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NORMALE» DEL CONTRATTO

4. RIMEDI «ABLATIVI»

L’ordinamento, come già rilevato in apertura del capitolo, consente alla parte svantaggiata da una sopravvenienza di reagire a essa mediante la risoluzione del contratto, secondo la disciplina tipica dell’eccessiva onerosità, di cui all’articolo 1467 cod. civ.

La risoluzione, quale istituto rimediale e non sanzionatorio112, è uno

strumento rimesso alla esclusiva disponibilità della parte colpita dalla sopravvenienza. Ovviamente, affinché la parte possa avvalersene è necessario che si attivi proponendo espressa domanda in giudizio; l’eccessiva onerosità e,

110Cfr. P. L. FAUSTI, La «rinegoziazione» dei mutui, in Banca borsa e titoli di credito, LXI, 2008,

parte I, p. 748.; contra, per l’idea che i rimedi «manutentivi» siano da preferire in termini di efficienza economica cfr. S.MAZZAMUTO, Il contratto europeo nel tempo della crisi, in Europa e diritto privato, 2010, p. 608.

111 Cfr. F.MACARIO, Le sopravvenienze, cit., p. 507.

in genere, le sopravvenienze non producono, infatti, effetti ipso iure sul rapporto contrattuale. Ne deriva che, qualora si verifichi un fatto sopravvenuto, non è sufficiente una mera manifestazione di volontà stragiudiziale della parte svantaggiata che renda edotta la controparte dell’evento sopravvenuto e dell’intento risolutorio. Tuttavia, è anche vero –

come taluno ha rilevato113 – che le dichiarazioni stragiudiziali possono

ingenerare affidamento nella parte che le rende, non potendo, quindi, escludersi tout court un’indagine sul comportamento della parte che riceve la dichiarazione.

Problema diverso, invece, è se la sopravvenienza possa essere fatta valere in via di eccezione, fermo restando che essa non è di per sé sufficiente a giustificare l’inadempimento. Senza scendere nel dettaglio, bisogna ammettere per ragionevolezza che il manifestarsi di una sopravvenienza che incide sul rapporto contrattuale possa essere sollevato anche in via di eccezione, salvo poi verificare se questa configuri una mera eccezione o, più propriamente,

un’eccezione riconvenzionale, come ritiene anche la dottrina114 e la

giurisprudenza prevalente.

La risoluzione consegue a una sentenza di natura costitutiva, che, accertati i presupposti sopra delineati, produce lo scioglimento del vincolo contrattuale115.

Chiaramente, accanto a questo effetto demolitorio, dalla risoluzione deriva un tendenziale ripristino della situazione giuridica esistente al tempo del contratto. Ciò è dovuto al fatto che, a norma dell’articolo 1458 cod. civ., richiamato dall’articolo 1467 cod. civ., la risoluzione, pur non retroagendo rispetto ai terzi, ha effetto retroattivo tra le parti. Tale «retrodatazione» genera, di conseguenza, degli obblighi restitutori.

113 Cfr. V.ROPPO, Il contratto, cit., p. 1028; cfr. anche R. SACCO – G. DE NOVA, Il contratto, cit, p.

1705.

114 Cfr. V.ROPPO, Il contratto, cit., p. 1027. 115 Cfr. V.ROPPO, Il contratto, cit., p. 1028.

Più propriamente, l’effetto ripristinatorio è frutto di un meccanismo «a due tempi»; in primo luogo, lo scioglimento del contratto rende sine titulo le

attribuzioni patrimoniali effettuate in forza di tale contratto116; in seguito,

venuta meno la giustificazione causale delle attribuzioni eseguite, il ripristino vero e proprio deriva dai principi di carattere generale che disciplinano le

cosiddette «restituzioni»117. Nello specifico, per le obbligazioni di facere già

adempiute, si applicherà la disciplina dell’arricchimento senza giusta causa, di cui all’articolo 2041 cod. civ.; mentre per quelle di dare, si applicheranno le norme che disciplinano la condictio indebiti. Il che significa che gli effetti restitutori non scaturiranno in modo automatico dalla pronuncia della risoluzione, ma dovranno formare oggetto di autonoma domanda delle parti.

Tali effetti propri della risoluzione, tuttavia, si realizzano in modo diverso a seconda della natura del contratto. A tale riguardo, è necessario procedere a due distinzioni.

Una prima distinzione va fatta tra contratti a (soli) effetti obbligatori o a effetti reali. Nel primo caso, alla risoluzione conseguirà l’estinzione delle obbligazioni ancora non adempiute e la produzione degli effetti recuperatori sopra descritti; mentre nel secondo caso, dalla risoluzione conseguirà automaticamente il (ri)trasferimento del diritto oggetto del contratto risolto all’originario titolare, ossia si produrrà un’efficacia reale inversa a quella originaria.

Una seconda distinzione rilevante è quella tra contratti propriamente di durata (ossia a esecuzione continuata o periodica) e contratti a esecuzione differita. Nei primi, infatti, l’effetto demolitorio della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite e, di conseguenza, non fa venir meno il diritto alle corrispondenti controprestazioni. Tale principio, espresso dall’articolo 1458 cod. civ., risponde a un criterio di logica comune. Infatti, se la risoluzione opera come rimedio a fronte delle alterazioni funzionali del

116 Cfr. ex multis C.M.BIANCA, La responsabilità, in ID.,Diritto civile, 5, Giuffrè, 1994, p. 380. 117 Cfr. F. MACARIO, Le sopravvenienze, p. 508 che cita sul punto A. BOSELLI, voce «Eccessiva onerosità», in Novissimo Digesto italiano, IV, UTET, 1960, p. 335.

sinallagma contrattuale, essa non potrà incidere su quella parte del rapporto che ha già trovato attuazione e rispetto alla quale, quindi, non vi è stata alcuna

alterazione del sinallagma stesso118. Nei contratti a esecuzione differita, al

contrario, la retroattività della risoluzione rimonta direttamente al tempo del

contratto, con tutte le conseguenze ripristinatorie che ne derivano119.

Tuttavia, non sempre i contratti rientrano tout court nell’una o nell’altra categoria. Può accadere, infatti, che il contratto sia unilateralmente di

durata120, ossia che le prestazioni non siano a esecuzione continuata o

periodica per entrambe le parti. In tali casi, essendo la ratio della risoluzione quella di reagire ad alterazioni del nesso sinallagmatico, è evidente che prevarrà la regola della retroattività fin dal momento della conclusione del contratto, generandosi, di conseguenza, obblighi restitutori per il contraente che ha già ricevuto parte della prestazione continuativa o periodica. È questo il caso dei contratti di mutuo o, in generale, di credito, rispetto ai quali la risoluzione per eccessiva onerosità ha sempre portata retroattiva.