In primo luogo, rileva la tesi della rinuncia possessoria. Tale tesi si fonda sul presupposto teorico della mancanza di una disposizione volta a vietare la rinuncia alla tutela del possesso, rectius alle azioni possessorie; da ciò si potrebbe ricavare la possibilità per il dante causa di rinunciare – per il tramite di un contratto e dietro corrispettivo o a titolo gratuito – ad esercitare tale tutela nei confronti dell’avente causa che subentra nel possesso291.
Il dante causa, quindi, acquisterebbe un credito a non veder leso il proprio possesso292: la rinuncia, come sostenuto da autorevole dottrina, sarebbe idonea ad integrare una particolare forma di alienazione293.
Non basta ancorare la fattispecie di vendita del possesso al principio dell’autonomia negoziale: esso infatti, sebbene ci possa spingersi sino a riconoscere fattispecie atipiche di circolazione dei beni, non è idoneo in quanto tale a superare il dato dell’intrasmissibilità del possesso poiché ciascuna situazione possessoria, per sua natura, è necessariamente autonoma dalle altre e legata all’effettivo esercizio del potere da parte del titolare294.
291 Lo spunto interessante dal punto di vista strutturale è dato dallo schema della rinuncia traslativa che
differisce dalla rinuncia abdicativa. Si tratta di una tesi che tuttavia non viene accolta da tutta quella parte di dottrina favorevole a riconoscere la vendita del possesso. Cfr. B.TROISI, I possesso. Circolazione del possesso e autonomia privata, cit., 228 ss.
292 Cfr. T.MONTECCHIARI, I negozi unilaterali a contenuto negativo, Milano, 1996, 129 ss.; P.PERLINGERI,
Appunti sulla rinuncia, in Riv. notar., 1968, 346 ss.; A.PIRAS, La rinuncia nel diritto privato, Napoli, 1940. Più
di recente, G.GRASSO, La trasferibilità del possesso nei contratti obbligatori, cit., 703 ss.
293 In questo senso S.PUGLIATTI, voce Alienazione, in Enc. dir., Milano, 1958, II, 1 ss. 294 Così G.GRASSO, La trasferibilità del possesso nei contratti obbligatori, cit., 726.
Attraverso questo meccanismo l’avente causa non avrà quindi timori di rivendicazioni azionate dal precedente possessore e potrà godere del possesso in maniera pubblica e pacifica anche ai fini dell’usucapione. La sua situazione sarà identica a quella antecedente: possessore a titolo originario che soccombe solamente dinanzi alla riemersione del legittimo titolare.
In particolare si ritiene che «la questione relativa alla ‘trasmissibilità’ del possesso, a mezzo di apposita convenzione, in altri termini, risiede nell’immaginare un accordo che consenta, a chi attualmente possiede, di immettere altri nell’esercizio del potere. Fermo restando che il nuovo possessore non potrebbe mai avvalersi del possesso antecedente, in difetto di un titolo astrattamente idoneo a trasferire un diritto, si può prospettare un contratto atipico che legittimi ad iniziare un possesso ad usucapionem. Piuttosto che di ‘cessione’ del possesso, deve parlarsi, allora, di rinuncia all’esercizio della tutela possessoria nei confronti della controparte che assume il potere di fatto sulla cosa. Con tale rinuncia ‘si autorizza’ altri a possedere, senza che l’immissione nel possesso realizzi un illecito nei riguardi del precedente possessore»295.
La soluzione più intuitiva quindi di un contratto innominato con cui si legittimi un contraente ad iniziare un possesso ad usucapionem – fine ultimo ma non esclusivo dell’esercizio del potere ex art. 1140 cod. civ. – immettendo altri nell’esercizio di questo potere, senza che ciò si realizzi in via forzosa o clandestina viene superata da quella che individua come contenuto di tale negozio atipico una rinuncia all’esercizio della tutela possessoria nei confronti della controparte che assume il potere di fatto sulla cosa, una sorta di ‘autorizzazione’ a possedere concessa ad altri296.
Questa tesi si rivela la più coerente nel sistema297. Il possesso, in quanto situazione intrasmissibile, non può essere continuato se non accede ad un diritto; all’arretramento di un soggetto consegue l’apprensione materiale da parte dell’altro
295 G.GRASSO, La trasferibilità del possesso nei contratti obbligatori, cit., 726.
296 Anche se G.GRASSO, La vendita del possesso, una vendita impossibile?, cit., 334 precisa che non si tratti di
autorizzazione.
297 In questo senso anche T. DALLA MASSARA, Acquisto, perdita e successione nel possesso, cit., 2664 ss. La
Cassazione (Cass. 12 novembre 1996, n. 9884, cit.) potrebbe avere effettuato un richiamo ad un atto negoziale di rinunzia: «Il trasferimento del possesso può avvenire anche al di fuori di ipotesi negoziali o di successione mortis causa, come semplice atto giuridico, allorché un soggetto consegni ad un altro una cosa, rinunziando al potere che aveva sulla stessa, che comincia ad essere esercitato dall’altro soggetto».
soggetto che, trattandosi di realtà fattuali, diviene effettiva nel momento in cui si rinuncia alla tutela di quella posizione.
Lo schema è quello del contratto sinallagmatico: una parte consegna il bene e rinuncia alle pretese su di esso, l’altra paga un prezzo o corrisponde un altro beneficio per il vantaggio ottenuto. Il primo possessore assume due obbligazioni, consistenti l’una nell’immettere la controparte nel possesso del bene, l’altra nel rinunciare, contemporaneamente, alla tutela giudiziaria nei riguardi del nuovo possessore298.
La rinuncia, in un tale quadro, si renderebbe lecita perché attiene all’esercizio di un diritto attuale299, inteso come diritto d’azione, solo apparentemente futuro300 e non viene concepita nel senso di rinuncia al bene o all’aspettativa della proprietà del medesimo, né al possesso stesso301. Essa determina una dismissione del diritto di agire in senso abdicativo, non traslativo, poiché l’azione non viene trasmessa: il nuovo possessore sarà tutelato in quanto inizia una nuova situazione distinta dalla precedente. Non appare chiaro, tuttavia, se ci si inserirebbe in un circuito reale o consensuale-obbligatorio. Un’impostazione più tradizionale riporterebbe all’idea del possesso come diritto reale incedibile e acquistabile solamente a titolo originario con la realizzazione dell’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale, mentre una tesi più ‘romanistica’ marcherebbe l’autonoma consistenza
298 Obbligazioni rispettivamente di consegna e di non fare, cfr. G.GRASSO, La vendita del possesso, una
vendita impossibile?, cit., 334.
299 Oggetto di una rinunzia non possono essere interessi che non siano giuridicamente e
incondizionatamente protetti, v. A.BOZZI, voce Rinunzia (dir. pubbl. e priv.), in Noviss. dig. it., XV, Torino,
1968, 1140 ss.
300 Cfr. G.SICCHIERO, voce Rinuncia, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., XVII, Torino, 1998, 659, che si riferisce
della rinuncia all’evizione, a cui è possibile accostarla. Se si trattasse di un diritto futuro o di un’aspettativa vi sarebbero dubbi, infatti, sull’ammissibilità della stessa. V. anche F.MACIOCE, voce
Rinuncia (dir. priv.), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 941 e A.BOZZI, voce Rinunzia, cit., 1140 ss.
E.REDENTI, Sui trasferimenti delle azioni civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 74 ss., in un tema affine,
quello del trasferimento delle azioni, collega il trasferimento del diritto alla situazione sottostante.
della traditio, come elemento imprescindibile nella perfezione del contratto, senza la quale non avrebbe significato302.
Partendo da un’idea di possesso come quella premessa, la conclusione non può che assestarsi sulla prima scelta; il trasferimento del possesso dovrebbe così avere i caratteri del contratto obbligatorio perché l’acquisto del possesso da parte del nuovo titolare avviene a titolo originario e non a titolo derivativo303.
Occorre aggiungere che un negozio di questo genere avrebbe efficacia solamente tra le parti e di fronte ad uno spoglio non rappresenterebbe un valido titolo di acquisto invocabile, anche se non vi sono dubbi sull’opponibilità al contraente rinunciante che pretenda la restituzione del bene con un’azione di reintegrazione.
In questo quadro, sotto il profilo patologico, se la consegna non avviene, e l’avente causa non può instaurare il potere sulla res, come può il soggetto tutelare le proprie pretese? Si affaccerebbero due alternative: una richiesta di esecuzione forzata per consegna o rilascio oppure, in alternativa, l’azione di risarcimento del danno derivante da responsabilità contrattuale304. La prima ipotesi, in verità, non appare contraddetta dalla disposizione dell’art. 2930 cod. civ., che molto genericamente inerisce all’obbligo di consegna di una cosa determinata. La dottrina prevalente, poi, accredita l’immagine di un’esecuzione forzata anche del mero possesso o della detenzione, non necessariamente pertinente ad un diritto305. Risulta pertanto plausibile rivolgersi al giudice per ottenere l’esecuzione nelle forme previste dalla norma stessa.