Può dirsi subito che, a prescindere dalle differenti qualificazioni che si possono dare al fenomeno possessorio553, vi è una precisa idea che emerge con riguardo all’attività di disposizione che il titolare di una singola situazione di appartenenza può porre in essere: l’idea è quella per cui esiste un possesso che – seppur non sempre valido a garantire l’acquisto del dominio per usucapione – è idoneo a circolare e tale circolazione può avvenire anche e per effetto di una disposizione negoziale.
Occorre dire subito – quale diretto corollario dell’impossibilità di concepire la categoria della successione nei rapporti di mero fatto – che dal punto di vista della tipologia di acquisto quando si parla di disposizione negoziale con riguardo alle fonti classiche non si verifica un vero e proprio fenomeno di successione, in quanto il titolo che fonda l’acquisto della situazione possessoria è sempre ex novo554.
553 La terminologia relativa al possesso appare, sin dall’età più risalente, molto varia e non irrigidita in
formule tecniche, per cui si trovano differenti espressioni – oltre a possidere e possessio – come habere,
tenere, esse apud aliquem. In questo senso, B.ALBANESE, Le situazioni possessorie nel diritto privato romano, cit.,
9 s, in specie nt. 8.
In questa direzione si coglie una perfetta linearità tra presente e passato: il possesso oggi circola individuando ipotesi555 che si strutturano «intorno ad un nocciolo parlato che verte intorno a quel «potere sulla cosa» di cui discorre l’art. 1140»556, per cui emerge la contrapposizione tra dichiarazione di volontà volta a produrre la vicenda di un rapporto giuridico e atto giuridico che materialmente produce il mutamento nel mondo esterno557.
Nelle fonti classiche, possidere, come già visto, è espressione di una relazione giuridicamente rilevante tra una persona fisica e un oggetto tangibile che consente a tale soggetto il potere di disporre – quindi anche di alienare – l’oggetto medesimo.
Al fine di ritenere sussistente tale relazione non era necessario un contatto fisico costante – corpore et tactu558 – tra il soggetto e la cosa, per cui può ricavarsi l’argomentazione in forza della quale la sussistenza del fenomeno possessorio va indagata appunto nella prospettiva nuova della volontà: si è certamente concordi nel ritenere che si possiede – e si ha titolo alla tutela interdittale ed, eventualmente, all’usucapione – in quanto si abbia la volontà di essere in rapporto materiale (o di consentire che altri abbia nostro nomine tale rapporto materiale) con l’oggetto nel proprio interesse.
Il consenso come fondamento della circolazione per il tramite di una figura negoziale è senza dubbio evidente nell’ipotesi di compravendita, con riguardo al
555 Il riferimento va alle ipotesi delineate dagli artt. 1146 cod. civ. e 1510 cod. civ. a queste si aggiungono
quelle individuate, come consegne spiritualizzate, il costituto possessorio e la traditio brevi manu.
556 Cfr. R.SACCO, voce Circolazione del possesso, cit., 238 ss.
557 Siamo nell’area degli atti giuridici non negoziali volti ad incidere su situazioni di fatto, la cui rilevanza
sul piano del diritto non è di per sé sufficiente a qualificare tali fattispecie in termini di situazioni giuridiche.
558 V. Paul. 54 ad ed. D. 41.2.1.21: Si iusserim venditorem procuratori rem tradere, cum ea in praesentia sit, videri
mihi traditam priscus ait, idemque esse, si nummos debitorem iusserim alii dare. Non est enim corpore et tactu necesse adprehendere possessionem, sed etiam oculis et affectu argumento esse eas res, quae propter magnitudinem ponderis moveri non possunt, ut columnas, nam pro traditis eas haberi, si in re praesenti consenserint: et vina tradita videri, cum claves cellae vinariae emptori traditae fuerint.
peculiare profilo delle obbligazioni del venditore559, ma vi sono ulteriori fonti dalle quali è possibile ricavarlo.
Sul presupposto che le causae adquirendi del possesso sono infinitae560 – si tratta di indagare il possesso in relazione al requisito della volontà in una prospettiva nuova561 attraverso una ricognizione di tutte quelle fonti dalle quali emerge che la volontà non è elemento costitutivo del possesso562, né modo di acquisto del possesso nel modo tradizionalmente inteso563, bensì interviene a plasmare una circolazione negoziale dello stesso.
559 La struttura della compravendita romana – contratto consensuale a effetti obbligatori – costituisce
uno dei nodi più complessi nella ricostruzione del sistema romano classico. Cfr. L.VACCA, Vendita e
trasferimento della proprietà nella prospettiva storica-comparatistica, 127 ss.
560 Cfr. Paul. 54 ad ed. D. 41.2.3.21: Si rem pignori datam debitor subripuerit et vendiderit, usucapi eam posse Cassius
scribit, quia in potestatem domini videtur pervenisse, qui pignori dederit, quamvis cum eo furti agi potest: quod puto rectius dici.
561 Il requisito della volontà emerge con differenti espressioni tra cui propositum possidendi, affectio possidendi,
sensus, animus. B.ALBANESE, Le situazioni possessorie nel diritto privato romano, cit., in specie ntt. 121, 122,
123.
562 Si veda in particolare Marc. 17 dig. D. 41.2.19.1: Quod scriptum est apud veteres neminem sibi causam
possessionis posse mutare, credibile est de eo cogitatum, qui et corpore et animo possessioni incumbens hoc solum statuit, ut alia ex causa id possideret, non si quis dimissa possessione prima eiusdem rei denuo ex alia causa possessionem nancisci velit; Pap. 23 quaest. D. 41.2.44.1: Quaesitum est, cur ex peculii causa per servum ignorantibus possessio quaereretur. Dixi utilitatis causa iure singulari receptum, ne cogerentur domini per momenta species et causas peculiorum inquirere. Nec tamen eo pertinere speciem istam, ut animo videatur adquiri possessio: nam si non ex causa peculiari quaeratur aliquid, scientiam quidem domini esse necessariam, sed corpore servi quaeri possessionem; Paul. 54 ad ed. D. 41.2.3.1: Et apiscimur possessionem corpore et animo, neque per se animo aut per se corpore. Quod autem diximus et corpore et animo adquirere nos debere possessionem, non utique ita accipiendum est, ut qui fundum possidere velit, omnes glebas circumambulet: sed sufficit quamlibet partem eius fundi introire, dum mente et cogitatione hac sit, uti totum fundum usque ad terminum velit possidere; Ulp. 69 ad ed. D. 43.16.1.26: Eum, qui neque animo neque corpore possidebat, ingredi autem et incipere possidere prohibeatur, non videri deiectum verius est: deicitur enim qui amittit possessionem, non qui non accipitur. Si deve aggiungere la considerazione per cui nelle fonti si parla di animus anche con riguardo
alla consapevolezza del soggetto che possedeva corpore alieno quindi con la volontà di tenere per altri.
563 È noto il riferimento in particolare a Gai. 4.153, cui si possono aggiungere i frammenti contenuti in
Pap. 23 quaest. D. 41.2.44.2: Quibus explicitis, cum de amittenda possessione quaeratur, multum interesse dicam, per
nosmet ipsos an per alios possideremus: nam eius quidem, quod corpore nostro teneremus, possessionem amitti vel animo vel etiam corpore, si modo eo animo inde digressi fuissemus, ne possideremus: eius vero, quod servi vel etiam coloni corpore possidetur, non aliter amitti possessionem, quam eam alius ingressus fuisset, eamque amitti nobis quoque ignorantibus. Illa quoque possessionis amittendae separatio est. Nam saltus hibernos et aestivos, quorum possessio retinetur animo;
In altri termini, si vuole indagare il profilo soggettivo della volontà: quest’ultima non attiene alla configurazione dell’oggetto – il possesso –, ma al profilo causale della circolazione medesima che avviene per il solo tramite di una disposizione idonea a modellare il suo contenuto.
Il confronto in chiave diacronica permette di evidenziare che la relazione consenso-contratto-possesso non vede i propri termini stare in contrapposizione: emerge – sotto l’angolo di visuale che si è appena individuato – che il possesso può essere oggetto di un atto di disposizione negoziale (volontà), ovvero essere proprio la forma dell’atto in questione – il contratto o il negozio giuridico – a dare forma a una situazione di possesso.
Per cui, a differenza dell’ordinamento vigente – nel quale l’espressione dell’autonomia privata è limitata, secondo l’opinione maggioritaria, alla categoria degli atti negoziali nei quali non sono ricompresi i rapporti di fatto564 – la relazione autonomia privata-possesso è vista con favore dai Romani che ricostruiscono il composito fenomeno possessorio – in relazione al profilo della volontà – andando ben oltre sia una qualificazione in termini di res facti, che l’operare del negozio giuridico ai soli rapporti di diritto.