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7) Tasso di rendimento

1.3 I principali approcci per la stima del capitale umano

1.3.2 Gli approcci orientati a misure monetarie 1 Residual Approach

1.3.2.3 Income-based Approach

L'income-based approach è uno dei primi approcci di misurazione del capitale umano ad essere stato sviluppato. Introdotto negli anni Sessanta da Weisbrod (1961) è anche più “antico” del cost-based approach, tuttavia la sua diffusione e il suo utilizzo sono dovuti agli studi di Barbara M. Fraumeni e Dale W. Jorgenson (1989 e 1992), i quali diedero vita appunto al cosiddetto “metodo Jorgenson-Fraumeni” o “metodo J-F”.

L'income-based approach misura il capitale umano stimando l'entità delle entrate future (quindi i futuri redditi) generate dall'investimento in capitale umano nell'arco della vita di un individuo. A differenza del cost-based approach, che si basa sul calcolo degli input, l'income-based approach stima il valore del capitale umano focalizzandosi sugli output. Inoltre a differenza dell'approccio basato sui costi, questo è basato su una misurazione di tipo prospettico, ovvero che considera il valore monetario dell’uomo attraverso la determinazione del valore attuale dei redditi futuri.15

Il database di riferimento dell'income-based approach comprende in genere vari indicatori, come i tassi di sopravvivenza, il livello di istruzione, il tasso di occupazione, i redditi annuali. La stima si effettua solitamente considerando la popolazione attiva (15-64 anni) e permette un calcolo sia del valore del capitale umano (in termini di livello e distribuzione), sia della sua quantità.

Secondo questo approccio, l’incremento dello stock di capitale umano per ogni individuo che ha completato un anno di istruzione in più dovrebbe contribuire ad una maggiore produttività nel corso di tutta la sua vita; inoltre vale l’assunzione che i salari di 15 A differenza di quello retrospettivo orientato al passato, il metodo prospettivo consiste nella stima del valore probabile scontato di tutti i redditi futuri di un lavoratore al netto delle spese future, tenendo conto anche della probabilità di morte prematura e della probabilità di essere occupato durante la vita lavorativa.

mercato riflettano esattamente gli incrementi di produttività attribuibili all’istruzione. Questo approccio permette quindi di evidenziare l'importanza degli investimenti a lungo termine, come l'istruzione e la sanità, nella creazione di capitale umano. L'income-

based approach presenta moltissimi vantaggi. Innanzitutto permette di riunire in una

misura aggregata diverse componenti del capitale umano. Questo ne fa l'approccio forse più completo per la valutazione di tale aggregato, perché permette di costruire un sistema basato su valori, quantità e prezzi, esattamente come quello usato per la misurazione del capitale fisico. Altro vantaggio dell'income-based approach è che consente di registrare le variazioni nello stock di capitale umano all'interno di ogni periodo considerato, che sono espresse in termini di investimento.

Anche questo approccio presenta tuttavia dei limiti, come evidenziato da OCSE (2012). In primo luogo per calcolare i redditi futuri esso si basa su delle pure assunzioni riguardo il tasso di sconto e la reale crescita dei redditi attesa per il futuro, assunzioni che influiscono sulle stime finali. Un'altra assunzione riguarda l'ipotesi che i benefici dell'istruzione si traducano esclusivamente in redditi da lavoro più elevati. Inoltre si assume in via arbitraria che tali redditi, e quindi il capitale umano, siano omogenei all'interno dei gruppi considerati.

In secondo luogo, poiché i mercati non funzionano esattamente come mercati di concorrenza perfetta, i salari (distinti in base al livello di istruzione) utilizzati come misura del futuro potere d'acquisto potrebbero in realtà essere superiori al valore marginale della produttività di un lavoratore e quindi del suo capitale umano. In tal caso sarebbe ignorata tutta una serie di fattori che incidono sulla produttività del lavoratore e dunque sui differenziali salariali, come le abilità innate, l'apprendimento sul lavoro, le caratteristiche dell'impresa o l'efficienza dei sindacati.

Ultimo limite è dato dal fatto che essendo basato sui salari di mercato, lo stock monetario di capitale umano così calcolato riflette le differenze di remunerazione di differenti categorie di lavoratori (ad esempio tende a crescere nel passaggio da uomini a donne, da immigrati a residenti o da persone meno istruite a persone più istruite).

L'applicazione più importante dell'income-based approach è rappresentata dal metodo Jorgenson-Fraumeni, che applica la teoria neoclassica degli investimenti al

capitale umano. Secondo tale teoria il prezzo dei beni capitali dipende dal valore attualizzato di tutti i futuri servizi di capitale derivati dagli investimenti. Per estensione, il valore del capitale umano di un individuo può essere determinato dal reddito da lavoro lungo il suo ciclo di vita.

La metodologia J-F considera il valore attuale del reddito da lavoro lungo il ciclo di vita dell'individuo, stimato tenendo conto di possibili cambiamenti della retribuzione (dovuti anche all’esperienza), di ulteriore istruzione che si può acquisire, dei modelli differenziali di partecipazione alla forza lavoro e della mortalità. Per effettuare il calcolo, i percettori di reddito vengono considerati all’interno di gruppi della popolazione classificata per genere, età e livello di istruzione.16

Negli ultimi anni oltre una ventina di Paesi sono stati coinvolti nella realizzazione di stime del capitale umano basate sul metodo J-F. Tali studi sono molto diversi tra loro per fonti utilizzate, livelli di istruzione considerati, periodo di riferimento e inclusione o meno nella stima anche delle attività non di mercato.17 A livello nazionale lo studio più

importante resta ancora quello originario condotto da Jorgenson e Fraumeni (1989) negli Stati Uniti, il cui scopo principale era quello di valutare l'output del settore dell'istruzione. Un altro studio è quello condotto da Gu e Wong (2008) in Canada, con lo scopo di evidenziare il contributo dato dal capitale umano alla ricchezza nazionale. Altra interessante applicazione del metodo è infine quella fatta annualmente dalla Cina a partire dal 2009 nell'ambito del China Human Capital Index Project.18

A livello internazionale invece, uno degli esempi più importanti di applicazione del metodo J-F è rappresentato dal progetto avviato dall'OCSE nel 2009 e mirante a definire un indice di capitale umano per 18 Paesi aderenti all'iniziativa.19 I risultati sono mostrati

in Figura 1.3. Liu (2011) analizza i risultati del progetto dell'OCSE, mostrando come 16 In particolare dal punto di vista dell'età si identificano cinque fasi vitali, distinte a seconda della presenza o meno di istruzione e lavoro, per le quali realizzare il calcolo in maniera differente: 0-4 anni (assenza di scuola o lavoro); 5-15 anni (solo scuola); 16-34 anni (lavoro e scuola); 35-74 anni (solo lavoro); 75 anni e oltre (pensione). Per il calcolo dei redditi futuri per tutte le fasi vitali si veda Jorgenson e Fraumeni (1993).

17 Per la panoramica di tutti gli studi nazionali e internazionali realizzati seguendo il metodo J-F si veda OCSE (2012).

18 Per l'analisi dello Human Capital Index Project della Cina si veda il capitolo 3.

19 Relativamente al Progetto dell'OCSE, mirante da un lato ad estendere le indagini per la misurazione delle competenze di studenti e adulti (PISA,PIAAC) e ad aumentarne la frequenza, e dall'altro alla ricerca di una metodologia universale da applicare alla stima del capitale umano che permetta anche confronti intertemporali e internazionali, si veda l'analisi di Liu (2011).

l'applicazione del metodo J-F sia funzionale ad un confronto internazionale. Le stime ottenute sono inoltre perfettamente in linea con i risultati ricavati da numerosi studi nazionali. Il principale contributo alla formazione di capitale umano pro-capite è fornito dall'istruzione superiore, mentre al contrario l'invecchiamento della popolazione influisce negativamente sul valore ottenuto.

Figura 1.3. Stock di capitale umano in rapporto al PIL per 15 Paesi nel 2009.

Fonte: Human Capital Project dell'OCSE (2009)