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OBBLIGO LEGALE DI RINEGOZIARE IL CONTRATTO

NORMALE» DEL CONTRATTO

5. RIMEDI «MANUTENTIVI»

5.3 OBBLIGO LEGALE DI RINEGOZIARE IL CONTRATTO

Le considerazioni sopra svolte in merito ai rimedi «manutentivi» portano a interrogarsi sull’esistenza di un obbligo di rinegoziare il contratto,

160 Cfr. F.MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, cit., p. 318, nota

10.

qualora le parti non abbiano previsto alcun rimedio né di adeguamento né di

rinegoziazione162.

Il problema principale è dato dalla stessa configurabilità di un generale obbligo legale di rinegoziazione. Nello specifico, è prima facie evidente il cortocircuito logico determinato dal contrasto tra la libertà contrattuale delle parti e l’adempimento dell’obbligo di rinegoziare proprio mediante una manifestazione di autonomia contrattuale.

La dottrina163 ha cercato di sanare tale antinomia ricostruendo l’obbligo

di rinegoziare il contratto alla stregua di una complessa rilettura della disciplina generale del contratto. Nello specifico, due sono state le linee interpretative seguite per affermare l’esistenza di un obbligo legale di

rinegoziazione164.

La prima fa leva su una «rilettura» della disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, di cui all’articolo 1467 cod. civ., alla luce del principio di buona fede, di cui agli articoli 1366 e 1375 cod. civ., e/o del criterio integrativo dell’equità, di cui all’articolo 1374 cod. civ.

La seconda linea interpretativa, viceversa, è giunta a configurare il rimedio dell’obbligo di rinegoziazione a partire da un’articolata ricostruzione dei regimi di governo delle sopravvenienze nell’ordinamento italiano. Si è ipotizzato, in particolare, che nel codice civile siano rinvenibili due distinti modelli di gestione delle sopravvenienze: quello «consensualistico», delineato dall’articolo 1467 cod. civ., e quello «conservativo», previsto in tema di

appalto dall’articolo 1664 cod. civ.165.

162 Cfr. ex multis M.AMBROSOLI, La sopravvenienza contrattuale, Giuffrè, 2002, p. 434; F.MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, cit.; ID., Le sopravvenienze, cit.; F.

GRANDE STEVENS,Obbligo di rinegoziare nei contratti di durata, in N.LIPARI (a cura di), Diritto

privato europeo e categorie civilistiche, ESI, 1998, p. 193. 163 Cfr. F.MACARIO, Le sopravvenienze, cit., p. 730.

164 Cfr. M.SCALI, Eccessiva onerosità sopravvenuta del mutuo e tutela del consumatore, in Cultura e Diritti, II, 2017, p. 59.

165 Cfr. M.SCALI, Eccessiva onerosità sopravvenuta del mutuo e tutela del consumatore, cit., p. 61;

più ampiamente sul punto vedi M.BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, UTET,

Secondo tale seconda linea di lettura, ciascuno dei due modelli di gestione delle sopravvenienze si appunta a una diversa categoria di scambi. Quello «consensualistico», ai contratti che realizzano uno scambio «puntuale». Quello «conservativo», ai contratti che viceversa realizzano uno scambio «integrativo», ossia caratterizzato dalla rilevante interdipendenza

patrimoniale o dal reciproco condizionamento decisionale dei contraenti166.

Tale seconda linea interpretativa, tuttavia, suscita una serie di perplessità dovute all’assoluta eterogeneità dei modelli suggeriti per la gestione delle sopravvenienze. Essa, infatti, si basa su un tentativo di «particolarizzare» l’ambito applicativo dell’articolo 1467 cod. civ. e di «generalizzare» la regola contenuta nell’articolo 1664 cod. civ. per approdare alla conclusione secondo cui la disciplina contenuta nell’articolo 1467 cod. civ. non andrebbe considerata come una disciplina generale delle sopravvenienze, bensì come una disciplina particolare del rischio quantitativo nel solo ambito degli scambi puntuali; viceversa, la disciplina contenuta nell’articolo 1664 cod. civ. andrebbe considerata come una disciplina generale del rischio delle sopravvenienze, applicabile alle ipotesi di scambi integrativi,

quale che sia il tipo contrattuale prescelto167.

Allo stesso modo, anche la linea interpretativa che fa leva su una rilettura della disciplina dell’articolo 1467 cod. civ. alla luce delle clausole generali è stata oggetto di numerose critiche.

In particolare, è stato rilevato168 che il principio di buona fede non

sarebbe idoneo e sufficiente a fungere da criterio normativo per la distribuzione dei rischi non previsti dalle parti; in tal senso, si sostiene che la clausola generale, ancorché sia idonea a determinare nuove condizioni per l’esecuzione del regolamento contrattuale, non potrebbe imporre alle parti di

166 Cfr. M.BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., pp. 230-236. 167 Cfr. M.BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., pp. 237-240.

168 Cfr. M. BARCELLONA, Appunti a proposito di obbligo di rinegoziare e gestione delle sopravvenienze, in Europa e diritto privato, 2003, p. 487.

riformulare le proprie volontà per adeguare il contratto colpito da una sopravvenienza.

La verità – come al solito – sta nel mezzo.

Infatti, si deve rilevare, da una parte, contrariamente a chi ritiene che vi sia un insanabile contrasto tra libertà di autodeterminazione delle parti e obbligo di rinegoziare il contratto, che la rinegoziazione tende non a comprimere, ma a realizzare l’originaria volontà delle parti mediante un atto

che è pur sempre di autonomia privata169.

Dall’altra parte, però, pur dovendosi riconoscere che la buona fede sia idonea a svolgere una funzione integratrice del regolamento contrattuale e a far sorgere un obbligo di rinegoziare il contratto – originariamente non previsto –, occorre fare alcune precisazioni.

Nello specifico, non si può sostenere che qualsiasi sopravvenienza, pur in astratto rilevante, faccia sorgere un obbligo legale di rinegoziare il contratto divenuto squilibrato; infatti, qualora il fatto sopravvenuto rientri nella fattispecie dell’eccessiva onerosità, pur qualificando come dispositiva la norma dell’articolo 1467 cod. civ., è difficile ammettere che l’integrazione ex

fide bona e non la diversa volontà delle parti possa derogare alla disciplina

legale; in tali ipotesi, dunque, un obbligo di rinegoziare il contratto divenuto

squilibrato può discendere solo da un’apposita clausola di hardship170.

Al contrario, qualora la sopravvenienza sia «atipica», la generale tendenza dell’ordinamento ad assicurare la conservazione dei contratti destinati a durare nel tempo implica che possa ritenersi esistente uno specifico obbligo delle parti di cooperare al fine di modificare l’originario regolamento.

Una conferma a tale impostazione si trova nelle consolidazioni formatesi nella prassi del commercio internazionale, come i «Principi UNIDROIT» e i «Principles of European Contract Law», anche noti come «PECL».

169 Cfr. F.MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, cit., p. 322. 170 Cfr. F.MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, cit., p. 318.

Per quanto riguarda i «Principi UNIDROIT», l’articolo 6.2.3 attribuisce alla parte svantaggiata da una sopravvenienza il «diritto di chiedere la rinegoziazione del contratto», a condizione che la richiesta pervenga alla controparte senza ingiustificato ritardo e indichi i motivi su cui si basa.

Anche i «PECL», all’articolo 6:111, n. 2, stabiliscono l’obbligo di avviare trattative allo scopo di modificare il contratto.

Sia i «Principi UNIDROIT», all’articolo 6.2.3, n. 4, che i «PECL», all’articolo 6:111, n. 3, disciplinano le conseguenze del mancato adempimento dell’obbligo di rinegoziare il contratto, attribuendo al giudice il potere, in via alternativa, di risolvere o di modificare il contratto al fine di ristabilire l’originario equilibrio.

Tali regole solo all’apparenza possono sembrare eversive dei principi tradizionali in materia di rimedi contrattuali. Più propriamente, invece, tali «Principi» condensano in un’attenta e ragionata opera di elaborazione teorica le riflessioni più recenti in merito ai rimedi per i problemi dei rapporti contrattuali destinati a protrarsi nel tempo.