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Le contrapposte teorie ‘ortodossa’ ed ‘etorodossa’ »

Risulta opportuno ricostruire, seppure brevemente, lo stato dell’arte con riguardo alla configurazione del possesso in epoca classica.

Può dirsi sin da subito che la maggior parte dei frammenti relativi all’acquisto del possesso – e al differente modo di operare di corpus e animus che supportano le due contrapposte teorie ortodossa ed etorodossa – sono infatti in materia di compravendita.

Superando il rischio di ‘banalizzare’ la quesione (come già chiarito500), risulta doveroso ripercorrere l’evoluzione che ha portato la dottrina maggioritaria all’affermazione della c.d. teoria ‘ortodossa’ che interpreta corpus e animus come elementi costitutivi del possesso.

In particolare, si coglie che «Labeone, citato da Giavoleno in un passo di non facile comprensione sostiene, in relazione a beni non facilmente asportabili, la possibilità di acquistarne animo il possesso, come ad esempio nella compravendita di grandi quantità di legname o di numerose anfore di vino. Il giurista augusteo riterrebbe acquisito il possesso da parte del compratore anche prima che quest’ultimo ne abbia perfezionato l’apprensione corporale: la possessio sorge quando il compratore, dopo essere stato autorizzato dal venditore a tollere le cose, pone loro la custodia»501.

Il riferimento a questo frammento – Iav. 5 ex post lab. D. 41.2.51502 – risulta fondamentale al fine di dare rilievo a quanto si cerca di mettere in luce: il possesso, a prescindere dalla qualificazione che può assumere, è idoneo a essere oggetto di

500 Cfr. supra, Cap. III, § 2.

501 Cfr. P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 17. 502 Iav. 5 ex post lab. D. 41.2.51: Quarundam rerum animo possessionem apisci nos ait Labeo: veluti si acervum

lignorum emero et eum venditor tollere me iusserit, simul atque custodiam posuissem, traditus mihi videtur. Idem iuris esse vino vendito, cum universae amphorae vini simul essententiarum sed videamus, inquit, ne haec ipsa corporis traditio sit, quia nihil interest, utrum mihi an et cuilibet iusserim custodia tradatur. In eo puto hanc quaestionem consistere, an, etiamsi corpore acervus aut amphorae adprehensae non sunt, nihilo minus traditae videantur: nihil video interesse, utrum ipse acervum an mandato meo aliquis custodiat: utrubique animi quodam genere possessio erit aestimanda.

trasferimento per effetto di una disposizione negoziale, ovvero circola in forza del mero consenso dei contraenti.

La denominazione ‘teoria ortodossa’ si deve a Bonfante503, il quale utilizza questa espressione avendo a mente prima di tutto la ricostruzione del possesso operata – non per primo504 – da Savigny505. Quest’ultimo, come noto, descrive il possesso in termini di corpus, elemento materiale della fattispecie, e animus (possidendi o animus domini), l’intenzione di comportarsi come farebbe il proprietario della cosa.

La tesi, semplice nel suo delinearsi, si deve principalmente al parallelismo che incorre tra il possesso e la proprietà, sotto una lente differente rispetto a quella utilizzata oggi, che contrappone una situazione di fatto ad una situazione di diritto: si guarda alla natura giuridica del possesso, valorizzando, nelle molteplici fattispecie, il significato che ciascuno degli elementi costitutivi ricopre al fine di definire la situazione possessoria506.

La tenuta della teoria tradizionale è messa in discussione dalla presenza di alcune figure nelle quali «è riconosciuta la possessio, si accorda la caratteristica difesa, che è l’effetto della pura e semplice possessio, ma l’intenzione di tenere la cosa per sé, l’animus domini del Savigny fa certamente difetto. Sicuri e classici sono i casi celebri del creditore pignoratizio, del precarista, del sequestratario: controversi e ad ogni modo non classici il possesso dell’enfiteuta e del superficiario»507.

503 Cfr. P.BONFANTE, Corso di diritto romano, cit., III, 171.

504 Cfr. P.BONFANTE, Corso di diritto romano, cit., III, 133 ss., dove l’autore segnala che «questa teoria

ortodossa non è invenzione del Savigny, ma all’autorità del Savigny congiunge il pregio dell’antichità»; il richiamo al pensiero degli antichi si ricava per esempio da quanto già fatto presente da Donello, il quale, come riporta Bonfante, così si esprime: «is possidet qui rem tenet domini affectu, id est pro sua, seu tamquam

suam tenet eique ita insistit».

505 V. F.C.SAVIGNY, Das Recht des Besitzes. Eine civilistische Abhandlung, Wien, 1865.

506 Al ruolo di elemento costitutivo del possesso si contrappone quello di modalità di esercizio del

possesso mdesimo. Cfr. infra, su cui si v. P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 17 ss.

507 Cfr. G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e

Si tratta quindi di ipotesi che non si conciliano con la teoria appena esposta, per cui viene preferita la tesi del possesso derivato trasmesso dall’originario titolare in forza del suo consenso508.

Infine, segue lo Jhering che, pur distinguendo possesso e detenzione, individua come presupposto per la nozione di possesso il requisito dell’animus509.

Accanto alle due principali teoriche appena accennate vi sono molteplici tentativi di mediazione degli esiti cui si è pervenuti, realizzati attraverso la proposizione di argomenti che investono entrambi gli elementi costitutivi del possesso510.

Lo studioso moderno a cui viene dato maggior rilievo è il Bonfante, il quale mette a confronto le diverse interpretazioni e conferma la definizione binaria: l’elemento spirituale è sosttuito dall’animus possidendi, quale intenzione di signoreggiare la cosa511.

Lo stesso Burdese, concordando con Bonfante, ricostruisce la teoria del possesso sulla base di entrambi gli elementi: in particolare, richiama l’origine della parola possesso che deriva dalla radice pot- quale posizione di potere e dal verbo sedere «nel senso di stare o insistere materialmente»512.

La profonda elaborazione giurisprudenziale della nozione di possesso ha portato all’emersione di un secondo indirizzo interpretativo – la c.d. teoria eterodossa

508 In particolare, si evidenziano vari indirizzi interpretativi che interpretano il requisito soggettivo in

maniera differente come riassunto in maniera esemplare di recente da P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 4 s.: «alcuni preferiscono leggere i casi del

precarista, del creditore pignoratizio e del sequestratario come ipotesi eccezionali di possesso privo di animus domini; altri, invece, avanzano una spiegazione volta ad individuare nella evoluzione storia la possibile causa dei possessi cosiddetti derivati. Altri, ancora, pensano di risolvere l’antinomia intervenendo sulla nozione di animus, dilatandola al punto da ricomprendervi anche le ipotesi di possesso che Savigny qualifica come derivato».

509 Basti il riferimento a R.JHERING, Über den Grud des Besitzesschutzes. Eine Revision der Lehre vom Besitz,

Jena, 1869.

510 Molti sono gli autori che si possono richiamare, oltre al Bonfante: anche su questo aspetto merita di

citarsi l’esaustiva panoramica di P. FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 5 ss., che cita – tra i molti – Riccobono, Rotondi, Albertario, Bozza e Burdese.

511 Cfr. G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e

dell’animus possidendi, cit., 1 ss.; P.BONFANTE, Corso di diritto romano. Diritti reali, III, Milano, 1972, 167 ss.

512 Cfr. G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e

– il quale nega che corpus e animus siano elementi costitutivi, almeno fino a un certo momento storico identificabile con l’età postclassica o giustinianea.

In particolare, la dottrina, anche attraverso l’analisi di numerose fonti letterarie513, ritiene che l’animus costituisca un’intenzione esterna al possesso idonea a sostituire, in taluni casi, l’elemento oggettivo e non un elemento costitutivo del possesso514. Anche tale ricostruzione ricomprende al suo interno numerose sfumature che tuttavia non mutano la sostanza dell’impostazione515.

Le impostazioni teoriche, nonché, soprattutto, le fonti sulle quali esse si fondano sono state recentemente oggetto di un nuovo scrutinio al fine di rinvenire un «punto di contatto valorizzando l’aspetto evolutivo che il concetto di possessio ha subito per opera della giurisprudenza classica»516.

Da un lato, per il tramite dei contributi di Labeone, Proculo e Nerazio – riconducibili alla scuola Proculiana – si ritiene che sia possibile ammettere l’acquisto animo del possesso di beni non facilmente esportabili517.

513 Cfr. G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e

dell’animus possidendi, cit., 1 ss.; F.BOZZA, Sull’origine del possesso, in Annali dell’Università di Macerata, 1930, 190 ss.; A.CARCATERRA, ‘Possessio’. Ricerche di storia e di dommatica, Roma 1938, rist. Roma 1967, 116 s.;

B.FABI, Aspetti del possesso romano, cit., 5 ss.; E.ALBERTARIO, Il possesso romano, in BIDR, XXXX, 1932, 5

ss.; P.LAMBRINI, L’elemento soggettivo nelle situazioni possessorie del diritto romano classico, cit., 32 ss., 101 ss.; P. LAMBRINI, La possessio tra corpo e animo, in Sem. Compl., XXVIII, 2015, 563 ss.; da ultimo, P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, 11 ss., 190 ss.;

514 La teoria è riconducibile a B.FABI, Aspetti del possesso romano, cit., passim, nel quale l’Autore per il

tramite di un’approfondita indagine esegetica evidenzia l’errore di metodo che ha caratterizzato il pensiero dei giuristi precedenti, errore che si fonda su una falsa costruzione formale degli elementi del possesso.

515 Il riferimento va soprattutto alle teorie di C.A.CANNATA, L’’animo possidere’ nel diritto romano classico,

in SDHI, XXVI, 1960, 71 ss.; ID., Dalla nozione di ‘animo possidere’ all’’animus possidendi’ come elemento del possesso (epoca postclassica e diritto bizantino), in SDHI, XXVII, 1961, 46 ss; nonché al contributo più recente

di P.LAMBRINI, L’elemento soggettivo nelle situazioni possessorie del diritto romano classico, cit., 147 ss.

516 P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 16 ss. 517 Per la possibilità di acquisto solo animo del possesso in relazione ad un atto istantaneo di traditio cfr.

G.ROTONDI, Possessio quae animo retinetur. Contributo alla dottrina classica e postclassica del possesso e dell’animus

possidendi, cit., 1 ss.; P.BONFANTE, Corso di diritto romano, cit., 233 ss.; C.A.CANNATA, L’‘animo possidere’ nel diritto romano classico, cit., 71 ss.; P.ZAMORANI, Possessio e animus, cit., 1 ss; di recente P.FERRETTI, Animo possidere. Studi su animus e possessio nel pensiero giurisprudenziale classico, cit., 20 ss., in particolare con

Dall’altro lato, con riferimento a Gaio, si conviene di dover respingere tale possibilità con riguardo al momento di acquisto del possesso, tenendo tuttavia ferma la conservazione animo del possesso di un bene immobile518.

Successivamente anche facendo riferimento a Papiniano si può ribadire la negazione dell’acquisto solo animo del possesso.

A partire da Papiniano e Paolo, può dirsi che il termine corpus viene utilizzato nella sua valenza tecnica «al fine di indicare una modalità attraverso la quale si possiede: il possesso si acquista e si mantiene attraverso il nostro ‘corpo’ oppure attraverso il ‘corpo’ di un intermediario»519.

Il secondo requisito – l’animus – appare invece confinato a pochissime fattispecie nelle quali emerge tuttavia un significato nuovo, sinonimo dell’intenzione di non abbandonare il fondo dal quale ci si è allontanati e di rientrare non appena le circostanze lo consentono».

All’interno di questo quadro complesso, interviene il pensiero innovatore di Paolo: «egli, pur muovendosi all’interno della riflessione giurisprudenziale precedente – da un lato, continua a negare la possibilità di acquistare solo animo il possesso e,

ait Labo: veluti si acervum lignorum emero et eum venditor tollere me iusserit, simul atque custodiam posuissem, traditus mihi videtur. idem iuris esse vino vendito, cum universae amphorae vini simul essent. sed videamus, inquit, ne haec ipsa corporis traditio sit, quia nihil interest, utrum mihi an et cuilibet iusserim custodia tradatur. in eo puto hanc quaestionem consistere, an, etiamsi, corpore acervus aut amphorae adprehensae non sunt, nihilo minus traditae videantur: nihil video interesse, utrum ipse acervum an mandato meo aliquis custodiat: utrubique animi quaodam genere possessio erit aestimanda

relativo alla possibilità di riconoscere la presenza di una traditio effettiva ovvero di un acquisto solo animo del possesso – tramite un contratto di vendita – di una grande quantità di legname o di numerose anfore di vino; nonché con riferimento a Paul. 54 ad ed. D. 41.2.1.21: Si iusserim venditorem procuratori rem tradere,

cum ea in praesentia sit, videri mihi traditam Priscus ait, idemque esse, si nummos debitorem iusserim alii dare. non est enim corpore et tactu necesse adprehendere possessionem, sed etiam oculis et affectu argumento esse eas res, quae propter magnitidinem ponderis moveri non possunt, ut columnas, nam pro traditis eas haberi, si in re praesenti consenserint: et vina tradita videri, cum claves cellae vinariae emptori traditae fuerint relativo all’acquisto del possesso tramite procurator quindi oculis et affectu, senza la necessità che si abbia l’apprensione materiale di beni non

facilmente esportabili poiché troppo pesanti, per i quali si ritiene sufficiente quindi che le parti si siano accordate per il loro trasferimento. Cfr. inoltre Cfr. Proc. 5 epist. D. 41.2.27; Paul. 54 ad ed. D. 41.2.3.3; Ulp. 7 disp. D. 41.2.34 pr.; Ulp. 69 ad ed. D. 43.16.1.25.

518 Cfr. Gai 4.153: … adipisci vero possessionem per quos possimus, secundo commentario retulimus. Nec ulla dubitatio

est, quin animo possessionem adipisci non possimus.

dall’altro, ad ammettere la possibilità di conservare animo il possesso degli immobili – interviene su ruolo e significato dei termini corpus e animus»520, le quali oltre a presentare una differente estensione, sono spesso usate esprimendo due diverse modalità di esercizio del possesso.

Preme rilevare che in forza della ricostruzione appena prospettata si ottiene, seppur con opinioni discordanti, una nozione di possesso intesa in termini di situazione di potere – in origine strettamente collegata all’ager publicus521 – che comprende al suo interno l’uso e lo sfruttamento limitato alle cose tutelati attraverso gli interdetti possessori.

A tale nozione consegue infatti la sua qualificazione in termini di situazione di fatto in chiave di assimilazione passato-presente che colloca come minoritarie le differenti interpretazioni sulla sua natura giuridica.