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del possesso. – 4. La successione nel possesso. – 5. Le contrapposte teorie ‘ortodossa’ ed ‘etorodossa’. – 6. Le differenti situazioni possessorie. – 7. Una lettura differente. – 8. Lo strumento del raccordo diacronico: il negozio giuridico. – 9. Il percorso ricostruttivo di un’idea. – 10. Mancipatio: actio auctoritatis e trasferimento del possesso garantito. – 11. Differenze tra derivatività dell’acquisto e costituzione di un nuovo possesso. – 12. La traditio e il trasferimento della vacua possessio. – 13. L’acquisto derivativo del possesso tramite emptio venditio. – 14. Il venditore e la principale obbligazione di possessionem tradere. – 15. Il venditore e l’obbligazione di praestare rem. – 16. Tradere possessionem ed exceptio rei venditae et traditae. – 17. L’area tematica della compravendita: il risvolto processuale e la iusta causa traditionis. – 18. La vendita di cosa propria e la rilevanza ‘causale’ del consenso. – 19. Il venditore e l’ob evictionem se obligare. – 20. De adquirenda vel amittenda possessione e De usurpationibus et usucapionibus, pro emptore. – 21. L’area tematica del possesso: l’apporto della giurisprudenza classica. – 22. La possessio quale situazione di diritto come un’opinione non isolata.

1. Introduzione.

Sulla base di quanto è emerso dall’indagine sino a qui condotta, può dirsi che il problema relativo alla circolazione negoziale del possesso ha riscontrato soluzioni differenti nel panorama giuridico dell’oggi.

In sintesi, sebbene si sia evidenziata una profonda ritrosia nel ritenere ammissibile tale fenomeno da parte di dottrina maggioritaria e giurisprudenza

pressoché dominante, si è giunti a configurare l’operazione economico-giuridica di vendita del possesso per il tramite di un contratto atipico di ‘cessione’ dello stesso449.

Il necessario corollario è considerare valido ed efficace tale contratto atipico – in quanto volto a perseguire un interesse meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma 2, cod. civ. – al quale risulta possibile applicare la disciplina del ‘tipo contrattuale vendita’, quale ‘tipo’ più vicino alla fattispecie in esame450.

Per rimanere fedeli alla premessa iniziale, soprattutto per quanto concerne il metodo prescelto, occorre ora indagare il problema all’interno del diritto privato romano, nella consapevolezza di non poter dubitare dell’utilità di uno studio di tal genere: «quando i secoli passano, ed una scienza continua a coltivarsi con impegno e da molti, è impossibile, che almen qualche punto di essa non acquisti qualche nuovo raggio di luce»451; ed è proprio in questo ‘spazio di luce’ – del quale si aveva consapevolezza già nell’800 – che si vuole cercare di rinvenire un’argomentazione percorribile anche nell’oggi452.

Emerge la necessità di ‘saggiare’ la praticabilità della circolazione convenzionale del possesso attraverso un confronto con la quasi silente dogmatica di riferimento, in

449 Cfr. le conclusioni cui si è giunti nel capitolo precedente, § 20. 450 Cfr. Cap. II, § 19.

451 Cfr. I.ALIBRANDI, Teoria del possesso secondo il diritto romano, Roma, 1871, 17.

452 Questo è il valore aggiunto di un’analisi storica evidenziato già da P.DE FRANCISCI, Il trasferimento

della proprietà, cit., 1: «la storia del diritto, accanto allo scopo di descrivere il processo storico al quale

vanno soggetti gli istituti giuridici, ha pur quello di rivelare la formazione e la contingenza delle costruzioni dottrinali, che la dogmatica tende a considerare come concetti e tipi assoluti e immutabili». In generale sull’utilità dell’indagine storica in una dimensione europea si v. A. SCHIAVONE, ‘Ius’. L’invenzione del diritto in Occidente, Torino, 2005, passim; L.GAROFALO, Scienza giuridica, Europa, Stati: una

dialettica incessante, in Giurisprudenza romana e diritto privato europeo, Padova, 2008, 1 ss.; ID, Una nuova dogmatica per il diritto privato europeo, in Giurisprudenza romana e diritto privato europeo, Padova, 2008, 45 ss.; C.

PELLOSO, The concept of ‘bargain’ and the (un-)bridgeable gulf between Common Law and Civil Law. Some historical

observations on the Europeanization of the Law of Contract, in RGDR, XIX, 2012, 1 ss.; T. DALLA MASSARA, Roman Legal Tradition as an Identity-Factor towards a New Europe: Five Pillars for the Future?, in Diritto romano fra tradizione e modernità. Atti del Convegno Internazionale di Shangahai (13-15 novembre 2014), a cura di L.

quanto il dialogo tra il presente e il passato coinvolge inevitabilmente anche le categorie giuridiche453.

Si tratterà quindi di verificare le fonti che affrontano il problema, senza alcuna pretesa, circa gli esiti, di esaustività ovvero di definitività: già nella risalente dottrina tedesca infatti si è evidenziato l’imbarazzo – verlassen wir aber diesen schwankenden Boden – di coloro i quali si sono cimentati in tale ricerca454.

In particolare, ci si è resi convinti che le fattispecie nelle quali è possibile ricostruire un trasferimento negoziale del possesso sono disseminate all’interno del vastissimo panorama delle fonti, per cui si renderà necessaria una scelta di campo al fine di fare emergere il modello di circolazione traslativa descritto con riguardo al diritto civile vigente.

2. L’individuazione del tema.

Occorre dire che quando l’attenzione si concentra sul fenomeno dell’acquisto derivativo del possesso declinato nel passato, in particolare con specifico riguardo alle fonti classiche, è necessario circoscrivere il perimetro dell’indagine per il tramite di qualche considerazione iniziale.

Innanzitutto, la specifica questione ‘vendita del possesso’ non era conosciuta dai giuristi romani nei termini in cui oggi risulta affrontata: rinvenire tout court nelle fonti la

453 M.BRETONE, Fra storia sociale e storia giuridica, in Rechtshistorisches Journal, 1989, VIII, 51. Di recente,

sulle categorie civilistiche N.LIPARI, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013, passim; F.D.BUSNELLI, Quale futuro per le categorie del diritto civile?, in Riv. dir. civ., 2015, 1 ss.; L.BALESTRA, A proposito delle categorie

del diritto civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 25 ss.; A.CATAUDELLA, Nota breve sulla “fattispecie”, in Riv. dir. civ., 2015, 245 ss.

454 Il riferimento va a A.BRINZ, Possessionis traditio, in Jahrbuch de gemeinen deutchen Rechts, 1859, 16 ss, in

fattispecie negoziale di trasferimento di cosa – il possesso della cosa455 – verso il corrispettivo di un prezzo non è operazione agevole456.

In secondo luogo – per quanto risulta in questa sede verificato – il possesso non risulta essere qualificato né sotto un profilo dogmatico per quanto riguarda la sua natura, né con riferimento alle forme della sua circolazione457: le differenti impostazioni di trattazione della materia possessoria riguardano questioni dettagliate, fattispecie singole, poiché l’obiettivo della giurisprudenza classica era quello di offrire una soluzione al caso di specie458; quindi, se affrontata in questi termini, una comparazione risulterebbe difficile da concepire.

455 Nelle fonti l’oggetto del possesso, quindi la res, e il possesso medesimo si confondevano dal punto

di vista terminologico. Cfr. B.BIONDI, voce Cosa (dir. rom.), in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1964, 1006 s.;

G.ASTUTI, voce Cosa (in senso giuridico), in Enc. dir., XI, Milano, 1962, 1 ss.; M.BRETONE, I fondamenti del diritto romano. Le cose e la natura, Bari, 1998, 3 ss., in specie 43 ss. Si vuole brevemente fare riferimento

all’etimologia della parola possessio che richiama l’istituto dell’ager publicus. Cfr. in particolare l’analisi svolta da B.FABI, Aspetti del possesso romano, cit., passim.

456 Il riferimento più intuitivo al contratto di emptio venditio dovrà essere specificato. Cfr. L.VACCA, La

garanzia per evizione e le obbligazioni del venditore nel sistema romano e nel sistema del codice civile italiano, in Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico-comparatistica. Materiali per un corso di diritto romano, Torino,

1997, 284: «i diversi elementi in cui si compone l’obbligazione del venditore, che sono tutti in rapporto di sinallagmaticità funzionale rispetto all’obbligazione del compratore di trasferire il prezzo, vengono in considerazione in modo internamente complementare, che si esprime appunto nell’obbligazione unitaria di tenere tutti i comportamenti necessari a procurare e ad assicurare la piena disponibilità della res».

457 Cfr. A.BURDESE,voce Possesso (dir. rom.), cit., 452 ss., in specie 452 secondo cui la «nozione che si

ricollega a differenti matrici risalenti all’età arcaica, non è pervenuta a unitaria e ben delineata individuazione nemmeno nel pensiero della giurisprudenza classica, salvo ulteriormente subire in età postclassica un notevole offuscamento, specie per quanto concerne la sua contrapposizione al concetto di situazione di diritto, in particolare di proprietà, riconosciuta ad un soggetto dall’ordinamento giuridico, per poi risultare, nell’ambito del diritto giustinianeo, che pur tiene conto delle innovazioni postclassiche, sostanzialmente riportata alla concezione classica che contrappone possesso a proprietà». Ancora, C.FADDA, Il possesso. Lezioni, Napoli, 1911, 5 ss., C.A.CANNATA, voce Possesso (dir. rom.), cit., 323 ss.; G.NICOSIA, voce Possesso nel diritto romano, cit., 79 ss.; G.NICOSIA, Il possesso nella plurisecolare esperienza romana. Profilo storico-dogmatico, in Sillage. Scritti 1956-1996, II, Catania, 1998.

458 Cfr. P.DE FRANCISCI -E.BETTI, Questioni di metodo. Diritto romano e dogmatica odierna, New Press, 1997.

In particolare, «le difficoltà della teoria possessoria hanno certamente una ragione storica. Non però, a nostro avviso nel senso degli autori che ritengono uno sviluppo dottrinale, per il quale una nozione più ristretta e definita del possesso si sarebbe sostituita ad una nozione più larga e indefinita, bensì nel senso più ovvio che bisogna collocarsi in un ambiente economico sociale diverso dal nostro e restituire

Il rischio opposto però – da evitare – è quello di ‘banalizzare’ lo studio del problema poiché, come vedremo459, il contratto di compravendita romana importa tra le obbligazioni del venditore – secondo la ricostruzione che può dirsi ancora oggi dominante – l’obbligo di possessionem tradere. In altri termini, il rischio è quello di semplificare il problema giuridico, ridurlo alla prospettazione di quanto in termini evidenti risulta identificabile prima facie con il contratto obbligatorio di vendita, rinvenendo nella struttura dell’emptio venditio – quindi nel consenso delle parti senza alcuna specificazione ulteriore – l’effetto, in concreto, di cessione del mero possesso. Si riproduce la medesima avvertenza metodologica che caratterizza l’analisi della vendita del possesso con riguardo al diritto positivo, nel quale la questione è stata soprattutto analizzata all’interno di studi inerenti il possesso – in generale – ovvero il contratto di compravendita, senza delineare specificamente i suoi contorni che potrebbero travalicare i confini delle tematiche in oggetto.

In terzo luogo, con specifico riferimento all’oggetto della cessione – il possesso – occorre dire che per i Romani si trattava di un concetto inidoneo a identificarsi in un’unica realtà, ma comprendente al suo interno diverse ‘tipologie’460. Burdese rende magistralmente la complessità del fenomeno possessorio: «nel corso dell’evoluzione storica del diritto romano si è venuta delineando una nozione tecnica di possesso resa di massima col termine possessio, ed essenzialmente indicativa di una situazione di

all’istituto il suo significato genuino nella vita e nella lingua di Roma. La molla fondamentale delle nostre indagini è sempre che la storia si deve anzitutto divinare dall’organismo stesso delle istituzioni, spogliandole delle alterazioni più recenti, spogliando noi stessi dei preconcetti odierni. È chiaro come non sia questo un procedimento metafisico, aprioristico, bensì naturalistico e positivo, perché ha per base lo studio della reale struttura dell’istituto condotto con spirito critico. (…) ora che il pensiero dei Romani, in ordine al possesso, sia stato universalmente frainteso e in parte anche dallo stesso Savigny, che è pur sempre, a nostro avviso, colui che ha recato maggior luce sull’argomento, lo manifestano i due punti di vista contraddittorii in uso presso i moderni e il modo di intendere le parole; campi in cui gli assurdi e gli errori hanno messo così salde radici che tutti le ripetevano sino alla mia reazione (che ha convinto almeno i miei valorosi discepoli, il compianto Rotondi e l’Albertario) con una regolarità strana, reputando sinceramente di parlare e pensare con le fonti romane», P.BONFANTE, Corso di diritto romano,

cit., 177.

459 Cfr. infra, § 13.

disponibilità di fatto in cui si trova un soggetto in ordine ad una cosa, con diversa rilevanza giuridica»461.

In altre parole, quando si fa riferimento ad una o più differenti situazioni possessorie si individua «un prisma che scompone l’appartenenza in relazione all’angolo di riferimento»462.

Anche per quanto concerne i suoi elementi costitutivi, si vedrà non esserci uniformità di vedute463: se, oggi, l’opinione dominante configura il possesso come somma di due elementi, uno materiale – il corpus – e uno psicologico – l’animus –, per i Romani non è sempre stato così.

La configurazione del possesso varia a seconda dell’impostazione che si sceglie di adottare, e ovviamente, in relazione al periodo storico di riferimento; la difficoltà legata all’aspetto terminologico importa profonde ricadute sul piano concettuale: nelle fonti non vi era infatti un’interpretazione unanime sul secondo requisito dell’animus possidendi464.

Anche il primo elemento costitutivo, la possessio corpore – meno discusso rispetto alla storia che caratterizza l’elemento soggettivo – non era interpretato da tutti allo

461 Cfr. A.BURDESE,voce Possesso (dir. rom.), cit., 452.

462 In questo senso S.A.CRISTALDI, Il contenuto dell’obbligazione del venditore nel pensiero dei giuristi dell’età

imperiale, Milano, 2007, 278. Cfr. inoltre A.BURDESE, Le vicende delle forme di appartenenza e sfruttamento della terra nelle loro applicazioni politiche tra IV e III secolo a.C., in BIDR, XXVII, 1985, 39 ss.; S.ROMEO, L’appartenenza e l’alienazione in diritto romano. Tra giurisprudenza e prassi, Milano, 2010; O.LICANDRO,

Appartenenza e alienazione, in Index, XXXIX, 2011, 480 ss.

463 Cfr. infra, § 5.

464 Da ultimo cfr. P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico,

Torino, 2017; v. anche P.BONFANTE, Il punto di partenza nella teoria romana del possesso, in Scritti giuridici varii, a cura di P. Bonfante, III, Torino, 1921, 527 ss, nonché G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e dell’animus possidendi, in BIDR, 1921, 8 ss; I.PIRO, Damnum ‘corpore suo’ dare. Rem ‘corpore’ possidere. L’oggettiva rferibilità del comportamento lesivo e della possessio nella riflessione e nel linguaggio dei giuristi romani, Napoli, 2004, passim, in specie 223 ss. Sulla valenza dell’animus

cfr. G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e dell’animus possidendi, in BIDR, XXX, 1921, 1 ss.; ID, Studii varii di diritto romano e attuale, Milano, 1922, 94 ss.; S.PUGLIATTI, voce Animus, in Enc dir., II, Milano, 1958, 437 ss; E.BETTI, voce Animus, in Noviss. dig. it., I, Torino, 1957, 632 s.; P.ZAMORANI, Possessio e animus, I, Milano, 1977, passim; P.LAMBRINI, L’elemento soggettivo nelle situazioni possessorie del diritto romano classico, Padova, 1998, 32 ss. Da ultimo, E.

stesso modo: in breve, si può contrapporre alla definizione di Savigny ‘la fisica possibilità di agire direttamente sulla cosa e di escludere ogni azione altrui su di essa’, quella del Bonfante «qualunque relazione di fatto che nell’economia e nella coscienza sociale permette di agire quando si voglia sulla cosa ad esclusione di ogni altro»465.

La difficoltà nel portare a termine un’esaustiva analisi linguistica non è ovviamente propria del solo fenomeno possessorio; tuttavia, il grado di complessità sul tema è forse maggiore poiché «come tutte le nozioni rimesse alla coscienza sociale anche il concetto (…)»466 – come quello di possesso in termini di situazione di fatto467 – «sembra una petitio principii. Ma in realtà ciò deriva dal fatto che non si può dare una nozione concreta e precisa di ciò che non ha una misura immanente e costante»468.

Questa considerazione è ancor più pregnante con riguardo all’analisi diacronica del tema. È doveroso infatti tenere a mente il fatto che il fenomeno possessorio subisce profonde alterazioni – circoscrivendo l’analisi al passato – nel nuovo diritto giustinianeo469 e nel diritto comune: non è possibile in questa sede ripercorrere lo

465 Cfr. P.BONFANTE, Corso di diritto romano, III, Diritti reali, Roma, 1933, 225. Secondo l’A. infatti «questa

definizione introduce nella nozione della possessio corpore un elemento variabile da popolo a popolo, da epoca a epoca; ma mentre la ricerca di un concetto assoluto urta contro l’irriducibile divergenza della coscienza economica nei vari momenti storici, si smarrisce nelle contraddizioni delle fonti stesse, emananti da epoche diverse, il nostro concetto ci permette di indirizzarci nella ricerca, stabilir le fasi della evoluzione economica e spirituale, e fissare in modo plausibile i risultati ultimi della legislazione giustinianea».

466 Cfr. P.BONFANTE, Corso di diritto romano, cit., 226.

467 Cfr. Proc. 2 epist. D. 41.1.55: Summen tamen hanc puto esse, ut si in meam potestatem pervenit, meus factus sit,

secondo quella che vedremo essere l’interpretazione dominante anche nelle fonti di diritto romano.

468 In questo senso P.BONFANTE, Corso di diritto romano, cit., 226.

469 Cfr. G.DIURNI, voce Possesso nel diritto medievale e moderno, in Dig. disc. priv., 58, il quale precisa che

«Giustiniano ridefinisce completamente la disciplina giuridica del possesso sia nei suoi elementi formali, sia soprattutto negli aspetti concretamente rilevanti di tutela della effettiva relazione che si instaura tra la persona e una cosa. Essa si presenta completamente svincolata e non è in alcun modo condizionata dal titolo di appartenenza della cosa. In tal senso il possesso viene distinto in modo preciso e prescinde in linea d’ipotesi dal diritto di proprietà e non può essere confuso con gli iura in re (…). Sussiste, poi, un vero e proprio regime processuale binario, costituito dalle actiones e dagli interdicta che si esplicita in distinte forme dotate ciascuna di una sua precipua cogenza e rilevanza: le actiones per il petitorio tutelano il soggetto da attentati effettuati sulla cosa o contro la cosa, di cui l’agente assume essere il titolare. In tal modo si tende a tutelare a favore del soggetto leso una situazione giuridica e a ristabilire una relazione con la cosa, che sono state ingiustamente e arbitrariamente violate.

sviluppo storico-concettuale in relazione ad epoche così diverse, ma il fatto che la nozione di possesso subisca profonde rivisitazioni nel corso dell’evoluzione storica è sicuramente sintomo della complessità che la caratterizza, complessità che emerge anche nelle trattazioni moderne di esso470.

In relazione al profilo inerente all’acquisto – quindi nello studio dinamico e non statico della materia – il ‘livello di complessità’ aumenta poiché esso si intreccia con ulteriori profili ancor più delicati che – per utilizzare le categorie dogmatiche dell’oggi – attengono, in termini generali, al trasferimento della proprietà, al contratto di compravendita, al negozio dispositivo, al profilo della consegna, alla categoria dell’acquisto derivativo e in generale al fenomeno della successione inter vivos471.

Nell’indagine sulla disposizione negoziale del possesso i due poli linguistico- concettuali di riferimento costituiti dal lemma ‘consenso’ da un lato e ‘possesso’ dall’altro individuano una relazione complessa: non sussiste «una perfetta corrispondenza, nella materia in esame, tra la struttura e gli schemi del nostro attuale linguaggio tecnico e quelli della lingua giuridica latina nell’epoca classica e giustinianea (ed un identico rapporto tra le due lingue – e in quella latina nell’epoca classica e giustinianea – tra concetti e relativi mezzi di espressione)»472, per cui non risulta corretto utilizzare «i nostri moderni schemi linguistici e concettuali per la valutazione degli elementi specifici tramandatici dalle fonti circa l’esperienza giuridica romana»473.

470 Cfr. G.DIURNI, voce Possesso nel diritto medievale e moderno, cit., 59: «d’altra parte neppure il sistema del

diritto comune riesce a calare nella prassi frammentata e incerta una disciplina coerente delle situazioni possessorie, in parte soffocata e in parte confusa con le diverse forme di dominio e alcune volte dimenticata per legittimare posizioni di sopruso, giustificate o meno da signorie di fatto e di diritto. Non mancano per altro dei tentativi di razionalizzazione del sistema per uscire da formalismi e particolarismi esasperati. Perché il possesso riassuma una sua precisa e utile, almeno in parte, collocazione è necessario attendere la codificazione. Ritornerà così attuale l’impropria gerarchia, che colloca le situazioni possessorie, anche sotto il profilo concettuale, tra la proprietà e la detenzione, con tutti i limiti e le conseguenze che tale gabbia comporta».

471 Cfr. P.GROSSI, Un altro modo di possedere. L’emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica

postunitaria, Varese, 1977. Ricostruita l’evoluzione linguistica-concettuale, si ottiene la storia dell’istituto,

quindi la possibilità di cogliere la continuità che caratterizza l’idea del possesso, sicuramente tra le più antiche nel panorama giuridico, nozione essenziale all’interno della categoria dei diritti reali, pur non identificandosi con nessuno di essi.

472 Cfr. F.GALLO, Studi sul trasferimento della proprietà in diritto romano, Torino, 1955, 47. 473 Cfr. F.GALLO, Studi sul trasferimento della proprietà in diritto romano, cit., 47.

Ciò che preme sottolineare è che si è scelto l’ambito di applicazione del fenomeno possessorio per dare rilevanza – nuova rilevanza – alla categoria del negozio giuridico o meglio, più in generale, alla manifestazione della volontà.

Senza voler riproporre argomentazioni di ‘neo-pandettismo’ volte a rendere