Ciononostante, dall’esame degli interventi settoriali è possibile trarre taluni importanti indici.

In primo luogo, soprattutto dalla ratio che ha ispirato gli interventi «concorrenziali», si evince che il rapporto contrattuale tra la banca-mutuante e il cliente-mutuatario è caratterizzato da una forte asimmetria contrattuale a

totale vantaggio della prima. Di ciò, pertanto, bisogna tenere conto nell’individuazione di un rimedio adeguato per le sopravvenienze.

Non a caso, il legislatore, con gli interventi summenzionati, ha cercato di riequilibrare l’asimmetria – informativa e contrattuale – che affligge il cliente prevedendo, ad esempio, il divieto generalizzato di penali od oneri per il cliente che intenda chiudere il rapporto con la banca; in questo modo, si è inteso restituire al mutuatario la libertà di rivolgersi al mercato in cerca di alternative adeguate per la gestione delle eventuali sopravvenienze, colmando, allo stesso tempo, il deficit di potere contrattuale nel rinegoziare i termini dello

scambio.222

In secondo luogo, un ulteriore elemento che è possibile desumere dagli interventi degli scorsi anni nel settore del credito è il chiaro favor verso la «manutenzione» del contratto al fine di permettere al cliente-mutuatario di soddisfare le esigenze per cui il contratto stesso è stato concluso. Ciò è, anzitutto, evidente per tutti quei rimedi che mirano a consentire la prosecuzione del rapporto con la banca-mutuante originaria, come la rinegoziazione «volontaria», la rinegoziazione «obbligatoria» o la sospensione delle rate del mutuo; tuttavia, identica ratio si scorge anche in quelle misure, come la «portabilità del mutuo», che determinano l’estinzione del primo rapporto e la sostituzione dalla banca originaria con una nuova banca- mutuante. Infatti, la sostituzione della controparte e la rinegoziazione del contratto con la nuova banca sono comunque funzionali a garantire il conseguimento dell’utilità che il cliente-mutuatario intende – o ha inteso – realizzare con la conclusione del contratto originario.

A conferma di ciò, è stato giustamente evidenziato che la portabilità ha avuto un «effetto trainante» sulla rinegoziazione; e, infatti, le banche «pur di

non rischiare di perdere i propri clienti, (...) si sono rese più disponibili a ridiscutere le condizioni del mutuo preesistente»223. In altri termini, il

222 Cfr. M.SCALI, Eccessiva onerosità sopravvenuta del mutuo e tutela del consumatore, cit., p. 58. 223 P. L. FAUSTI, La «rinegoziazione» dei mutui, cit., p. 753.

legislatore avrebbe «tratto ispirazione dalla prassi, riconoscendo l’utilità

sociale di un rimedio manutentivo, non ablativo al punto da imporne l’utilizzo»224. Pertanto, nonostante i dubbi circa la piena assimilazione delle «rinegoziazioni» introdotte dagli interventi sopra descritti al concetto civilistico di rinegoziazione, dovrebbe quanto meno riconoscersi che tali interventi confermano che il nostro ordinamento mostra una chiara predilezione verso i rimedi «manutentivi» nel caso di sopravvenienze che colpiscano i contratti di mutuo, .

Tenendo in debito conto questi due elementi, è necessario, dunque, volgere lo sguardo ai rimedi generali previsti per le sopravvenienze contrattuali.

In termini generali, e come rilevato supra225, in presenza di una

sopravvenienza giuridicamente rilevante si pongono due alternative.

La prima consiste nei rimedi «ablativi» – come ad esempio la risoluzione del contratto di cui all’articolo 1467 cod. civ. –, i quali, consentendo lo scioglimento del contratto, permettono alle parti di liberarsi dal vincolo contrattuale.

La seconda alternativa, invece, è rappresentata dai rimedi «manutentivi», o conservativi, del contratto. Tali rimedi, al contrario di quelli «ablativi», tendono alla conservazione del vincolo contrattuale mediante una rinegoziazione o una revisione delle condizioni contrattuali originariamente pattuite.

Orbene, bisogna verificare – anche alla luce delle peculiarità dei contratti di credito – quale tra i rimedi, «ablativi» o «manutentivi», analizzati nel secondo capitolo, si presta meglio a risolvere i problemi derivanti dalle eventuali sopravvenienze occorse e, nello specifico, dall’usura sopravvenuta.

224 P. L. FAUSTI, La «rinegoziazione» dei mutui, cit., ibidem. 225 Cfr. Cap. II, § 3.

Nel far ciò, occorrerà tenere presente – soprattutto una volta che il discorso s’incentra sui contratti di credito – che entrambe le tipologie dei rimedi presentano limiti e problemi operativi.

Per quanto riguarda i rimedi «ablativi», è già stato rilevato226 che non

sempre le sopravvenienze che interessano i contratti di mutuo – e così anche l’usura sopravvenuta – si prestano a essere gestite tramite rimedi caducatori che importano conseguenze restitutorie difficilmente sostenibili per il cliente- mutuatario.

D’altro canto, anche per i rimedi «manutentivi» i problemi non sono pochi e riguardano, a monte, la loro stessa ammissibilità in assenza di una esplicita previsione di legge o delle parti. Tale annosa questione ha dato luogo

a un cospicuo dibattito dottrinale di teoria generale del contratto227; tuttavia, è

necessario verificare se alla luce delle peculiari caratteristiche del contratto di mutuo possa ritenersi pacificamente ammissibile la manutenzione del contratto in caso di sopravvenienze e, soprattutto, se tale soluzione risulti praticamente percorribile con riguardo alla specifica vicenda dell’usura sopravvenuta.

226 Cfr. Cap. II, § 5.

CAPITOLO IV