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NORMALE» DEL CONTRATTO

5. RIMEDI «MANUTENTIVI»

5.1 REDUCTIO AD AEQUITATEM

L’esistenza di un principio generale di adeguamento del contratto trova conferma nella disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.

Infatti, la parte non colpita dalla sopravvenienza, una volta domandata la risoluzione del contratto, può evitarla offrendo «di modificare equamente le condizioni del contratto», a norma dell’articolo 1467, terzo comma, cod. civ.

La riduzione a equità è un vero e proprio diritto potestativo attribuito esclusivamente alla parte convenuta in giudizio per la risoluzione del

contratto139. Al contrario, in base all’interpretazione strettamente tradizionale,

la parte svantaggiata da una sopravvenienza non può pretendere un’equa modificazione del contratto, ancorché il suo interesse – come il più delle volte accade nei contratti di mutuo – sia quello di mantenere in vita il contratto. Ciò si giustifica con il rilievo che la ratio di tale istituto è di evitare che la perdita della prestazione colpita dalla sopravvenienza possa frustrare l’affidamento della parte che ne aveva diritto, soprattutto qualora la prestazione stessa fosse

finalizzata all’attività economica svolta dalla parte140.

Il contenuto dell’offerta deve essere tale da modificare equamente le condizioni del contratto. La valutazione sulla «equità» dell’offerta non può ovviamente prescindere dal criterio della «alea normale». Nello specifico, è necessario riportare il contratto nell’alveo di ciò che è fisiologico, ossia che è tollerabile per le parti: l’offerta di reconductio ad aequitatem diviene uno strumento di amministrazione del rischio contrattuale, finalizzato a recuperare

l’economicità del contratto141.

Il risultato, tuttavia, non deve essere necessariamente il riequilibrio del rapporto originario tra il valore delle controprestazioni, ma l’eliminazione della sproporzione eccedente l’«alea normale». Pertanto, affinché possa

139 Per la considerazione dell’offerta come espressione di un diritto potestativo cfr. F. PANUCCIO

DATTOLA, L’offerta di riduzione ad equità, Giuffrè, 1990, p. 42; E. QUADRI, La rettifica del contratto, Giuffrè, 1973, p. 40.

140 Per tale impostazione cfr. F.MACARIO, Le sopravvenienze, cit., p. 699 alla nota 22. 141 Cfr. E. GABRIELLI, Alea e rischio nel contratto, ESI, 1997, p. 69.

ritenersi equa l’offerta di modificazione, è sufficiente che essa riporti il rapporto tra le controprestazioni entro una misura rientrante nell’area del normale rischio contrattuale; non importa che la distribuzione del rischio sia differente rispetto a quanto originariamente stabilito. Proprio per questo motivo, è ben possibile che la parte che formula un’offerta di reconductio ad

aequitatem possa comunque conseguire un vantaggio dall’evoluzione degli

eventi, ancorché il contratto sia stato riportato nell’alveo del rischio

normalmente prevedibile142.

Come detto, la decisione di offrire una modificazione del contratto è rimessa all’esclusiva disponibilità della parte non colpita dall’evento sopravvenuto. Deve, quindi, categoricamente escludersi la possibilità di una

reconductio ad aequitatem d’ufficio da parte del giudice. Sebbene di ciò non

si sia mai dubitato, sono, tuttavia, sorti una serie di dubbi, da una parte, sulla natura di atto sostanziale o processuale dell’offerta e, dall’altra, sui rapporti tra le parti e il giudice nel caso in cui sia proposta in giudizio un’offerta di modificazione.

Sotto il profilo della natura, è prevalente in dottrina l’idea che, sebbene la dinamica dell’istituto ne metta in luce la chiara valenza processuale,

l’offerta sia un negozio unilaterale recettizio di diritto sostanziale143.

La questione del rapporto tra le parti e i poteri del giudice è, invece, più intricata. Per risolverla occorre partire dalla ratio dell’offerta di reconductio

ad aequitatem che è quella di offrire alla parte non colpita dalla

sopravvenienza una tutela giuridica effettiva contro il rischio che, a domanda della parte svantaggiata, il contratto sia risolto. Sicché, l’idoneità dell’offerta a ricondurre alla normalità l’equilibrio contrattuale non può dipendere dalla mera volontà della parte colpita dalla sopravvenienza; quest’ultima, infatti, a fini dilatori, potrebbe rifiutare un’offerta equa e persistere nella domanda di risoluzione. Per tale ragione, si ritiene pacificamente che in sede processuale il

142 Cfr. F.MACARIO, Le sopravvenienze, cit., p. 702. 143 Così V.ROPPO, Il contratto, cit. p. 896.

giudice possa esercitare un sindacato sulla rispondenza dell’offerta ai parametri equitativi. In altri termini, se l’offerta è equa, la risoluzione sarà esclusa, ancorché la parte colpita dalla sopravvenienza non l’abbia accettata. Tuttavia, se così è, deve ammettersi che il giudice – ovviamente sempre su domanda della parte interessata – possa egli stesso determinare la modificazione equitativa necessaria per riportare nell’alveo della normalità il contratto colpito dalla sopravvenienza.

Questa conclusione comporta due considerazioni.

In primo luogo, infatti, essendo il potere di formulare l’offerta modulato come un vero e proprio strumento di tutela giuridica, deve ritenersi che l’interesse tutelato da tale potere sia il mantenimento del vincolo contrattuale. In secondo luogo, essendo l’offerta un negozio di diritto sostanziale, ne deriva che i suoi effetti possono prodursi fuori e a prescindere dal processo.

Ciò che si ricava, allora, è che la modificazione del contratto si produrrà in ogni caso sia qualora l’offerta avvenga in sede stragiudiziale sia qualora avvenga in sede giudiziale.

Più propriamente, nel caso di offerta stragiudiziale, la parte colpita dalla sopravvenienza potrà accettare tale offerta; ciò equivale alla conclusione di un nuovo contratto, modificativo del precedente.

Di contro, qualora la parte lesa non risponda all’offerta stragiudiziale, bisogna distinguere. Infatti, se l’offerta è equa, essa produrrà ipso iure la modificazione del contratto, come conseguenza dell’esercizio del diritto potestativo; al contrario, se essa non è equa, non produrrà la suddetta modificazione. In tali casi, dunque, se sorge una controversia, la sentenza resa all’esito del giudizio avrà natura dichiarativa e si limiterà ad accertare se l’offerta formulata prima e fuori dal processo fosse equa e, quindi, se la modificazione del contratto si sia prodotta.

Al contrario, se l’offerta è formulata per la prima volta in sede processuale, il giudizio serve a produrre quella modificazione giuridica che si

sarebbe potuta produrre prima e a prescindere dal processo, qualora l’offerta fosse stata formulata in sede stragiudiziale. Ne deriva che la sentenza terrà

luogo dell’offerta stragiudiziale e avrà necessariamente natura costitutiva144.

Più propriamente, si deve ritenere, per tutto quanto detto, che il giudice possa non solo accertare la rispondenza a equità dell’offerta, ma anche provvedere,

su richiesta della parte legittimata, alla modificazione del contratto145.

In tale modo, non si mortifica l’autonomia contrattuale, in quanto la modificazione del contratto non è disposta d’ufficio dal giudice, ma in seguito alla richiesta di parte. La contraria soluzione, a dire il vero, è molto meno

rispettosa dei poteri delle parti e della loro autonomia146.

Infatti, da un lato, escludere che la modificazione del contratto possa prodursi direttamente come conseguenza di un’offerta equa significa ritenere che la modificazione possa conseguire soltanto all’esito di un processo, quasi come se si trattasse di un’ipotesi di giurisdizione costitutiva necessaria; dall’altro, escludere che il giudice possa determinare la modificazione equa significa negare qualsiasi rilievo al potere attribuito alla parte non colpita dalla sopravvenienza di «salvare» il contratto.

Inoltre, seguendo tale impostazione, non sarebbe per nulla mortificato l’interesse della parte svantaggiata. In primo luogo, infatti, non si può ritenere, come già rilevato, che l’interesse della parte colpita da una sopravvenienza sia sempre quello di ottenere lo scioglimento del contratto. In secondo luogo, inoltre, se è vero che un’offerta equa (anche stragiudiziale) è idonea a produrre

ipso iure la modificazione del contratto, è altrettanto vero che, soprattutto in

sede stragiudiziale, la parte che riceve tale offerta può rinegoziare le condizioni contrattuali, arrivando alla conclusione di un nuovo contratto modificativo del precedente.

144 Per la natura costitutiva cfr. F.PANUCCIO DATTOLA, L’offerta di riduzione ad equità, cit., p. 48. 145 Cfr. F.MACARIO,Le sopravvenienze, cit., pp. 706-707.

146 Tuttavia per la soluzione contraria che nega l’intervento del giudice propende la dottrina

maggioritaria. Cfr. ex multis F.MESSINEO, Dottrina generale del contratto, Giuffrè, 1950, p. 519; F.

GAZZONI, Equità e autonomia privata, Giuffrè, 1970, p. 108; E. QUADRI, La rettifica del contratto,

In altri termini, l’autonomia delle parti è massimamente rispettata perché la prospettiva ultima a cui apre l’offerta di reconductio ad aequitatem è una rinegoziazione del contratto.